Dopo la rimessione della causa in istruttoria e la riunione dei giudizi l’avvocato può pretendere il compenso per le attività svolte in esecuzione del mandato. Ciò non vale per le attività istruttorie, nel caso in cui la rimessione sia stata disposta non per l'assunzione delle prove ma solo per chiarimenti.
Un avvocato otteneva dal Tribunale un decreto ingiuntivo nei confronti di un suo cliente, per il pagamento del compenso per il patrocinio svolto nell’ambito di un giudizio civile, processo poi riunito con un altro. L’ingiunto proponeva opposizione, sostenendo di non aver conferito alla controparte alcun mandato per il secondo giudizio e che, quanto al primo procedimento, l’incarico si era esaurito al momento dell’assegnazione della causa a sentenza e quindi, per l’attività successiva non competeva alcun compenso. Il Tribunale riconosceva il compenso all’avvocato. Il cliente di questi proponeva così ricorso alla Corte d’Appello che lo rigettava il giudizio arriva dunque in Cassazione. Con il motivo di ricorso, il ricorrente sostiene che la Corte territoriale non ha verificato se le attività svolta dall’avvocato dopo la riunione dei giudizi e la rimessione delle cause in decisione riguardassero il giudizio per il quale era stato conferito il mandato o la causa riunita in cui il patrocinio era stato affidato ad altri due difensori e non tenendo conto delle ragioni che giustificavano la liquidazione delle somme attribuite al difensore. La sentenza di secondo grado ha correttamente stabilito che anche dopo la rimessione della causa in istruttoria e la riunione dei giudizi l’avvocato aveva titolo a pretendere il compenso per le attività svolte in esecuzione del mandato. Infatti, l’esaurimento dell’incarico non coincideva con l’assunzione della causa in decisione, «avendo il giudice ordinato la rimessione sul ruolo per la trasmissione del fascicolo alla sezione stralcio e per assumere chiarimenti». Corretto dunque l’accertamento, svolto dalla Corte, circa il fatto che l’avvocato aveva svolto - anche alle udienze successive alla riunione - attività procuratoria, così da maturare il diritto agli onorari. Discorso diverso, invece, per le attività istruttorie. Anzitutto, una delle due cause era stata rimessa sul ruolo non per l’assunzione di prova, ma per chiarimenti e, per poter riconoscere gli onorari al difensore, non era sufficiente che questi avesse preso parte alle udienze di assunzione delle prove, ma occorreva accertare se fossero stati assunti mezzi istruttori richiesti dal resistente ed ammessi nell’ambito dell’altro giudizio, avendo la stessa sentenza impugnata riaffermato l’autonomia delle due cause e l’impossibilità di ritenere che il difensore potesse patrocinare anche nella causa. Da qui l’accoglimento del ricorso.
Presidente Di Virgilio – Relatore Fortunato Fatti di causa L'avv. L.M. ha ottenuto dal tribunale di Brindisi un decreto ingiuntivo nei confronti di G.G. , per il pagamento del compenso per il patrocinio svolto nell'ambito del giudizio civile numero 3868/1992, processo poi riunito con quello avente il numero r.g. 1931/1997. L'ingiunto ha proposto opposizione, sostenendo di non aver conferito alla controparte alcun mandato per il giudizio numero 1931/1997 e che, quanto al primo procedimento numero r.g. 3868/1992 , l'incarico si era esaurito al momento dell'assegnazione della causa a sentenza. Quindi, per l'attività successiva non competeva al L. alcun compenso. Il tribunale ha riconosciuto al difensore l'importo di Euro 10.129,34, oltre accessori, regolando le spese. L'appello proposto dal G. è stato dichiarato inammissibile dalla Corte leccese con sentenza del 24.5.2007, successivamente cassata con pronuncia numero 21554/2014. Riassunto ritualmente il procedimento, il giudice del rinvio ha respinto l'appello, osservando che il difensore aveva chiesto il compenso per il solo giudizio per il quale aveva ottenuto il mandato e non anche per la causa riunita , ma ribadendo che la disposta riunione non faceva venir meno l'obbligo del professionista di curare la causa numero 3868/1992 fino alla sua definizione. Secondo la Corte di merito, la difesa era stata svolta dal momento dell'instaurazione della lite, in data 13.12.1993, alla rinuncia al mandato, in data 28.10.2004, ed il difensore aveva titolo agli onorari sia per la partecipazione alle udienze tenutesi dopo la riunione delle cause, sia per quelle nelle quali erano state assunte le prove. La cassazione della sentenza è chiesta da G.G. con ricorso in quattro motivi. L'avv. L.M. è rimasto intimato. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo denuncia la violazione dell'articolo 384 c.p.