Quanto un verbale di conciliazione può dirsi tombale?

Nell’interpretazione di una clausola contenuta in una conciliazione occorre perimetrare la comune intenzione dei contraenti la stessa si ricava facendo leva non solo sul tenore letterale delle parole utilizzate – da vagliare alla luce dell’integrale contesto negoziale ex articolo 1363 c.c., ma facendo ricorso anche ai criteri di interpretazione soggettiva di cui agli articolo 1369 e 1366 c.c. E’, infatti, necessario accertare il significato dell’accordo in coerenza con gli interessi che entrambe le parti abbiano inteso tutelare ed escludere – in forza di un principio di lealtà e salvaguardia dell’altrui posizione giuridica - quelle interpretazioni che, sebbene formalmente sostenibili, appaiano con essi in contrasto.

Tanto ha affermato il 14 settembre 2021 la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione.   Il caso. Il Tribunale di Roma ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso proposto da un lavoratore avverso il proprio ex datore di lavoro, volto ad ottenerne la condanna al pagamento di differenze retributive relative a tredicesima mensilità, indennità di funzione, di buoni pasto, di reperibilità e per rinnovo contrattuale dal luglio 2007, riferite al periodo dal marzo 2003 dies ad quem della sentenza numero 8506/2010 della Corte di Appello, in giudicato, avente riconosciuto mansioni superiori e spettanza di analoghe indennità sino al collocamento in quiescenza del 31 agosto 2007, sul presupposto che tali richieste rientrassero nell'ambito di una conciliazione intervenuta tra le parti nel luglio 2007. La Corte di secondo grado, aderendo alla ricostruzione di fatto e diritto effettuata dal primo giudicante, ha respinto l'appello.   Il ragionamento della Corte di Appello. Premettendo la formazione del giudicato sulla sentenza di appello 8506/2010 resa in altro precedente giudizio tra le stesse parti RG 2710/2005 , la Corte Territoriale ha ritenuto che le pretese oggetto della causa sottoposta alla sua attenzione rientrassero nell'accordo conciliativo raggiunto dalle medesime nel luglio 2007.   Il tenore della conciliazione. In particolare, con lo strumento conciliativo le parti hanno risolto consensualmente il rapporto di lavoro al 1° settembre 2007, con riconoscimento dell'incentivo all'esodo, dispensa dal preavviso e dalla corresponsione della relativa indennità inoltre, è stata attribuita al dipendente la somma di euro 20.000,00 netti a titolo di transazione generale novativa, a fronte della rinuncia “a qualsivoglia ulteriore domanda o azione comunque connessi…all'esecuzione e cessazione del rapporto, nonché ad ogni altro diritto”, eccezion fatta per le pretese oggetto del giudizio di appello sub RG 2710/2005 “avente ad oggetto l'accertamento del diritto … alla corresponsione della cd. indennità di funzione e del superminimo individuale parametrati alla posizione dirigenziale rivestita, con conseguente ricostruzione della carriera ed attribuzione almeno del minimo contrattualmente previsto”. Il soccombente si è rivolto alla Corte di Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, la violazione e falsa applicazione della normativa codicistica in ordine all'interpretazione negoziale, specialmente per quanto concerne la clausola di salvezza contenuta nella transazione, che ricomprenderebbe, a suo avviso, anche le pretese avanzate in causa. Parte datoriale ha resistito con controricorso. La sentenza va cassata. La Corte di Legittimità, ritenendo fondato il motivo di ricorso sopra espresso, con valore assorbente, ha cassato la pronuncia di merito, trasmettendo la controversia ad altra sezione della Corte di Appello. Ad avviso della Cassazione, infatti, la clausola di salvezza contenuta nella transazione deve essere interpretata alla luce del complessivo assetto negoziale che le parti hanno inteso perseguire.   Le regole da seguire. Se è pur vero che l'interprete deve, in primo luogo, avviare l'esame dall'elemento letterale che funge da faro di ricerca della effettiva volontà delle parti , è altrettanto vero che lo stesso va valutato tenendo conto dell'intero contesto contrattuale, cioè collegando e raffrontando parole e frasi al fine di chiarirne il significato complessivo, il tutto senza perdere di vista lo scopo pratico che le parti stesse abbiano inteso realizzare. Infatti, proprio facendo ricorso ai criteri di interpretazione soggettiva di cui agli articolo 1369 e 1366 c.c., è possibile appurare il significato dell'accordo in coerenza con la causa concreta perseguita e, al tempo stesso, escludere interpretazioni cavillose che siano sostanzialmente in contrasto con essa. In buona sostanza, quindi, nella circolarità del procedimento ermeneutico, dopo l'esegesi del testo, l'interprete deve ricostruire in base ad essa la reale intenzione dei contraenti e verificare se la stessa sia coerente con le restanti disposizioni contrattuali e con la condotta delle parti.   