Non deve passare inosservata la sentenza della Corte di Cassazione numero 23489 del 26 agosto 2021 che si interroga sull’applicazione dell’articolo 117 TUB al contratto derivato.
La Prima Sezione Civile sviluppa un'ampia e nitida riflessione che conduce a ritenere inapplicabili le norme del TUB ai contratti derivati costituendo questi diretta esplicazione di un servizio di investimento. Ciò anche nell'ipotesi in cui l'intermediario abbia contribuito a creare lo strumento finanziario configurando una negoziazione in conto proprio. La forma scritta è pertanto necessaria ai sensi dell'articolo 23 TUF per il solo contratto quadro normativo e non per i successivi negozi attuativi. La questione in lite. La Corte d'Appello di Milano, con sentenza numero 3964/2017, confermava la decisione di primo grado che, su istanza una società correntista, aveva dichiarato la nullità delle clausole in punto di interessi ultra legali, anatocismo, commissione di massimo scoperto e spese, nonché la nullità del contratto swap perfezionato con la Banca. Relativamente a quest'ultimo, la Corte territoriale osservava che il derivato non avrebbe potuto sfuggire alla sanzione della nullità per inosservanza della forma prescritta dall'articolo 117 TUB. Ad avviso del giudice del gravame, il derivato non poteva difatti considerarsi un semplice ordine impartito dal cliente ma un contratto connotato da un contenuto ed un tecnicismo di complessità tale da ritenere impensabile il perfezionamento di proposta e accettazione per via telefonica o verbalmente. Ricorreva per cassazione la Banca lamentando la falsa applicazione, da parte del secondo giudice, dell'articolo 117 TUB alla vicenda in esame. La causa veniva rimessa alla discussione in pubblica udienza in considerazione del rilievo monofilattico della questione concernente l'applicabilità dell'articolo 117 TUB all'operazione avente ad oggetto la stipulazione di un contratto derivato. L'assetto negoziale dei derivati contratto quadro e singole operazioni attuative. La Corte di Cassazione ritiene fondato il motivo di ricorso della Banca. Polarizzando anzitutto l'attenzione sulla fattispecie, osservano i Giudici di legittimità che il contratto IRS in lite fu perfezionato in adempimento del contratto quadro recante le basi normative delle future negoziazioni in materia di derivati a cui era intendimento delle parti attenersi. Lungo questa direttrice, l'assetto negoziale impresso al rapporto, per come si evince dalla stessa ricognizione contenuta nella sentenza impugnata, rimanda allo schema tipico dell'intermediazione finanziaria. Schema che, soggiunge la Corte di Cassazione, si articola nella stipulazione del contratto-quadro che ha valenza di contratto normativo in quanto in esso trovano previsione le condizioni a cui andranno soggette le future contrattazioni — e per il quale l'articolo 23, comma 1, TUF stabilisce a pena di nullità l'adozione della forma scritta — e nell'esecuzione degli ordini di investimento, da intendersi quali negozi attuativi dell'accordo consacrato nel contratto-quadro e di regola non soggetti al rispetto di speciali requisiti di forma. Già dalla ricostruzione della fattispecie, a detta dei Giudici di legittimità, si apprende l'errore di sussunzione che ha viziato il ragionamento decisorio perché il giudice d'appello, pur individuando la vicenda nella cornice dell'intermediazione finanziaria, ha applicato impropriamente l'articolo 117 TUB ciò in violazione dell'articolo 23, comma 4 TUF che fa espresso divieto di applicare ai contratti aventi ad oggetto i servizi di investimento le disposizioni di cui al Titolo VI capo I del TUB e quindi anche l'articolo 117. Ai contratti derivati, in quanto strumenti finanziari, si applicano le disposizioni del TUF. Vengono poi richiamati alcuni precedenti di legittimità nei quali è confermata la riconducibilità dei contratti derivati al campo delle contrattazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari Cass. numero 5114/2001 Cass. numero 10243/2000 Cass. numero 11279/1997 . In particolare, nella decisione della Cassazione numero 10598/1995 è stato specificato che «nessuna rilevanza può avere in materia quanto stabilito dall'articolo 117 t. u. Bancario, che prescrive obblighi di forma per i contratti Bancari e non per le attività d'intermediazione mobiliari». Ragion per cui il requisito della forma scritta già previsto dall'articolo 6, comma 1, lett. c , 1. 2 gennaio 199 1, numero 1 in difetto del quale il contratto è nullo è da ritenersi soddisfatto a condizione che in tale forma sia stipulato il contratto normativo di servizi, nel quale risultino la natura dei servizi forniti, le modalità di svolgimento dei servizi stessi e l'entità e i criteri di calcolo della loro remunerazione, nonché le altre condizioni particolari convenute con il cliente. Una volta assolto l'onere della forma scritta per il contratto normativo, sempre seguendo il richiamato precedente di legittimità, i singoli negozi di esecuzione del ridetto contratto non debbono necessariamente essere stipulati per iscritto. La Prima Sezione pone inoltre attenzione al dato normativo l'articolo 1, comma 2, lett. g , TUF, nel testo al tempo vigente, include tra gli strumenti finanziari i contratti di scambio a pronti