Le “servitù irregolari” tra tipicità dei diritti reali e autonomia negoziale

La servitù irregolare si configura quale rapporto di natura obbligatoria tra le parti, con la conseguenza che il vincolo deve essere temporaneo e limitato nel tempo.

Il caso. La controversia attiene alla richiesta di rimozione e correlata richiesta di ripristino del precedente stato dei luoghi di un pozzetto di scolo di acque meteoriche, dei marciapiedi, del giardino e relative tubazioni insistenti sulla proprietà del ricorrente. Nel giudizio di primo grado il Tribunale accoglie solo parzialmente la domanda attorea, affermando che per le acque meteoriche provenienti dal giardino del convenuto si era costituita una servitù irregolare, traendo da ciò la irrevocabilità ad nutum da parte dell'attore, in assenza di prova circa la temporaneità della stessa e rigettando la parte della domanda relativa alle tubature di raccolta di acqua proveniente dal tetto. La decisione viene confermata dalla Corte di Appello. L'attore ricorre alla Suprema Corte, articolando tre motivi di ricorso. Le questioni. Come ricorda la stessa Corte, il tema oggetto del contendere si inserisce nel dibattito giurisprudenziale e dottrinale sull'ammissibilità delle servitù c.d. irregolari, le quali si caratterizzano per creare un peso a carico di un fondo, ma non a vantaggio di un altro fondo, bensì di una persona, distinguendosi così dalle servitù prediali di cui all'articolo 1027 c.c., le quali si connotano per la creazione di un peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a un diverso proprietario. Mediante la costituzione di una servitù prediale si istituisce un rapporto di strumentalità diretta tra i fondi che è proprio di tale diritto reale. Elemento costitutivo, ed essenziale, del diritto di servitù è, dunque, l'esistenza di un rapporto di servizio tra i due fondi per cui il fondo dominante si avvantaggia della limitazione che subisce quello servente al fine di una sua migliore e più proficua utilizzazione. In relazione all'ammissibilità o meno delle servitù irregolari nel nostro ordinamento giuridico la giurisprudenza di merito e della stessa Suprema Corte oscilla tra due orientamenti un primo che nega riconoscimento giuridico alle convenzioni o accordi costituivi di servitù personali o irregolari, non individuando negli stessi un interesse meritevole di tutela, in quanto l'accordo mirerebbe alla realizzazione di una comodità del tutto personale dei proprietari e non può in alcun modo integrare gli estremi della utilità inerente al fondo stesso mancando la realitas intesa come inerenza al fondo dominante dell'utilità, così come al fondo servente del peso. Il secondo orientamento, partendo dal principio dell'autonomia contrattuale di cui all'articolo 1322 c.c., riconosce alle parti la possibilità di discostarsi dal principio della tipicità dei diritti reali su cose altrui mediante l'instaurazione di rapporti di natura obbligatoria. In altri termini, le parti ben possono pattuire un obbligo personale, e costituire c.d. servitù irregolari, configurabili ogniqualvolta il diritto attribuito sia previsto per un vantaggio della persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo, senza alcuna funzione di utilità fondiaria. La decisione. La Corte, dopo aver ricordato che la ragione per cui possono essere costituite servitù esclusivamente a favore di fondi è essenzialmente che gli jura in re aliena, costituiscono un numero chiuso, e che mediante tale previsione l'ordinamento evita che i privati, nella loro autonomia, possano dare vita a diritti reali, non previsti per legge, che limiterebbero i diritti di godimento dei proprietari e la stessa utilità del fondo, afferma il principio secondo cui un proprietario ben può obbligarsi a consentire ad un'altra persona di svolgere una certa attività sul proprio fondo. Nella decisione in commento, la Corte, pertanto, aderisce all'orientamento sostenuto anche in dottrina secondo cui le servitù irregolari possono essere configurate quali rapporti obbligatori atipici e, quindi, espressione del principio dell'autonomia negoziale di cui all'articolo 1322 c.c. nonché del principio secondo cui l'iniziativa economica privata è libera dell'articolo 41 Cost. . Tale principio consente, con riguardo alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela, la possibilità di costituire diritti personali, a contenuto obbligatorio, che conferiscano ad un determinato soggetto la facoltà di trarre alcune utilità dal fondo di proprietà del debitore. Definita l'ammissibilità seppure nei limiti divisati della servitù irregolare la Corte aggiunge un ulteriore elemento, ovvero che la qualificazione in chiave di rapporto obbligatorio comporta la necessaria temporaneità del rapporto qui censurando la decisione della Corte di Appello . Secondo il ragionamento seguito da questa Cassazione la perpetuità dell'obbligazione connoterebbe la fattispecie concreta di quel carattere di realità incompatibile con la ricostruzione della natura delle servitù irregolari, alle quali, proprio in quanto realizzano un vantaggio a favore di un determinato soggetto, e non già di un altro fondo, risulterebbe incompatibile la previsione di un obbligo permanente, dovendosi al contrario caratterizzarsi per la necessaria temporaneità del vincolo. Sul punto la Suprema Corte accoglie la teoria confutata da parte della dottrina della generale inammissibilità di obbligazioni perpetue nel nostro ordinamento, il quale non riconoscerebbe ai soggetti la possibilità di vincolarsi senza limiti di tempo, con la conseguenza che la stipulazione di una convenzione per la costituzione di una servitù irregolare senza termine sarebbe sempre rescindibile.

