No alla mascherina per gli studenti se i banchi sono distanziati

Lo ha affermato il TAR Lazio, dichiarando illegittimo il d.P.C.M. 14 gennaio 2021 nella parte in cui impone l’uso delle mascherine a scuola anche in caso di rispetto delle distanze previste dalla normativa emergenziale COVID-19.

Diversi genitori di alunni delle scuole primarie e secondarie hanno impugnato la disposizione di cui all'articolo 1, comma 1, lett. b , d.P.C.M. del 14 gennaio 2021 laddove obbliga gli studenti ad indossare la mascherina a scuola «anche in situazioni di staticità al banco nel rispetto delle distanze previste dalla normativa emergenziale». Secondo i ricorrenti si tratta di una misura abnorme ed illogica, nonché priva di adeguata motivazione in relazione alle indicazioni dell'OMS, dell'Unicef e del CTS. Palazzo Spada ha rilevato l'improcedibilità della domanda per sopravvenuta carenza di interesse all'annullamento degli atti impugnati che hanno cessato di produrre effetti. Ciononostante ha comunque analizzato la legittimità degli atti, accogliendo le osservazioni dei ricorrenti. Il TAR ritiene infatti illegittimo il d.P.C.M. 14 gennaio 2021 nella parte in cui impone l'uso delle mascherine a scuola anche in situazione di rispetto delle distanze previste dalla normativa emergenziale COVID-19 e senza prevedere alcuna misura al fine di garantire che un minore, pur privo di patologie conclamate, possa essere esonerato dall'uso della mascherina in classe ove risenta di cali di ossigenazione o di altri disturbi o difficoltà. Tale disposizione si discosta infatti dalle risultanze del Comitato Tecnico Scientifico CTS «senza motivare e senza richiamare evidenze istruttorie di diverso avviso, in ipotesi ritenute prevalenti rispetto al parere tecnico-scientifico del CTS» sul tema v. TAR Lazio, sentenza numero 2102/2021 e TAR Lazio, Roma, sentenza numero 6307/2021 .    