e a termine swaps su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari equity swaps , anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti. A sua volta l'articolo 1, comma 5, TUF definisce come servizi di investimento quelli che hanno ad oggetto strumenti finanziari. Ne consegue, espone la Corte, che i contratti aventi ad oggetto operazioni in derivati, costituendo diretta esplicazione di un servizio di investimento, rientrano nel campo di applicazione delle disposizioni del TUF. Le norme del TUB sono allora inapplicabili per la preclusione prevista dall'articolo 23, comma 4, TUF. Ciò, come avvertito dalla pronuncia delle SS.UU. 8770/2020, è infine confermato dal comma 5 del richiamato articolo 23 il quale stabilisce l'inapplicabilità dell'articolo 1933 c.c. nell'ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati. La negoziazione per conto proprio il doppio abito del soggetto abilitato. Che le operazioni in derivati diano vita ad un servizio di investimento non può essere messo in discussione neppure nell'ipotesi in cui il derivato sia stato creato dall'intermediario. In questo senso la Corte di Cassazione cogliendo uno spunto reso dalle richiamate Sezioni Unite le quali hanno ricordato nella suddetta pronuncia che le negoziazioni in derivati sono eseguite in contropartita diretta. Viene, al riguardo, precisato dalla Prima Sezione che per i servizi di investimento in conto proprio o in contropartita diretta si intende fare riferimento a quelle attività di negoziazione che l'intermediario pone in essere in qualità di diretto interlocutore contrattuale del proprio cliente. Trattasi, come esplicitato dall'articolo 1, comma 5-bis, TUF, di attività di compravendita che l'intermediario pone in essere nei confronti dell'investitore acquistando dal medesimo o vendendo al medesimo strumenti finanziari destinati, a seconda dei casi, a restare nel proprio patrimonio disponibile per essere in futuro eventualmente allocati presso terzi o ad uscirne per andare ad arricchire il patrimonio della controparte. La negoziazione in conto proprio rientra quindi, a detta dei Giudici di legittimità, tra le modalità con le quali l'intermediario può dar corso ad un ordine di vendita o di acquisto di strumenti finanziari impartitogli dal cliente, con la particolarità in questo secondo caso che, in luogo di reperire gli strumenti finanziari sul mercato o presso terzi, l'intermediario si rende cessionario di strumenti finanziari di cui già sia in possesso trovandosi questi nel suo patrimonio. In tale contesto il soggetto abilitato viene ad esercitare un duplice ruolo in quanto veste contemporaneamente l'abito dell'intermediario che gli compete quale esecutore dell'ordine impartitogli dal cliente , e l'abito del venditore che è conseguenza del fatto che egli ceda ai clienti strumenti finanziari già nella sua disponibilità . Il soggetto abilitato, puntualizza la Corte, si rende perciò parte tanto del rapporto di intermediazione prestando il servizio di investimento poiché procaccia gli strumenti finanziari, quanto del rapporto di vendita poiché trasferisce all'investitore gli strumenti finanziari che sono di suo interesse senza doverli previamente reperire sul mercato essendone già in possesso. Sul tema viene richiamata la decisione della Cass. numero 28432/2011 che ha escluso in tale ipotesi l'applicabilità degli articolo 1394 e 1395 c.c. Questo schema negoziale, destinato a riprodursi tutte le volte in cui il soggetto abilitato assume in pari tempo la veste di intermediario e la veste di venditore, si appalesa, a detta della Corte di Cassazione, del tutto indifferente alla natura dello strumento finanziario che ne costituisce l'oggetto. La fattispecie di negoziazione per conto proprio si configura infatti allorché ricorra sia la duplicità di veste che assume il soggetto abilitato, sia il fatto che il servizio di investimento abbia ad oggetto uno strumento finanziario. Per tale deve intendersi, precisa la Prima Sezione, ove compreso in una delle tipologie elencate dall'articolo 1, comma 2, TUF, anche Io strumento finanziario alla cui creazione non possa dirsi che sia rimasto estraneo lo stesso soggetto abilitato. In altri termini, il fatto che l'intermediario-venditore concluda con il proprio cliente un contratto di investimento avente ad oggetto uno strumento finanziario che egli abbia contribuito a creare e che lo vede perciò parte anche del rapporto sottostante che in tal modo si costituisce non è affatto un ostacolo a far sì che l'operazione permanga nel campo dei servizi di investimento che il soggetto abilitato può disimpegnare in favore dell'investitore per mezzo di una negoziazione in conto proprio o in contropartita diretta. Osserva, infine, la Corte che, rispetto alle ipotesi considerate, nel caso dei derivati lo strumento finanziario non è in genere preesistente, ma viene ad esistere nel momento della sua stipulazione. Il che ha indotto taluno ad evocare la disciplina dell'emissione di cui alla parte IV del TUF sul presupposto che non è collocabile ciò che non sia esistente. Questo, tuttavia, non sembra rappresentare ostacolo insormontabile per il legislatore nel ricondurre anche siffatta ipotesi nell'alveo dei servizi di investimento, diversamente non potendo