Il caso concreto esige particolare attenzione. La rinuncia contenuta nella transazione non può ritenersi comprensiva di tutte le controversie attuali o potenziali tra le parti alla luce della clausola che fa salve le pretese oggetto del giudizio sub RG 2710/2005 all'epoca – luglio 2007 - pendente e alla “conseguente ricostruzione di carriera”, oltre che della scansione temporale degli antefatti l'odierno giudizio va considerato evoluzione della vicenda processuale sub RG 2710/2005, divenuto definitivo dopo l'intervenuta conciliazione , la Cassazione ha reputato che gli emolumenti pretesi dal lavoratore nella presente causa si iscrivano proprio nella locuzione “ricostruzione di carriera”, giacché diversamente la stessa non lo sarebbe interamente, ma solamente fino al marzo 2003 come stabilito nella sentenza già menzionata, in giudicato , e contraddirebbe la negoziata prospettiva conciliativa dell'intero rapporto. Tale interpretazione, porta ad affermare che all'ex dipendente vadano riconosciute – nei rigorosi limiti accertati dal giudicato e in quanto escluse dalla conciliazione del luglio 2007 – le voci afferenti alla ricostruzione di carriera, per quanto concerne il periodo successivo al marzo 2003 e fino alla data del pensionamento 31 luglio 2007 . Per quanto precede, quindi, la pronuncia di seconde cure è stata cassata e la causa è stata rimessa alla Corte di Appello affinché si conformi all'espresso principio di diritto.

Presidente Raimondi – Relatore Patti Fatto 1. Con sentenza 28 giugno 2017, la Corte d'appello di Roma rigettava l'appello di T.S. avverso la sentenza di primo grado, di inammissibilità della sua domanda di condanna di Anas s.p.a. al pagamento delle differenze retributive relative all'indennità di funzione, tredicesima mensilità, indennità di buoni pasto, di reperibilità e per rinnovo contrattuale del luglio 2007, riguardanti periodo successivo al marzo 2003 dies ad quem della sentenza di appello numero 8506/2010, impugnata per cassazione, di riconoscimento fino a tale data e con decorrenza dal 7 marzo 1996, di analoghi emolumenti retributivi per effetto dell'attribuzione dell'indennità di funzione per lo svolgimento di mansioni dirigenziali e fino al collocamento in quiescenza del 31 agosto 2007, sul presupposto dell'intervenuta conciliazione tra le parti del 12 luglio 2007. 2. Premessa la formazione di giudicato, per rigetto del ricorso per cassazione principale del lavoratore e inammissibilità dell'incidentale di Anas, sulla sentenza di appello numero 8506/2010, la Corte territoriale riteneva, in esito a critico e argomentato esame delle clausole del verbale, l'inclusione delle pretese economiche oggetto di controversia nell'accordo raggiunto tra le parti in ordine alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro alla data del 1 settembre 2007, con incentivo all'esodo, rinuncia al preavviso e alla relativa indennità sostitutiva e, per quanto d'interesse ai fini del presente giudizio, la corresponsione al punto 5 al lavoratore della somma di Euro 20.000,00 netti a titolo di transazione generale e novativa , a fronte delle rinunce espressamente manifestate al punto 4 a qualsivoglia ulteriore domanda o azione comunque connessi all'esecuzione e cessazione del rapporto, nonché ad ogni diritto derivante dalla legge o dalla contrattazione collettiva . In particolare, essa escludeva che le pretese in questione rientrassero nella clausola di espressa salvezza al punto 7 del giudizio d'appello R.G. 2710/2005, non ricompreso nella conciliazione, pendente tra le parti, avente ad oggetto l'accertamento del diritto del sig. T. alla corresponsione della cd. indennità di funzione e del superminimo individuale parametrati alla posizione dirigenziale rivestita, con conseguente ricostruzione della carriera ed attribuzione almeno del minimo contrattualmente previsto . 3. Con atto notificato il 27 dicembre 2017, il lavoratore ricorreva per cassazione con quattro motivi, cui resisteva la società con controricorso entrambe le parti comunicavano memoria finale. 