Presidente D'ascola – Relatore Carrato Ritenuto in fatto 1. Con ricorso depositato ai sensi dell'articolo 702 bis c.p.c., nel giugno 2014 il sig. B.V. chiedeva, dinanzi al Tribunale di Trento, che venisse accertato, nei confronti del sig. M.A. , che il pozzetto di scolo delle acque meteoriche, dei marciapiedi, del giardino e delle relative tubazioni al servizio della particella edilizia numero … insisteva sulla particella edilizia numero … di proprietà di esso ricorrente, e, per l'effetto, condannare il M. ad asportare il pozzetto, i tubi di collegamento ed ogni manufatto esistente all'interno della proprietà dello stesso istante, oltre a rimettere in pristino il precedente stato dei luoghi. Nella costituzione del convenuto ed all'esito dell'espletata istruzione probatoria, l'adito Tribunale, con ordinanza depositata il 28 ottobre 2014, accoglieva parzialmente la domanda, rilevando che, nel caso di specie, era stata costituita una servitù irregolare di scolo delle acque meteoriche provenienti dal giardino del M.A. e che detta servitù non avrebbe potuto essere revocata ad nutum dal B.V. , difettando la prova della provvisorietà dell'autorizzazione, mentre per lo scolo delle acque provenienti dal tetto dell'abitazione del M.A. il Tribunale ordinava la rimozione dalla p.f. … delle condutture ivi adducenti l'acqua meteorica che proveniva dal tetto della p.e. … , con la conseguente condanna del resistente al pagamento della metà delle spese giudiziali, che venivano compensate per l'altra metà. 2. Decidendo sull'appello dal B.V. e nella costituzione dell'appellato M.A. , la Corte di appello di Trento, con sentenza numero 315/2015 depositata il 5 ottobre 2015 , rigettava il gravame e condannava l'appellante al pagamento delle spese del grado. A fondamento dell'adottata decisione la Corte trentina osservava che il giudice di primo grado aveva correttamente giustificato il suo convincimento in ordine alla mancanza del carattere precario del permesso concesso dal B. alla realizzazione, da parte del M. , dello scarico e che, quindi, altrettanto legittimamente, l'attore avrebbe potuto ottenere solamente la rimozione dello scarico che non aveva costituito oggetto di convenzione, ovvero quello delle acque meteoriche provenienti dal tetto, la cui esecuzione, perciò, avrebbe dovuto considerarsi come un fatto illecito autonomo e, in quanto tale, sanzionabile con l'eliminazione del relativo scarico eseguito. 3. Il soccombente appellante ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza di appello, riferito a tre motivi. L'intimato ha resistito con controricorso. In un primo momento il ricorso veniva fissato per l'adunanza camerale del 16 dicembre 2020 ai sensi dell'articolo 380-bis.1 c.p.c., ma all'esito della stessa il collegio deliberava di rimetterne la trattazione e la discussione in pubblica udienza, in prossimità della quale i difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Considerato in diritto 1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5 - la violazione e/o falsa applicazione e mancanza di decisione e/o di motivazione in relazione alla mancata contestazione da parte del resistente circa le opere-tubature e contestazione limitata alla sola opera-pozzetto. 2. Con la seconda censura il ricorrente ha dedotto - con riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5 - la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1218,1175 e 1176 c.c., avuto riguardo alla valutazione e qualificazione del rimedio operato dal giudice, avendo escluso che, nella fattispecie, ricorressero le condizioni per la configurazione della proposta azione come negatoria servitutis , pur avendo la Corte di appello qualificato il consenso reso da esso ricorrente al M. come atto costitutivo di una servitù irregolare. 