spiegarsi, a livello sistematico, il disposto dell'articolo 23, comma 5, TUF che non mostra affatto di dubitare che anche le operazioni in derivati diano vita ad un servizio di investimento. Qualche precedente in ordine al requisito della forma dei contratti finanziari. In materia di contratti di intermediazione finanziaria le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con pronunce numero 898 del 16 gennaio 2018 e numero 1653 del 23 gennaio 2018, hanno enunciato il seguente principio di diritto «il requisito della forma scritta del contratto quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dal d.lgs. 24 febbraio 1998, numero 58, articolo 23, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell'investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell'intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti». Tale principio, come osservato da Cass. 21 giugno 2018 numero 16406, non può non operare nella materia dei contratti Bancari soggetti al d.lgs. numero 385/1993 TUB . In presenza di contratti Bancari è cioè applicabile la conclusione cui pervengono le Sezioni Unite allorquando evidenziano come il dato della sottoscrizione dell'intermediario risulti “assorbito”, quindi privo di rilievo una volta che lo scopo perseguito dalla legge sia raggiunto attraverso la sottoscrizione del documento contrattuale da parte del cliente e la consegna a quest'ultimo di un esemplare del documento medesimo. Per la giurisprudenza di merito, relativamente al requisito della forma scritta necessaria per il solo contratto quadro e non invece per i singoli ordini di investimento, cfr., di recente, Trib. Pistoia, numero 652 del 17 luglio 2021, inedita, ove richiamate Cass. numero 384/2012 e Cass. numero 28432/2011. In argomento, v. Cass. numero 9996/2014, secondo cui «il contratto con il quale la Banca, fornendo i mezzi necessari all'adempimento del mandato ricevuto, anticipa al cliente, mediante erogazione diretta al terzo e con diritto al rimborso, le somme necessarie per il versamento dei margini di garanzia nelle operazioni in derivati finanziari, deve essere stipulato, ai sensi dell'articolo 18 del d.lgs. 23 luglio 1996, numero 415 nel testo vigente ratione temporis , in forma scritta a pena di nullità azionabile solo dal cliente, sempre che quest'ultimo vi abbia interesse». Sul fatto che la singola operazione in derivati integri un momento esecutivo del contratto quadro, precedentemente concluso, cfr. App. Salerno, 2 settembre 2020, numero 997 in Dejure.
Presidente De Chiara – Relatore Marulli Fatti di causa 1.1. La Corte d'Appello di Milano con sentenza 3964/2017 del 18.9.2017 ha confermato - pur se con diversa motivazione con riguardo alla nullità del contratto di swap - l'impugnata decisione di primo grado che su istanza di F.U.L. s.numero c. aveva dichiarato la nullità delle clausole in punto di interessi ultralegali, anatocismo, commissione di massimo scoperto e spese relative ai rapporti in essere tra essa istante e Banca s.p.a., nonché la nullità del contratto di swap del tipo Interest Rate Swap IRS stipulato il 27.5.2007, determinando altresì l'esatto ammontare del saldo di conto corrente. 1.2. Più in dettaglio, per quanto qui rileva, il giudice del gravame circa la confermata nullità del contratto di swap, ha osservato che dagli atti di causa emerge con certezza che in ogni caso tale contratto non fu stipulato in forma scritta, ragione per cui non potrebbe comunque sfuggire alla sanzione della nullità per inosservanza della forma prescritta dalla norma di cui all'articolo 117 del T.U.B. , giudicando perciò priva di fondamento la tesi dell'appellante diversamente dell'avviso che la forma scritta sia prevista solo per il contratto quadro e non già per le singole operazione di investimento, e ciò sull'assunto che se la tesi è condivisibile laddove la banca svolga funzione di intermediazione certamente non può valere per la stipula di un derivato , che non è un semplice ordine impartito dal cliente, ma è un contratto tra la banca quindi parte contraente e non semplice intermediario e la sua correntista e quindi soggetto alla disciplina dell'articolo 117 TUB ed è un contratto connotato da un contenuto ed un tecnicismo di tale complessità da far peraltro ritenere impensabile che elementi essenziali quali oggetto, proposta ed accettazione possano essere compiutamente espressi dalle parti verbalmente e/o per via telefonica ha rigettato l'eccezione di prescrizione sollevata dalla banca dei diritti vantati da F.U.L. , in ragione dell' evidente assoluto difetto di specificità di una tale eccezione, non essendo certamente possibile evincere a quali diritti possa essere riferita tra quelli azionati dall'appellata con le molteplici domande proposte, peraltro evidentemente connotate da causae petendi diverse con conseguente diverse discipline della prescrizione ha escluso la legittimità dell'anatocismo di seguito alla Delib. CICR 9 febbraio 2000, avendo la banca posto in essere e documentalmente provato unicamente la procedura prevista dal punto 7.2. della Delib. CICR, senza però procedere ad alcuna rinegoziazione e ad alcuna sottoscrizione di clausola contrattuale in tal senso con la correntista . 