4. Assegnata per la trattazione all'adunanza camerale, ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., nella ravvisata insussistenza dei presupposti per la rilevanza nomofilattica in particolare dello scrutinio relativo alla valenza dell'accordo transattivo intercorso tra le parti e all'efficacia temporale della clausola di salvaguardia in esso contenuta , la causa era rinviata a nuovo ruolo e fissata all'odierna udienza. 5. Il P.G. rassegnava conclusioni scritte, a norma del D.L. numero 137 del 2020, articolo 23, comma 8 bis, inserito da L. Conv. numero 176 del 2020, nel senso del rigetto e il ricorrente depositava nuova memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione degli articolo 1362,1363,1369,1366,1365,1367 c.c., nonché di norme e principi in tema di qualificazione del contratto, per la non corretta lettura del verbale di conciliazione 12 luglio 2007, in riferimento ai canoni ermeneutici di letteralità, secondo la comune intenzione delle parti in combinata e coordinata lettura globale con quelli concorrenti di interpretazione delle clausole le une per mezzo delle altre, esemplificativo, di buona fede e funzionale nella prospettiva conservativa del senso negoziale loro attribuito e segnatamente, della clausola di salvezza al punto 7 del verbale, qualificato dalle parti di transazione generale e novativa, di esplicita esclusione, non già della sola causa R.G. 2710/2005 pendente tra le stesse, ma anche della conseguente ricostruzione della carriera ed attribuzione di differenze retributive, costituente proprio l'oggetto della odierna controversia. Con lo stesso mezzo, egli deduce inoltre la nullità della sentenza per violazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4, articolo 118 disp. att. c.p.c., per motivazione apparente e contraddittoria, per la mancanza di spiegazione logica e coerente della locuzione suindicata della clausola di salvezza, in relazione alla conseguente ricostruzione della carriera e attribuzione di differenze retributive, idonea a indicare un periodo distinto da e successivo a quello dedotto nella causa allora pendente in appello ed oggetto di quella odierna appunto. 2. Esso è fondato, in particolare sotto l'assorbente profilo dell'error in iudicando denunciato in riferimento alla violazione dei canoni ermeneutici. 3. Giova, innanzi tutto, premettere la corretta deduzione dei vizi interpretativi, sindacabili in sede di legittimità non già nel loro risultato in sé, che appartiene piuttosto all'ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma nella verifica di rispetto dei canoni legali di ermeneutica e di coerenza e logicità della motivazione addotta, con esclusione di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito, che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati Cass. 10 febbraio 2015, numero 2465 Cass. 26 maggio 2016, numero 10891 . Inoltre, il ricorrente ha pure specificato le ragioni e il modo in cui si sarebbe realizzata l'asserita violazione Cass. 22 febbraio 2007, numero 4178 Cass. 21 giugno 2017, numero 15350 , oltre che le modalità e le considerazioni con le quali il giudice del merito se ne sarebbe discostato Cass. 26 ottobre 2007, numero 22536 Cass. 30 aprile 2010, numero 10554 Cass. 10 febbraio 2015, numero 2465 Cass. 14 luglio 2016, numero 14355 Cass. 4 dicembre 2018, numero 31347 . 3.1. Tanto chiarito in funzione della sindacabilità del motivo da questa Corte, occorre inquadrare l'esame della clausola di salvezza al punto 7 del verbale di conciliazione nella più ampia e critica lettura del contesto negoziale, avente ad oggetto la complessiva sistemazione generale del rapporto di lavoro tra le parti, consensualmente risolto con incentivo all'esodo punto 2 della conciliazione e rinuncia a qualsivoglia ulteriore domanda o azione comunque connessi, vicari o anche solo occasionati all'esecuzione e cessazione del rapporto, nonché ad ogni diritto derivante dalla legge o dalla contrattazione collettiva punto 4 della conciliazione . 3.2. Nell'applicazione dei criteri interpretativi, bisogna allora avviare l'esame dall'elemento letterale, il quale assume funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, dovendo tuttavia essere verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, in virtù del coordinamento tra loro delle singole clausole, così come previsto dall'articolo 1363 c.c. giacché, per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone non già una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, posto che il giudice deve collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato Cass. 8 giugno 2018, numero 14882 . E sempre avendo in primo luogo riguardo allo scopo pratico che le parti abbiano inteso realizzare con la stipulazione del contratto Cass. 30 agosto 2019, numero 21840 . 