Gestione patrimoniale: mala gestio per scostamento dal benchmark?

La Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione torna ad occuparsi, con l’ordinanza numero 25343 del 20 settembre 2021, della tematica della gestione patrimoniale e, segnatamente, della possibilità di configurare una ipotesi di mala gestio del gestore per risultati negativi derivanti dallo scostamento dal benchmark prescelto dal cliente.

Dopo un puntuale percorso motivazionale che consente di mettere a fuoco i tratti essenziali della gestione patrimoniale, viene stabilito che, nel caso in cui non vi sia stata alterazione della concordata composizione del portafoglio titoli, non è sufficiente il mero scostamento dal benchmark per ritenere effettivamente sussistente una cattiva gestione, dovendosi invece valutare le ragioni dello scostamento al fine di individuare eventuali, concreti profili di negligenza e/o imprudenza e/o imperizia del gestore che possono essere rivelati anche dall'entità dello scostamento stesso. La disputa. Il Tribunale di Modena, con sentenza numero 107/2009, rigettava le domande di un investitore avanzate nei confronti dell'istituto di credito di riferimento e della società di gestione del risparmio volte ad ottenere la loro condanna al risarcimento dei danni derivanti da una gestione patrimoniale unitamente alla restituzione degli interessi sui conti correnti connessi alla ridetta gestione. La Corte di Appello di Bologna confermava parzialmente la pronuncia di primo grado, rigettando tutte le domande del cliente salvo la pretesa relativa all'illegittimità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi di cui al rapporto di conto corrente. Per quanto qui di interesse, la Corte territoriale confermava la sentenza impugnata nella parte in cui era stato ritenuto l'allineamento delle gestioni con il benchmark di riferimento. Da qui il ricorso per cassazione da parte degli eredi dell'investitore. L'oggetto del contratto di gestione patrimoniale spazi bianchi e conferimenti. La Corte di Cassazione respinge il motivo di ricorso secondo cui la presenza di alcuni spazi bianchi – destinati all'indicazione del patrimonio da conferire in gestione – avrebbe reso indeterminabile l'oggetto del contratto. Chiariscono i Giudici di Legittimità che l'oggetto del contratto di gestione è rappresentato non già dall'ammontare dei conferimenti patrimoniali in liquidità o in titoli , iniziali e/o successivi — i quali sono posti in essere in esecuzione del contratto di gestione quale c.d. contratto quadro mediante distinti negozi — bensì dal servizio fornito dall'intermediario. Nel caso di specie, puntualizza la Corte, il cliente aveva effettuato i conferimenti in titoli ed in liquidità dopo l'accensione del rapporto contrattuale, non anche in occasione della sua stipulazione per questa ragione il contratto non recava l'indicazione di alcun coevo conferimento. Ciò nel rispetto della normativa CONSOB. Ricorda, al riguardo, la Corte di legittimità che, dal combinato disposto degli articolo 30 e 37 del Regolamento CONSOB numero 11522/1998, applicabile al caso in esame, si evince che il contratto di gestione patrimoniale deve a indicare le caratteristiche della gestione b individuare espressamente le operazioni che l'intermediario non può compiere senza la preventiva autorizzazione dell'investitore ove non siano previste restrizioni indicare espressamente tale circostanza c indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere d con riguardo agli strumenti finanziari derivati, indicare se detti strumenti possono essere utilizzati per finalità diverse da quella di copertura dei rischi connessi alle posizioni detenute in gestione e indicare se l'intermediario è autorizzato a delegare a terzi l'esecuzione dell'incarico ricevuto, specificando, nel caso in cui la delega non riguardi l'intero portafoglio, gli strumenti finanziari, i settori o i mercati di investimento con riferimento ai quali l'autorizzazione viene rilasciata e, in ogni caso, gli eventuali limiti e condizioni dell'autorizzazione f specificare che l'investitore può recedere in qualsiasi momento dal contratto ovvero disporre, in tutto o in parte, il trasferimento o il ritiro dei propri valori, senza che gli sia addebitata alcuna penalità. L'articolo 30 del citato Regolamento, dedicato al contenuto del cd. accordo quadro, non prevede fra i requisiti essenziali del contratto l'ammontare dei conferimenti, stabilendo, invece, ai commi 1 e 2, tra l'altro, che «1. Gli intermediari autorizzati non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto una copia di tale contratto è consegnata all'investitore. 2. Il contratto con l'investitore deve a specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche b stabilire il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso c indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni d prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire all'investitore a rendiconto dell'attività svolta [ ] f indicare le altre condizioni contrattuali eventualmente convenute con l'investitore per la prestazione del servizio». Il comportamento del gestore non si valuta in base ai risultati della gestione. Passando al profilo della responsabilità del gestore, la Corte Suprema evidenzia che il contratto di gestione individuale di portafoglio, previsto dall'articolo 1, comma 5 T.U.F., consiste in una attività di gestione personalizzata di strumenti finanziari che si svolge nel tempo. Ragion per cui il gestore deve tenere un comportamento diligente per tutta la durata del rapporto e la sua attività non può valutarsi globalmente compensando le perdite provocate con i guadagni ottenuti cfr. Cass. numero 9024/2020 Cass. numero 4393/2014 . Riflettendo poi attorno al danno per la violazione degli obblighi informativi posti a carico dell'intermediario, viene aggiunto, in linea a costante orientamento di legittimità, che l'investitore, nel quadro dei principi che regolano il riparto degli oneri di allegazione e prova, deve allegare specificamente l'inadempimento di tali obblighi, mediante la pur sintetica ma circostanziata individuazione delle informazioni che l'intermediario avrebbe omesso di somministrare, nonché fornire la prova del danno e del nesso di causalità tra inadempimento e danno nesso che sussiste se, ove adeguatamente informato, l'investitore avrebbe desistito dall'investimento rivelatosi poi pregiudizievole incombe, invece, sull'intermediario provare che tali informazioni sono state fornite, ovvero che esse esulavano dall'ambito di quelle dovute cfr. Cass. numero 10111/2018 Cass. numero 16126/2020 . Scostamento dal benchmark e responsabilità del gestore. Focalizzando, infine, l'attenzione sul benchmark, osserva la Corte di Legittimità che il benchmark prescelto, pur non imponendo al gestore di acquistare titoli nelle proporzioni indicate, costituisce un modo per valutare la razionalità e l'adeguatezza dell'attività dell'intermediario, per cui, ove la gestione sia risultata in contrasto con il predetto parametro e, quindi, con i rischi contrattualmente assunti dagli investitori, l'intermediario risponde delle perdite che gli stessi abbiano, per l'effetto, subito cfr. Cass. numero 23568/ 2020 Cass. numero 24/2017 Cass. numero 8089/2016 . Ciò posto, viene osservato che, nella specie, la Corte distrettuale ha spiegato, in linea con l'impostazione del primo Giudice, che il cliente era solito intervenire nell'allocazione degli investimenti mediante il rilascio di istruzioni particolari che anticipavano o si sovrapponevano alle strategie adottate dalla società di gestione. Il descritto scostamento, peraltro di modesta entità, non era quindi in grado di influire sul risultato delle gestioni, comunque ritenuto dai giudici di merito in linea anche con il benchmark di riferimento. Conclude, allora, il Collegio la propria riflessione stabilendo che, nel caso in cui non vi sia stata alterazione della concordata composizione del portafoglio titoli, affinché sia effettivamente configurabile una mala gestio dal parte del gestore per asseriti risultati negativi della gestione, non è sufficiente il mero scostamento dal benchmark prescelto altrimenti ricorrendo un'ipotesi di responsabilità sostanzialmente oggettiva , dovendosi invece valutare le ragioni di detto scostamento al fine di individuare eventuali, concreti profili di negligenza e/o imprudenza e/o imperizia del gestore medesimo, che, peraltro, possono essere rivelati anche dall'entità dello scostamento stesso. D'altronde, nella specie, viene meglio precisato, la Corte distrettuale ha accertato che