1.3. Per la cassazione di detta sentenza svolge quattro mezzi di impugnazione, cui resiste l'intimata con controricorso e ricorso incidentale subordinato su un unico motivo. 1.4. La causa inizialmente chiamata a trattazione avanti alla VI-I Sezione di questa Corte è stata rimessa all'odierna discussione in pubblica udienza con ordinanza interlocutoria 23290/2020 in considerazione del rilievo monofilattico delle questioni poste dalla fattispecie, segnatamente in punto di applicabilità dell'articolo 117 TUB all'operazione avente ad oggetto la stipulazione di un contratto derivato ed in punto di riconducibilità dell'operazione in parola al novero delle operazioni previste dall'articolo 23 TUF. Memorie delle parti e requisitorie scritte del Procuratore Generale. Ragioni della decisione 2. Il ricorso di - che non incorre nella ragione di improcedibilità eccepita dalla controricorrente, constando, in uno con quello della copia autentica della sentenza impugnata, pure il deposito in forma cartacea delle PEC attestanti la data di notificazione di essa in data 19.9.2017, per gli effetti salvifici della notificazione dell'impugnazione avvenuta in data 20.11.2017 argomenta con il primo motivo - afferente al capo dell'impugnata decisione merce' il quale la Corte d'Appello ha dichiarato la nullità del contratto di swap per difetto di forma scritta - l'erroneità di essa in punto di diritto per violazione dell'articolo 23 TUF e per falsa applicazione dell'articolo 117 TUB, posto che la Corte decidente, nel rigettare il gravame, ha ritenuto applicabile alla specie in esame il principio enunciato dalla seconda delle norme citate, quantunque la prima di esse ne sancisca testualmente l'inapplicabilità, con la conseguenza che alla stregua di questa la necessità della forma scritta sussiste solo per il contratto quadro, formalità nella specie documentalmente provata, ma non già per i singoli ordini di investimento, la cui validità per consolidata lezione giurisprudenziale non è soggetta a requisiti di forma. L'impugnata decisione, ad avviso sempre di detto motivo, si presterebbe ad essere sindacata anche in ragione del vizio di apparente motivazione che ne infirma il capo in contestazione laddove questo, a ulteriore conforto del proprio assunto, ha ritenuto impensabile che il contratto di che trattasi non fosse stato stipulato in forma scritta, non potendo per vero attribuirsi a detta locuzione valenza giuridica. E' esattamente in relazione alla prima di queste doglianze - che si sottrae al difetto di autosufficienza eccepito ex adverso, attesa la pregnanza giuridica della questione sollevata - che l'ordinanza interlocutoria della Sezione VI-I ha inteso sollecitare il vaglio del confronto pubblico. 3. Nel procedere in questa direzione non costituisce, peraltro, ostacolo l'argomento sviluppato con l'unico motivo del ricorso incidentale che, sebbene, facendo valere la preclusione pro iudicato circa la questione qui in esame - l'affermazione operata dal primo giudice, questa la tesi della controricorrente, in ordine al fatto che nessun contratto di tal fatta sia stato stipulato o richiesto nella specie non sarebbe stata censurata in sede di gravame -, sollevi una questione pregiudiziale, nondimeno, essendo stato il relativo rilievo implicitamente disatteso dalla Corte giudicante, ha natura condizionata - o subordinata come afferma la stessa deducente all'accoglimento del ricorso principale, sicché, come questa Corte ha più volte statuito, l'interesse al suo esame della parte che, come l'attuale controricorrente sia risultata vittoriosa, è ravvisabile solo a misura della fondatezza del ricorso principale Cass., Sez. U., 25/03/2013, numero 7381 . 4.1. Venendo dunque allo scrutinio della questione sollevata con il primo motivo del ricorso principale occorre dire che una prima indicazione di ragionamento, rimasta del tutto negletta nel giudizio della Corte d'Appello, si ritrae dal concreto atteggiarsi delle volontà con cui le parti si sono accinte a dar vita al rapporto negoziale di che trattasi. L'IRS di cui si discute è stato infatti stipulato in adempimento degli accordi intervenuti tra le parti con la conclusione del contratto quadro stipulato il 28.10.2005 recante le basi normative, meglio esplicitate nella successiva articolazione contrattuale, delle future negoziazioni in materia di derivati a cui era intendimento delle parti dare seguito in attuazione dell'accordo raggiunto. L'assetto negoziale in tal modo impresso al rapporto, per come risultante dalla stessa ricognizione che ne compie la sentenza impugnata, rimanda quindi allo schema tipico dell'intermediazione finanziaria articolantesi, come è noto, nella stipulazione del contratto-quadro che ha valenza di contratto normativo in quanto in esso trovano previsione le condizioni a cui andranno soggette le future contrattazioni - e per il quale l'articolo 23, comma 1, TUF stabilisce a pena di nullità l'adozione della forma scritta - e nell'esecuzione degli ordini di investimento, da intendersi quali negozi attuativi dell'accordo consacrato nel contratto-quadro e di regola non soggetti al rispetto di speciali requisiti di forma. Già in ciò si intravede l'errore di sussunzione che vizia il ragionamento decisorio, dacché il giudice d'appello, pur individuando i tratti caratterizzanti la fattispecie al suo esame come un rapporto di intermediazione finanziaria, applica ad essa una norma impropria ovvero l'articolo 117 TUB - ad onta della cornice giuridica enunciata dalle parti che a quel modello si erano richiamate nel dettarne la disciplina e, vieppiù, della preclusione risultante dall'articolo 23, comma 4, TUF che fa espresso divieto di applicare ai contratti aventi ad oggetto i servizi di investimento le disposizioni di cui al Titolo VI capo I del TUB e quindi anche l'articolo 117. 