3.3. La comune intenzione dei contraenti deve inoltre essere ricercata indagando, oltre che il senso letterale delle parole da verificare alla luce, come detto, del contesto negoziale integrale ai sensi dell'articolo 1363 c.c., anche i criteri di interpretazione soggettiva stabiliti dagli articolo 1369 e 1366 c.c., rispettivamente volti a consentire l'accertamento del significato dell'accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta in conformità agli interessi che le parti abbiano inteso tutelare mediante la stipulazione negoziale Cass. 22 novembre 2016, numero 23701 e ad escludere, mediante un comportamento improntato a lealtà e salvaguardia dell'altrui interesse, interpretazioni cavillose che depongano per un significato in contrasto con gli interessi che le parti abbiano inteso tutelare mediante la stipulazione negoziale Cass. 28 marzo 2017, numero 7927 in una circolarità del percorso ermeneutico, da un punto di vista logico, che impone all'interprete, dopo aver compiuto l'esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l'intenzione delle parti e quindi di verificare se quest'ultima sia coerente con le restanti disposizioni del contratto e con la condotta delle parti medesime Cass. 10 maggio 2016, numero 9380 . 3.4. Nel caso di specie, una lettura del verbale di conciliazione, rispettosa degli enunciati canoni ermeneutici, esige un'esatta delimitazione dell'ambito della rinuncia a qualsivoglia ulteriore domanda o azione comunque connessi, vicari o anche solo occasionati all'esecuzione e cessazione del rapporto, nonché ad ogni diritto derivante dalla legge o dalla contrattazione collettiva punto 4 della conciliazione , nel suo effettivo contenuto transattivo cui si applicano le regole di interpretazione del contratto Cass. 10 settembre 2014, numero 19118 e pertanto, non in riferimento a tutte le controversie potenziali o attuali, ma soltanto a quelle oggetto della statuizione convenzionale delle parti secondo una corretta interpretazione, a norma dell'articolo 1364 c.c., delle espressioni usate dalle stesse, per quanto generali Cass. 28 novembre 1981, numero 6351 Cass. 18 maggio 2018, numero 12367 . E ciò tanto più, in presenza di un'esplicita clausola di salvezza punto 7 della conciliazione dalla suddetta rinuncia della causa R.G. 2710/2005 all'epoca pendente tra le parti , avente ad oggetto l'accertamento del diritto del sig. T. alla corresponsione della cd. indennità di funzione e del superminimo individuale parametrati alla posizione dirigenziale rivestita ed alla conseguente ricostruzione della carriera ed attribuzione almeno del minimo contrattualmente previsto dal CCNL Dirigenti dell'epoca per giunta, da inquadrare nell'alveo di un rapporto di lavoro consensualmente risolto e quindi nell'arco temporale della sua vigenza fino alla risoluzione, avuto anche riguardo all'applicazione del principio di conservazione degli effetti utili del contratto, previsto dall'articolo 1367 c.c. Cass. 23 luglio 2018, numero 19493 . 3.5. Occorre poi focalizzare l'interpretazione della clausola concentrando il cono ermeneutico del canone letterale sulla locuzione conseguente alla causa R.G. 2710/2005 pendente tra le parti ricostruzione della carriera ed attribuzione almeno del minimo contrattualmente previsto dal CCNL Dirigenti dell'epoca all'epoca ancora sub iudice, per la pendenza del giudizio in appello anche secondo una coerente combinazione dei criteri richiamati dagli articolo 1362,1363,1369 e 1366 c.c., per una più completa comprensione della volontà delle parti nella suindicata prospettiva ampia di regolamentazione negoziale del rapporto fino al suo convenuto esaurimento, a tutela della composizione dei reciproci interessi in un'ottica di buona fede. 3.6. In tale ottica esegetica, è pure opportuno tenere presente la scansione dei tempi in particolare di come quelli di promozione dell'odierno giudizio siano stati dettati dall'evoluzione della vicenda processuale dei diritti rivendicati nella causa R.G. 2710/2005, espressamente eccettuata dalla rinuncia, con il loro provvisorio accertamento soltanto con la sentenza della Corte d'appello numero 8506/2010 e definitivo con la conseguente formazione del giudicato entrambi i momenti successivi alla conciliazione tra le parti . 