erano state rispettate le indicazioni impartite dall'investitore quanto alle proporzioni tra le categorie di titoli destinate a caratterizzare il suo patrimonio affidato in gestione ed ha ritenuto che il risultato delle gestioni fosse in linea anche con il benchmark di riferimento, valutando lo scostamento del 5,04% annuo medio, in negativo per cinque anni come modesto, sicché non significativo, di per sé, di colpa. Qualche precedente sulla responsabilità derivante dalla gestione patrimoniale. Con riferimento specifico al benchmark, cfr. Cass. numero 23568/2020, secondo cui «nei contratti aventi ad oggetto la gestione di portafogli di valori mobiliari, il benchmark, cioè la linea d'investimento prescelta dal cliente, di cui all'articolo 42 del Regolamento Consob numero 11522 del 1998, importa la costituzione di obblighi di condotta da parte del gestore, rappresentando un parametro di riferimento coerente con i rischi della gestione, al quale devono essere commisurati i risultati di questa pertanto il benchmark prescelto, se anche non impone al gestore di acquistare titoli nelle proporzioni indicate, costituisce un modo per valutare la razionalità e l'adeguatezza dell'attività dell'intermediario, derivandone che, ove la gestione sia risultata in contrasto con il predetto parametro e, quindi, con i rischi contrattualmente assunti dall'investitore, l'intermediario risponde delle perdite che il cliente abbia subìto in conseguenza» Cass. numero 24/2017, secondo cui «il benchmark, sebbene non imponga al gestore di un portafoglio di acquistare titoli nelle proporzioni indicate, costituisce un modo per valutare la razionalità e l'adeguatezza dell'attività dell'intermediario, di modo che quest'ultimo può ritenersi inadempiente ove abbia attuato una gestione non coerente con i rischi rappresentati da tale parametro». Richiamata nell'ordinanza in esame, cfr. Cass. 7922/2015 secondo cui «in tema di gestione di patrimonio mobiliare, è configurabile la responsabilità dell'intermediario finanziario che abbia dato corso ad un ordine, ancorché vincolante, ricevuto da un cliente non professionale, concernente un investimento particolarmente rischioso, atteso che la professionalità del primo su cui il secondo abbia ragionevolmente fatto affidamento in considerazione dello speciale rapporto contrattuale tra essi intercorrente, gli impone comunque di valutare l'adeguatezza di quell'operazione rispetto ai parametri di gestione concordati con facoltà, peraltro, di recedere dall'incarico, per giusta causa, qualora non ravvisi tale adeguatezza». Per la giurisprudenza di merito, vedasi App. Bari, 6 luglio 2020, in Quotidiano Giuridico, ove stabilito che «nel contratto di gestione patrimoniale, il benchmark definito in termini di tasso è incompatibile con un basso profilo di rischio. Ciò posto, è immune da censure il contegno dell'intermediario che si sia attenuto alle istruzioni impartite dai clienti e abbia attuato investimenti adeguati al profilo di rischio e alle caratteristiche prescelte per la gestione patrimoniale». App. Milano, 28 gennaio 2019, in Dejure, che si è così espressa «in tema di contratti di gestione patrimoniale individuale, in caso di performance negative è esclusa una qualsiasi forma di responsabilità in capo alla banca, qualora risulti che la stessa abbia analiticamente specificato l'oggetto della linea di gestione prescelta, il suo livello di rischio e il benchmark, al fine di consentire all'investitore tutti gli elementi necessari per effettuare consapevoli scelte di investimento».

Presidente De Chiara – Relatore Campese Fatti di causa 1. Con sentenza del 14/30 marzo 2009, numero 107, il Tribunale di Modena respinse le domande, proposte da P.M. nei confronti di Banca s.p.a. per il prosieguo, breviter, Banca e di s.p.a. d'ora in avanti, più semplicemente, P. , volte a sentir dichiarare, in relazione ad una gestione patrimoniale, la violazione della clausola inerente la cd. leva finanziaria e l'applicazione non corretta di interessi e commissioni sui conti correnti relativi alla gestione patrimoniale ed accesi presso la Banca , nonché ad ottenere la condanna delle menzionate convenute, in solido tra loro o ciascuna per quanto di ragione, alla restituzione e/o al risarcimento dei danni nella misura di cui agli invocati importi. 2. La Corte di appello di Bologna, decidendo sui gravami principale ed incidentale condizionato, rispettivamente del P. e della Banca, con sentenza del 10 febbraio 2017, numero 355, ha confermato parzialmente la pronuncia del tribunale modenese, rigettando tutte le domande avanzate dal primo ad eccezione della pretesa relativa alla illegittimità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi di cui al conto corrente numero 10403, con conseguente condanna della Banca alla restituzione della somma di Euro 110.501,77, oltre interessi dalla domanda al saldo. 2.1. In estrema sintesi, e per quanto qui di residuo interesse, quella corte i ha dichiarato inammissibile la richiesta del P., formulata solo nella sua seconda comparsa conclusionale di quel grado, di declaratoria di nullità del rapporto di conto corrente numero omissis per inosservanza della forma scritta ad substantiam del relativo contratto imposta dal D.Lgs. numero 385 del 1993, articolo 117 d'ora in avanti, T.U.B. e di nullità degli affidamenti concessi nel omissis dalla banca . Secondo i giudici bolognesi, il tribunale, nell'accertare l'avvenuta regolare pattuizione per iscritto dei denunciati interessi ultralegali, contenuta nel contratto di apertura dell'indicato conto corrente e nei contratti di concessione di fidi, portanti la sola sottoscrizione del P., aveva implicitamente, ma chiaramente, ritenuto la validità, sotto un profilo formale, di tali contratti sui quali l'attore aveva peraltro fondato le proprie pretese risarcitorie. Sul punto, nessuna censura aveva sollevato l'appellante con l'atto introduttivo del giudizio di gravame, così determinando il passaggio in giudicato della relativa statuizione e la impossibilità di prendere nuovamente in esame la relativa questione ii ha disatteso l'eccezione di nullità dei contratti di gestione patrimoniale per indeterminabilità dell'oggetto, come formulata dal P Muovendo dal triplice rilievo che il D.Lgs. numero 58 del 1998, articolo 23 per il prosieguo T.U.F. sancisce l'obbligo di forma scritta a pena di nullità rilevabile solo dal cliente del cd. contratto quadro e che l'articolo 24 T.U.F. detta alcune regole particolari applicabili al servizio di gestione di portafogli, mentre l'obbligo di forma scritta per quest'ultimo contratto è sancito dal combinato disposto degli articolo 30 e 37 del Regolamento Consob numero 11522/1998, la corte felsinea ha affermato che, con il contratto in esame, il cliente attribuisce all'intermediario, verso il pagamento di un corrispettivo, l'incarico di gestire una parte del proprio patrimonio finanziario con l'obiettivo di conseguire un risultato utile in relazione alle caratteristiche della gestione. L'oggetto del contratto e', dunque, da un lato, il servizio che l'intermediario si impegna a svolgere nell'interesse del cliente, dall'altro il compenso che il cliente si impegna a versare. Le norme del TUF e del Reg. Consob numero 1522/1998 che disciplinano tale rapporto non prevedono, invece, l'obbligatoria indicazione, al momento del conferimento dell'incarico, della natura e dell'ammontare dei beni conferiti, essendo il cliente libero di destinarli alla gestione in qualsiasi momento e per tutta la durata del rapporto, come pacificamente avvenuto nel caso di specie. Ed avendo il P. effettuato i conferimenti in titoli e liquidità dopo l'accensione del rapporto di gestione, i relativi contratti numero 70742 e numero 71575, redatti su moduli prestampati di P., risultano coerentemente in bianco nella parte destinata all'individuazione ed all'ammontare del patrimonio inizialmente conferito. D'altro canto, diversamente opinando, dovrebbe riconoscersi la necessità, neppure prospettata dall'appellante, di stipulare un nuovo contratto di gestione ogni qualvolta il cliente decida di effettuare un nuovo conferimento iii ha negato come già il tribunale la sussistenza del collegamento negoziale invocato dal P. tra la gestione patrimoniale da lui affidata alla P. con i contratti numero omissis e numero omissis , conclusi il omissis ed il omissis , e la concessione degli affidamenti da parte della banca. Conseguentemente, nemmeno ha ravvisato la denunciata violazione delle norme riguardanti la cd. leva finanziaria, ricavandosi dagli atti che mai l'appellante era risultato