4.2. Questa chiave di lettura, elementarmente rappresentativa della volontà delle parti, è del resto coerente con il quadro di riferimento enunciato da tempo dalla giurisprudenza in materia che, pur non affrontando ex professo il tema qui in discussione - quantunque in Cass. 10598/2005 si possa leggere che nessuna rilevanza può avere in materia quanto stabilito dall'articolo 117 T.U. bancario, che prescrive obblighi di forma per i contratti bancari e non per le attività d'intermediazione mobiliari - non ha mai dubitato della riconducibilità dei contratti derivati al campo delle contrattazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari Cass., Sez. I, 6/04/2001, numero 5114 Cass., Sez. III, 4/08/2000, numero 10243 Cass., Sez. I, 14/11/1997, numero 11279 , tanto da affermare in ragione di ciò che il requisito della forma scritta già previsto dalla L. 2 gennaio 1991, numero 1, articolo 6, comma 1, lett. c , in difetto del quale il contratto è nullo, si reputa soddisfatto a condizione che in forma scritta sia stato stipulato il contratto normativo di servizi, nel quale risultino la natura dei servizi forniti, le modalità di svolgimento dei servizi stessi e l'entità e i criteri di calcolo della loro remunerazione, nonché le altre condizioni particolari convenute con il cliente, sicché, una volta assolto l'onere del rispetto della forma per il contratto normativo di servizi, i singoli negozi speculativi di esecuzione del contratto di servizi non debbono necessariamente essere stipulati per iscritto Cass., Sez. I, 19/05/2005, numero 10598 . 4.3. Le basi normative di questo assunto sono peraltro inequivoche. L'articolo 1, comma 2, lett. g , TUF, nel testo vigente al tempo, include tra gli strumenti finanziari i contratti di scambio a pronti e a termine swaps su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari equity swaps , anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti a sua volta l'articolo 1, comma 5, TUF definisce come servizi di investimento , quelli che hanno ad oggetto strumenti di finanziari di conseguenza i contratti che hanno ad oggetto operazioni in derivati, costituendo diretta esplicazione di un servizio di investimento, rientrano a pieno titolo nel campo di applicazione delle disposizione del TUF, con l'ovvia ricaduta di rendere inapplicabili le norme del TUB per la preclusione in tal senso prevista dall'articolo 23, comma 4, TUF. Di ciò, del resto, reca indiretta conferma, come pure hanno incidentalmente osservato le SS.UU. 8770/2020, lo stesso testuale disposto dell'articolo 23, che al comma 5, stabilisce l'inapplicabilità dell'articolo 1933 c.c. nell'ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati . 4.4. Piuttosto, cogliendo uno spunto reso dalle SS.UU. nell'arresto appena citato, in cui si è ricordato, con chiara allusione alla fattispecie di cui all'articolo 1, comma 5, lett. a TUF, che le negoziazioni in derivati sono eseguite in contropartita diretta dall'intermediario, che si pone in veste di controparte dell'investitore, non è inopportuno precisare che in ciò, malgrado qualche obiezione in questo senso, non si rinviene alcuna criticità rilevante in grado di mettere in discussione il quadro di riferimento a cui si è fatto cenno. Com'e' noto per servizi di investimento in conto proprio o in contropartita diretta si intende fare riferimento a quelle attività di negoziazione che l'intermediario pone in essere in qualità di diretto interlocutore contrattuale del proprio cliente. Si tratta più comunemente, come ora meglio esplicita l'articolo 1, comma 5-bis, TUF per negoziazione per conto proprio si intende l'attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari, in contropartita diretta , delle attività di compravendita che l'intermediario pone in essere nei confronti dell'investitore acquistando dal medesimo o vendendo al medesimo strumenti finanziari destinati, a seconda dei casi, a restare nel proprio patrimonio disponibile per essere in futuro eventualmente allocati presso terzi o ad uscirne per andare ad arricchire il patrimonio della controparte. La negoziazione in conto proprio rientra quindi tra le modalità con le quali l'intermediario può dar corso ad un ordine di vendita o di acquisto di strumenti finanziari impartitogli dal cliente, con la particolarità in questo secondo caso che in luogo di reperire gli strumenti finanziari sul mercato o presso terzi l'intermediario si rende cessionario di strumenti finanziari di cui già sia in possesso trovandosi questi nel suo patrimonio. In questa cornice, come questa Corte ha già avuto modo di riconoscere escludendo perciò l'applicabilità degli articolo 1394 o 1395 c.c. Cass., Sez. I, 22/12/2011, numero 28432 , il soggetto abilitato viene ad esercitare un duplice ruolo in quanto egli veste contemporaneamente l'abito dell'intermediario, che gli compete quale esecutore dell'ordine impartitogli dal cliente, e - limitando qui il raggio delle nostre considerazione alla sola ipotesi della vendita rilevante nel caso di specie - l'abito del venditore che è conseguenza del fatto che egli ceda al clienti strumenti finanziari già nella sua disponibilità. Il soggetto abilitato si rende perciò qui parte tanto del rapporto di intermediazione prestando il servizio di investimento poiché procaccia gli strumenti finanziari che interessano l'investitore, quanto del rapporto di vendita poiché trasferisce all'investitore gli strumenti finanziari che sono di suo interesse senza doverli previamente reperire sul mercato essendone infatti già in possesso. 