In tema di continuazione in sede esecutiva tra un reato giudicato con rito ordinario ed un reato oggetto di sentenza di patteggiamento, l’individuazione della violazione più grave, ai sensi dell’articolo 187 disp. att., anche nel caso in cui tra i fatti posti in continuazione taluni siano stati giudicati con sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti, va operata con riferimento alla pena inflitta come risultante dal dispositivo della sentenza.
Il Tribunale di Treviso riconosceva la continuazione tra più episodi criminosi commessi dall'imputato in materia di sostanze stupefacenti. L'imputato ricorre in Cassazione, contestando l'individuazione del reato più grave effettuata dal Tribunale, in quanto si ritiene essere la pena inflitta nel rito del patteggiamento quella comprensiva della diminuente per la scelta del rito e non quella determinata in cognizione prima dell'applicazione della diminuente. Il ricorso è fondato. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che «in tema di continuazione in sede esecutiva tra un reato giudicato con rito ordinario ed un reato oggetto di sentenza di patteggiamento, il giudice, nel determinare la pena unica, deve applicare la riduzione concessa ex articolo 444 c.p.p., cosicché, ove valuti come reato più grave quello giudicato con il rito speciale, dovrà porre a base del calcolo la relativa pena ridotta ove, invece, ritenga tale reato come satellite, dovrà commisurare l'aumento della pena determinata in sede di cognizione, comprensiva della riduzione per il rito» Cass. penumero , sez. I, 7 luglio 2020, numero 21808 . Nello specifico, nel caso della individuazione della violazione più grave ai sensi dell'articolo 187 disp. att, la Suprema Corte osserva che la pena inflitta nella decisione di patteggiamento è quella espressa nella sua quantificazione finale, comprensiva della diminuente correlata alla scelta del rito, essendo la sentenza di patteggiamento equiparata ad una sentenza di condanna ai sensi dell'articolo 445, comma 1-bis, c.p.p. ne deriva che, una volta ammessa la continuazione tra un fatto giudicato con patteggiamento e un fatto giudicato con rito ordinario o abbreviato, la pena inflitta sarà quella risultante dal dispositivo della sentenza medesima, con applicazione della regola generale di cui all'articolo 187 disp. att. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Treviso.
Presidente Iasillo – Relatore Magi In fatto e in diritto 1. Con ordinanza resa in data 23 settembre 2020 il Tribunale di Treviso - quale giudice della esecuzione - ha riconosciuto, ai sensi dell'articolo 671 c.p.p., la continuazione tra più episodi criminosi commessi da D.H 1.1 In particolare, va evidenziato che a un primo riconoscimento di continuazione riguarda i fatti oggetto delle decisioni numero 269 del 2011 decisione ex articolo 444 c.p.p. e numero 915/2015 emessa in rito ordinario , entrambe per reati in materia di stupefacenti. Una volta riconosciuta la continuazione, il Tribunale individua come pena più grave quella relativa alla decisione di patteggiamento 269 del 2011 escludendo espressamente il rilievo della diminuzione correlata alla scelta del rito viene citata Sez. V numero 6789 del 2020 . La pena base viene indicata come quella di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 1.800 di multa b un secondo riconoscimento di continuazione riguarda i fatti oggetto delle decisioni numero 115 del 2018 decisione ex articolo 599 bis c.p.p. e numero 362 del 2019 rito ordinario , entrambe per reati in materia di stupefacenti. Una volta riconosciuta la continuazione, il Tribunale individua come pena più grave quella relativa alla decisione numero 115 del 2018 escludendo espressamente il rilievo della diminuzione correlata alla definizione del rito in secondo grado. La pena base viene indicata come quella di anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 3.000 di multa. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - nelle forme di legge - D.H. , deducendo erronea applicazione delle disposizioni regolatrici. 