La S.C. in tema di consecuzione delle procedure tra concordato preventivo e fallimento

«Non è precluso al giudice dell’opposizione allo stato passivo fallimentare, ai sensi della l.fall., articolo 98, accertare, in concreto, la consecuzione di procedure tra il concordato preventivo ed il successivo fallimento, ai fini dell’ammissione del credito in via meramente chirografaria e non ipotecaria, non rilevando, in contrario, la circostanza che la sentenza dichiarativa di fallimento abbia accertato lo stato di insolvenza quale presupposto del medesimo, senza indagare, altresì, se esso preesistesse alla domanda di concordato preventivo, quale suo specifico presupposto».

Il Tribunale di Bari respingeva l'opposizioneex articolo 98 l.fall. proposta da M. s.r.l., al fine di ottenere il privilegio ipotecario sul credito già ammesso allo stato passivo del fallimento della N.I. s.p.a La M. s.r.l. ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, la violazione di legge per motivazione errata o apparente, in quanto il decreto impugnato «non avrebbe esposto una motivazione effettiva, con riguardo alla ritenuta consecuzione delle procedura, perché non ha menzionato le prove dirette a suffragare il suo convincimento». La doglianza è infondata. La ricorrente si sarebbe basata, erroneamente, sul principio secondo cui «la consecutività delle procedure di concordato e di fallimento, in quanto unico sia il presupposto dell'insolvenza, potrebbe accertarsi soltanto con la sentenza dichiarativa di fallimento, onde, in mancanza, essa non possa più essere accertata dal giudice in sede di opposizione allo stato passivo, ai sensi dell'articolo 98 l.fall.». Infatti, la Corte di Cassazione ha già avuto modo di sottolineare che «la dichiarazione di fallimento seguita al concordato preventivo attua non un fenomeno di mera successione cronologica, ma di consecuzione di procedimenti , che, pur formalmente distinti, sul piano funzionale finiscono per essere strettamente collegati, nel fine del rispetto della regola della par condicio, avendo le due procedure a presupposto un analogo fenomeno economico si opera, in tal modo, una considerazione unitaria della procedura di concordato preventivo, cui sia succeduta quella di fallimento, pur nella formale distinzione dei procedimenti. Tale principio presenta un valore sistematico, in quanto caratterizzato dall'esigenza di salvaguardia dell'interesse superiore di concreta attuazione della par condicio creditorum, anche contro eventuali espedienti tesi a vanificarla» Cass. civ. numero 8970/2019 e che «la c.d. consecuzione fra le procedure concorsuali implica che esse siano originate da un medesimo unico presupposto, costituito dallo stato d'insolvenza » Cass. civ. numero 6045/2016 . Inoltre, l'articolo 36 d.l. numero 275/2005, novellato articolo 160 l.fall., dispone che «per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza». L'articolo 33, comma 1, lett a-bis, numero 2 , d.l. numero 83/2012, conv. in l. numero 134/2012, aggiungendo il comma 2 della l.fall., articolo 69-bis precisa che «i termini per le revocatorie decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese». Ed è per questo che la S.C. arriva ad affermare il seguente principio di diritto «non è precluso al giudice dell'opposizione allo stato passivo fallimentare, ai sensi della l.fall., articolo 98, accertare, in concreto, la consecuzione di procedure tra il concordato preventivo ed il successivo fallimento, ai fini dell'ammissione del credito in via meramente chirografaria e non ipotecaria, non rilevando, in contrario, la circostanza che la sentenza dichiarativa di fallimento abbia accertato lo stato di insolvenza quale presupposto del medesimo, senza indagare, altresì, se esso preesistesse alla domanda di concordato preventivo, quale suo specifico presupposto». Ne consegue il rigetto del ricorso.

