Emendamenti respinti senza motivazione: il conflitto di attribuzione è ammissibile?

Affinché si riscontri la materia del conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato a seguito del ricorso di singoli parlamentari, questi ultimi hanno l’onere di allegare la violazione di una propria attribuzione, individuata puntualmente e fondata sulle norme della Costituzione, mentre resta riservato alle assemblee parlamentari il giudizio relativo all’interpretazione e applicazione delle sole norme e delle prassi regolamentari.

Immotivata bocciatura degli emendamenti il senatore ricorre alla Corte costituzionale.   La pronuncia in commento trae origine dal conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato promosso dal senatore E.L., ai sensi dell' articolo 134 Cost. , nei confronti del Senato della Repubblica e della V Commissione permanente Bilancio del Senato. Il ricorrente lamenta la menomazione del suo diritto-potere di presentare emendamenti ai disegni di legge oggetto di discussione in Commissione ed in Aula, in qualità di rappresentante della Nazione senza vincoli di mandato ex articolo 67 Cost., per effetto delle immotivate e ingiustificate declaratorie di inammissibilità e/o improponibilità, da parte della V Commissione permanente Bilancio del Senato e del Presidente del Senato, degli emendamenti proposti dal medesimo senatore in sede di conversione di alcuni decreti-legge emendamenti tutti diretti ad elevare di due anni l'età di collocamento d'ufficio a riposo di medici, magistrati, procuratori e avvocati dello Stato, nell'ambito delle misure legate all'emergenza epidemiologica da COVID-19. In sostanza, il senatore si duole del fatto che tutti i suoi emendamenti siano stati dichiarati talora inammissibili, talora improponibili senza alcuna motivazione, senza, cioè, che ve ne fossero i presupposti giustificativi in base al Regolamento del Senato, con una conseguente presenta menomazione della sfera di attribuzioni costituzionali attribuita al singolo parlamentare dagli articolo 67, 70 e 71 Cost. Giudizio per conflitto di attribuzioni la Corte Costituzionale “arbitro” tra i poteri dello Stato. La pronuncia in commento ricorda, preliminarmente, che, in questa fase, la Consulta è chiamata a deliberare, ai sensi dell' articolo 37, commi 1 e 3, l. numero 87/1953 Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale , in sede di sommaria delibazione, l'ammissibilità del ricorso, per valutare, senza contraddittorio, se sussistano i requisiti soggettivi e oggettivi di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato e, dunque, a decidere se il conflitto sia insorto tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono, per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali cfr., recentemente, Corte Cost., numero 66/2021 . Se la Corte ritiene che esista la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, dichiara ammissibile il ricorso e ne dispone la notifica agli organi interessati nella fase successiva, la Consulta dovrà risolvere il conflitto sottoposto al suo esame, dichiarando il potere al quale spettano le attribuzioni in contestazione ed annullando gli eventuali atti viziati da incompetenza. Diversamente, in mancanza del requisito soggettivo o di quello oggettivo, il ricorso sarà dichiarato inammissibile. Conflitto di attribuzioni il singolo parlamentare ha la legittimazione? Riguardo al requisito soggettivo, vale a dire la legittimazione a sollevare il conflitto tra poteri dello Stato, la pronuncia in commento ricorda che la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto l'esistenza di un complesso di prerogative del singolo parlamentare, diverse e distinte da quelle di cui dispone in quanto componente dell'assemblea, che gli spettano come singolo