2.1 In particolare si contesta la individuazione del reato più grave, per come avvenuta in entrambe le sottopartizioni della decisione, dovendosi ritenere che la pena inflitta nel rito del patteggiamento - da prendere in considerazione ad ogni effetto - è quella comprensiva della diminuente per la scelta del rito e non quella determinata in cognizione prima dell'applicazione della diminuente si cita, in proposito, quanto deciso da Sez. I numero 21808 del 2020 . Si deduce, altresì, vizio di motivazione in riferimento alla mancata esposizione dei criteri di determinazione dei singoli aumenti per i reati satellite. 3. Il ricorso è fondato, in riferimento alle modalità di individuazione della violazione più grave, per le ragioni che seguono. 3.1 Una volta riconosciuta, in sede esecutiva, l'esistenza del medesimo disegno criminoso tra i fatti oggetto di distinte decisioni irrevocabili, occorre determinare la pena per il reato continuato, secondo le indicazioni contenute nelle norme di legge applicabili. Vengono in rilievo a la disposizione di cui all'articolo 81, comma 2, secondo cui la pena, in riferimento alla regola generale del comma precedente, va commisurata tenendo conto di quella che “dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata sino al triplo” ferme restando le regole di temperamento di cui al comma 3, e la particolare disposizione di cui al comma 4, qui non in rilievo b la disposizione, dettata in modo specifico per la fase esecutiva, di cui all'articolo 671, comma 2, lì dove si afferma che il giudice della esecuzione provvede determinando la pena in misura non superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o ciascun decreto c la disposizione, dettata in modo specifico per la fase esecutiva, di cui all'articolo 187 disp.att., lì dove si afferma che in sede esecutiva si considera violazione più grave quella per la quale è stata inflitta la pena più grave, anche quando per alcuni reati si è proceduto con rito abbreviato. 3.2 Ora, va rilevato che la mancata indicazione - nel testo dell'articolo 187 disp.att. -, dei fatti giudicati con sentenza di patteggiamento ha determinato un dubbio interpretativo che in alcuni arresti di questa Corte di legittimità si è tradotto in un principio di diritto teso ad affermare che in caso di patteggiamento ed al di fuori delle ipotesi di negozio giuridico riproposto in sede esecutiva secondo lo schema di cui all'articolo 188 disp.att. il riconoscimento della continuazione in esecuzione comporti l'elisione - nella considerazione della pena inflitta - della diminuente correlata alla scelta del rito. È il principio cui si è attenuto - nel caso in esame - il giudice della esecuzione peraltro con erronea dilatazione al caso dell'accordo sui motivi di appello, ex articolo 599 bis c.p.p., istituto che solo in modo improprio può essere assimilato all'accordo delle parti sulla pena e che è stato affermato in sede di legittimità da Sez. I numero 12136 del 19.10.2018, dep. 2019 rv. 275056 e da Sez. V numero 6789 del 3.12.2019, dep. 2020 rv. 278741 . La prima decisione citata, in verità, si riferisce - quanto al fatto giudicato con sentenza ex articolo 444 c.p.p. - alla condizione di “reato satellite” e ipotizza, in tale ambito, la necessità di operare un aumento per continuazione “svincolato” dal meccanismo di riduzione correlato alla scelta del rito, il che è aspetto parzialmente diverso da quello in trattazione preliminare individuazione della violazione più grave . La seconda decisione citata si riferisce, invece, alla pena-base del reato continuato ed estende, a tal fine, il principio di ‘irrilevanzà della diminuente correlata alla scelta del rito anche a fini di individuazione della violazione più grave. 3.3 Tale orientamento è stato tuttavia rimeditato - con percorso ermeneutico che il Collegio ritiene condivisibile - in un posteriore arresto della I Sezione penale. Con la decisione numero 21808 del 2020 rv 280643 , citata dal ricorrente, si è affermato - anche in ragione di quanto deciso dalle Sezioni Unite nella sentenza Cesarano in tema di rito abbreviato - che in tema di continuazione in sede esecutiva tra un reato giudicato con rito ordinario ed un reato oggetto di sentenza di patteggiamento, il giudice, nel determinare la pena unica, deve applicare la riduzione concessa ex articolo 444 c.p.p., cosicché, ove valuti come reato più grave quello giudicato con il rito speciale, dovrà porre a base del