4.5. E' possibile però spingersi un po' più avanti. E per farlo basta riflettere che questo schema negoziale, destinato a riprodursi tutte le volte in cui il soggetto abilitato assume in pari tempo la veste di intermediario e la veste di venditore, si mostra, a ben considerare, del tutto indifferente alla natura dello strumento finanziario che ne costituisce l'oggetto. La fattispecie negoziazione per conto proprio si rende infatti riconoscibile allorché ricorrono due elementi ovvero la duplicità di veste, che assume il soggetto abilitato ed il fatto, che il servizio di investimento abbia ad oggetto uno strumento finanziario. E per tale deve intendersi, se ricadente in una delle tipologie elencate dall'articolo 1, comma 2, TUF, anche lo strumento finanziario alla cui creazione non possa dirsi che sia rimasto estraneo lo stesso soggetto abilitato. Nulla dal punto di vista del diritto scritto - anzi il diritto scritto quanto ai derivati mostra di procedere in tutt'altra direzione - porta infatti a credere che resti fuori dal campo dei servizi di investimento - con quel che ovviamente fa seguito sul piano degli obblighi verso la clientela - la negoziazione per conto proprio in cui l'intermediario-venditore - sempre così limitando il raggio delle nostre osservazioni - procuri la collocazione di strumenti finanziari rispetto ai quali egli assuma la veste anche di parte del rapporto sottostante. Si pensi solo per fare un esempio alla banca che in esecuzione di un ordine impartito dal cliente in forza di un contratto di intermediazione finanziaria venda al medesimo azioni, obbligazioni o altri titoli di debito in suo possesso da essa stessa emessi, in cui essa, cioè, figuri anche quale parte del rapporto sottostante che la collocazione di quegli strumenti finanziari viene a far sorgere e che comportano perciò l'assunzione di diritti e di obblighi nei confronti del sottoscrittore. Il fatto che l'intermediario-venditore concluda con il proprio cliente un contratto di investimento avente ad oggetto uno strumento finanziario che egli abbia contribuito a creare e che lo vede perciò parte anche del rapporto sottostante che in tal modo si costituisce non è affatto un ostacolo a far si che l'operazione permanga nel campo dei servizi di investimento che il soggetto abilitato può disimpegnare in favore dell'investitore per mezzo di una negoziazione in conto proprio o in contropartita diretta. E' vero, peraltro, che rispetto alle ipotesi considerate nel caso dei derivati lo strumento finanziario non è in genere preesistente, ma viene ad esistere nel momento della sua stipulazione, il che ha indotto taluno ad evocare - impropriamente per i limiti che la contrassegnano Cass., Sez. I, 18/03/2019, numero 7575 - la disciplina dell'emissione di cui alla parte IV del TUF sul presupposto che non è collocabile ciò che non sia esistente. Questo, tuttavia, non sembra essere stato ostacolo insormontabile per il legislatore nel ricondurre anche questa ipotesi nell'alveo dei servizi di investimento, diversamente non potendo spiegarsi il disposto dell'articolo 23, comma 5, TUF, che non mostra affatto di dubitare che anche le operazioni in derivati diano vita ad un servizio di investimento, e a cui non si può far dire una cosa che esso non dice ovvero che i servizi di investimento, in esso menzionati, non concernono la negoziazione in conto proprio. Conclusione, questa, che oltre a porsi in obiettivo contrasto con la volontà del legislatore - e con il non commendevole effetto di liberare nell'ipotesi de qua l'intermediario da ogni obbligo comportamentale - è recisamente smentita nella specie dalla volontà delle parti di assoggettare, per mezzo della previa stipulazione di un contratto quadro contenente le condizioni delle future negoziazioni, anche l'operazione per cui è causa agli obblighi gravanti sull'intermediario per i servizi di investimento da esso prestati. 4.6. E, dunque, per chiudere il cerchio della riflessione, neppure da un punto di vista sistematico residuano perplessità nel condividere quel che già era chiaro in base alla volontà delle parti e che la sentenza in ricorso ha invece inteso disconoscere, rendendosi per questo meritevole di cassazione. 