Con l’ordinanza interlocutoria in commento, la Corte di Cassazione rimette tre ricorsi riuniti al Primo Presidente affinchè le Sezioni Unite si pronuncino, una volta per tutte, sul principio di “portabilità della posizione individuale” e sul calcolo della “posizione individuale” medesima i rendimenti prodotti dall’impiego produttivo dei contributi concorrono al calcolo della posizione individuale, oppure, no?
Il dubbio. La questione oggetto dell'ordinanza in commento sorge da una domanda di riscatto della posizione individuale, presso un Fondo di previdenza privato. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva accertato il diritto del lavoratore al riscatto, con conseguente diritto alla restituzione dei contributi versati dal datore di lavoro, di quelli trattenuti sulla retribuzione e, altresì, dei rendimenti prodotti dagli stessi contributi versati al Fondo. In altri termini, la Corte territoriale aveva ritenuto che la “posizione individuale” da considerarsi per il riscatto andasse calcolata incrementando il montante dei contributi versati al Fondo con i rendimenti degli stessi. Secondo il Fondo di previdenza, la statuizione circa i rendimenti costituirebbe un ultrapetita , da qui, il dubbio nomofilattico. I principi cardine. Due sono i principi cardine su cui si snoda il ragionamento della Corte di Cassazione la portabilità della posizione individuale e l'impossibilità per il lavoratore di percepire direttamente i contributi versati dal datore di lavoro. Da un lato il “principio di portabilità della posizione individuale” sancisce che il trasferimento dei contributi maturati da un dipendente cessato, prima di aver conseguito il diritto alla pensione complementare verso un Fondo cui accede in relazione ad una nuova attività, si applica indipendentemente dalle caratteristiche strutturali dei fondi e quindi, non solo ai fondi a capitalizzazione individuale, ma anche a quelli a ripartizione o capitalizzazione collettiva. Detto principio si confà alla ratio e alla lettera della l. numero 421/1992 ed è rimasto invariato anche dopo l'entrata in vigore della l. numero 252/2005. Dall'altro lato è fuor di dubbio che i contributi versati in un Fondo di Previdenza abbiano natura previdenziale e non retributiva e pertanto non rientrano nella base di calcolo delle indennità collegate alla cessazione del rapporto di lavoro. Non v'è infatti nesso di corrispettività diretta tra contribuzione e prestazione lavorativa, tanto che si parla di sostanziale autonomia tra il rapporto di lavoro e la previdenza complementare l'obbligazione che il datore di lavoro assume con il sistema di previdenza integrativa nei confronti del Fondo non è monetizzabile a favore del lavoratore come invece accade per alcuni benefit . Le Sezioni Unite del 2015. Quest'ultima affermazione, però, è messa in dubbio dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione numero 477/2015 , secondo cui l'obbligazione assunta da parte del fondo è sempre monetizzabile e, proprio per ciò, può essere oggetto di un diritto del lavoratore diritto che, in quel caso, concerneva proprio il trasferimento della somma dei contributi versati in suo favore dal datore . Resta però da capire se le citate Sezioni Unite, nel delineare la “posizione individuale” si siano riferite esclusivamente ai contributi versati da datore e lavoratore par. 40 - «ciò che risulta dai finanziamenti indicati nel precedente articolo 8 del medesimo decreto legislativo, è cioè sia del lavoratore che del datore» oppure anche ai rendimenti degli stessi contributi, come implicitamente emerge dal rinvio alle “regole e metodi delle specializzazioni matematiche che si occupano del problemi del settore assicurativo – previdenziale” par. 45 . Si consideri, infatti, le citate Sezioni Unite richiamano le argomentazioni di Cass. numero 7161/2013 , dove si accosta apertamente il riscatto “previdenziale” al riscatto della polizza assicurativa art 1925 c.c. , evocando così il concetto di “riserva matematica” che, com'è noto, può calcolarsi o come cifra pari al valore attuale delle prestazioni future dovute all'avente diritto oppure ai contributi versati fino al momento del calcolo ed opportunamente rivalutati. Di nuovo, il dubbio. Ciò considerato, al Collegio non pare che la Corte d'Appello sia incorsa in ultrapetita , riconoscendo anche i rendimenti, tuttavia il dubbio resta e si resta in attesa di una definitivo chiarimento.