calcolo la relativa pena ridotta ove, invece, ritenga tale reato come satellite, dovrà commisurare l'aumento alla pena determinata in sede di cognizione, comprensiva della riduzione per il rito. In motivazione la Corte ha aggiunto che analogo criterio deve essere applicato anche nel caso in cui i reati satellite oggetto della sentenza di patteggiamento risultino, a loro volta, già unificati sotto il vincolo della continuazione, specificando che, in tal caso, l'aumento per il reato che in fase di cognizione era stato considerato più grave va commisurato, non alla pena stabilita come originaria base di calcolo, ma a quella ridotta nella misura percentualmente corrispondente alla riduzione a suo tempo apportata per il rito . 4. Il collegio ritiene di dover dare continuità ai contenuti della decisione da ultimo citata, con particolare riferimento alla quaestio iuris consistente nella preliminare individuazione della violazione più grave ai sensi dell'articolo 187 disp.att. in caso di decisione di patteggiamento unificata ad altre decisioni emesse con rito ordinario o abbreviato , dovendosi in particolare osservare che a la pena inflitta nella decisione di patteggiamento è quella espressa nella sua quantificazione finale, comprensiva della diminuente correlata alla scelta del rito b la sentenza di patteggiamento, salve diverse disposizioni di legge che nel settore della esecuzione penale non si rinvengono , è equiparata a una sentenza di condanna ai sensi dell'articolo 445 c.p.p., comma 1 bis c nessuna disposizione di legge consente di realizzare il tipo di operazione ipotizzata dall'orientamento da cui si dissente lo scorporo, post giudicato, della diminuente correlata alla scelta del rito dalla pena inflitta nella sentenza di patteggiamento 4.1 In particolare, va precisato che la mancata “citazione” della decisione applicativa di pena nel corpo dellì'articolo 187 disp.att., non è un dato idoneo a sostenere la necessità dello “scorporo” della frazione di pena imputabile alla diminuente processuale. Ciò perché nella sistematica delle disposizioni di attuazione si è ritenuto di prevedere in modo espresso, quanto al patteggiamento, il modello legale di riproposizione dell'accordo in sede esecutiva v. articolo 188 disp.att. , in ipotesi di applicazione della continuazione “esclusivamente” tra decisioni caratterizzate dal modello pattizio in cognizione. La precedente disposizione di cui all'articolo 187 disp.att. fissa - tuttavia - un criterio generale valevole per l'intera fase esecutiva violazione più grave/pena più grave ed il fatto che il legislatore abbia sentito il bisogno di precisare la applicabilità della regola alle decisioni emesse in abbreviato non significa escludere dall'orbita applicativa della disposizione le decisioni di applicazione della pena su richiesta, o ipotizzare per queste ultime una diversa modalità di calcolo della pena. In particolare, una volta che l'interpretazione giurisprudenziale ha ritenuto possibile - come del resto evincibile dalla previsione di legge di cui all'articolo 137, comma 2 disp.att. il riconoscimento della continuazione v. Sez. I numero 6208 del 1.12.1995, dep. 1996, rv 20368 anche tra “fatto” giudicato con patteggiamento e ‘fattò giudicato in rito ordinario o abbreviato , è del tutto evidente che la pena inflitta quanto alla decisione di patteggiamento, equiparata alle altre non può che essere quella risultante dal dispositivo della sentenza medesima, con applicazione della regola generale di cui all'articolo 187 disp.att A tale entità numerica il giudice dell'esecuzione dovrà, pertanto, compiere riferimento al fine di individuare la violazione più grave, come previsto dal legislatore ai sensi dell'articolo 187 disp.att La decisione impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio, nel cui ambito andrà applicato il principio di diritto per cui la individuazione della violazione più grave, ai sensi dell'articolo 187 disp.att., - anche lì dove tra i fatti posti in continuazione taluni siano stati giudicati con sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti - va operata in riferimento alla pena inflitta come risultante dal dispositivo della sentenza. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Treviso.