indebitato in misura superiore al patrimonio gestito dalla P. iv ha respinto gli assunti dell'appellante principale circa il preteso inadempimento, ascritto ad entrambe le originarie convenute, degli obblighi ex articolo 21 TUF e 28 del reg. Consob numero 11522/1998, su ciascuna di esse gravanti, ed ha dichiarato inammissibile, perché del tutto nuova, la contestazione relativa all'articolo 29 del medesimo Regolamento v ha rigettato la doglianza del P. concernente l'errore in cui era incorso il tribunale nell'escludere la mala gestio e l'inadempimento del mandato di gestione benchmark . Ha rilevato, in proposito, che, per quanto concerne il rendimento delle gestioni, è pacifico che fu in linea con gli indici di borsa del periodo di riferimento come esposto in sentenza. Il rapporto individuato dal Dott. S. tra benchmark ed andamento della gestione cd. grande numero omissis è stato notevolmente ridimensionato dalla P. sulla base dei dati, non contestati, di cui al proprio docomma 18 riepiloghi contabili relativi al mandato numero omissis e rispetto a tali rilievi l'appellante ha continuato ad insistere nelle sue difese senza smentirli in maniera specifica. Date tali risultanze, va esente da censura la sentenza nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il risultato delle gestioni fosse in linea anche con il benchmark di riferimento . In ogni caso, lo scostamento annuo medio in negativo del 5,04% , nel periodo omissis , riconosciuto dalla P. appare trovare giustificazione nelle seguenti circostanze i conferimenti avvennero per oltre il 95% in titoli che necessariamente condizionarono l'operato del gestore il P. nell'elaborare personalmente il benchmark di riferimento in occasione del cambio linea dell'1.7.2002 , ebbe a prevedere un 75% di azionariato Italia che, negli anni precedenti, aveva avuto un andamento negativo e sul punto non c'e' contestazione il P. era solito intervenire nella allocazione degli investimenti mediante il rilascio di istruzioni particolari che anticipavano o si sovrapponevano alle strategie adottate dalla società di gestione, circostanza puntualmente richiamata in sentenza sulla base di precisi riferimenti documentali sui quali l'appellante non ha svolto alcuna difesa . 3. Per la cassazione di questa sentenza ricorrono L. e P.G.L., quali eredi di P.M., medio tempore deceduto, affidandosi a sei motivi. Resistono, con distinti controricorsi, s.p.a. già Banca s.p.a. e P. Investment Management S.G.R. s.p.a Risultano depositate memorie ex articolo 380-bis.1 c.p.comma ad opera di tutte le parti. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso, rubricato violazione dell'articolo 112 c.p.comma in relazione alla ritenuta sussistenza di giudicato interno sulla validità dei rapporti bancari oggetto di causa e alla conseguente omessa pronuncia sulla relativa eccezione nullità della sentenza - violazione degli articolo 1421 c.c., D.Lgs. numero 385 del 1993, articolo 117,D.Lgs. numero 59 del 1998, articolo 23 in relazione alla nullità dei rapporti di c/c numero omissis e correlativi affidamenti per inosservanza dell'obbligo di forma articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 4 , è stato rinunciato, sicché è superflua una decisione in ordine alla sua fondatezza, o non cfr. memoria ex articolo 380-bis.1 dei ricorrenti, ricordandosi che la rinuncia ad uno o più motivi di ricorso, che rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno di tali censure, è efficace anche in mancanza della sottoscrizione della parte o del rilascio di uno specifico mandato al difensore, in quanto, implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d'impugnazione e non comportando la disposizione del diritto in contesa, è rimessa alla discrezionalità del difensore stesso, e resta, quindi, sottratta alla disciplina di cui all'articolo 390 c.p.comma per la rinuncia al ricorso . Cfr. Cass. numero 414 del 2021 Cass. numero 17893 del 2020 Cass. numero 22269 del 2016 Cass. numero 12638 del 2011 Cass. numero 11154 del 2006 . 2. Il secondo motivo di ricorso, prospetta la violazione degli articolo 1346,1362,1148 c.c., del D.Lgs. numero 58 del 1998, articolo 23, articolo 30 e 37 del Reg. Consob numero 11522/98 in relazione alla eccezione di nullità dei contratti di gestione di patrimonio per indeterminabilità dell'oggetto articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 . Si ascrive alla corte di appello di non aver dichiarato la nullità dei contratti di gestione, per indeterminabilità dell'oggetto, malgrado nei moduli contrattuali del omissis gestione numero omissis di P.M. e del 28.12.2001 gestione numero omissis cointestata lo spazio destinato all'indicazione del patrimonio conferito fosse risultato del tutto in bianco. Si assume che la corte predetta, effettuando una non corretta interpretazione ermeneutica del contenuto dei contratti - i quali non dicono che la SGR il riferimento è alla P Ndr si impegna a gestire il patrimonio che sarà conferito nella gestione, ma fanno riferimento ad un preciso patrimonio che, però, non è in alcun modo individuato il relativo spazio, infatti, è in bianco - ha erroneamente ritenuto la validità dei contratti in relazione alla determinabilità dell'oggetto . Si aggiunge che è priva di fondamento l'affermazione per la quale l'oggetto del contratto sarebbe costituito solo dal servizio di gestione. 2.1. Una siffatta doglianza si rivela infondata. 2.2. Invero, dal combinato disposto degli articolo 30 e 37 del Regolamento Consob numero 11522 del 1998, applicabile ratione temporis, emerge che il contratto di gestione patrimoniale deve a indicare le caratteristiche della gestione b individuare espressamente le operazioni che l'intermediario non può compiere senza la preventiva autorizzazione dell'investitore ove non siano previste restrizioni indicare espressamente tale circostanza c indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere d con riguardo agli strumenti finanziari derivati, indicare se detti strumenti possono essere utilizzati per finalità diverse da quella di copertura dei rischi connessi alle posizioni detenute in gestione e indicare se l'intermediario è autorizzato a delegare a terzi l'esecuzione dell'incarico ricevuto, specificando, nel caso in cui la delega non riguardi l'intero portafoglio, gli strumenti finanziari, i settori o i mercati di investimento con riferimento ai quali l'autorizzazione viene rilasciata e, in ogni caso, gli eventuali limiti e condizioni dell'autorizzazione f specificare che l'investitore può recedere in qualsiasi momento dal contratto ovvero disporre, in tutto o in parte, il trasferimento o il ritiro dei propri valori, senza che gli sia addebitata alcuna penalità. 2.2.1. In particolare, l'articolo 30 del Regolamento predetto, che disciplina il contenuto del cd. accordo quadro poi richiamato, come si è visto, dall'articolo 37 , non prevede fra i requisiti essenziali del contratto l'ammontare dei conferimenti, stabilendo, invece, ai commi 1 e 2, tra l'altro, che 1. Gli intermediari autorizzati non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto una copia di tale contratto è consegnata all'investitore. 2. Il contratto con l'investitore deve a specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche b stabilire il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso c indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e istruzioni d prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire all'investitore a rendiconto dell'attività svolta f indicare le altre condizioni contrattuali eventualmente convenute con l'investitore per la prestazione del servizio . 2.2.2. E' evidente, allora, che l'oggetto del contratto di gestione di cui si discute è rappresentato, non già dall'ammontare dei conferimenti patrimoniali in liquidità o in titoli , iniziali e/o successivi, - i quali sono posti in essere in esecuzione del contratto di gestione, quale cd. contratto quadro, mediante distinti negozi - bensì dal servizio fornito dall'intermediario. Nel caso di specie, è incontroverso che il P. aveva effettuato i conferimenti in titoli ed in liquidità dopo l'accensione del rapporto contrattuale, non anche in occasione della sua stipulazione, ed è per questa ragione che il contratto non recava del tutto validamente, ai sensi della stessa normativa Consob appena richiamata l'indicazione di alcun coevo conferimento. 