3. Con la terza doglianza il ricorrente ha prospettato - sempre in ordine all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5 - la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 872 c.c., comma 2, e degli articolo 112,113 e 115 c.p.c., non avendo la Corte di appello ritenuto che, nel caso di specie, coevamente alla proposizione di un'actio negatoria servitutis con riferimento alla rimozione delle opere lesive del suo diritto di proprietà realizzate dal M. , fosse stata formulata anche una domanda tendente ad ottenere la riduzione in pristino, come prevista dal citato articolo 872 c.c 4. Rileva il collegio che il primo motivo è infondato e deve, perciò, essere respinto, non essendosi venute a configurare le prospettate violazioni, poiché dallo svolgimento del giudizio di primo grado e dalla stessa ammissione del ricorrente, il M.A. aveva, in effetti, chiesto in modo inequivoco il rigetto di tutte le domande avverse, dirette ad ottenere la rimozione sia del pozzetto che delle conduttore. Di conseguenza, la Corte di appello trentina ha preso compiutamente in esame il complessivo petitum correlato alla domanda attorea, ordinando la rimozione delle sole condutture per lo scolo delle acque meteoriche provenienti dal tetto in quanto non avevano costituito oggetto di convenzione tra le parti e rigettando nel resto la domanda, sul presupposto che avrebbe dovuto ritenersi non revocabile ad nutum , in mancanza di prova sulla provvisorietà dell'autorizzazione ed alla stregua della natura di opere stabili sul terreno realizzate dal M. , l'accordo per effetto del quale era stato collocato sulla particella numero XXX, di proprietà del B. , un pozzetto di scolo - con relative tubature - delle acque meteoriche provenienti dal marciapiedi e dal guardino, al servizio della particella edilizia numero XXX di proprietà dello stesso M. . 5. Osserva il collegio che è, invece, fondato il secondo motivo per le complessive ragioni che seguono. È opportuno, innanzitutto, precisare che, con la formulazione di questo motivo, il ricorrente non contesta la qualificazione fatta dai giudici di merito dell'accordo orale di concessione della posa in opera di un pozzetto di scolo delle acque meteoriche sulla sua proprietà come costitutivo di una servitù irregolare , bensì la natura dell'opera in concreto realizzata, ritenuta dalla Corte di appello come non provvisoria, dovendosi secondo la prospettazione della difesa del B. - ravvisarsi, invece, la sussistenza di un'opera solo temporanea, da considerarsi eseguita in violazione dello stesso accordo intercorso tra le stesse parti, donde la configurabilità dell'inadempimento dell'obbligazione relativa all'oggetto previsto da parte del M. e la derivante revoca del consenso da esso ricorrente prestato alla permanenza del citato pozzetto di scolo sulla particella di sua proprietà. Pertanto, da un punto di vista generale, la difesa del ricorrente pone la questione, particolarmente dibattuta, sui limiti di ammissibilità, in primo luogo, nel nostro sistema civilistico della figura della servitù irregolare , della conseguente individuazione delle sue caratteristiche giuridiche e del rapporto intercorrente con la categoria delle servitù prediali in senso proprio, e, quindi, della sua possibile compatibilità, ancorché avente natura obbligatoria, con l'imposizione di un vincolo non temporalmente predeterminato. Prima di risolvere in modo specifico la questione sottoposta al collegio con la censura in esame, è opportuno procedere ad un inquadramento di massima della categoria delle servitù prediali per poi affrontare il problema precipuo della configurabilità delle cc.dd. servitù irregolari . Predialità ed unilateralità, assieme alle connotazioni comuni dei diritti reali ravvisabili nella possibilità del titolare di esercitare il proprio diritto senza che occorra l'attività collaborativa di terzi, nel legame tra il diritto e l'oggetto su cui è costituito e nell'opponibilità erga omnes , delineano gli elementi costitutivi e, quindi, i confini di operatività delle servitù tradizionalmente intese e regolate dal codice civile articolo 10271028 . Si è, tuttavia, osservato in dottrina che, a differenza degli altri “iura in re aliena”, il contenuto delle servitù non deve uniformarsi del tutto alle tipologie previste dalla legge la cui catalogazione, rimane, pur sempre, un “numerus Ndr testo originale non comprensibile ” , essendo consentito ai privati di determianrlo in relazione all'ulità che il Ndr testo originale non comprensibile , di volta in volta, è demandato a soddisfare, ma ciò necessariamente a condizione che venga rispettata la struttura legale minima contemplata dal codice civile con particolare riguardo agli articolo 1027 e 1028 e che, quindi, sia