Confermata la condanna per un uomo che, alla guida di un autocarro, ha investito e ucciso una signora di 71 anni. Irrilevante il fatto che la donna, costretta ad utilizzare un bastone ortopedico per deambulare, abbia compiuto un azzardo attraversando la strada fuori dalle strisce pedonali.
L’imprudenza compiuta da una persona anziana e consistita nell’attraversare la strada non utilizzando le strisce pedonali non rende meno gravi le colpe dell’uomo che, alla guida di un autocarro, l’ha investita e ne ha provocato la morte Cassazione, sentenza numero 34335/2021, sez. IV Penale, depositata il 16 settembre . Ricostruito il drammatico episodio, l’uomo sotto processo viene condannato, sia in primo che in secondo grado, per «omicidio colposo, commesso con violazione delle norme in materia di circolazione stradale». In sostanza, si è appurato che «alla guida di un autocarro» l’uomo «ha investito un’anziana donna in fase di attraversamento della strada, omettendo di arrestare il veicolo tempestivamente e così determinando il decesso della signora, a causa di gravissime lesioni traumatiche conseguenti all’urto». Secondo l’accusa, il conducente avrebbe potuto «percepire tempestivamente la presenza della donna sulla carreggiata» e quindi «adeguare agevolmente la velocità e scongiurare l’urto». Questa visione viene contestata dalla difesa, che punta i riflettori sulla condotta azzardata e imprevedibile della donna, e aggiunge poi che «la condizione di traffico piuttosto intenso al momento dell’incidente» non permetteva al conducente «una buona visuale, data anche la presenza di altre automobili sulla strada». Per completare la linea difensiva, infine, il legale sostiene che «l’autocarro viaggiava ad una velocità assolutamente adeguata e del tutto consona alle prescrizioni imposte – limite di velocità a 50 chilometri orari – ai conducenti nel tratto di strada» dove si è verificato l’incidente, mentre invece «la donna ha tenuto un comportamento imprevedibile», avendo «attraversato la strada al buio, fuori dalle strisce pedonali e in un momento di traffico particolarmente intenso». Per ribattere alle obiezioni difensive i magistrati della Cassazione richiamano alcuni dati probatori «il conducente ha investito la donna in una fase avanzata dell’attraversamento della strada, a circa un metro dalla linea di mezzeria, travolgendola con tale violenza da proiettarne il corpo ad una distanza di sedici metri, dopo averlo caricato sul cofano del veicolo» «la vittima, una donna di 71 anni, deambulava con l’uso di un bastone ortopedico» e quindi «procedeva lentamente durante l’attraversamento» infine, «considerato il punto d’urto, la larghezza della carreggiata e l’andatura del pedone, si è stimato che l’avvistamento della persona offesa da parte del conducente è avvenuto ad una distanza di circa ottantatre metri». A fronte di questi elementi, quindi, correttamente si è concluso che «il sinistro stradale è ascrivibile a colpa del conducente, che, con grave negligenza ed imprudenza, mancando di adeguare la velocità del veicolo in modo da mantenerne il controllo e mancando di osservare la norma che impone di prestare particolare attenzione ai pedoni nella fase di attraversamento, favorendone il passaggio, ha proseguito la marcia travolgendo la vittima». E «scarsa visibilità e traffico intenso avrebbero imposto al conducente maggiori cautele», aggiungono i giudici, ricordando anche «l’investimento è avvenuto in orario diurno, su una strada fiancheggiata da abitazioni». Per quanto concerne poi «l’imprevedibilità della condotta tenuta dalla donna», i giudici ribadiscono che «l’attraversamento della carreggiata fuori delle strisce pedonali non è evento eccezionale da cui può farsi discendere, come vuole sostenere la difesa, l’esonero da responsabilità del conducente» che, invece, «ha l’obbligo di arrestarsi e cedere il passo al pedone, avvistandolo per tempo in base ad un criterio prudenziale che deve sempre informare la condotta guida». E in questa vicenda, peraltro, preso atto della «andatura lenta del pedone anziana signora che deambulava con l’uso di un bastone », della «larghezza della carreggiata» e del «punto d’urto», il conducente dell’autocarro «avrebbe avuto tutto il tempo di arrestare la marcia ed evitare così l’impatto», concludono i giudici.