Presidente Berrino – Relatore Cavallaro Rilevato in fatto che, con sentenza non definitiva depositata il 3.9.2016, la Corte d'appello di Venezia, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato che G.A. e P.R. avevano diritto al riscatto della posizione individuale maturata presso il Fondo di Previdenza per il personale della Cassa di Risparmio di Venezia, rimettendo la causa in istruttoria per la quantificazione del dovuto a mezzo CTU che avverso tale pronuncia s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura che G.A. e P.R. hanno resistito con controricorso che, nelle more del giudizio, avendo conciliato la lite tra loro pendente, s.p.a. ha notificato ad G.A. atto di rinuncia al ricorso per cassazione, che questi ha debitamente accettato che, con sentenza depositata il 24.8.2017, la Corte d'appello di Venezia, definitivamente pronunciando in esito alla disposta CTU, ha condannato s.p.a. a corrispondere a P.R. la somma di Euro 177.218,42 oltre accessori a titolo di riscatto della posizione previdenziale maturata presso il Fondo di Previdenza per il personale della Cassa di Risparmio di Venezia che avverso tali statuizioni s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura che P.R. ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale, basato su di un motivo che s.p.a. ha resistito con controricorso al ricorso incidentale che, a seguito di congiunta istanza delle parti, le due cause sono state chiamate all'adunanza camerale del 16.6.2021, in vista della quale s.p.a. e P.R. hanno depositato memorie illustrative. Considerato in diritto che, con il primo motivo di ricorso avverso la sentenza non definitiva, s.p.a. denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 124 del 1993, articolo 10 e D.Lgs. numero 252 del 2005, articolo 20, comma 2, nonché del D.M. numero 62 del 2007 , per avere la Corte di merito riconosciuto il diritto al riscatto della posizione individuale, applicando al Fondo di previdenza le previsioni del D.Lgs. numero 124 del 1993, articolo 10, giusta le indicazioni di Cass. S.U. numero 477/2015 che, con il secondo motivo, s.p.a. lamenta violazione e falsa applicazione dell' articolo 437 c.p.c. e articolo 1362 c.c. , per avere la Corte territoriale ritenuto che la domanda concernente i rendimenti prodotti dall'investimento dei contributi versati al Fondo non fosse nuova rispetto al petitum formulato nel ricorso introduttivo del giudizio, benché quest'ultimo concernesse soltanto la restituzione dei contributi versati dal datore di lavoro e di quelli trattenuti sulla retribuzione corrisposta al lavoratore iscritto al Fondo che identica censura è ripetuta da s.p.a. quale primo motivo del ricorso principale avverso la sentenza definitiva con cui la Corte d'appello di Venezia, in accoglimento della domanda, l'ha condannata a pagare a P.R. la somma di Euro 177.218,42 che, con il secondo motivo del ricorso principale avverso la sentenza definitiva, s.p.a. lamenta violazione del D.Lgs. numero 124 del 1993, articolo 8 e 10, articolo 414 c.p.c. e articolo 1362 c.c. , per avere la Corte di merito ritenuto che la posizione individuale andasse calcolata incrementando il montante dei contributi versati al Fondo con i rendimenti rivenienti dal loro impiego produttivo che, con l'unico motivo del ricorso incidentale avverso la sentenza definitiva, P.R. si duole di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. numero 124 del 1993, articolo 8, 10 e 18 e D.Lgs. numero 252 del 2005 , articolo 8, 14 e 20, per avere la Corte di merito ritenuto che i rendimenti rivenienti dall'impiego produttivo dei contributi versati al Fondo potessero essergli riconosciuti solo a far data dal 1998, invece che dalla data della sua iscrizione al Fondo, per non esservi stato anteriormente a tale anno alcun investimento dei contributi accantonati che tanto il ricorso avverso la sentenza non definitiva che quelli nei confronti della sentenza definitiva ripropongono a questa Corte la questione della possibilità di estendere la facoltà di riscatto della posizione individuale, già prevista dal D.Lgs. numero 124 del 1993, articolo 10 e adesso ridisciplinata dal D.Lgs. numero 252 del 2005, articolo 14, ai fondi complementari c.d. preesistenti a prestazioni definite e funzionanti, come il Fondo di Previdenza per il personale della Cassa di Risparmio di Venezia, secondo il sistema c.d. a ripartizione , e insieme ad essa quella, strettamente dipendente, della consistenza di tale posizione individuale, discutendosi se essa debba essere parametrata ai soli contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore iscritto o anche ai rendimenti che essi abbiano prodotto o avrebbero comunque potuto produrre che, con riguardo alla previsione di cui al D.Lgs. numero 124 del 1993 , articolo 10, le Sezioni Unite di questa Corte, componendo il contrasto insorto all'interno della Sezione Lavoro, hanno affermato il principio di diritto secondo cui la norma cit., nel consentire la c.d. portabilità della posizione