Presidente Genovese – Relatore Nazzicone Fatti di causa Con decreto del 18 febbraio 2015, id Tribunale di Bari ha respinto l'opposizione L.Fall., ex articolo 98, proposta dalla M. s.r.l., al fine di ottenere il privilegio ipotecario sul credito già ammesso allo stato passivo del fallimento della omissis s.p.a., dichiarato con sentenza in data 25 febbraio 2013, in una con la risoluzione del concordato preventivo per inadempimento del medesimo. Il tribunale ha rilevato che il 17 luglio 2007 fu iscritta ipoteca giudiziale in danno della società in bonis il 25 febbraio 2013 fu dichiarato il fallimento lo stato di crisi, in base al quale la società era stata ammessa al concordato preventivo, è il medesimo della successiva insolvenza, onde deve escludersi l'autonomia delle due procedure, risalendo lo stato di insolvenza al momento del concordato e dovendo ritenersi la declaratoria di fallimento consecutiva alla prima procedura tale conclusione discende da plurimi elementi, quali lo stesso ricorso per ammissione alla procedura concordataria del 19 novembre 2006, il quale menzionava una serie di indici sintomatici dello stato di insolvenza quali la richiesta c.i.s. per 120 dipendenti già nel 2003, in seguito estesa a 250 il blocco di tutti gli affidamenti bancari lo stato di inattività dell'impresa l'incapacità di pagamento dei debiti tributari e del t.f.r. per i lavoratori in mobilità l'immutata situazione finanziaria della società sino al fallimento un attivo patrimoniale e ricavi lordi, sin dal 2007, di Euro 22.904.273, a fronte di debiti per Euro 42.243.430 ne ha tratto il convincimento che, già nel 2007, esistessero i presupposti di fallibilità, mentre, sebbene la sentenza dichiarativa del fallimento abbia fatto riferimento al bilancio 2011, i requisiti di fallibilità sussistevano già dagli anni precedenti, benché non esplicitati dalla stessa. Avverso questo decreto la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria. Si difende con controricorso la procedura intimata, depositando anche la memoria. Ragioni della decisione 1. - I motivi deducono 1 violazione o falsa applicazione della L.Fall., articolo 5,67,147 e 160, in quanto unicamente con la sentenza dichiarativa di fallimento è possibile accertare che lo stato di crisi, in base al quale sia chiesta l'ammissione al concorrano preventivo, coincida con lo stato di insolvenza posto a base del successivo fallimento, onde, in difetto di tale positivo accertamento in sede di dichiarazione di fallimento, mai più potrà affermarsi il principio di unitarietà delle procedure e la sentenza di fallimento numero … non ha affatto computo tale accertamento 2 violazione di legge per motivazione errata o apparente, non avendo il decreto impugnato esposto una motivazione effettiva, con riguardo alla ritenuta consecuzione delle procedure, perché non ha menzionato le prove dirette a suffragare il suo convincimento 3 violazione e falsa applicazione dell'articolo 91 c.p.c., non avendo il giudice del merito compensato per intero od in parte le spese di lite, pur avendo respinto sia l'eccezione della procedura, relativa alla pretesa improcedibilità dell'opposizione, sia la domanda riconvenzionale di revocatoria dell'ipoteca L.Fall., ex articolo 67. 2. - Il primo motivo è infondato. Con esso, la ricorrente vorrebbe sostenere il principio secondo cui la consecutività delle procedure di concordato e di fallimento, in quanto unico sia il presupposto dell'insolvenza, potrebbe accertarsi soltanto con la sentenza dichiarativa di fallimento, onde, in mancanza, essa non possa più essere accertata dal giudice in sede di opposizione allo stato passivo, ai sensi della L.Fall., articolo 98. La tesi non può essere condivisa. 2.1. - Come è noto, la dichiarazione di fallimento seguita al concordato preventivo attua non un fenomeno di mera successione cronologica, ma di consecuzione di procedimenti , che, pur formalmente distinti, sul piano funzionale finiscono per essere strettamente collegati, nel fine del rispetto della regola della par condicio, avendo le due procedure a presupposto un analogo fenomeno economico si opera, in tal modo, una considerazione unitaria della procedura di concordato preventivo, cui sia succeduta quella di fallimento, pur nella formale distinzione dei procedimenti. Tale principio presenta un valore sistematico, in quanto caratterizzato dall'esigenza di salvaguardia dell'interesse superiore di concreta attuazione della par condicio creditorum, anche contro eventuali espedienti tesi a vanificarla cfr., da ultimo, Cass. 29 marzo 2019, numero 8970 . Come da tempo rilevato e multis, Cass. 29 marzo 2016, numero 6045, la quale ricorda i precedenti di Cass. numero 5527/2006, numero 21326/2005, numero 17844/2002 e l'orientamento costante fin dalla remota Cass. numero 3981/1956 , la c.d. consecuzione fra le procedure concorsuali implica che esse siano originate da un medesimo unico presupposto, costituito dallo stato d'insolvenza . La consecuzione si sostanzia nella considerazione unitaria della procedura di concordato preventivo, cui è succeduta quella di fallimento, con retrodatazione del termine iniziale del periodo sospetto per la revocatoria fallimentare. Se ciò si affermava nel vigore del vecchio testo della legge fallimentare, in cui identico era il