rappresentante della Nazione, individualmente considerato nell'esercizio di tali prerogative, il parlamentare esprime una volontà in sé definitiva e conclusa, che soddisfa il requisito previsto dall' articolo 37, comma 1, l. numero 87/1953 cfr. Corte Cost., numero 17/2019 . Tali prerogative si esplicitano anche nel potere di iniziativa, testualmente attribuito “a ciascun membro delle Camere” dall' articolo 71, comma 1, Cost. , comprensivo del potere di proporre emendamenti, esercitabile tanto in commissione che in assemblea articolo 72 Cost. . Violazione del potere di emendamento è ammissibile il ricorso alla Consulta? Accertata la ricorrenza del requisito soggettivo, il giudice delle leggi esclude, tuttavia, la ricorrenza, nella fattispecie, del requisito oggettivo . Come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, non possono trovare ingresso nei giudizi per conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato le censure che riguardano esclusivamente violazioni o scorrette applicazioni dei regolamenti parlamentari e delle prassi di ciascuna Camera, ma solo quelle inerenti a vizi che determinano violazioni manifeste delle prerogative costituzionali dei parlamentari cfr., ex plurimis , Corte Cost., numero 9/1959 e, più recentemente, Corte Cost., numero 149/2016 e numero 17/2019 . Pertanto, affinché si riscontri la materia del conflitto, occorre che si lamenti la violazione di norme costituzionali attributive di specifici poteri al soggetto ricorrente. Quanto ai singoli parlamentari, ciò comporta che sugli stessi incombe l' onere di allegazione e deduzione della violazione di una propria attribuzione, da individuare puntualmente, parallelamente agli atti o comportamenti asseritamente lesivi, e fondata sulle norme della Costituzione, mentre resta riservato alle assemblee parlamentari il giudizio relativo all'interpretazione e applicazione delle sole norme e delle prassi regolamentari. Inammissibilità del ricorso fondato sulla violazione dei regolamenti parlamentari. Nella fattispecie, sebbene il ricorrente denunci la menomazione del potere di emendamento, di cui è titolare in quanto rappresentante della Nazione, senza vincolo di mandato, e invochi gli articolo 67, 71 e 72 Cost. , egli sviluppa le censure lamentando essenzialmente la violazione delle previsioni del Regolamento del Senato che individuano i criteri per le declaratorie di inammissibilità e improponibilità degli emendamenti. Pertanto, alla luce della prospettazione del ricorso, la menomazione lamentata dal ricorrente attiene all'interpretazione e alle modalità di applicazione di norme e prassi regolamentari inerenti alla presentazione e discussione degli emendamenti. Come già chiarito dal giudice delle leggi, a ciascuna Camera è riconosciuta e riservata la potestà di disciplinare, tramite il proprio regolamento, il procedimento legislativo in tutto ciò che non sia direttamente ed espressamente già disciplinato dalla Costituzione Corte Cost., numero 78/1984 entro questi limiti, le vicende e i rapporti attinenti alla disciplina del procedimento legislativo ineriscono alle funzioni primarie delle Camere e rientrano, per ciò stesso, nella sfera di autonomia che compete alle stesse Corte Cost., numero 120/2014 e numero 149/2016 . Dal momento che le argomentazioni addotte nel ricorso attengono esclusivamente alla violazione di norme del Regolamento del Senato e della prassi parlamentare, senza che sia dimostrata una manifesta lesione delle attribuzioni costituzionali invocate, il conflitto di attribuzioni, nei termini in cui è stato prospettato, non attinge al livello del conflitto tra poteri dello Stato, la cui risoluzione spetta alla Consulta Corte Cost., numero 366/2008 e numero 90/1996 dal che deriva l'inammissibilità del ricorso.