individuale, ossia il trasferimento dei contributi maturati da un dipendente cessato prima di aver conseguito il diritto alla pensione complementare verso un fondo cui il medesimo acceda in relazione ad una nuova attività, si applica anche ai fondi pensionistici preesistenti all'entrata in vigore della Legge Delega numero 421 del 1992 15.11.1992 indipendentemente dalle loro caratteristiche strutturali, e quindi non solo ai fondi a capitalizzazione individuale, ma anche a quelli a ripartizione o a capitalizzazione collettiva, trattandosi di soluzione coerente non solo con il dato letterale della norma, che non contiene espressioni idonee a fondare alcuna differenziazione di trattamento tra le due tipologie di fondi, ma anche con la ratio della norma, intesa ad assicurare, in conformità ai principi della legge delega, più elevati livelli di copertura previdenziale Cass. S.U. numero 477 del 2015 che, nel motivare la soluzione prescelta, le Sezioni Unite hanno affermato che anche nei fondi a ripartizione e a prestazione definita è ravvisabile una posizione individuale , il cui valore è determinabile in relazione alla durata del periodo di iscrizione dell'interessato e dell'apporto contributivo, e hanno rinviato, per la sua concreta liquidazione, alle regole e ai metodi delle specializzazioni matematiche che si occupano dei problemi del settore assicurativo-previdenziale, alla stregua delle quali tale posizione previdenziale individuale, anche se non necessariamente determinata, sarebbe comunque determinabile che tale soluzione è stata argomentata anche con riguardo alla disciplina di cui al successivo D.Lgs. numero 252 del 2005 allora inapplicabile ratione temporis, ma qui rilevante in relazione alla data di cessazione dell'iscrizione del controricorrente al Fondo 4.1.2008, come si legge a pag. 2 della sentenza non definitiva della Corte d'appello di Venezia , in relazione alla quale le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la disciplina transitoria dettata dal D.Lgs. numero 252 del 2005 cit., articolo 20, per i fondi c.d. preesistenti, lungi dall'avvalorare la tesi secondo cui essi sfuggirebbero al dettato del D.Lgs. numero 124 del 1993 , comproverebbe ulteriormente, per l'insussistenza di esenzioni in relazione alla struttura del fondo e la limitata facoltà conferita all'autorità di vigilanza di consentire deroghe alla portabilità solo qualora siano dimostrati problemi di tenuta di equilibrio tecnico del fondo, che non vi è alcuna impossibilità tecnica di garantire la portabilità nell'ambito dei fondi preesistenti nè alcuna incompatibilità sistemica tra portabilità della posizione individuale e fondi a ripartizione o a capitalizzazione collettiva che, nondimeno, le Sezioni Unite di questa Corte, nel decidere la diversa questione della natura retributiva o previdenziale della contribuzione versata ai fondi pensione in epoca anteriore alla Legge Delega numero 421 del 1992 , cit., e nel concludere nel senso che i versamenti compiuti dal datore di lavoro, indipendentemente dal fatto che il fondo abbia personalità giuridica autonoma o consista in una gestione separata, hanno natura previdenziale e non retributiva, onde non rientrano nella base di calcolo delle indennità collegate alla cessazione del rapporto di lavoro, hanno espressamente affermato che la mancanza di un nesso di corrispettività diretta fra contribuzione e prestazione lavorativa, e quindi, in buona sostanza, la sostanziale autonomia tra rapporto di lavoro e previdenza complementare, trovano una conferma decisiva nel rilievo che, in caso di cessazione del rapporto senza diritto alla pensione integrativa - il che può verificarsi quando non siano integrati tutti i presupposti per la maturazione del diritto - il dipendente non ha alcun diritto alla percezione dei contributi versati dal datore di lavoro , sottolineando altresì che l'obbligazione che il datore di lavoro assume con il sistema di previdenza integrativa nei confronti del fondo non è monetizzabile a favore del lavoratore come accade invece per alcuni benefit così Cass. S.U. nnumero 4684 e 6345 del 2015, § 28 della motivazione che tale affermazione, ad avviso del Collegio, mal si concilia con l'opposto assunto fatto proprio da Cass. S.U. numero 477 del 2015, cit., secondo cui l'obbligazione assunta da parte del fondo è sempre monetizzabile e, proprio per ciò, ben può essere oggetto di un diritto del lavoratore diritto che, peraltro, in quel caso concerneva proprio il trasferimento della somma dei contributi versati in suo favore dal datore di lavoro cfr. Cass. S.U. numero 477 del 2015, cit., § 46 della motivazione che, sebbene si tratti di affermazioni effettuate in vista della decisione di