Presidente Piccialli – Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. Con sentenza resa in data 29/3/2019 la Corte di appello di Venezia ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Padova a carico di L.S. per il reato di cui all'articolo 589 c.p., commesso con violazione delle norme in materia di circolazione stradale, in danno del pedone D.B. . In base alla ricostruzione offerta dai giudici di merito nelle due sentenze conformi, il L. , alla guida di un autocarro, per colpa generica, ed in violazione dell'articolo 140 C.d.S., investiva la donna in fase di attraversamento della strada, omettendo di arrestare il veicolo tempestivamente, determinando, in tal modo, il decesso della persona offesa a causa di gravissime lesioni traumatiche conseguenti all'urto 2. Avverso la sentenza di cui sopra ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, articolando un motivo unico di doglianza. La difesa lamenta erronea applicazione della legge penale con particolare riferimento all'articolo 140 C.d.S. violazione dell'articolo 589 c.p., e articolo 530 c.p.p La motivazione della sentenza, secondo la prospettazione difensiva, sarebbe inadeguata ed erronea. La persuasione circa la penale responsabilità dell'imputato, in ordine alla violazione della regola cautelare imposta dall'articolo 140 C.d.S., trarrebbe origine da una lettura superficiale delle disposizioni legislative. La Corte di merito, accogliendo acriticamente le valutazioni effettuate dal consulente del P.M., ha ritenuto di dover confermare la sentenza di primo grado, sostenendo che la donna avesse attraversato la carreggiata cinque secondi prima dell'urto e che il furgone si trovasse, in quel momento, ad una distanza di circa 83 metri dalla vittima, distanza che avrebbe consentito al L. di percepire tempestivamente la presenza della donna sulla carreggiata, permettendogli di adeguare agevolmente la velocità e di scongiurare l'urto. Non sarebbe stata valutata la possibilità di ritenere che la condotta del pedone si sia posta come causa atipica ed eccezionale dell'evento, collocandosi in un ambito d'imprevedibilità e umana inevitabilità. Il consulente del P.M. ha ricostruito la dinamica del sinistro fornendo una ricostruzione dell'infortunio che incontra notevoli limiti. Poiché egli non era presente al momento dell'incidente, le sue considerazioni non posseggono un valore di assoluta certezza, non avendo potuto constatare le condizioni d'intensità del traffico e la visibilità dei luoghi, piuttosto ridotta nel mese di dicembre, nelle prime ore del mattino. In ogni caso la tesi del consulente tecnico, il quale sostiene una condizione di traffico piuttosto intenso al momento dell'incidente, avrebbe dovuto indurre i giudici a ritenere che il L. non avesse una buona visuale, data la presenza di altre automobili sulla strada. Il ricorrente, inoltre, viaggiava ad una velocità assolutamente adeguata, del tutto consona alle prescrizioni imposte ai conducenti nel tratto di strada interessato. Alla stregua di tali circostanze, non è sostenibile che il L. abbia violato il dettato normativo di cui all'articolo 140 C.d.S Il comportamento serbato dalla D. , inosservante dell'articolo 190 C.d.S., avrebbe dovuto essere considerato imprevedibile la donna ha attraversato la strada al buio, vestita di abiti scuri, fuori dalle strisce pedonali, in un momento di traffico particolarmente intenso. Dal canto suo il ricorrente, serbando la velocità consentita di 50 km/h, avrebbe rispettato le comuni norme di prudenza, che impongono di non provocare situazioni di pericolo e di prevenire eventuali imprudenze altrui. Nel pronunciare sentenza di condanna, i giudici avrebbero dovuto accertare che il prevenuto risultasse colpevole del reato ascrittogli al di là di ogni ragionevole dubbio , secondo la regola imposta dall'articolo 533 c.p.p., comma 1. 3. Il P.G., con requisitoria scritta ai sensi del D.L. numero 137 del 2020, articolo 23, comma 8, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. I motivi dedotti sono manifestamente infondati, pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Solo apparentemente la difesa lamenta vizi di legittimità, essendo il ricorso incentrato sulla prospettazione di una diversa ricostruzione del fatto e sulla rivalutazione di circostanze già prese adeguatamente in considerazione nelle due sentenze conformi. Nel merito, la Corte distrettuale, con argomentazioni del tutto prive di aporie logiche e aderenti alle circostanze fattuali descritte in motivazione, ha ribadito come il ricorrente abbia investito la vittima in una fase avanzata dell'attraversamento della strada, a circa un metro dalla linea di mezzeria, travolgendola con tale violenza da proiettare il corpo ad una distanza di sedici metri, dopo averlo caricato sul cofano del veicolo. Ha poi precisato che la vittima, di anni 71, deambulava con l'uso di un bastone ortopedico, desumendo da tali circostanze il fatto che la donna procedesse lentamente durante l'attraversamento. Ha ritenuto infine di condividere le considerazioni del consulente del P.M., il quale, considerato il punto d'urto, la larghezza della carreggiata e l'andatura del pedone, ha stimato che l'avvistamento della persona offesa da parte del conducente è avvenuto ad una distanza di circa 83 metri. Da tutto quanto precede, la Corte di merito ha concluso che il sinistro stradale è ascrivibile a colpa del conducente, che, con grave negligenza e imprudenza, mancando di adeguare la velocità del veicolo in modo da mantenere il controllo del mezzo in violazione dell'articolo 140 C.d.S. , mancando di osservare la norma che impone di prestare particolare attenzione ai pedoni nella fase di attraversamento, favorendone il passaggio articolo 191 C.d.S., comma 2 , ha proseguito la marcia, travolgendo la vittima. Sono state adeguatamente valutate dai giudici di merito le obiezioni difensive la scarsa visibilità ed il traffico intenso, si legge nella sentenza di primo grado, avrebbero imposto al conducente maggiori cautele la donna non indossava abiti scuri, come sostenuto dal difensore, ma aveva un cappotto marrone ed un foulard multicolore sui toni del rosso l'investimento è avvenuto in orario diurno, su una strada fiancheggiata da abitazioni. 