3.7. Reputa allora questa Corte che gli emolumenti qui pretesi dal lavoratore si iscrivano nella conseguente ricostruzione della carriera ché, diversamente, essa non lo sarebbe interamente, ma soltanto fino al marzo 2003 in base al giudicato della Corte d'appello numero 8506/2010 , contrariamente alla negoziata prospettiva conciliativa tra le parti dell'intero rapporto, in quanto fino al collocamento in quiescenza del 31 agosto 2007. Sicché, essi devono essere riconosciuti a T.S. , nei rigorosi limiti accertati dal suddetto giudicato come indicato al punto 4 di pg. 3 della sentenza , in quanto espressamente esclusi dalla conciliazione del 12 luglio 2007, anche in relazione al periodo successivo al marzo 2003 all'esito della causa R.G. 2710/2005 e fino alla predetta data di pensionamento. E quindi, nei limiti dell'indennità di funzione per lo svolgimento di mansioni dirigenziali, attribuitagli con detto giudicato e degli istituti direttamente conseguenti nell'evidente irrilevanza della loro derivazione immediata secondo un criterio di automatismo, piuttosto che previo un accertamento in fatto secondo l'inconferente distinzione al terz'ultimo capoverso di pg. 6 della sentenza, sub punto 9d , posto che ciò che conta è la loro inclusione nel perimetro del riconoscimento giudiziale. 4. Le superiori argomentazioni assorbono ogni ulteriore questione e i restanti motivi, relativi a violazione o falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c., comma 2, in ordine alle regole di ripartizione dell'onere della prova in riferimento all'eccezione di transazione, da disattendere per la sostanziale incertezza della Corte territoriale sull'estensione della clausola di salvaguardia del verbale di conciliazione tra le parti secondo violazione dell'articolo 2909 c.c., per erronea interpretazione del giudicato esterno numero 8506/2010 della Corte d'appello di Roma, di condanna di Anas s.p.a. al pagamento, in favore del lavoratore, delle differenze per indennità di funzione riconosciuta dal 7 marzo 1996 a tutto marzo 2003, sul presupposto di accertamento del suo incarico di prima fascia dal 7 marzo 1996 al 24 marzo 1997, comportante il suo diritto alla stessa indennità di funzione anche per il periodo successivo lavorato fino all'agosto 2007 violazione o falsa applicazione dell'articolo 2103 c.c., di garanzia di non riducibilità della retribuzione in corso di rapporto di lavoro e dell'articolo 5 C.C.L. Aziendale Dirigenti Anas di immodificabilità in pejus dell'indennità di funzione cd. clausola di salvaguardia e nullità della sentenza per violazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4, articolo 118 disp. att. c.p.c., per motivazione apparente e contraddittoria terzo violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli articolo 1418,2103 c.c., articolo 185,420 c.p.c., nonché norme e principi in tema di indisponibilità in via transattiva o conciliativa di diritti del lavoratore non ancora sorti e di relativa nullità della transazione o conciliazione giudiziale quarto . 5. Pertanto il primo motivo di ricorso deve essere accolto, con assorbimento degli altri, la cassazione della sentenza in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione, sulla base del seguente principio di diritto Nell'interpretazione di una clausola negoziale nel caso di specie, espressamente eccettuativa dell'applicazione di una generale rinuncia, contenuta in un verbale di conciliazione transattiva di un rapporto di lavoro, ad ogni domanda ad essa connessa o anche solo occasionata all'esecuzione e cessazione del rapporto e ad ogni diritto da esso derivante , la comune intenzione dei contraenti deve essere ricercata indagando, oltre che il senso letterale delle parole da verificare alla luce del contesto negoziale integrale ai sensi dell'articolo 1363 c.c., anche i criteri di interpretazione soggettiva stabiliti dagli articolo 1369 e 1366 c.c., rispettivamente volti a consentire l'accertamento del significato dell'accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta in conformità agli interessi che le parti abbiano inteso tutelare mediante la stipulazione negoziale e ad escludere, mediante un comportamento improntato a lealtà e salvaguardia dell'altrui interesse, interpretazioni in contrasto con gli interessi che le parti abbiano con essa inteso tutelare in una circolarità del percorso ermeneutico, da un punto di vista logico, che impone all'interprete, dopo aver compiuto l'esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l'intenzione delle parti e di verificare se quest'ultima sia coerente con le restanti disposizioni del contratto e con la loro condotta . P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.