In tema di comunione, l’uso del singolo comproprietario può ritenersi consentito solo ove l’utilità aggiuntiva non sia diversa da quella derivante dalla destinazione originaria del bene e sempre che detto uso non dia luogo a servitù a carico del suddetto bene comune.
Il Tribunale di Genova dichiarava l'illegittimità delle opere realizzate da una s.r.l. volte alla trasformazione dei locali condominiali di sua proprietà in box, per effetto della quale si era verificata l'inutilizzabilità come parcheggio dell'area stradale posta in corrispondenza degli ingressi, con perdita della possibilità di parcheggio per sei autovetture nella strada privata di proprietà dei condomini di vari stabili. La Corte d'Appello di Genova confermava la decisione di primo grado, osservando che la riduzione di sei spazi per il parcheggio, da ritenersi non compensata dall'esistenza di nuovi spazi costituiti dalle autorimesse, siccome poste al servizio esclusivo dei rispettivi proprietari, sottraeva alla possibilità di fruizione da parte degli altri comproprietari una parte della strada, con il conseguente venir meno del pari uso da parte degli stessi. La società ricorre in Cassazione, lamentandosi del fatto che la Corte d'Appello non avesse tenuto conto dell'esistenza di una servitù di uso pubblico gravante sul bene comune, la quale costituisce un elemento fondamentale nel determinare l'effettiva consistenza dei diritti di ciascun comproprietario, motivo per cui l'intervento eseguito non avrebbe comportato alcuna limitazione effettiva dei diritti degli altri comproprietari della strada. Il ricorso è infondato. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che «in tema di comunione, se è vero che ciascun comproprietario ha diritto ha diritto di trarre dal bene comune una utilità maggiore e più intensa di quella che ne viene tratta dagli altri comproprietari, è altrettanto vero che mediante questa utilizzazione non venga alterata la destinazione del bene o compromesso il diritto al pari uso da parte di questi ultimi. A tal fine va, quindi, puntualizzato che l'uso del singolo comproprietario può ritenersi consentito solo ove l'utilità aggiuntiva non sia diversa da quella derivante dalla destinazione originaria del bene e sempre che detto uso non dia luogo a servitù a carico del suddetto bene comune» ne deriva che «anche l'assoggettamento di una strada privata a servitù di uso pubblico non implica la facoltà dei proprietari fondisti di aprire accessi diretti dai loro fondi su detta strada, comportando ciò un'utilizzazione di essa più intensa e diversa, non riconducibile al contenuto dell'indicata servitù» Cass. civ., numero 24268/2019 . Nel caso di specie, pertanto, il mutamento di destinazione dell'immobile di proprietà della società in autorimessa si pone in contrasto con l'articolo 1102 c.c., avendo determinato il venir meno della possibilità per i condomini di parcheggiare lungo i lati della strada in questione, con la conseguente «alterazione dell'equilibrio tra le concorrenti utilizzazioni attuali o potenziali degli altri comproprietari e la configurazione di una pregiudizievole invasione nell'ambito dei coesistenti diritti di questi, con correlata violazione del principio di solidarietà cui devono essere informati i rapporti condominiali, il quale impone un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione». Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la società al pagamento delle spese del giudizio.
Presidente Giusti – Relatore Carrato Ritenuto in fatto 1. A seguito di ricorso nunciatorio, con il quale il Condominio omissis aveva lamentato la violazione del regolamento condominiale e l'illegittimità della modificazione di alcune parti comuni dello stabile, il giudice adito emetteva ordinanza confermata anche a seguito di reclamo di sospensione dei lavori in corso di esecuzione ad opera della s.r.l. F. Immobiliare relativi alla trasformazione del piano terreno, adibito a palestra, in autorimesse, per effetto della quale si era venuta a verificare l'inutilizzabilità come parcheggio dell'area stradale posta in corrispondenza degli ingressi con perdita della possibilità del parcheggio per sei autovetture nella strada privata di proprietà dei condomini di vari stabili, tra cui quelli del ricorrente. Il citato condominio e la condomina P.M. introducevano il conseguente giudizio