2. Occorre rammentare, in punto di diritto, che il controllo sulla motivazione operato dal giudice di legittimità resta circoscritto, per espressa previsione normativa dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , al solo accertamento sulla congruità e sulla coerenza dell'apparato argomentativo e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o nella scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti. Ne consegue che, laddove le censure del ricorrente non siano tali da scalfire la logicità e linearità del provvedimento impugnato, queste debbano ritenersi inammissibili perché proposte per motivi diversi da quelli consentiti. Svolta tale precisazione, deve rilevarsi, in primo luogo, la manifesta infondatezza dell'argomentazione difensiva, secondo la quale il giudice di appello si sarebbe limitato a recepire acriticamente le risultanze della consulenza tecnica disposta dal P.M. in corso d'indagini. L'assunto è erroneo la motivazione della sentenza rivela un'attenta disamina del fatto ed una considerazione puntuale di tutte le emergenze probatorie, dalle quali sono state tratte deduzioni logiche e coerenti in relazione ai profili di responsabilità individuati a carico del ricorrente. D'altro canto, per consolidato orientamento della Corte di legittimità, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti in fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti, come nel caso in esame, da adeguata motivazione così, ex multis Sez. 4, numero 54996 del 24/10/2017, Rv. 271679 . 3. Quanto all'ulteriore doglianza riguardante l'imprevedibilità della condotta serbata dal pedone, in tema di circolazione stradale, l'attraversamento della carreggiata da parte del pedone, anche al di fuori delle strisce pedonali, non è evento eccezionale dal quale può farsi discendere, come vuole sostenere la difesa, l'esonero da responsabilità dell'imputato. Il conducente, come sottolineato dalla Corte di merito, ha l'obbligo di arrestarsi e cedere il passo al pedone, avvistandolo per tempo in base ad un criterio prudenziale che deve sempre informare la condotta di guida Sez. 4, numero 40908 del 13/10/2005, Rv. 232422 - 01 In tema di violazione stradale, il conducente di un veicolo è tenuto a vigilare al fine di avvistare il pedone, implicando il relativo avvistamento la percezione di una situazione di pericolo, in presenza della quale il conducente è tenuto a porre in essere una serie di accorgimenti in particolare, moderare la velocità e, all'occorrenza, arrestare la marcia del veicolo al fine di prevenire il rischio di un investimento. Da ciò consegue che, nel caso di investimento di un pedone, perché possa essere affermata la colpa esclusiva di costui per le lesioni subite o per la morte, rileva la sua avvistabilità da parte del conducente del veicolo investitore. È cioè necessario che quest'ultimo si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido ed inatteso occorre, inoltre, che nessuna infrazione alle norme della circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza sia riscontrabile nel comportamento del conducente del veicolo” . Nel presente caso, come evidenziato nella sentenza impugnata, il ricorrente, considerate l'andatura lenta del pedone anziana signora che deambulava con l'uso di un bastone , la larghezza della carreggiata ed il punto d'urto, avrebbe avuto tutto il tempo di arrestare la marcia, evitando l'impatto. In conclusione, qualora il conducente del veicolo, non attenendosi alle regole stabilite dall'articolo 140 C.d.S., investa un pedone che abbia attraversato fuori dalle strisce, non può invocare l'imprevedibilità e l'inevitabilità dell'evento, nè l'esclusione del nesso di causalità tra tale evento e la sua condotta Sez. 4, numero 10635 del 20/02/2013, Rv. 255288 - 01 In tema di omicidio colposo, per escludere la responsabilità del conducente per l'investimento del pedone è necessario che la condotta di quest'ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile dell'evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo. Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità di un motociclista per l'investimento di un anziano pedone i cui movimenti erano agevolmente avvistabili Sez. 4, numero 33207 del 02/07/2013, Rv. 255995 - 01 In caso di omicidio colposo, il conducente del veicolo va esente da responsabilità per l'investimento di un pedone quando la condotta della vittima configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista nè prevedibile, da sola sufficiente a produrre l'evento, circostanza questa configurabile ove il conducente medesimo, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibileTh 4. Consegue alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell'articolo 616 c.p.p., al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. numero 186 del 13.6.2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.