2.3. Solo per completezza, infine, va aggiunto che l'affermazione dei ricorrenti secondo cui la corte di appello avrebbe interpretato non correttamente il contratto, in quanto le parti non avrebbero convenuto che P. si impegnasse a gestire un patrimonio che sarà conferito nella gestione ma avrebbero fatto riferimento ad un preciso patrimonio che, però, non è in alcun modo individuato , con conseguente violazione del combinato disposto di cui agli articolo 1346 e 1418 c.comma e, per avere erroneamente ritenuto la validità dei contratti in relazione alla determinabilità dell'oggetto cfr. pag. 23-24 del ricorso , non contesta alcuna effettiva violazione dei criteri ermeneutici di cui all'articolo 1362 c.comma né dell'articolo 1346 c.c. , ma si limita a non condividere le conclusioni cui è pervenuta la corte predetta nel ricostruire la fattispecie concreta sottoposta al suo vaglio. Conclusioni che, essendo frutto del libero apprezzamento riservato ai giudici di merito come più approfonditamente si dirà scrutinando il terzo motivo , esulano dal presente giudizio di legittimità. 3. Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione dell'articolo 115 c.p.comma per non avere il giudice, relativamente alla natura di finanziamenti all'investitore concessi sul c/c numero omissis , posto a fondamento della decisione le prove dedotte dall'attore e giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, nonché dell'articolo 116 c.p.c., per avere ricostruito erroneamente il fatto e avere, quindi, disapplicato il D.Lgs. numero 58 del 1998, articolo 23 e 30 e articolo 47 del Reg. Consob numero 11522/98 - Violazione degli articolo 1321,1322,1326 e 1362 c.comma in relazione alla negata sussistenza di collegamento negoziale tra il contratto di intermediazione finanziaria e i contratti di finanziamento all'investitore stipulati con e i contratti di gestione patrimoniale stipulati con P. articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 . Si assume che la motivazione della corte distrettuale secondo cui non vi è prova che i titoli conferiti nella gestione successivamente all'instaurazione del rapporto siano stati acquistati direttamente dalla Banca , e nella parte in cui ha negato, anche in relazione alla volontà delle parti, la sussistenza di un collegamento negoziale fra i finanziamenti erogati dalla Banca al fine dell'acquisto dei titoli da immettere nella gestione, realizza una violazione delle norme indicate nella rubrica del motivo ed opera una non corretta valutazione ermeneutica dell'accordo intervenuto tra le parti cfr. pag. 31 del ricorso . 3.1. Una siffatta doglianza si rivela complessivamente inammissibile alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso. 3.2. Invero, è utile ricordare che questa Corte ha chiarito, ancora recentemente cfr. Cass. numero 4226 del 2021 Cass. numero 395 del 2021 Cass. numero 27909 del 2020 Cass. numero 4343 del 2020 Cass. numero 27686 del 2018 , che a il vizio di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 può rivestire la forma della violazione di legge intesa come errata negazione o affermazione dell'esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato e della falsa applicazione di norme di diritto, intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro , ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua pur corretta interpretazione cfr. Cass. numero 8782 del 2005 b non integra invece violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell'ambito interpretative ed applicativo della norma di legge c il discrimine tra violazione di legge in senso proprio per erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa ed erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa cfr. Cass., Sez. U., numero 10313 del 2006 Cass. numero 195 del 2016 Cass. numero 26110 del 2015 Cass. numero 8315 del 2013 Cass. numero 16698 del 2010 Cass. numero 7394 del 2010 d le doglianze attinenti non già all'erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all'erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito cfr. Cass. numero 13238 del 2017 Cass. numero 26110 del 2015 . 3.2.1. La doglianza in esame si risolve, invece, sostanzialmente, in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice a quo, cui i ricorrenti intenderebbero opporre, sotto la formale rubrica di violazione di legge, una diversa valutazione, totalmente obliterando, però, che il vizio di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, - come si è appena detto non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie, ma deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell'articolo 366 c.p.c., numero 4, non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione cfr., tra le più recenti, Cass. numero 16700 del 2020. Si veda pure Cass., SU, numero 23745 del 2020, a tenore della quale, in tema di ricorso per cassazione, l'onere di specificità dei motivi, sancito dall'articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 4 , impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 , a pena d'inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare - con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni - la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa . 3.3. In applicazione dei suesposti principi, allora, va rimarcato che la corte distrettuale - con una motivazione scevra da violazioni dei principi dettati in tema di onere della prova e di prova presuntiva, oltre che priva di vizi logici, siccome basata sulla puntuale e dettagliata descrizione e ponderazione di indici concreti - è giunta come già il tribunale alla conclusione che, nella specie, il quadro istruttorio desumibile dalla documentazione prodotta in atti, valutato in ciascun elemento e nel suo complesso, fosse idoneo a far escludere la prova della esistenza del preteso collegamento negoziale fra i finanziamenti erogati dalla Banca ed utilizzati dal P. per l'acquisto dei titoli da immettere nella gestione patrimoniale affidata alla P. ed il contratto di gestione patrimoniale medesimo né potrebbe sostenersi, fondatamente, che l'argomentare del giudice di appello abbia trascurato alcuni dati dedotti dagli odierni ricorrenti, per la semplice ragione di averli ritenuti, esplicitamente, o implicitamente, irrilevanti. 3.3.1. La corte bolognese, invero, ha ampiamente descritto cfr. amplius, pag. 6-8 dell'impugnata sentenza gli elementi istruttori che l'hanno indotta a quella conclusione, ed il corrispondente accertamento integra una valutazione fattuale, a fronte della quale gli odierni ricorrenti, con il motivo in esame, tentano, sostanzialmente, di opporvi una propria alternativa interpretazione, sebbene sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge, mirando ad ottenerne una rivisitazione e differente ricostruzione , in contrasto con il granitico orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l'attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge cfr., ex multis, Cass., SU, numero 34476 del 2019 Cass. numero 27686 del 2018 Cass., Sez. U, numero 7931 del 2013 Cass. numero 14233 del 2015 Cass. numero 26860 del 2014 . 3.3.2. In altri termini, L. e P.G.L. incorrono nell'equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall'erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, un'autonoma questione di malgoverno degli articolo 115 e 116 c.p.comma può porsi, rispettivamente, solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito 1 abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d'ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge cfr. Cass., SU, numero 20867 del 2020, che ha pure precisato che e' inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall'articolo 116 c.p.c. 2 abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione cfr. Cass., SU, numero 20867 del 2020, che ha pure puntualizzato che, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione Cass. numero 27000 del 2016 . Del resto, affinché sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell'articolo 132, numero 4, e degli articolo 115 e 116 c.p.c., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell'esito dell'avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata all'adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse cfr. Cass. 24434 del 2016 . La valutazione degli elementi istruttori costituisce, infatti, un'attività riservata in via esclusiva all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione cfr. Cass. numero 11176 del 2017, in motivazione . Nel quadro del principio, espresso nell'articolo 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove salvo che non abbiano natura di prova legale , peraltro, il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti cfr. Cass., SU, numero 20867 del 2020 il relativo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, purché risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, agli elementi utilizzati cfr. Cass. numero 11176 del 2017 . 