Presidente Coraggio - Redattore Sciarra Ritenuto che con ricorso depositato in data 29 aprile 2021, il senatore Elio Lannutti ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, ai sensi dell' articolo 134 della Costituzione , nei confronti del Senato della Repubblica, in persona del Presidente in carica, e della V Commissione permanente Bilancio del Senato, in persona del Presidente in carica che il ricorrente lamenta la menomazione del suo «diritto-potere di presentare emendamenti ai disegni di Legge che siano oggetto di discussione nel merito in Commissione o in Aula, in qualità di rappresentante della Nazione senza vincoli di mandato ex articolo 67 Cost. », per effetto delle immotivate e ingiustificate declaratorie di inammissibilità e/o improponibilità, da parte della V Commissione permanente Bilancio del Senato e del Presidente del Senato, degli emendamenti proposti dal medesimo senatore e identificati al numero 5.1 Testo 3 /200, relativamente all'A.S. numero 1786, al numero 4.0.4., relativamente all'A.S. numero 1883, al numero 22.0.29, relativamente all'A.S. numero 1994, e infine al numero 4.0.1, relativamente all'A.S. numero 2133 che, in particolare, secondo il ricorrente, l'emendamento numero 5.1 Testo 3 /200, proposto in sede di conversione del decreto-legge 30 aprile 2020, numero 28 Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario , nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19 , per aggiungere all'articolo 5, dopo il comma 1-bis, la previsione dell'aumento di due anni dell'età di collocamento d'ufficio a riposo per raggiunti limiti di età, «dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili, militari, degli avvocati e procuratori dello Stato in servizio alla data del 1° maggio 2020, nonché dei medici e chirurghi universitari ed ospedalieri che, alla stessa data, esercitano attività clinica presso strutture pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale», sarebbe stato dichiarato inammissibile in aula, durante la seduta numero 230 del 17 giugno 2020, in maniera del tutto immotivata, in violazione degli articolo 97 e 100 del Regolamento del Senato, secondo cui il Presidente del Senato può dichiarare l'inammissibilità degli emendamenti proposti solo ove il loro contenuto si ponga in contrasto con deliberazioni già adottate dal Senato sull'argomento nel corso della discussione, ovvero sia privo di ogni reale portata modificativa che il ricorrente assume, inoltre, che l'emendamento numero 4.0.4., presentato in occasione del procedimento di conversione in legge del decreto-legge 16 luglio 2020, numero 76 Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale , per l'introduzione di un articolo 4-bis, contenente una previsione analoga a quella di cui all'emendamento già richiamato inerente al trattenimento in servizio di medici, magistrati, avvocati e procuratori dello Stato , è stato dichiarato dapprima inammissibile dalla V Commissione permanente Bilancio , senza giustificazione, in quanto l'asserita assenza della relazione tecnica si sarebbe rivelata infondata e comunque irrilevante, dato che l'emendamento non apportava alcun aggravio di tipo finanziario, nonché poi inammissibile recte improponibile dal Presidente del Senato in aula, durante la seduta numero 254 del 4 settembre 2020, in violazione di quanto stabilito dall'articolo 97 del Regolamento del Senato, non essendo tale emendamento estraneo all'oggetto della discussione, né formulato in termini sconvenienti che anche la declaratoria di improponibilità dell'emendamento numero 22.0.29, di contenuto identico ai precedenti, volto a inserire, in sede di conversione in legge, l' articolo 22-bis al decreto-legge 28 ottobre 2020, numero 137 Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 , sarebbe stata pronunciata in aula dal Presidente del Senato in violazione dell'articolo 97 del Regolamento del Senato, in quanto il contenuto del citato emendamento sarebbe stato pertinente all'oggetto della discussione in aula, mirando ad assicurare «misure idonee a garantire un riequilibrio delle carriere», considerato «il rischio di diffusione e contrazione del virus Covid-19», ma anche «le gravi difficoltà sistematiche ed economiche scaturite a causa della pandemia» che, infine, anche con riferimento all'emendamento 4.0.1., presentato in sede di conversione del decreto-legge 13 marzo 2021, numero 31 Misure urgenti in materia di svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 , sempre inerente all'aumento di due anni dell'età di collocamento d'ufficio a riposo di medici, magistrati, procuratori