fattispecie indubbiamente differenti cfr., in tal senso, Cass. numero 28874 del 2017 , pare al Collegio che, appartenendo entrambe a pieno titolo ai percorsi argomentativi che hanno portato all'enunciazione dei principi di diritto rispettivamente affermati da Cass. S.U. numero 477 del 2015 e da Cass. S.U. numero 4684 del 2015, esse non possano logicamente darsi insieme che, non a caso, la dottrina che con più autorevolezza ha affrontato l'argomento ha opportunamente distinto, nell'ambito dei fondi c.d. preesistenti, tra forme previdenziali a contribuzione definita e forme previdenziali a prestazione definita, suggerendo che solo per le prime non può dubitarsi nè della natura retributiva dei versamenti operati dal datore di lavoro nè, a fortiori, della sussistenza di una posizione individuale riferibile al singolo iscritto e da questi tutelabile eventualmente tramite gli strumenti già previsti dal D.Lgs. numero 124 del 1993, articolo 10, mentre per le seconde, dove sull'interesse individuale prevale manifestamente l'interesse mutualistico, non potrebbe rigorosamente affermarsi nè la natura retributiva dei versamenti effettuati dal datore di lavoro nè, a fortiori, la configurabilità di una posizione individuale del singolo iscritto che contrari argomenti, a tale ultimo fine, non paiono nemmeno potersi trarre dalle regole delle specializzazioni matematiche pur richiamate da Cass. S.U. numero 477 del 2015 per argomentare la determinabilità della posizione individuale nei fondi a prestazione definita, atteso che ciò che i metodi attuariali consentono propriamente di determinare è piuttosto l'ammontare delle passività in funzione delle quali calcolare il contributo dovuto in relazione a ciascuno degli iscritti per garantire l'equilibrio finanziario del fondo, che è cosa affatto diversa da ciò che ciascun iscritto ha diritto di pretendere dal fondo stesso che, in ogni caso, anche a voler concedere che una posizione individuale sia enucleabile e tutelabile nell'ambito dei fondi a prestazione definita, si pone l'ulteriore problema della sua consistenza, controvertendosi come detto tra le parti se essa debba essere parametrata ai soli contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore iscritto o anche ai rendimenti che essi abbiano prodotto o avrebbero comunque potuto produrre che, al riguardo, non appare chiaro se le Sezioni Unite di questa Corte, nella citata sentenza numero 477 del 2015, abbiano voluto riferirsi, nel delineare la posizione individuale oggetto di portabilità e/o di riscatto, esclusivamente a ciò che risulta dai finanziamenti indicati nel precedente articolo 8 del medesimo D.Lgs., e cioè sia del lavoratore che del datore di lavoro , come si legge nel § 40 della motivazione ove il richiamo a Cass. numero 17657 del 2002 , oppure anche ai rendimenti di tale somma, come implicitamente emerge dal rinvio alle regole e metodi delle specializzazioni matematiche che si occupano dei problemi del settore assicurativo-previdenziale di cui al successivo § 45, atteso che il richiamo ivi operato alle argomentazioni di Cass. numero 7161 del 2013 che espressamente accosta il riscatto in questione all'ipotesi di cui all' articolo 1925 c.c. evoca piuttosto il concetto di riserva matematica , che com'è noto può calcolarsi o come cifra pari al valore attuale delle prestazioni future dovute agli aventi diritto oppure ai contributi versati fino al momento del calcolo ed opportunamente rivalutati che, nel caso di specie, risulta dal conclusum del ricorso di primo grado che l'odierno controricorrente, insieme ad altri litisconsorti, ebbe a chiedere, in via principale, il rimborso della posizione maturata per l'importo corrispondente alla riserva matematica del Fondo pro-quota maturata e, in subordine, un importo pari alla somma dei contributi rispettivamente versati dalla datrice di lavoro e da ciascun ricorrente oltre interessi e rivalutazione , salva comunque la restituzione della propria quota di contribuzione versata al Fondo che, sembrando prima facie da escludersi che la Corte territoriale sia incorsa nel vizio di ultrapetizione lamentato al secondo motivo del ricorso avverso la sentenza non definitiva e al primo del ricorso principale avverso la sentenza definitiva, reputa il Collegio che, concernendo i restanti motivi dei tre ricorsi questioni di massima di particolare importanza, ne sia opportuna la riunione e la rimessione al Primo Presidente affinché valuti l'opportunità di assegnarli alle Sezioni Unite di questa Corte. P.Q.M. La Corte preliminarmente dispone riunirsi al presente il procedimento iscritto al numero R.G. 7210/2018 e rimette i procedimenti così riuniti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.