3.4. A tanto deve solo aggiungersi che si rivela parimenti inammissibile la censura di violazione degli articolo 1321,1322,1326,1362 c.comma rinvenibile nella seconda parte della doglianza in esame. 3.4.1. Infatti, i ricorrenti, pur contestando formalmente una violazione di legge, ancora una volta mirano ad una nuova - e preclusa, nel presente giudizio di legittimità - valutazione del merito della controversia per la quale è causa. 3.4.2. In particolare, a loro dire, il giudice di secondo grado avrebbe violato l'articolo 1362 c.c., comma 2, alcunché, invece, è spiegato in relazione alle ulteriori norme del codice civile citate nella rubrica del motivo , non dando rilievo, nel valutare l'intenzione delle parti protagoniste della vicenda oggetto del presente giudizio, al comportamento dalle stesse tenuto. 3.4.3. E' palese, però, che così argomentando, ciò che essi contestano alla decisione impugnata non è tanto il mancato rispetto del canone ermeneutico sopra indicato, quanto il maggior rilievo riconosciuto, nell'ambito della valutazione delle risultanze di fatto riservata al giudice di merito, ad alcuni dei vari comportamenti delle parti piuttosto che ad altri, i quali, secondo la loro ricostruzione, avrebbero dimostrato l'asserito collegamento negoziale sussistente tra il contratto di conto corrente e la gestione patrimoniale affidata a P 3.4.4. Occorre ricordare, allora, che, come ancora recentemente ribadito, nelle rispettive motivazioni, da Cass. numero 14938 del 2018 e Cass. numero 25470 del 2019, il sindacato di legittimità sull'interpretazione degli atti privati, governata da criteri giuridici cogenti e tendente alla ricostruzione del loro significato in conformità alla comune volontà dei contraenti, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile, in sede di legittimità, solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale essendo, a questo scopo, imprescindibile la specificazione dei canoni e delle norme ermeneutiche che in concreto sarebbero state violate, puntualizzandosi - al di là della indicazione degli articoli di legge in materia in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sarebbe discostato e nel caso di riscontro di una motivazione contraria a logica ed incongrua, e cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione in sé occorrendo, altresì, riportare, nell'osservanza del principio dell'autosufficienza, il testo dell'atto nella parte in questione . Inoltre, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando siano possibili due o più interpretazioni plausibili , non è consentito, alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l'altra su tali principi, cfr., ex plurimis, Cass. numero 24539 del 2009, Cass. numero 2465 del 2015, Cass. numero 10891 del 2016 Cass. numero 7963 del 2018, in motivazione . 3.4.5. In altri termini, il sindacato suddetto non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all'ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ed afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà privata operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati cfr., ex aliis, Cass., SU, numero 2061 del 2021 Cass. numero 2465 del 2015 Cass. numero 10891 del 2016 . 3.4.6. La censura neppure può, poi, essere formulata mediante l'astratto riferimento a dette regole, essendo imprescindibile, come si è già anticipato, la specificazione dei canoni in concreto violati e del punto, e del modo, in cui il giudice di merito si sia, eventualmente, discostato dagli stessi, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l'interpretazione del ricorrente e quella accolta nella decisione impugnata, poiché quest'ultima non deve essere l'unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni cfr. Cass., SU, numero 2061 del 2021 Cass. numero 28319 del 2017 Cass. numero 25728 del 2013 . 3.5. Non va dimenticato, infine, che, come precisato dalla qui condivisa giurisprudenza di legittimità, l' accertare la natura, l'entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici cfr. Cass. numero 11974 del 2010, richiamata, in motivazione, dalla più recente Cass. numero 2216 del 2018. In senso sostanzialmente conforme, si vedano pure Cass. numero 20634 del 2018 Cass. numero 18585 del 2016 Cass. numero 1875 del 2012 Cass. numero 11974 del 2010 Cass. numero 24792 del 2008 Cass. numero 18884 del 2008 . 4. Il quarto motivo di ricorso, recante violazione del D.Lgs. numero 58 del 1998, articolo 24, comma 1, lett. c , come vigente all'epoca dei fatti e articolo 41, comma 1, articolo 37, 38 e articolo 47, comma 1, del Regolamento numero 11522/98 in relazione al contestato inadempimento alla normativa sulla leva finanziaria articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 , ascrive alla decisione impugnata di aver negato la sussistenza del contestato inadempimento alla normativa riguardante la cd. leva finanziaria esclusivamente sul presupposto della autonomia dei contratti di gestione rispetto ai finanziamenti. Ritenendosi, invece, la sussistenza del collegamento negoziale di cui al precedente terzo motivo, il giudice dell'appello, con corretta applicazione del combinato disposto del D.Lgs. numero 58 del 1998, articolo 24, comma 1, lett. c , nel testo utilizzabile ratione temporis , articolo 41, comma 1, articolo 37, 38 e articolo 47, comma 1, del Regolamento numero 11522/98, per i quali l'investitore non può essere indebitato oltre il patrimonio conferito se non alle condizioni previste dalle stesse norme in particolare, l'autorizzazione del cliente a fare uso della leva finanziaria e in che misura nonché l'indicazione del limite massimo di perdite al raggiungimento delle quali l'intermediario finanziario è tenuto a riportare la leva finanziaria ad un valore pari ad uno , avrebbe dovuto concludere per la sussistenza del contestato inadempimento agli obblighi posti dalle medesime norme, ovvero ritenere le convenute inadempienti ai medesimi obblighi per non avere adottato, in relazione alla particolare modalità operativa con la quale il complesso rapporto era stato attuato, cautele idonee ad evitare che il cliente potesse essere indebitato oltre il patrimonio gestito. 4.1. Tale doglianza, presupponendo l'esistenza di quel collegamento negoziale invece negato dai giudici di entrambi i gradi del merito, si rivela insuscettibile di accoglimento tenuto conto di quanto si è già detto quanto alla inammissibilità del terzo motivo di ricorso volto a contestare proprio il riportato convincimento di quei giudici. 5. Il quinto motivo di ricorso prospetta la falsa applicazione dell'articolo 345 c.p.comma e violazione dell'articolo 112 c.p.c., in relazione alla contestata violazione dell'articolo 29 Reg. Consob numero 11522/98 nullità della sentenza Violazione del D.Lgs. numero 58 del 1998, articolo 21 e articolo 23, comma 6, in relazione al contestato inadempimento agli obblighi comportamentali come posti dagli articolo 28, comma 2, e 29 del Regolamento Consob numero 11522/98, nonché in relazione alla negata sussistenza del nesso di causalità tra l'inadempimento all'obbligo di cui all'articolo 28, comma 2, e il danno articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 4 . Si assume, in particolare, che i del tutto erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto nuova ed inammissibile omettendo la pronuncia al riguardo l'eccezione relativa all'inadempimento, da parte delle convenute, al fondamentale obbligo posto dall'articolo 29 del Reg. Consob numero 11522/98 . Nella citazione introduttiva di primo grado, infatti, la difesa del P., pur non avendo espressamente richiamato la norma appena menzionata, ne aveva indicato chiaramente il contenuto. Secondo i ricorrenti, peraltro, essendo stata contestata fin dal primo atto difensivo la violazione, da parte di e di P., del D.Lgs. numero 58 del 1998, articolo 21 la corte distrettuale avrebbe dovuto ritenere inclusa in tale contestazione anche l'eccezione di mancato rispetto degli obblighi di cui all'articolo 29 del regolamento Consob numero 11522 del 1998 ii nella vicenda in esame, ex Rolo ha indubbiamente agito sia come intermediario finanziario erogando i finanziamenti all'investitore ed acquistando, in nome dello stesso, i titoli da immettere nelle gestioni , sia quale mandataria ed ausiliaria della SGR il riferimento è alla P Ndr , sicché ravvisandosi inadempimenti agli obblighi comportamentali, la responsabilità è tanto di quanto della SGR . 