accertata la presenza degli elementi caratterizzanti il diritto in discorso. A tal proposito deve rilevarsi che risulta in particolare, inderogabile il requisito della predialità che esprime il principio di cooperazione fondiaria, esaltando il principio della possibile ordinaria “deviazione di inutilità da un fondo ad un altro, allo scopo di valorizzare – con funzione “servente” – una determinata proprietà immobiliare. Il principio di tipicità legale necessaria dei diritti reali si traduce nella regola secondo cui i privati non possono creare figure di diritti reali al di fuori di quelle previste dalla legge e – secondo il recente orientamento espresso dalle Sezioni unite con la sentenza numero 28972/2020, con la quale è stato affermato che proprio per effetto dell'operatività del principio appena richiamato è da ritenere preclusa la pattuizione avente ad oggetto l'attribuzione del c.d. “diritto reale di uso esclusivo” di una porzione condominiale – tale caratterizzazione è supportata anche degli argomenti secondo i quali - l'articolo 1322 c.c., colloca nel comparto contrattuale il principio dell'autonomia - l'ordinamento mostra di guardare sotto ogni aspetto con sfavorevole a limitazioni particolarmente incisive del diritto di proprietà - l'articolo 2643 c.c., contiene un'elencazione tassativa dei diritti reali soggetti a trascrizione. Sulla base di questa impostazione di fondo, quindi, so prospetta del tutto diversa l'ipotesi in cui la suddetta “utilitas” non sia destinata ad un altro fondo ma a vantaggio esclusivo di una determinata persona ed eventualmente a prescindere dalla qualità di proprietario o titolare di altro diritto reale. A questo proposito si suole fare riferimento alla figura delle “servitù irregolari”, le quali, come è noto, non sono menzionate nel codice civile e che concernemente dottrina e giurisprudenza escludono dal novero dei diritto reali e che, invece sono riconducibili – sul piano pratico – a quelle convinzioni che hanno ad oggetto limitazioni della proprietà del fondo altrui a beneficio, però, di un certo soggetto. La migliore dottrina ha asserito che la configurabilità delle servitù personali avrebbe, infatti, determinato la presenza nel sistema di una figura Ndr testo originale non comprensibile , difettante dell'essenza stessa della servitù, ovvero della connotazione fondamentale della predialità. Si è, però, aggiunto che tale disconoscimento non ne ha significato, tuttavia, l'espunzione dall'ordinamento, ma semplicemente una riqualificazione in termini di rapporto obbligatorio, che, in alcun modo, legittima il riconoscimento di una categoria propria di servitù atipiche . Con riferimento all'istituto delle servitù irregolari si contendono il campo, nella giurisprudenza di questa Corte, due orientamenti - un primo indirizzo ha stabilito che le convenzioni costitutive di servitù personali o irregolari , aventi come contenuto limitazioni della proprietà del fondo altrui a beneficio di un determinato soggetto e non di un diverso fondo, devono ritenersi disconosciute dal codice vigente, come da quello abrogato del 1865, essendo dirette a realizzare un interesse non meritevole di tutela perché concretizzantesi in una mera comodità, del tutto personale, di coloro che accedono al preteso fondo servente, ma non in un'utilità oggettiva, pur se indiretta, del fondo dominante cfr. Cass. numero 2233/1951, Cass. numero 16342/2002 Cass. numero 23708/2014 e Cass. numero 5603/2019 - un secondo indirizzo ha ritenuto che in base al principio dell'autonomia contrattuale di cui all'articolo 1322 c.c., è consentito alle parti di sottrarsi alla regola della tipicità dei diritti reali su cose altrui attraverso la costituzione di rapporti meramente obbligatori pertanto, invece di prevedere l'imposizione di un peso su un fondo servente per l'utilità di un altro dominante , in una relazione di asservimento del primo al secondo che si configura come una qualitas fundi , le parti ben possono pattuire un obbligo personale, configurabile quando il diritto attribuito sia previsto per un vantaggio della persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo, senza alcuna funzione di utilità fondiaria v. Cass. numero 1387/1981 Cass. numero 2651/2010, Cass. numero 8363/2011 e