5.1. Con il secondo motivo di ricorso censura la decisione qui impugnata, deducendo la violazione degli articolo 2934 e 2946 c.c., nel capo in cui essa ha giudicato infondata l'eccezione di prescrizione, confermandone il già rilevato, dal primo giudice, difetto di specificità, e ciò, da un lato, perché, a fronte delle molteplici istanze formulate dalla F.U.L., l'eccezione era diretta a neutralizzare il diritto dell'istante a conseguire l'accertamento del saldo di conto corrente, dall'altro, perché ai fini della sua deducibilità e, quindi del dovere del giudice di procedere al suo esame doveva reputarsi bastevole pur in difetto di altre indicazioni allegare l'inerzia del suo titolare. 5.2. Il motivo è fondato e la sua fondatezza assorbe anche il terzo motivo di ricorso, merce' il quale è intenzione del ricorrente censurare il rilievo officioso che dell'inammissibilità della sollevata eccezione di prescrizione aveva compiuto la Corte territoriale. Ancorché si siano pronunciate con riferimento all'azione di indebito, mettendo fine al contrasto che sul punto si era delineato a margine della distinzione tra rimesse solutorie e rimesse ripristinatorie, le SS.UU. di questa Corte, nell'enunciare il principio secondo cui in tema di prescrizione estintiva, l'onere di allegazione gravante sull'istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l'indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte Cass., Sez. U., 13/06/2019, numero 15895 , hanno ritenuto di individuare la fonte di questa affermazione in quell'orientamento pure affermatosi ad opera delle SS.UU. Cass., Sez. U., 25/07/2002, numero 10955 , inteso a rimarcare che l'elemento costitutivo della fattispecie estintiva costituita dalla prescrizione è unicamente rappresentato dall'inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio e che la determinazione della durata di detta inerzia, necessaria per il verificarsi dell'effetto estintivo, si configura solo come una quaestio iuris concernente l'identificazione del diritto e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge. Si coglie in ciò e, segnatamente nel fatto che alla parte che voglia eccepire la prescrizione è solo fatto onere di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell'effetto, e non anche di indicare le norme applicabili che spetta al giudice identificare, l'espressione di un principio generale che, per quanto dettato con riferimento alla specifica ipotesi della ripetizione di indebito, ben si presta a trovare applicazione anche con riguardo al caso in esame, tanto più considerando che all'azione di accertamento qui esercitata non si potrebbe ritenere estranea l'intenzione della F.U.L. di avvalersi di un eventuale pronuncia a credito in una futura actio indebiti. 6.1. Con il quarto motivo di ricorso si allega in relazione al capo della decisione impugnata che ha confermato, pur in presenza della Delib. CICR 9 febbraio 2000, l'illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi, la violazione dell'articolo 1284 c.c. e dell'articolo 120TUB, vero che, di contro a quanto divisato dal decidente del grado, dell'avviso che a tal fine sarebbe stato necessario procedere alla rinegoziazione e alla sottoscrizione della relativa clausola, nella specie si era provveduto ad adeguare il rapporto alle condizioni imposte dalla citata Delib., tanto dandone notizia alla correntista con l'inoltro del primo estratto conto successivo alla citata Delib., quanto mediante pubblicazione della variazione così operata in Gazzetta Ufficiale. 6.2. Il motivo non ha fondamento. Il ragionamento che ne è la radice si mostra infatti viziato dal fatto che si omette di considerare che a seguito del declassamento da uso normativo ad uso negoziale della prassi bancaria in materia di anatocismo operato dalla giurisprudenza di questa Corte, è venuta meno ogni legittima deroga in quell'ambito all'articolo 1283 c.c. e le relative clausole, in guisa delle quali gli interessi debitori venivano periodicamente capitalizzati, sono state travolte dalla nullità per contrasto con la norma codicistica. La conseguenza di questa premessa è che in tema di controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, il giudice, dichiarata la nullità della predetta clausola, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'articolo 1283 c.c., deve calcolare gli interessi a debito del correntista senza operare alcuna capitalizzazione Cass., Sez. I, 13/10/2017, numero 24156 Cass., Sez. I, 13/10/2017, numero 24153 Cass., Sez. I, 17/08/2016, numero 17150 . 6.3. Oppone, tuttavia, la banca, svolgendo la prima obiezione in diritto, di aver proceduto ad adeguare le condizioni contrattuali applicate al rapporto con comunicazione resa nota alla correntista mediante l'inoltro del primo estratto conto, registrante l'operata variazione, successivo alla Delib. CICR e, mediante una seconda obiezione sempre in diritto, di essersi attenuta a tal fine anche alle disposizioni recate dalla Delib. mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. 