Impossibile, anche secondo i Giudici, catalogare il sinistro come infortunio in itinere . Priva di fondamento, quindi, la pretesa avanzata dal lavoratore nei confronti dell’istituto.
Brutto incidente per un artigiano, durante lo spostamento in auto tra due differenti cantieri. Per l'INAIL, e per i Giudici, non si può però parlare di infortunio in itinere , anche perché non è provata l'indisponibilità di mezzi pubblici utilizzabili dal lavoratore Cass. civ., sez. lavoro, ord., 6 settembre 2021, numero 24023 . Ricostruito l'episodio, verificatosi nell'estate del 2001, i Giudici di merito respingono la domanda presentata dall'artigiano edile e mirata alla «costituzione di una rendita per infortunio ». In Appello, in particolare, viene evidenziato che «non è provato che l'incidente si sia verificato in occasione dello spostamento da un cantiere di lavoro all'altro, ed altresì non è dimostrata l'assenza di mezzi pubblici utili a coprire il percorso». Impossibile, quindi, catalogare l'incidente stradale subito dall'artigiano come «infortunio in itinere ». Nel contesto della Cassazione il lavoratore prova a giocarsi le ultime carte a disposizione per ottenere dall'INAIL un adeguato ristoro economico. A questo scopo egli pone in evidenza che «l'infortunio non è stato contestato» e, soprattutto, che «la necessità dell'uso del mezzo privato per spostarsi tra i cantieri è evidente», essendo egli un artigiano edile. Queste obiezioni non convincono però i Giudici di terzo grado, i quali, innanzitutto, ricordano che non è in discussione l'incidente stradale subito dal lavoratore ma la catalogazione del sinistro come « infortunio in itinere ». E su quest'ultimo aspetto i magistrati escludono , come già fatto in Appello, il nesso tra l' episodio e l' occasione di lavoro . Ciò perché non vi sono prove che «lo spostamento intercorreva tra cantieri ove veniva espletato il lavoro» e, peraltro, il lavoratore non ha dimostrato con certezza che «non vi fossero idonei mezzi pubblici da lui utilizzabili». Priva di fondamento, quindi, la pretesa avanzata dall'artigiano nei confronti dell'INAIL.
Presidente Manna - Relatore Buffa Fatto e diritto Con sentenza del 16.4.15 la corte d'appello di Messina, confermando la sentenza del tribunale della stessa sede del 19.2.13, ha rigettato la domanda del sig. S. di costituzione di rendita per infortunio. In particolare, in relazione all'incidente stradale del … , la corte territoriale ha ritenuto non provato che l'incidente fosse occorso in occasione dello spostamento da un cantiere di lavoro all'altro ed altresì non dimostrata l'assenza di mezzi pubblici utili a coprire il percorso, ed ha conseguentemente rigettato la domanda del lavoratore escludendo la natura di infortunio in itinere dell'incidente con riferimento a diverso e precedente infortunio, riconosciuto invece come in itinere, la corte territoriale ha accertato una invalidità del 3%, negando così il richiesto indennizzo in capitale. Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore per due motivi, cui resiste l'Inail con controricorso. Con il primo motivo si deduce - ex articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 3 - violazione del D.Lgs. numero 38 del 2000, articolo 12 per avere la sentenza impugnata trascurato che l'infortunio non era stato contestato e che la necessità di uso del mezzo privato per spostarsi dai cantieri era evidente trattandosi di artigiano edile. Il motivo non si parametra alla sentenza che ha escluso non l'incidente stradale ma l'infortunio in itinere, ossia la riconducibilità dell'incidente ad occasione di lavoro, ritenendo non provato che lo spostamento intercorreva tra cantieri ove veniva espletato il lavoro e, per altro verso, che non vi fossero idonei mezzi pubblici utilizzabili dal lavoratore. In difetto di prova di tali elementi, comunque non forniti dal lavoratore che vi era onerato, il motivo va rigettato. Con il secondo motivo si deduce - ex articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 5 - il vizio di motivazione per omessa pronuncia sulla spettanza dell'indennità temporanea che sarebbe stata riconosciuta dal consulente. Il motivo è inammissibile non solo perché, in violazione del principio di autosufficienza, non riporta la consulenza nella parte in cui avrebbe riconosciuto la indennità, ma soprattutto non indica come e dove la domanda di corresponsione della c.d. temporanea per il primo infortunio era stata formulata, indicazione necessaria tanto più che l'Inail sostiene di aver corrisposto l'indennità e che la stessa non era mai stata chiesta nella domanda introduttiva del giudizio con la debita indicazione del periodo di inabilità. D'altra parte, non si tratta di vizio di motivazione ma al più di omessa pronuncia, sicché la parte avrebbe dovuto formulare un diverso motivo di ricorso ex articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 4. Infatti, questa Corte ha già affermato Sez. L, Sentenza numero 22759 del 27/10/2014, Rv. 633205 - 01 Sez. 6 - 3, Ordinanza numero 6835 del 16/03/2017, Rv. 643679 01 che l'omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra una violazione dell' articolo 112 c.p.c. , che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 4 cit. codice, che consente alla parte di chiedere - e al giudice di legittimità di effettuare - l'esame degli atti del giudizio di merito, nonché, specificamente, dell'atto di appello, mentre è inammissibile ove il vizio sia dedotto come violazione dell' articolo 360 c.p.c. , comma 1, nnumero 3 e 5. Il ricorso deve dunque essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono invece i requisiti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre spese al 15 % ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.