di merito, con il quale chiedevano al Tribunale di Genova di dichiarare l'illiceità degli interventi realizzati dalla suddetta società F., con relativo ordine di riduzione in pristino con riguardo alle modificazioni apportate alle parti comuni e a quelle esclusive, nonché di dichiarare l'illiceità della creazione di accessi carrabili ai locali trasformati, con relativa condanna alla rimessione in pristino stato. Si costituiva la società convenuta, che instava per il rigetto della domanda e ancor prima per la dichiarazione del suo difetto di legittimazione passiva , ed intervenivano in giudizio il Consorzio Strade Private v. Tavella e v. Scorza, nonché la sig.ra Fr.Cr., comproprietaria della strada, chiedendo, a loro volta, la declaratoria della illiceità della creazione degli accessi carrabili e, quindi, la rimessione in pristino. All'esito dell'esperita istruzione probatoria nel corso della quale era espletata anche c.t.u. , il Tribunale di Genova, con sentenza numero 1120/2013, in parziale accoglimento delle domande, dichiarava l'illegittimità delle opere realizzate dalla società F. volte alla trasformazione dei locali in box, respingendo ogni altra richiesta e regolando le complessive spese processuali. 2. Decidendo sull'appello della società F. , a cui resistevano tutte le parti appellate, la Corte di appello di Genova, con sentenza numero 2/2016 pubblicata il 7 gennaio 2016 , accoglieva per quanto di ragione il gravame e in riforma parziale dell'impugnata pronuncia, dichiarava la carenza di legittimazione attiva del Condominio omissis alla proposizione della domanda volta alla tutela della proprietà della strada dedotta in controversia, compensava le spese di primo grado tra il Condominio omissis e P.M. e F. Immobiliare s.r.l., poneva le spese di c.t.u. a carico definitivo, nella misura del 50%, di ciascuna delle parti identificantesi con il Condominio omissis , P.M. e la F. Immobiliare s.r.l., confermava nel resto l'impugnata sentenza e regolava le spese giudiziali del grado di appello. A fondamento dell'adottata decisione la Corte genovese, risolte le questioni preliminari in tema di legittimazione e ravvisata la comproprietà della controversa strada in capo ai singoli proprietari degli immobili, quanto al merito dei proposti motivi di gravame osservava, in particolare, che la sottoposizione ad uso pubblico era stata prospettata dagli appellanti come condizione incompatibile con limitazioni all'accesso da parte degli utilizzatori imposte dai proprietari, sostenendosi che spettava solo al Comune la concessione del passo carrabile e che l'autorizzazione era stata concessa con provvedimenti ritenuti legittimi a seguito di intentati procedimenti giurisdizionali amministrativi. Rilevava, ancora, il giudice di appello che la suddetta competenza, pur giustificandosi in riferimento alla tutela dell'interesse pubblico all'uso della strada, non poteva escludere la necessità di un titolo di valenza privatistica per l'utilizzo particolare, quale quello per l'apertura di nuovi accessi, tanto che - di regola l'autorizzazione per il passo carraio viene concessa con salvezza dei diritti dei terzi, sempre però osservando i limiti generali stabiliti dall'articolo 1102 c.c Orbene, sulla base di tale ricostruzione, la Corte territoriale ha - avuto riguardo alla situazione fattuale della vicenda oggetto di esame - considerato che la funzione della strada, per le sue caratteristiche intrinseche, corrispondenti all'uso concreto sempre fatto di essa, comportava anche la possibilità del parcheggio ai lati della stessa, precisandosi, però, che tale possibilità risultava certamente ridotta dall'esercizio del passo carraio verso le nuove autorimesse come realizzato dalla società F. , comportando - come accertato dal c.t.u. - la riduzione di sei spazi per il parcheggio, da ritenersi non compensata dall'esistenza dei nuovi spazi per parcheggio costituiti dalle autorimesse, siccome poste al servizio esclusivo dei rispettivi proprietari, come tali da qualificarsi titolari di uno spazio di parcheggio riservato, sottraendo alla possibilità di fruizione da parte degli altri comproprietari una parte della strada. Di conseguenza, ad avviso della Corte di appello, tale accertata ridotta funzione aveva fatto venir meno il pari uso da parte dei comproprietari, che non era esclusa dall'uso pubblico, che, pur ammesso che si estenda ai parcheggi, vale semmai ad aggravare la situazione di ridotta utilizzabilità dei parcheggi a lato della strada. 