5.1. Una siffatta doglianza si rivela insuscettibile di accoglimento nel suo complesso. 5.2. Invero, quanto al suo primo profilo, la questione che si pone attiene al significato da attribuire alle espressioni lessicali utilizzate nel contenuto testuale della domanda introduttiva, come riportate nella sentenza impugnata e nell'odierno ricorso, venendo in rilievo, pertanto, l'interpretazione della domanda, che è operazione riservata al giudice del merito, il cui risultato è censurabile in sede di legittimità solo quando ne risulti alterato il senso letterale o il contenuto sostanziale dell'atto, in relazione alle finalità che la parte intende perseguire cfr. Cass. numero 2148 del 2004, richiamata, in motivazione, dalla più recente Cass. numero 11103 del 2020 , e dunque risulti travisato il contenuto della domanda proposta con l'atto introduttivo del giudizio con conseguente errato convincimento che il suo successivo sviluppo costituisca domanda nuova cfr. Cass. numero 11755 del 2004 e Cass. numero 12909 del 2004, entrambe richiamate, in motivazione, dalla più recente Cass. numero 11103 del 2020 . Il giudice, in tal caso, deve procedere, nell'esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, indipendentemente dalle espressioni adoperate dalla parte, ad accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non solo dal tenore letterale degli atti, ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla parte nonché dal provvedimento concreto dalla stessa richiesto cfr. Cass. numero 27428 del 2005 Cass. numero 11103 del 2020, in motivazione , soccorrendo, a tal fine, esclusivamente il criterio ermeneutico volto ad indagare il contenuto che emerge dal testo dell'atto, secondo il significato fatto palese dalle parole in base alla loro connessione logica, ed evincibile dalla complessiva lettura del contenuto dell'atto, avuto riguardo anche alla situazione dedotta in giudizio ed allo scopo pratico perseguito dall'istante con il ricorso all'autorità giudiziaria cfr. Cass. numero 10340 del 2003 Cass. numero 3041 del 2007 Cass. numero 11103 del 2020, in motivazione , restando esclusi - evidentemente - i criteri ermeneutici soggettivi ed oggettivi previsti per gli atti negoziali, che implicano la ricerca della comune intenzione delle parti cfr. Cass. numero 4754 del 2004 Cass. numero 24847 del 2011 Cass. numero 25853 del 2014 Cass. numero 11103 del 2020 . 5.2. Tanto premesso pure volendosi soprassedere sul fatto che la statuizione che ha deciso sul corrispondente motivo di gravame risulta assistita dallo svolgimento delle ragioni giustificative della pronuncia, sicché, non sussisterebbe la asserita nullità per omessa pronuncia. Cfr. in motivazione, la già citata Cass. numero 11103 del 2020 , il motivo si palesa, in parte qua, privo di fondamento. 5.2.1. Infatti, il generico richiamo, nella citazione introduttiva di primo grado, al contenuto dell'articolo 29 del regolamento Consob numero 11522 del 1998 non può certamente considerarsi come l'avvenuta proposizione di una domanda fondata anche su tale disposizione. Soltanto in sede di gravame, invece, il P., proprio richiamando quanto genericamente esposto sul punto in citazione, ha sollevato e sviluppato la tesi del tutto nuova, con conseguente inammissibilità della corrispondente domanda ivi formulata dell'asserita violazione, da parte delle convenute/appellate, di quanto sancito dall'articolo 29 del Regolamento Consob numero 11522 del 1998. 5.2.2. Affatto condivisibilmente, quindi, la corte distrettuale i ha evidenziato che, nell'atto di citazione in prime cure, il P., dopo aver richiamato la normativa del settore, si limitò in concreto a lamentare che, nel caso de quo, né l'istituto di credito né la società di gestione gli avevano effettivamente spiegato il tipo è la natura della gestione patrimoniale scelta nonché il rischio conseguente con riferimento a tutti i parametri utili per consentire al cliente di effettuare una scelta consapevole, né lo avevano informato della valenza e portata dell'operazione posta in essere in costante ed elevatissimo conflitto d'interessi e del fatto che il mandato conferito alla società di gestione gli avrebbe impedito di sindacare le relative scelte di investimento e, se del caso, intervenire in proposto , senza lamentar anche nelle memorie successive la violazione dell'articolo 29 del menzionato Regolamento Consob. Trattasi, come è evidente, di espressioni del tutto generiche, laddove il presupposto per l'applicazione dell'articolo 29 citato consiste nel fatto che l'investitore intenda effettuare delle operazioni finanziarie non adeguate al proprio profilo di rischio. Il comma 3 della disposizione in questione recita che gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione . Pertanto, perché possa ritenersi violato l'obbligo informativo teste' descritto, è imprescindibile dare prova del fatto che le operazioni poste in essere dall'investitore non erano adeguate al relativo profilo di rischio. Circostanza che il P. nemmeno ha allegato, avendo la corte di appello affermato che quest'ultimo non ha in prime cure contestato l'adeguatezza dei contratti di gestione per cui è causa, né dei titoli non è chiarito quali successivamente acquistati e poi ivi conferiti rispetto al suo profilo di rischio esperto ed aggressivo investitore dotato di grandi disponibilità economiche cfr. pag. 14 della sentenza impugnata ii ha ritenuto che la questione non potesse essere posta, per la prima volta, in sede di gravame. Non può infatti ritenersi, come vorrebbe l'appellante, che la dedotta violazione dell'obbligo di informazione previsto dall'articolo 21 TUF di per sé comprenderebbe anche la contestazione di inosservanza dell'articolo 29 Reg Consob essendo il relativo obbligo di condotta esplicativo del dovere dell'intermediario di agire nell'interesse del cliente . Basti dire che, mentre l'intermediario è sempre tenuto a fornire le dovute formazioni sulla natura ed i rischi connessi agli investimenti fatti dal cliente per il suo tramite, l'obbligo di tenere la condotta imposta dall'articolo 29 Reg. Consob sussiste unicamente qualora l'investimento non sia adeguato al profilo del cliente per oggetto, tipologia, frequenza o dimensione, circostanza che deve essere allegata tempestivamente in causa per entrare a far parte del thema probandum e del thema decidendum nel rispetto del contraddittorio, il che non è avvenuto nel caso di specie cfr. pag. 13-14 della sentenza impugnata . Tale pronuncia, dunque, va esente da censura sul punto, in quanto conforme al principio di diritto, ripetutamente enunciato da questa Corte, secondo cui in virtù del principio iura novit curia di cui all'articolo 113 c.p.c., comma 1, il giudice ha il potere-dovere di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in giudizio, nonché all'azione esercitata in causa, potendo porre a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto diversi da quelli richiamati dalle parti, purché i fatti necessari al perfezionamento della fattispecie ritenuta applicabile coincidano con quelli della fattispecie concreta sottoposta al suo esame, essendo allo stesso vietato, in forza del principio di cui all'articolo 112 c.p.c., porre a base della decisione fatti che, ancorché rinvenibili all'esito di una ricerca condotta sui documenti prodotti, non siano stati oggetto di puntuale allegazione o contestazione negli scritti difensivi delle parti cfr. Cass. numero 11103 del 2020 Cass. numero 30607 del 2018 . 5.3. Immeritevole di accoglimento è anche il secondo profilo della doglianza di cui al motivo in esame, che, come si ricorderà, contesta ai giudici di secondo grado di aver violato gli articolo 21 e 23 T.U.F. nonché gli articolo 28, comma 2, e 29 del Regolamento Consob numero 111522/98 per non aver riconosciuto l'inadempimento delle convenute/appellate agli obblighi comportamentali previsti in tali articoli. 5.3.1. Invero, va innanzitutto evidenziato che i ricorrenti fondano la loro censura su di un presupposto di fatto la cui sussistenza è stata incontrovertibilmente esclusa nel precedenti gradi di giudizio. A differenza di quanto sostenuto dai primi cfr. pag. 46 del ricorso , infatti, non è emerso che abbia mai agito come mandataria e/o ausiliaria di P. né, tanto meno, come intermediario finanziario, pertanto non era gravata da alcun obbligo informativo. 