Cass. numero 3091/2014 . Ad avviso del collegio sussistono ragioni preferenziali che fanno propendere per l'adesione a questo secondo orientamento, a condizione, però, che l'obbligo personale derivante dalla servitù irregolare non risulti caratterizzato da un vincolo permanente nel tempo. Le servitù irregolari possono, quindi, essere ritenute ammissibili in quanto siano configurate come il frutto di rapporti obbligatori atipici, e, quindi, come figure che rinvengono una loro legittimazione generale nel principio essenziale della libera iniziativa economica privata, nel riconoscimento della proprietà privata e delle correlate facoltà, nonché, più specificamente, nel principio dell'autonomia negoziale, che consente, entro i limiti imposti dalla legge, con particolare riferimento al soddisfacimento di interessi meritevoli di tutela ai sensi dell'articolo 1322 c.c., comma 2 , la costituzione di diritti personali a contenuto obbligatorio che conferiscono ad un determinato soggetto la facoltà di ritrarre apposite utilità dal fondo di proprietà altrui esclusivamente per il perseguimento di un vantaggio della persona o delle persone riportate nel relativo atto costitutivo, ma senza il conseguimento di un'utilità fondiaria in senso proprio. Da qui la conseguenza che nell'ipotesi di servitù irregolare , così come appena inquadrata, non è data, per la sua tutela, actio in rem , ma solo quella inerente al rapporto di natura obbligatoria in caso db inadempimento. Il complesso di argomentazioni che precedono - dal quale discende l'incasellamento dell'istituto della servitù irregolare nell'ambito dei rapporti obbligatori atipici con esclusione di ogni connotato di realità - conduce, ad avviso del collegio, a riconoscere necessariamente allo stesso un carattere temporaneo, dovendosi considerare estranea al nostro ordinamento ed incompatibile con l'altrui diritto di proprietà la concezione di un'obbligazione personale di natura perpetua che - se conclusa - sarebbe nulla , in quanto disintegrerebbe in modo temporalmente indefinito il diritto di proprietà dal suo contenuto economico in tali termini si era pronunciata già la risalente Cass. numero 1056/1050, seguita, successivamente, da Cass. numero 4530/1984 e, più recentemente, da Cass. numero 193/2020 , eliminandone la facoltà essenziale di poter godere pienamente del bene che ne costituisce oggetto. Anche in ambito successorio si è sostenuto che l'attribuzione patrimoniale gratuita di un bene con vincolo perpetuo di destinazione imposto dal disponente con clausola modale, è nulla per violazione dell'articolo 1379 c.c., risultando eccessivamente compromesso il diritto di proprietà dell'onerato, i cui poteri dispositivi sul bene destinato a circolare, a pena di inadempimento, con il medesimo vincolo risulterebbero sostanzialmente sterilizzati sine die cfr. Cass. numero 15240/2017 . Alla stregua del riferito impianto argomentativo non può, perciò, essere recepito il contrario principio sostenuto da un minoritario orientamento di questa Corte manifestatosi, soprattutto, con la risalente sentenza numero 1911/1969 , secondo cui, nell'esercizio del loro potere di autonomia, le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto in relazione anche alla durata di esso, nei limiti imposti dalla legge, la quale, in effetti, spesso limita la durata dei contratti tipici da essa regolati, ma, ove limiti non ne siano stabiliti, il contratto obbligatorio può essere anche voluto dai contraenti come perpetuo tesi, questa, peraltro sostenuta anche da autorevole dottrina . Deve, quindi, affermarsi l'applicabilità, nel nostro ordinamento, del principio della generale inammissibilità delle obbligazioni perpetue, il quale non consente ai soggetti la possibilità di vincolarsi senza alcun termine. Per converso, in consonanza con la prevalente dottrina, la perpetuità del diritto si giustifica soltanto dove non si ponga un problema di soggetti vincolati a tempo indeterminato, per essere, invece, questa la ragione essenziale dell'illimitatezza temporale della proprietà. La stessa predominante dottrina, cui accede anche la prevalente giurisprudenza di questa Corte cfr. la già citata Cass. numero 1056/1950 e, per applicazioni pratiche, Cass. numero 3286/2002 e Cass. numero 