3. La soccombente F. Immobiliare s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre complessi motivi, avverso la suddetta sentenza. Si sono costituiti con controricorso l'intimato Consorzio Strade private v. Tavella e v. Scorza e l'intimata P.M., mentre non ha svolto attività difensiva in questa sede Fr.Cr. Tutte le difese delle parti costituite hanno anche depositato memoria ai sensi dell'articolo 380 bis.1. c.p.c. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato - ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 - la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 825 c.c., sostenendo l'erroneità dell'impugnata sentenza nella parte in cui, pur essendo rimasto accertato - con sentenza passata in giudicato opponibile ai singoli comproprietari della strada - che sulle strade private di omissis esisteva una servitù di uso pubblico, aveva ritenuto l'illegittimità delle opere eseguite da essa ricorrente nei locali di sua proprietà, malgrado che il Comune di Genova si dovesse ritenere l'unico soggetto titolare dei poteri di gestione della strada vicinale e degli annessi spazi di sosta ivi compresi quelli di amministrare gli accessi carrabili e che non fosse necessario alcun titolo di natura privatistica ovvero, nella specie, l'assenso degli altri comproprietari della strada per legittimare l'intervento da essa ricorrente realizzato. 2. Con la seconda censura la ricorrente ha dedotto - sempre con riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 - la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2909 c.c. e articolo 324 c.p.c., prospettando l'erroneità della gravata pronuncia nella parte in cui aveva ritenuto che la servitù di uso pubblico sulla strada privata non si estendeva anche alla sosta di autovetture, così disattendendo il giudicato formatosi per effetto della sentenza numero 1102/1992 del Tribunale di Genova. 3. Con la terza ed ultima doglianza la ricorrente ha denunciato - avuto riguardo all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5 - la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1102 c.c., sul presupposto che la citata norma andrebbe applicata con riguardo ai diritti sulla cosa comune nella loro estensione in concreto, tenuto conto di eventuali pesi e limitazioni posti sugli stessi, nel mentre la Corte di appello non aveva tenuto conto dell'esistenza di una servitù di uso pubblico gravante sul bene comune implicante anche la facoltà di parcheggio ai lati della strada , la quale costituisce un elemento fondamentale ed imprescindibile nel determinare la reale ed effettiva consistenza dei diritti di ciascun comproprietario, ragion per cui, nel caso di specie, l'intervento da essa ricorrente eseguito non aveva comportato alcuna limitazione effettiva e concreta dei diritti degli altri comproprietari della strada. 4. Rileva il collegio che i primi due motivi - esaminabili congiuntamente in quanto tra loro connessi - sono infondati e devono, perciò, essere rigettati. Infatti, la richiamata sentenza del Tribunale di Genova numero 1102/1992 passata in giudicato - accertativa della costituzione sulla omissis di servitù di pubblico transito per usucapione - non prevedeva alcuna specifica statuizione in merito all'esercizio da parte del Comune di Genova unico ente legittimato della facoltà di accordare a terzi usi eccezionali e particolari del bene di proprietà dei consorziati, rimanendo, perciò applicabile cfr. Cass. SU numero 6633/1998 Cass. SU numero 158/1999 Cass. numero 7156/2004 e Cass. numero 21953/2013 il principio generale secondo cui l'assoggettamento di una strada privata a servitù di uso pubblico, in relazione all'interesse della collettività di goderne quale collegamento tra due vie pubbliche, non comporta la facoltà dei proprietari frontisti di aprirvi accessi diretti dai loro fondi quando il relativo intervento implichi un'utilizzazione di essa più intensa e diversa, non riconducibile al contenuto della stessa, con ciò escludendosi l'applicabilità dell'articolo 825 c.c Pertanto, la portata decisoria riconducibile a tale giudicato non poteva aveva un'efficacia tale da ricomprendere anche l'aspetto relativo all'estensione dell'uso pubblico pure ai parcheggi. 