6.4. Questa seconda obiezione si rivela però di poco momento alla luce della premessa cui si è fatto cenno. Intanto occorre dire, come già si è affermato altrove Cass., Sez. I, 21/10/2019, numero 26769 in motivazione , che l'articolo 7 della citata Delib. CICR, cui si riporta la ricorrente, è una norma transitoria che, ancorché inserita nel contesto di un atto deliberativo assunto dal CICR a mente dell'articolo 120, comma 2, TUB, come aggiunto dal D.Lgs. 4 agosto 1999, numero 342, articolo 25, comma 2, si correla, per comunanza di fini, al D.Lgs. numero 342 del 1999, articolo 25, comma 3, introduttivo nel medesimo articolo 120 TUB del comma 3, sicché, essendosi di questo dichiarata l'illegittimità costituzionale con sentenza numero 425 del 2000, la detta norma è stata privata di efficacia e la nullità dell'anatocismo bancario è tornata di conseguenza a riespandersi. Ciò caduca evidentemente l'obiezione perché se la clausola di capitalizzazione degli interessi a debito è affetta da nullità, l'adeguamento alle disposizione della Delib. CICR delle condizioni in materia figuranti nei contratti già in essere, comportando una regolazione ex novo dell'anatocismo, segnatamente laddove esso si riverberi in danno delle posizioni a debito, determina, a fronte del fatto che nulla possa essere perciò preteso a titolo di anatocismo, un effettivo peggioramento delle condizioni contrattuali a carico del correntista. La norma, allora, applicabile non sarà perciò quella del comma 2 dell'articolo 7 della Delib. CICR, ma quella del comma 3 del medesimo articolo 7 Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela , con la conseguenza - che perime anche la prima obiezione in diritto - che, non essendo stata approvata dalla cliente, l'operata variazione contrattuale, pur se in linea con le altre disposizioni della Delib., è inefficace nei suoi confronti e non è perciò preclusiva a far valere la perdurante nullità della clausola. 7.1. L'unico motivo del ricorso incidentale - di cui, malgrado la vista natura condizionale, si rende ora necessario l'esame, essendo stati accolti i primi due motivi del ricorso principale - deduce l'erroneità in diritto dell'impugnata sentenza per non aver preso atto, arrestando perciò il proprio scrutino, del giudicato sceso sull'affermazione operata dalla sentenza di primo grado circa l'inesistenza del contratto di swap per non essere stato mai stipulato. Si sostiene più in dettaglio, che, insistendo partitamente sul fatto che l'IRS stipulato nella specie non fosse soggetto all'osservanza della forma scritta, l'appello della non si allinei esattamente alla ratio enunciata dal giudice di primo grado, di modo che, essendo rimasta intonsa l'affermazione operata da questo circa il fatto che nessun contratto di tal fatta fosse stato stipulato o richiesto nella specie, su di essa si sarebbe formato il giudicato con ovvio strascico preclusivo in sede d'appello e, di riflesso, pure in questa sede. 7.2. Il motivo non ha fondamento. A sfatarne l'effetto ascrittogli dalla ricorrente incidentale vale la considerazione - di cui dà evidenza, prima ancora del motivo di , la stessa sentenza qui impugnata - che il giudice di prime cure abbia affermato la nullità del citato contratto per non essere stato provato che detto contratto sia mai stato richiesto e stipulato e, di più, perché la banca non hai mai dato prova del contrario , intendendo in tal modo significare non già che il contratto non fosse esistente in fatto, ma che non ne fosse provata l'esistenza giuridica non essendosi dato di ciò la prova atta a comprovarne l'avvenuta conclusione tra le parti. L'inesistenza del contratto e, per meglio dire, la sua non esistenza giuridica era dunque in quella decisione conseguenza di un irrisolto problema probatorio. Ovvero di quello stesso problema probatorio di cui si è fatto interprete a suo tempo il primo motivo dell'appello proposto da allorché, contestando l'assunto decisorio del primo giudice - vale a dire l'affermazione che il contratto non fosse stato mai stipulato -, l'appellante si era data cura di sostenere che, essendo stato il contratto concluso in esecuzione di un ordine di investimento impartito sulla base di un previgente contratto quadro e non essendo prevista per gli ordini di investimento l'adozione della forma scritta imposta invece per il contratto quadro, l'esistenza del contratto dovesse ritenersi altrimenti provata in virtù, in particolare, della corrispondenza inoltrata a controparte. Ne discende, allora, che, allegando che il contratto non è soggetto a prova per iscritto e che la prova di esso può essere data anche con altri mezzi, l'appellante intendesse dimostrarne anche l'avvenuta stipulazione e, così, di provarne anche la sua esistenza giuridica, con il che cade ogni illazione preclusiva argomentata con il motivo. 8. Vanno dunque conclusivamente accolti il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, dichiarato assorbito il terzo e rigettato il quarto va, invece, respinto il ricorso incidentale. Cassata l'impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti, la causa va rinviata al giudice a quo per un nuovo giudizio. P.Q.M. Accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il terzo motivo del ricorso principale e rigetta il quarto motivo del ricorso principale respinge il ricorso incidentale cassa l'impugnata sentenza nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa avanti alla Corte d'Appello di Milano che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale, ove dovuto, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. Si dà atto che la presente sentenza viene sottoscritta dal solo Presidente in applicazione delle disposizioni impartite dal primo Presidente con Decreto 18 marzo 2020, numero 40/2020.