5.3.2. Altrettanto è a dirsi quanto alla loro affermazione che la sentenza impugnata non avrebbe rispettato le disposizioni sopra indicate pure in relazione all'analisi della gestione degli investimenti affidata a P Anche in questo caso, la censura avversaria si basa sull'errato presupposto dell'esistenza di un collegamento negoziale tra i rapporti intercorsi con la Banca e la gestione patrimoniale affidata a P. e di un ruolo attivo di nell'effettuazione dei vari investimenti il giudice dell'appello avrebbe dovuto dare rilievo al fatto che al cliente non è stato in alcun modo evidenziato che, in relazione alla particolare modalità operativa suggerita dalla banca acquisto dei titoli da parte di in utilizzo dei finanziamenti e loro contestuale conferimento nella gestione , sarebbe stato certamente opportuno adottare le cautele che, al pari di quelle previste con leva finanziarla superiore ad uno, potevano e dovevano attuarsi in rapporto alla stessa particolare modalità operativa per evitare che le perdite superassero un certo limite e cagionassero l'indebitamento dell'investitore, e ciò inserendo particolari disposizioni nei contratti di gestione che erano, come evidenziato dai relativi contratti, a istruzioni particolari . Cfr. pag. 48 del ricorso circostanze, queste, negate dai giudici di merito ed in relazione alle quali è sufficiente, da un lato, il richiamo a quanto si è già riferito scrutinandosi il terzo ed il quarto motivo di ricorso dall'altro, rimarcare che la corte bolognese ha escluso incontrovertibilmente che la particolare modalità operativa cui fanno riferimento i ricorrenti sia stata effettivamente applicata, sicché è palese che non vi era alcuna ragione giustificatrice per applicare la normativa prevista per investimenti con una leva finanziaria maggiore rispetto a quella che caratterizzava le operazioni effettivamente poste in essere dal sig. P. con leva finanziaria pari ad 1 . 5.3.3. La decisione impugnata, dunque, non ha violato in alcun modo le disposizioni indicate dai ricorrenti e, al contrario, si rivela corretta pure nella parte in cui esclude qualsivoglia inadempimento dei propri obblighi comportamentali in capo a P Invero, alla pag. 13 di tale decisione, si legge che, all'atto di sottoscrizione del contratto di gestione numero omissis , il P. dichiarò di non voler rilasciare alcuna informazione sulla sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari e sulla sua situazione finanziaria, pur avvertito che la richiesta è avanzata nel mio/nostro esclusivo interesse . Coerentemente, la allegata scheda informativa è in bianco nella parte relativa alla esperienza in materia finanziaria ed alla situazione finanziaria quest'ultima con barratura e risulta compilata solo la parte relativa agli obiettivi di investimento e propensione al rischio con il contenuto richiamato dall'appellante . Lo stesso dicasi per quanto concerne il contratto di gestione numero omissis sottoscritto dal P., da sua moglie e dai suoi figli il omissis . Anche in quella occasione i clienti si rifiutarono di fornire le richieste informazioni sulla loro esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari e sulla loro situazione finanziaria e, stante tale legittima scelta, la sezione destinata ad indicare le relative informazioni è in bianco mentre è riportato l'obiettivo di rendimento un portafoglio orientato ad investimenti a basso grado di rischio e con una significativa componente in quelli con alto grado di rischio. Risulta dunque osservato il disposto dell'articolo 28, comma 1, lett, a Reg. Consob . 5.3.4. Parimenti è stata data corretta applicazione anche all'articolo 28, comma 2 del medesimo Regolamento, avendo la corte distrettuale sottolineato, da un lato, che i contratti di gestione patrimoniale in atti contenevano una chiara ed esauriente descrizione delle caratteristiche e del grado di rischio connesso al tipo di investimento prescelto, puntualmente ed analiticamente riportata da P. nelle sue difese alle quali si rimanda, descrizione che l'appellante era sicuramente in grado di comprendere data la sua profonda conoscenza dei mercati finanziari. Parimenti esaurienti e chiare erano le informazioni contenute nel modulo di scelta della originaria linea di gestione Europrofilo 7 ed in quelli di modifica della linea sottoscritti nel corso del rapporto dall'altro, che al P. erano state fornite tutte le informazioni necessarie circa la natura ed i rischi degli investimenti che si apprestava ad effettuare cfr., amplius, pag. 14-15 della menzionata decisione . 5.3.5. Neppure decisiva risulta, poi, la contestazione avanzata da L. e P.G.L. quanto all'effettivo valore della dichiarazione resa dal loro dante causa, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alle informazioni ricevute dall'istituto circa gli investimenti cfr. pag. 47-48 del ricorso . 5.3.5.1. Infatti, pure volendosi soprassedere sul fatto che si tratterebbe, evidentemente, di questione di merito, va evidenziato che l'ampia informativa ricevuta dal P. in relazione alle varie operazioni non è stato l'unico elemento considerato dalla corte felsinea al fine di verificare il rispetto degli obblighi di informazione gravanti su P Detta corte, invero, ha ritenuto che i contratti da lui sottoscritti contenessero già tutte le indicazioni che la normativa di settore prevede che l'investitore riceva al momento di effettuare le varie operazioni. La dichiarazione rilasciata dal cliente, pertanto, ha rappresentato soltanto un'ulteriore conferma del corretto operato da parte della società intermediaria. 5.3.5.2. In secondo luogo, benché sia indubbio che una tale dichiarazione non equivalga ad una confessione né, per la verità, una siffatta natura le è stata attribuita dalla sentenza impugnata , è altrettanto innegabile che dalla stessa il giudice può trarre argomenti di prova, come, evidentemente, è avvenuto nel caso di specie. 5.3.5.3. A tanto deve solo aggiungersi che i come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, l'investitore il quale lamenti la violazione degli obblighi informativi posti a carico dell'intermediario, nel quadro dei principi che regolano il riparto degli oneri di allegazione e prova, deve allegare specificamente l'inadempimento di tali obblighi, mediante la pur sintetica ma circostanziata individuazione delle informazioni che l'intermediario avrebbe omesso di somministrare, nonché fornire la prova del danno e del nesso di causalità tra inadempimento e danno, nesso che sussiste se, ove adeguatamente informato, l'investitore avrebbe desistito dall'investimento rivelatosi poi pregiudizievole incombe, invece, sull'intermediario provare che tali informazioni sono state fornite, ovvero che esse esulavano dall'ambito di quelle dovute cfr. tra le più recenti ed esaustive sul tema, Cass. numero 10111 del 2018, richiamata, in motivazione, dalla più recente Cass. numero 16126 del 2020 l'ulteriore profilo di doglianza riguardante il nesso di causalità è assorbito dalla conferma dell'alternativa ratio decidendi del difetto di inadempimento dell'obbligo informativo. 5.3.6. In definitiva, quindi, pure questa censura si risolve, sostanzialmente, in una critica al complessivo accertamento fattuale ed al successivo suo apprezzamento come effettuati dalla corte distrettuale e dal giudice di prime cure circa la puntuale osservanza degli obblighi informativi tutti gravanti sulle convenute/appellate su entrambe o su ciascuna di esse per quanto di specifica competenza , cui i ricorrenti intenderebbero opporre, inammissibilmente cfr. Cass., SU, numero 34476 del 2019 , sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge, una diversa valutazione, così nuovamente obliterando che, come si è ampiamente già esposto scrutinandosi il terzo motivo, la denuncia di cui all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie, non potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative cfr. Cass. numero 21381 del 2006, nonché le più recenti Cass. numero 8758 del 2017 e Cass. numero 26300 del 2018 . 6. Il sesto motivo di ricorso, denunciando violazione del D.Lgs. numero 58 del 1998, articolo 24, articolo 37, 38, 29, 40, 41 e 42 del Regolamento intermediari in relazione alla inosservanza del benchmark , ascrive alla corte territoriale di non avere riconosciuto la mala gestio di P. nell'esecuzione del contratto di gestione patrimoniale nonostante la mancata osservanza del benchmark. Secondo i ricorrenti, il solo scostamento - in negativo, nella misura dello 5,04% annuo medio, nel periodo omissis - della gestione dal benchmark di riferimento, riconosciuto, tra l'altro, dalla stessa P., avrebbe determinato, di per sé, un inadempimento di quest'ultima. 