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4. La Corte leccese avrebbe disatteso i principi espressi dalla pronuncia di legittimità numero 21554/2014, non avendo stabilito se il mandato conferito per il giudizio numero 3868/1922 potesse estendersi alla causa riunita. Il motivo è infondato. La sentenza di legittimità numero 21554/2014 aveva cassato la pronuncia di secondo grado, ritenendo inapplicabili le norme del procedimento speciale ex articolo 28 e ss. L.P., rilevando come fosse in contestazione non solo il quantum, ma anche l'an del diritto al compenso, dovendosi stabilire se l'avv. L. avesse ricevuto l'incarico di difesa anche per il giudizio numero 1931/1997. Le questioni devolute all'esame del giudice del rinvio hanno trovato risposta nella decisione impugnata che - da un lato - ha escluso a chiare lettere che la riunione dei giudizi avesse comportato un ampliamento dell'incarico professionale anche al giudizio riunito, ma osservando pure che l'attività del difensore poteva ritenersi conclusa solo con la rinuncia al mandato, dato che il procedimento era proseguito dopo che il collegio ne aveva disposto la rimessione in istruttoria per chiarimenti. Su tale premessa, la Corte giudicante ha posto in rilievo che l'avvocato L. aveva svolto attività procuratoria nelle udienze successive alla riunione ed aveva preso parte ai mezzi di prova, avendo in tal modo individuato le attività che, a suo parere, davano titolo al compenso. 2. Il secondo motivo denuncia la violazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4 e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, contestando alla Corte territoriale di non aver verificato se le attività svolta dal L. dopo la riunione dei giudizi e la rimessione delle cause in decisione riguardassero il giudizio per il quale era stato conferito il mandato o la causa riunita in cui il patrocinio era stato affidato ad altri due difensori e per non aver dato conto delle ragioni che giustificavano la liquidazione delle somme attribuite al difensore. Il terzo motivo denuncia la violazione dell'articolo 1710 c.c. e dell'articolo 274 c.p.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 4, esponendo che la riunione dei giudizi era stata disposta dopo che la causa numero 3868/1922 era stata già assunta in decisione ed era stata poi rimessa sul ruolo per chiarimenti, per cui la successiva trattazione era funzionale solo alla definizione del giudizio 1913/1997. Secondo il ricorrente, le cause riunite riguardavano due distinti incarichi conferiti al G. , il primo dei quali aveva dato luogo alla richiesta di pagamento con ricorso monitorio, mentre l'altra controversia aveva ad oggetto la richiesta di compenso per il secondo incarico, proposta con azione ordinaria. I due giudizi erano del tutto autonomi e le questioni dibattute e le prove assunte nell'uno non avevano rilievo nell'altro, tanto più che per la prima causa era già maturate le preclusioni istruttorie. I due motivi sono fondati nei termini che seguono. La sentenza ha correttamente stabilito che anche dopo la rimessione della causa in istruttoria e la riunione dei giudizi l'avv. L. aveva titolo a pretendere il compenso per le attività svolte in esecuzione del mandato. L'esaurimento dell'incarico non coincideva - difatti - con l'assunzione della causa in decisione, avendo il giudice ordinato la rimessione sul ruolo per la trasmissione del fascicolo alla sezione stralcio e per assumere chiarimenti. Premesso che, discutendosi degli onorari per la partecipazione alle udienze, il compenso era dovuto ai sensi della voce numero 16, della parte II della tabella allegata al D.M. numero 127 del 2004, salvo che per le sole udienze di mero rinvio, le doglianze del ricorrente vanno disattese, dato l'accertamento, svolto dalla Corte, circa il fatto che l'avv. L. aveva svolto - anche alle udienze successive alla riunione - attività procuratoria, sì da maturare il diritto agli onorari cfr. sentenza, pag. 7 . A diverse conclusioni deve pervenirsi per quanto concerne le attività istruttorie. Anzitutto, per quanto si evince dal ricorso, la causa 3868/1922 era stata rimessa sul ruolo non per l'assunzione di prova, ma per chiarimenti e comunque, per poter riconoscere gli onorari, non era sufficiente che il difensore avesse preso parte alle udienze di assunzione delle prove, ma occorreva accertare se fossero stati assunti mezzi istruttori richiesti dal resistente ed ammessi nell'ambito del giudizio numero 3868/1993, avendo la stessa sentenza impugnata riaffermato l'autonomia delle due cause e l'impossibilità di ritenere che il difensore potesse patrocinare anche nella causa numero 1913/1997. Avendo omesso tale indispensabile accertamento, la Corte di merito è incorsa nel vizio denunciato. 3. Il quarto motivo denuncia la violazione della L. numero 27 del 2012, articolo 9 e D.M. numero 140 del 2012, articolo 41 ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 lamentando che la sentenza abbia erroneamente liquidato le spese del giudizio di appello in applicazione del D.M. numero 55 del 2014, sebbene detto grado di causa si fosse esaurito in data 21.9.2007. Il motivo è assorbito, dovendo il giudice del rinvio procedere ad una nuova regolazione delle spese processuali in base all'esito finale della causa. Sono - in conclusione - accolti il secondo ed il terzo motivo di ricorso, è respinto il primo ed è dichiarato assorbito il quarto. La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Lecce, in diversa compensazione, anche per la regolazione delle spese di legittimità. P.Q.M. accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d'appello di Lecce, in diversa compensazione, anche per la regolazione delle spese di legittimità.