Presidente Amodio – Estensore Marzano Fatto e diritto 1. Con il ricorso introduttivo, i ricorrenti, tutti studenti delle scuole primarie e secondarie con i relativi soggetti esercenti la potestà parentale , hanno impugnato la disposizione contenuta nell'articolo 1 comma 1 lett. b e comma 9 lett. s del DPCM del 14 gennaio 2021 che obbliga gli studenti ad indossare le mascherine a scuola anche in situazione di staticità al banco nel rispetto delle distanze previste dalla normativa emergenziale. In particolare, quanto alla misura in parola, essi ne lamentano l'abnormità e illogicità nonché il difetto di motivazione e di istruttoria non risultando, a loro dire, le ragioni specifiche per le quali la mascherina non possa essere rimossa in condizioni di staticità, quando sia possibile garantire il distanziamento fra i banchi, come consigliato dall'OMS e dall'Unicef, oltre che dallo stesso Comitato Tecnico Scientifico CTS . Dunque, essi sostengono che l'impugnata disposizione del DPCM sarebbe illogica, priva di motivazione, tecnicamente implausibile e, altresì, foriera di potenziali danni alla salute psico-fisica dei bambini, richiamando in proposito alcuni studi scientifici. L'amministrazione si è costituita in giudizio sostenendo la legittimità dei provvedimenti impugnati in base ai principi di precauzione, proporzionalità e adeguatezza in funzione del contesto epidemiologico. I due gruppi di intervenienti, tutti parimenti genitori di studenti della scuola primaria e secondaria, hanno formulato doglianze di analogo tenore. Con ordinanza numero 1222 del 26 febbraio 2021 la sezione ha accolto l'istanza cautelare disponendo un remand all'amministrazione perché rivalutasse la prescrizione impugnata, nei sensi di cui alla ivi richiamata ordinanza numero 873/2021. Con motivi aggiunti, gli stessi ricorrenti hanno impugnato la analoga disposizione contenuta nel DPCM 2 marzo 2021. L'amministrazione ha resistito anche a tale gravame. Con ordinanza numero 2237 del 15 aprile 2021 la Sezione ha respinto l'ulteriore istanza cautelare atteso che l'efficacia del DPCM impugnato era ormai spirata e che le relative disposizioni, tra cui quella oggetto di doglianza, continuavano ad applicarsi in forza del D.L. 1 aprile 2021, numero 44 articolo 1, comma 1 che a tale atto espressamente rinvia. In vista della trattazione del merito la parte ricorrente ha depositato memoria conclusiva in cui ha dichiarato la persistenza dell'interesse alla decisione ai fini di una eventuale azione risarcitoria. All'udienza del 14 luglio 2021, celebrata in collegamento da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione. 2. Preliminarmente il Collegio deve rilevare l'improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della domanda di annullamento di tutti gli atti impugnati, che hanno cessato di produrre i loro effetti. Cionondimeno, essendo stata formulata riserva di azione risarcitoria, sebbene in modo generico, ai sensi dell'articolo 34, comma 3, c.p.a. , ai fini del vaglio di legittimità dei suddetti atti, deve essere innanzitutto delimitato l'interesse azionato dalla parte ricorrente, sfrondandolo da tutte le doglianze che sono ultronee rispetto al thema decidendum. 3. In estrema sintesi i ricorrenti, in qualità di studenti con i relativi genitori che frequentano la scuola primaria e secondaria, lamentano che l'imposizione dell'obbligo di indossare la mascherina, per tutto il tempo delle lezioni “in presenza”, sia immotivata e sia viziata da difetto di istruttoria in quanto adottata in contrasto con le indicazioni fornite dal Comitato tecnico Scientifico e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, senza fornire alcun supporto a sostegno di tale determinazione. Lamentano che non sia stata adottata alcuna misura al fine di garantire che un minore, pur privo di patologie conclamate, possa essere esonerato dall'uso della mascherina in classe ove risenta di cali di ossigenazione o di altri disturbi o difficoltà. Lamentano, inoltre, che la suddetta imposizione sia sproporzionata e irragionevole laddove gli istituti scolastici siano in grado di garantire il distanziamento fra i banchi. 4. Sul punto il Collegio, per brevità, richiama e fa espresso rinvio alle considerazioni svolte nella sentenza numero 2102 del 19 febbraio 2021 su analoghe questioni, in cui è stata rilevata l'illegittimità del DPCM del 3 novembre 2020 per sostanziale difetto di istruttoria, per irragionevolezza e per contrasto con le indicazioni del CTS, dalle quali l'amministrazione si è discostata senza tuttavia motivare alcunchè sulle ragioni del diverso opinamento e senza addurre o richiamare evidenze istruttorie di diverso avviso, in ipotesi ritenute prevalenti rispetto al parere tecnico-scientifico del CTS. Si tratta di vizi ravvisabili anche nel successivo DPCM del 14 gennaio 2021, oggetto di impugnazione, la cui base istruttoria è rimasta sostanzialmente immodificata. Quanto al DPCM del 2 marzo 2021 la Sezione ha già ripetutamente evidenziato l'effetto di formale legificazione delle misure in contestazione cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 28 maggio 2021, numero 6307 e, dunque, la loro non sindacabilità trattandosi di atti non amministrativi. 5. Le spese del giudizio in ragione della novità delle questioni trattate, possono essere integralmente compensate fra tutte le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti - dichiara improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti - ai soli fini risarcitori, dichiara l'illegittimità del DPCM del 14 gennaio 2021, nei limiti di cui in motivazione - compensa le spese del giudizio fra tutte le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, numero 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dei minori e dei rispettivi soggetti esercenti la potestà genitoriale, citati nel provvedimento.