6.1. Una siffatta doglianza si rivela inammissibile perché volta ad ottenere, sostanzialmente, una nuova valutazione in ordine al preteso inadempimento della menzionata società di gestione invece ritenuto insussistente dalla corte di merito va esente da censure la sentenza nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il risultato delle gestioni fosse in linea anche con il benchmark di riferimento . Cfr. pag. 16 della sentenza impugnata , la quale ha ritenuto giustificato detto scostamento alla stregua delle seguenti circostanze i conferimenti avvennero per oltre il 95% in titoli che necessariamente condizionarono l'operato del gestore il Pergrehi nell'elaborare personalmente il benchmark di riferimento in occasione del cambio linea dell'1.7.2002 1, ebbe a prevedere un 75% di azionariato Italia che, negli anni precedenti, aveva avuto un andamento negativo e sul punto non c'e' contestazione il P. era solito intervenire nella allocazione degli investimenti mediante il rilascio di istruzioni particolari che anticipavano o si sovrapponevano alle strategie adottate dalla società di gestione, circostanza puntualmente richiamata in sentenza sulla base di precisi riferimenti documentali sui quali l'appellante non ha svolto alcuna difesa cfr. pag. 16-17 della medesima sentenza . 6.2. Orbene, è noto che il contratto di gestione individuale di portafoglio, previsto dall'articolo 1, comma 5 T.U.F., consiste in un'attività di gestione personalizzata di strumenti finanziari che si svolge nel tempo correlativamente, il gestore deve tenere un comportamento diligente per tutta la durata del rapporto. Tant'e' - ha spiegato questa Corte - che la sua attività non potrebbe valutarsi globalmente compensando le perdite provocate con i guadagni ottenuti cfr. Cass. numero 9024 del 2020, in motivazione Cass. numero 4393 del 2014 . 6.2.1. Inoltre, giusta l'articolo 42 del Regolamento Consob numero 11522 del 1998 applicabile ratione temporis , 1. Ai fini della definizione delle caratteristiche della gestione, l'intermediario deve indicare all'investitore un parametro oggettivo di riferimento coerente con i rischi a essa connessi al quale commisurare i risultati della gestione. 2. Tale parametro deve essere costruito facendo riferimento a indicatori finanziari elaborati da soggetti terzi e di comune utilizzo , e la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che nei contratti aventi ad oggetto la gestione di portafogli di valori mobiliari, il benchmark, cioè la linea d'investimento prescelta dal cliente, di cui all'articolo 42 del Regolamento Consob numero 11522 del 1998, importa la costituzione di obblighi di condotta da parte del gestore, rappresentando un parametro di riferimento coerente con i rischi della gestione, al quale devono essere commisurati i risultati di questa cfr. Cass. numero 23568 del 2020, nonché, in senso sostanzialmente conforme, Cass. numero 24 del 2017 . 6.2.2. Ciò implica che la corte di appello doveva valutare se nell'arco di tempo della gestione, l'intermediario fosse stato, o meno, adempiente agli obblighi che gli incombevano al giudice del gravame si imponeva, in particolare, di apprezzare se la condotta di quest'ultimo fosse stata conforme alla linea di investimento prescelta dall'originario attore. 6.3. In quest'ottica, allora, se è vero che, come già è stato condivisibilmente ritenuto da questa Suprema Corte, il benchmark prescelto, pur non imponendo al gestore di acquistare titoli nelle proporzioni indicate, costituisce un modo per valutare la razionalità e l'adeguatezza dell'attività dell'intermediario, per cui, ove la gestione sia risultata in contrasto con il predetto parametro e, quindi, con i rischi contrattualmente assunti dagli investitori, l'intermediario risponde delle perdite che gli stessi abbiano, per l'effetto, subito cfr. Cass. numero 23568 del 2020 Cass. numero 24 del 2017 Cass. numero 8089 del 2016 , è altrettanto innegabile che, nella specie, la corte distrettuale ha spiegato, affatto adeguatamente, le ragioni tra esse merita rilievo l'affermazione che il P. era solito intervenire nella allocazione degli investimenti mediante il rilascio di istruzioni particolari che anticipavano o si sovrapponevano alle strategie adottate dalla società di gestione, circostanza puntualmente richiamata in sentenza sulla base di precisi riferimenti documentali sui quali l'appellante non ha svolto alcuna difesa che l'hanno indotta a concludere nel senso che il descritto scostamento peraltro di modesta entità non potesse influire sul risultato delle gestioni, comunque ritenuto in linea anche con il benchmark di riferimento . 6.3.1. In altri termini, ciò che il Collegio intende rimarcare è che, in una fattispecie, come quella in esame, in cui non vi è stata alterazione della concordata composizione del portafoglio titoli, affinché sia effettivamente configurabile una mala gestio dal parte del gestore, per asseriti risultati negativi della gestione, non è sufficiente il mero scostamento dal benchmark prescelto altrimenti ricorrendo un'ipotesi di responsabilità sostanzialmente oggettiva , dovendosi, invece, valutare pure le ragioni di detto scostamento al fine di individuare eventuali, concreti profili di negligenza e/o imprudenza e/o imperizia del gestore medesimo, che, peraltro, possono essere rivelati anche dall'entità dello scostamento stesso. 6.3.2. Nella specie, come si è già anticipato, la corte distrettuale ha accertato che le indicazioni impartite dall'investitore quanto alle proporzioni tra le categorie di titoli destinate a caratterizzare il suo patrimonio affidato in gestione erano state rispettate ed ha ritenuto che il risultato delle gestioni fosse in linea anche con il benchmark di riferimento , valutando lo scostamento del 5,04 % annuo medio, in negativo, per 5 anni, dal omissis , come modesto, sicché non significativo, di per sé, di colpa. 6.3.3. A fronte di questo motivato convincimento, quindi, l'odierna censura i da un lato, si risolve, sostanzialmente, in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice a quo, cui i ricorrenti, ancora una volta, intenderebbero inammissibilmente opporre, sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge, una diversa valutazione cfr. Cass., SU, numero 34476 del 2019 Cass. numero 21381 del 2006, nonché le più recenti Cass. numero 8758 del 2017 e Cass. numero 7119 del 2020 II dall'altro, laddove assume che anche ove le istruzioni date dal cliente in corso di rapporto fossero state idonee a comportare uno scostamento del benchmark, il gestore avrebbe dovuto farlo presente al cliente ed astenersi dall'eseguire operazioni idonee a comportare il predetto scostamento, ovvero ed eventualmente, mutare, in accordo con il cliente, l'originario benchmark cfr. pag. 54 del ricorso , si rivela del tutto nuova e, come tale, inammissibile in questa sede perché implicante accertamenti di carattere fattuale in ordine alla specifica tipologia ed all'effettivo contenuto delle istruzioni di volta in volta impartite al fine di rapportarle alla concreta condotta da esigersi dall'intermediario cfr. Cass. numero 7922 del 2015, a tenore della quale in tema di gestione di patrimonio mobiliare, è configurabile la responsabilità dell'intermediario finanziario che abbia dato corso ad un ordine, ancorché vincolante, ricevuto da un cliente non professionale, concernente un investimento particolarmente rischioso, atteso che la professionalità del primo, su cui il secondo abbia ragionevolmente fatto affidamento in considerazione dello speciale rapporto contrattuale tra essi intercorrente, gli impone comunque di valutare l'adeguatezza di quell'operazione rispetto ai parametri di gestione concordati, con facoltà, peraltro, di recedere dall'incarico, per giusta causa, qualora non ravvisi tale adeguatezza . In senso conforme si veda pure la successiva Cass. numero 1376 del 2016 . 7. In definitiva, l'odierno ricorso va respinto, restando le spese di questo giudizio di legittimità a carico di L. e P.G.L., in solido tra loro, giusta il principio di soccombenza, altresì dandosi atto - in assenza di ogni discrezionalità al riguardo cfr. Cass. numero 5955 del 2014 Cass., S.U., numero 24245 del 2015 Cass., S.U., numero 15279 del 2017 e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, numero 4315 del 2020 - che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in via solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto, mentre spetterà all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna L. e P.G.L., in solido tra loro, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore di ciascuna delle controricorrenti, in Euro 20.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in via solidale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.