e avvocati dello Stato, sia la declaratoria di inammissibilità resa dalla V Commissione permanente del Senato, sia la declaratoria di improponibilità resa dal Presidente del Senato sarebbero state adottate in assenza di motivazione, essendo erronea l'affermazione dell'assenza della relazione finanziaria e della sua necessità, nonché priva di fondamento la pretesa non pertinenza dell'emendamento rispetto alla fattispecie oggetto di discussione in aula che, in sostanza, il senatore Lannutti si duole che tutti i citati emendamenti siano stati dichiarati talora inammissibili, talora improponibili senza alcuna motivazione, senza, cioè, che ve ne fossero i presupposti giustificativi in base al Regolamento del Senato che, pertanto, il ricorrente lamenta che, in tal modo, si sarebbe determinata la palese menomazione della propria sfera di attribuzioni costituzionali di cui agli articolo 67, 70 e 71 Cost. che sussisterebbero nella specie tutti i presupposti per ritenere ammissibile il conflitto, in linea con la giurisprudenza costituzionale che, a partire dall'ordinanza numero 17 del 2019, ha riconosciuto al singolo parlamentare sia in qualità di rappresentante della Nazione articolo 67 Cost. , sia quale protagonista principale nell'esercizio della funzione legislativa delle Camere articolo 70 e 71 Cost. , la titolarità di una serie di attribuzioni proprie, che si estrinsecano non solo nella presentazione di progetti di legge e nella partecipazione ai lavori delle commissioni parlamentari, bensì anche nelle proposte emendative che, infatti, la legittimazione del ricorrente risiederebbe nella sua titolarità del potere di emendamento, che implicherebbe il rispetto di guarentigie costituzionali imprescindibili, come il diritto di conoscere le motivazioni delle eventuali declaratorie di improponibilità e inammissibilità rese dal Presidente dell'aula o della commissione ovvero non conseguenti a una discussione in assemblea che, secondo il senatore ricorrente, tale potere sarebbe stato gravemente menomato, in quanto gli emendamenti proposti sarebbero stati dichiarati inammissibili o improponibili senza alcuna motivazione e senza che vi fosse una reale portata giustificativa sottesa a tali dichiarazioni di improponibilità/inammissibilità, in contrasto con le previsioni del Regolamento del Senato che, quindi, il ricorrente chiede che venga accertata e dichiarata la menomazione del suo diritto di presentare emendamenti ai disegni di legge e che, di conseguenza, vengano annullate le declaratorie di inammissibilità e improponibilità dei citati emendamenti. Considerato che il senatore Elio Lannutti ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in riferimento alle declaratorie di inammissibilità e di improponibilità di quattro emendamenti, di contenuto sostanzialmente identico, presentati dal medesimo senatore in sede di conversione in legge di quattro distinti decreti-legge che tali declaratorie sarebbero state adottate dalla V Commissione permanente Bilancio del Senato e dal Presidente della medesima assemblea senza alcuna motivazione e in violazione dei presupposti di fatto e di diritto individuati dalle norme del Regolamento del Senato, in particolare dagli articolo 97 e 100 che, secondo il ricorrente, con l'impedire la discussione in commissione e in aula dei citati emendamenti, senza addurre ragione alcuna, si sarebbe perpetrata la menomazione di una sua specifica attribuzione, di cui, in qualità di parlamentare rappresentante della Nazione articolo 67 Cost. , è titolare, attribuzione consistente nel potere di emendamento, da intendersi incluso nel potere di iniziativa articolo 71 Cost. , e che è esercitato sia in aula sia in commissione articolo 72 Cost. che, pertanto, il senatore ricorrente chiede a questa Corte di accertare l'avvenuta menomazione del suo potere di emendamento e, conseguentemente, di annullare le impugnate declaratorie di inammissibilità e improponibilità che, in questa fase del giudizio, la Corte è chiamata a deliberare, ai sensi dell' articolo 37, primo e terzo comma, della legge 11 marzo 1953, numero 87 Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale , in sede di sommaria delibazione, l'ammissibilità del ricorso, per valutare, senza contraddittorio, se sussistano i requisiti soggettivo e oggettivo di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, e dunque a decidere se il conflitto insorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono, per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali da ultimo, ordinanza numero 66 del 2021 che questa Corte, con