26863/2008 , considera, del resto, come immanente nel nostro sistema civilistico - quale espressione del generale canone della c.d. buona fede esecutiva di cui all'articolo 1375 c.c. - la possibilità dell'assoluta libertà di recedere da un contratto di durata quando le parti non abbiano previsto un termine, in tal senso riconoscendosi una piena legittimazione all'affermazione del principio generale di recedibilità dai contratti a tempo indeterminato, il quale è preposto alla tutela del debitore contro l'indefinita protrazione del vincolo ove la condotta imposta consista nello svolgimento di un'attività o nell'astenersi da essa. Ciò posto e ritornando all'esame specifico del secondo motivo del ricorso, già si è evidenziato che con esso il ricorrente non contesta la qualificazione giuridica - di servitù irregolare - attribuita al rapporto intercorso tra le parti, ma, sulla base della illustrata ricostruzione di tale istituto, ha invocato l'applicabilità della tutela contrattuale derivante dall'inadempimento degli accordi da parte del M. , in tal senso correttamente denunciando la violazione degli articolo 1218,1175 e 1176 c.c Coglie, quindi, nel segno il motivo laddove censura ìimpugnata sentenza nella parte in cui, dopo aver ricondotto la concreta fattispecie nell'ambito della servitù irregolare , ha escluso il carattere provvisorio e temporaneo dell'accordo osservando che sarebbe stato ben poco plausibile consentire solo in via temporanea la realizzazione di un'opera infissa al suolo , ovvero del pozzetto di scolo v. pag. 5 della relativa motivazione . Ragionando in tal modo, infatti, la Corte territoriale - confermando sul punto la decisione di prime cure - ha erroneamente inscritto la suddetta servitù, qualificata come irregolare, nell'ambito di un quadro connotato da profili di realità, così facendone derivare, a carico del B. , l'assunzione di un'obbligazione comportante una limitazione della sua proprietà senza alcun termine per il conseguimento di un diretto vantaggio del M. e non già a favore del suo fondo. Pertanto, il ricorrente, nel prospettare la violazione delle disposizioni che regolano l'inadempimento contrattuale propriamente riconducibile alla natura obbligatoria degli impegni assunti dalle parti in dipendenza della costituzione di una servitù irregolare , ha esattamente confutato l'impugnata sentenza, non avendo la Corte trentina valutato propriamente la condotta del M. in relazione agli accordi - per l'appunto obbligatori conclusi tra le parti e con riferimento alla possibile violazione delle norme denunciate ed in primis dell'articolo 1218 c.c. , conferendo, invece, una connotazione reale alla concreta fattispecie, di per sé - per quanto precedentemente chiarito - incompatibile con la natura da riconoscersi alla servitù irregolare , escludendo il carattere provvisorio e temporaneo dell'obbligazione di cui si era fatto carico il B. . 6. Per tutte le argomentazioni complessivamente svolte, il secondo motivo merita accoglimento, con il conseguente assorbimento del terzo afferente ad un aspetto dipendente relativo alla reclamata diversa qualificazione dell'azione proposta dallo stesso ricorrente . Da ciò deriva la cassazione dell'impugnata sentenza ed il rinvio della causa, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Trento, in diversa composizione, che, nel rivalutare la fattispecie concretamente dedotta in giudizio, si uniformerà al seguente principio di diritto la c.d. servitù irregolare - in dipendenza della tipicità dei diritti reali che costituiscono, nel loro complesso, un numerus clausus e che sono idonei a determinare anche un vincolo fondiario perpetuo - comporta l'insorgenza di un rapporto obbligatorio tra le parti, siccome avente la funzione di determinare una situazione di vantaggio a favore di un soggetto e non a realizzare uno scopo di utilità per un fondo dominante con l'imposizione di un peso su un altro fondo servente , ragion per cui il suddetto rapporto va ritenuto incompatibile con la previsione di un obbligo di natura permanente a carico della parte che deve adempierlo, dovendo esso caratterizzarsi per la necessaria temporaneità del vincolo che ne deriva . P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Trento, in diversa composizione.