5. Anche il terzo motivo è privo di fondamento e va respinto per le ragioni che seguono. Ad avviso del collegio si deve ritenere che la Corte genovese come del resto già rilevato dal giudice di prime cure ha - con l'impugnata sentenza - correttamente ritenuto sussistente, nel caso di specie, la violazione dell'articolo 1102 c.c., poiché l'intervento eseguito dalla ricorrente società aveva comportato una limitazione effettiva e concreta dei diritti degli altri comproprietari della strada, impedendo il pari uso del relativo diritto. Infatti, il giudice di secondo grado ha giustamente considerato che la funzione della strada, per le sue caratteristiche intrinseche, corrispondenti all'uso concreto sempre fatto di essa, aveva comportato in modo permanente anche la possibilità del parcheggio ai lati di essa, e - sulla base di tale presupposto oggetto di accertamento fattuale insindacabile in questa sede - ha precisato che tale possibilità era risultata certamente ridotta dall'esercizio del passo carraio verso le nuove autorimesse, determinando come verificato a seguito di c.t.u. la riduzione di sei spazi per il parcheggio, non compensata dall'esistenza dei nuovi spazi per parcheggio costituiti dalle autorimesse, siccome poste al servizio esclusivo dei rispettivi proprietari, come tali da qualificarsi titolari di uno spazio di parcheggio riservato, sottraendo alla possibilità di fruizione da parte degli altri comproprietari una parte della strada. Di conseguenza, la Corte di appello ha legittimamente concluso che tale accertata ridotta funzione aveva fatto venir meno il pari uso da parte dei comproprietari, che non era escluso dall'uso pubblico, che, pur ammesso che si estendesse ai parcheggi, valeva semmai ad aggravare la situazione di ridotta utilizzabilità dei parcheggi a lato della strada. In punto di diritto va osservato che, in tema di comunione, se è vero che ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune una utilità maggiore e più intensa di quella che ne viene tratta dagli altri comproprietari, è altrettanto vero che mediante questa utilizzazione non venga alterata la destinazione del bene o compromesso il diritto al pari uso da parte di quest'ultimi. A tal fine, va, quindi, puntualizzato che l'uso del singolo comproprietario può ritenersi consentito solo ove l'utilità aggiuntiva non sia diversa da quella derivante dalla destinazione originaria del bene e sempre che detto uso non dia luogo a servitù a carico del suddetto bene comune. Applicando tale principio generale ne deriva che anche l'assoggettamento di una strada privata a servitù di uso pubblico non implica la facoltà dei proprietari frontisti di aprire accessi diretti dai loro fondi su detta strada, comportando ciò un'utilizzazione di essa più intensa e diversa, non riconducibile al contenuto dell'indicata servitù cfr., ex multis, Cass. numero 3525/1993 Cass. numero 7156/2004, cit. Cass. numero 21953/2013 e, da ultimo, cass. numero 24268/2019 . Nel caso di specie, quindi, il mutamento di destinazione dell'immobile di proprietà della società ricorrente da palestra ad autorimessa, con la connessa apertura di sei accessi carrabili pur se assistiti dal preventivo rilascio di altrettante concessioni è venuto a porsi in contrasto con il più volte indicato articolo 1102 c.c., in dipendenza della prodotta soppressione ed a svantaggio di tutti gli altri numerosi condomini del supercondominio insistente in loco , della possibilità, per questi ultimi, di poter continuare a fruire pienamente della possibilità di parcheggiare secondo le antecedenti modalità - lungo i lati della strada in questione, così conseguendone l'alterazione dell'equilibrio tra le concorrenti utilizzazioni attuali o potenziali degli altri comproprietari e la configurazione di una pregiudizievole invasione nell'ambito dei coesistenti diritti di questi, con correlata violazione del principio di solidarietà cui devono essere informati i rapporti condominiali, il quale impone un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione v. anche Cass. numero 17208/2008 e Cass. numero 13213/2019 . 6. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere integralmente rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo. Infine, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate, per ognuna, in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.