l'ordinanza numero 17 del 2019 , ha riconosciuto, quanto al profilo soggettivo, l'esistenza di un complesso di prerogative del singolo parlamentare, diverse e distinte da quelle di cui dispone in quanto componente dell'assemblea, che gli spettano come singolo rappresentante della Nazione, individualmente considerato, sicché nell'esercizio delle stesse egli esprime una volontà in sé definitiva e conclusa, che soddisfa quanto previsto dall' articolo 37, primo comma, della legge numero 87 del 1953 che tali prerogative «si esplicitano anche nel potere di iniziativa, testualmente attribuito “a ciascun membro delle Camere” dall' articolo 71, primo comma, Cost. , comprensivo del potere di proporre emendamenti, esercitabile tanto in commissione che in assemblea articolo 72 Cost. » ordinanza numero 17 del 2019 che, quanto al profilo oggettivo, questa Corte ha altresì precisato che «non possono trovare ingresso nei giudizi per conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato le censure che riguardano esclusivamente violazioni o scorrette applicazioni dei regolamenti parlamentari e delle prassi di ciascuna Camera tra le altre, sentenza numero 9 del 1959 e, più recentemente, ordinanza numero 149 del 2016 » ordinanza numero 17 del 2019 , ma solo quelle inerenti a vizi che determinano violazioni manifeste delle prerogative costituzionali dei parlamentari che, in linea generale, affinché si riscontri la materia del conflitto, occorre che si lamenti la violazione di norme costituzionali attributive di specifici poteri al soggetto ricorrente che, quanto ai singoli parlamentari, ciò comporta che sugli stessi incombe l'onere di allegazione e deduzione della violazione di una propria attribuzione, da individuare puntualmente, parallelamente agli atti o comportamenti asseritamente lesivi, e fondata sulle norme della Costituzione, mentre resta riservato alle assemblee parlamentari il giudizio relativo all'interpretazione e applicazione delle sole norme e delle prassi regolamentari che, nella specie, sebbene il ricorrente denunci la menomazione del potere di emendamento, di cui è titolare in quanto rappresentante della Nazione, senza vincolo di mandato, e invochi gli articolo 67, 71 e 72 Cost. , egli sviluppa le censure lamentando essenzialmente la violazione degli articolo 97 e 100 del Regolamento del Senato, là dove individuano i criteri per le declaratorie di inammissibilità e improponibilità degli emendamenti che, in particolare, il ricorrente contesta che gli emendamenti presentati in sede di conversione dei decreti-legge fossero estranei alla materia fatta oggetto di discussione in aula e, quindi, improponibili, ai sensi dell'articolo 97 del Regolamento, come ritenuto dal Presidente del Senato, e contesta anche che determinassero un aumento di spesa, tanto da rendere necessaria la relazione finanziaria, secondo la prassi parlamentare, come assunto dalla V Commissione permanente Bilancio che, dunque, alla luce della prospettazione del ricorso, la menomazione lamentata dal ricorrente attiene all'interpretazione e alle modalità di applicazione di norme e prassi regolamentari inerenti alla presentazione e discussione degli emendamenti che, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, a ciascuna Camera è riconosciuta e riservata la potestà di disciplinare, tramite il proprio Regolamento, il procedimento legislativo «in tutto ciò che non sia direttamente ed espressamente già disciplinato dalla Costituzione» sentenza numero 78 del 1984 che, entro questi limiti, le vicende e i rapporti attinenti alla disciplina del procedimento legislativo «ineriscono alle funzioni primarie delle Camere» sentenza numero 120 del 2014 e rientrano, per ciò stesso, nella sfera di autonomia che a queste compete ordinanza n 149 del 2016 che, dunque, il presente conflitto, nei termini in cui è stato prospettato, «non attinge al livello del conflitto tra poteri dello Stato, la cui risoluzione spetta alla Corte costituzionale» ordinanze numero 366 del 2008 e numero 90 del 1996 , perché le argomentazioni addotte nel ricorso attengono esclusivamente alla violazione di norme del Regolamento del Senato e della prassi parlamentare, senza che sia dimostrata una manifesta lesione delle attribuzioni costituzionali invocate che, pertanto, il ricorso deve ritenersi inammissibile. Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, promosso dal senatore Elio Lannutti nei confronti del Senato della Repubblica e della V Commissione permanente Bilancio del Senato, indicato in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2021.