presupposto del concordato preventivo e del fallimento sul piano normativo, la questione non muta nel successivo regime, in cui il D.L. numero 275 del 2005, articolo 36 conv. in L. numero 51 del 2006, ha fornito l'interpretazione autentica del novellato L.Fall., articolo 160, disponendo che per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza mentre il D.L. numero 83 del 2012, articolo 33, comma 1, lett. a-bis, numero 2 , conv. in L. numero 134 del 2012, aggiungendo il comma 2 della L.Fall., articolo 69-bis, per il caso che alla domanda di concordato segua il fallimento, ha precisato che i termini per le revocatorie decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese , dove la portata innovativa della disposizione attiene solo al momento temporale detto. Pertanto, la conclusione della comunanza di presupposto oggettivo non è mutata, per il caso di consecuzione, neppure nel passaggio alle nuove norme, giacché anche in queste l'accesso al concordato non esclude l'insolvenza. Ove il dissesto sia accertato con la successiva dichiarazione di fallimento, resta intatta la logica unitaria, per quanto il procedimento resti articolato in diversi momenti il che consente, infine, di rapportare quel medesimo dissesto alla data della prima procedura l'unitarietà non recede ove sussista uno iato temporale nella successione dei procedimenti, essendo infine manifestazione di un'unica crisi d'impresa. Se, quindi, il concordato preventivo può essere proposto dall'imprenditore in stato di crisi, ove al concordato segua il fallimento, la sequenza dà luogo ad una procedura unitaria, che ha inizio con la prima, onde essa viene assunta come base cronologica di riferimento per individuare la disciplina delle azioni revocatorie. 2.2. - Orbene, ciò ricordato ai fini dell'inquadramento del tema, nessuna disposizione prevede che l'accertamento della unitarietà dello stato di crisi e dello stato d'insolvenza debba avvenire sempre e solo con la sentenza dichiarativa di fallimento. Questa, come previsto per legge, è tenuta ad accertare e ad argomentare circa i presupposti per la dichiarazione di fallimento, in primis sullo stato di insolvenza, ai sensi della L.Fall., articolo 5, quale situazione di inadempimento od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, e che deve sussistere al momento in cui si opera detto accertamento. Alla sentenza stessa, invece, non è richiesto pure di accertare per il caso di successione delle procedure - che il presupposto del concordato preventivo fosse già la medesima situazione di insolvenza poi riscontrata al momento dell'apertura del fallimento. Ciò vuol dire che quell'accertamento, ai fini precipui della disciplina delle azioni revocatorie fallimentari, dovrà essere compiuto dal giudice chiamato a pronunciarsi, quale specifico thema decidendum, sulla unitarietà della situazione di insolvenza in particolare, dal giudice dell'opposizione allo stato passivo. E, al riguardo, se la successiva dichiarazione di fallimento può essere la conseguenza di quel medesimo stato d'insolvenza che abbia costituito il fondamento oggettivo del concordato preventivo, l'accertamento deve svolgersi in concreto. Occorre, dunque, affermare il principio di diritto, secondo cui non è precluso al giudice dell'opposizione alio stato passivo fallimentare, ai sensi della L.Fall., articolo 98, accertare, in concreto, la consecuzione di procedure tra il concordato preventivo ed il successivo fallimento, ai fini dell'ammissione del credito in via meramente chirografaria e non ipotecaria, non rilevando, in contrario, la circostanza che la sentenza dichiarativa di fallimento abbia accertato lo stato di insolvenza quale presupposto del medesimo, senza indagare, altresì, se esso preesistesse alla domanda di concordato preventivo, quale suo specifico presupposto. 3. - Il secondo motivo non è fondato. Lamenta la ricorrete una motivazione assente da parte dell'impugnato decreto circa la ritenuta consecuzione delle procedure ma l'assunto non ha pregio, avendo ampiamente il tribunale motivato al riguardo, sia quanto agli elementi di prova ritenuti idonei a dimostrare la situazione, sia in ordine alla irrilevanza degli avversi argomenti. Non altro era dovuto, onde il decreto non merita la censura proposta. 4. - Il terzo motivo è inammissibile anche ex articolo 360-bis c.p.c., numero 1. Va ribadito, invero, che la facoltà di disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l'eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione Cass. 26 aprile 2019, numero 11329 Cass., sez. unumero , 15 luglio 2005, numero 14989 e che il sindacato di legittimità sulle pronunzie dei giudici del merito sulle spese, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, è diretto solamente ad accertare che non risulti violato il principio secondo cui esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi cfr. Cass. 26 novembre 2020, numero 26912 Cass. 8 ottobre 2018, numero 24718 Cass. 31 marzo 2017, numero 8421 Cass. 19 giugno 2013, numero 15317 Cass. 23 febbraio 2012, numero 2736 Cass. 24 giugno 2003, numero 10009 Cass. 5 aprile 2003, numero 5386 . 5. - Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al 15% ed agli accessori, come per legge. Dichiara che, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso.