Confermato il sequestro di oltre 10mila euro nei confronti di un uomo indagato per avere omesso alcune informazioni nella documentazione presentata per ottenere il reddito di cittadinanza. Inequivocabile, secondo i Giudici, la disponibilità di un ‘conto gioco’ online con corpose movimentazioni di denaro.
La disponibilità di un ‘conto gioco' su una piattaforma online può mettere a rischio il reddito di cittadinanza Cass. penumero , sez. III, 29 luglio 2021, numero 29706 . In Tribunale viene confermato «il sequestro preventivo » di oltre 10mila euro disposto nei confronti di un uomo «indagato per false indicazioni ed omissioni di informazioni dovute nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del ‘ reddito di cittadinanza '». In particolare, i giudici ritengono che «la titolarità», in capo all'uomo, «di un conto gioco, necessariamente collegato ad una carta di credito, acceso presso una società di gioco online , ed evidenziante movimentazioni per gli anni 2017 e 2018 sia per le ricariche, destinate cioè alle singole poste di gioco, che per i prelievi di gran lunga superiori al reddito mobiliare di 6mila euro dichiarato con riferimento all'annualità 2017 e di 11mila euro con riferimento all'annualità 2018» rappresenta «una omissione rilevante» nella documentazione presentata per vedersi riconosciuto il ‘reddito di cittadinanza'. Nel contesto della Cassazione l'uomo contesta la visione adottata dal Tribunale. Innanzitutto, egli sostiene che «l'indicazione del ‘conto gioco' nella dichiarazione sostitutiva unica prevista per l'accesso al sussidio non costituisce informazione dovuta, trattandosi di voce non prevista nella modulistica prestampata che il richiedente è tenuto a compilare» e aggiunge che, in ogni caso, «quand'anche si volesse far rientrare la suddetta informazione nella voce ‘conto corrente', non sarebbe stata possibile l'informazione richiesta, ovverosia la giacenza media annua, che nessuna società di scommesse è in grado di indicare». Sempre seguendo questa falsariga, poi, l'uomo aggiunge che «le informazioni dovute per l'accesso al sussidio sono quelle indicate» dalla legge e sono «corrispondenti agli indicatori della dichiarazione ISEE, ovverosia il reddito, il patrimonio immobiliare ed il patrimonio mobiliare», e in nessuna di esse «è ricompreso il cosiddetto ‘ conto gioco '». Peraltro, egli sostiene che «non poteva sapere cosa dovesse essere dichiarato ai fini del calcolo ISEE, essendosi basato sui quesiti contenuti nel modulo per l'autocertificazione». In ultima battuta, infine, l'uomo ribadisce che «le somme presenti sul conto» provenivano da «vincite al gioco da lui realizzate». Per i Giudici della Cassazione, però, le obiezioni difensive proposte non sono assolutamente sufficienti a mettere in discussione le valutazioni compiute in Tribunale. Ciò che conta, difatti, è l'acclarata «esistenza di una liquidità, in capo all'uomo, di gran lunga maggiore del reddito da lui dichiarato per accedere al sussidio statale ». Su questo fronte, difatti, è indiscutibile «la riconducibilità all'uomo del conto acceso presso una piattaforma online dedicata al gioco, conto in cui risultano confluite ingenti somme di danaro che, lungi dall'essere virtuali, sono, secondo i Giudici della cautela, collegate, invece, a pagamenti effettivi con modalità predefinite, quali carta di credito o carta prepagata o mezzi ad esse equipollenti e che dunque presuppongono la corrispondente provvista derivante da un conto corrente nella titolarità in capo all'uomo, direttamente o indirettamente collegato allo stesso ‘ conto gioco '». Inutile, di conseguenza, la lamentela proposta dall'uomo. Difatti, egli «non contesta né la titolarità del conto, né le movimentazioni di somme sia in entrata che in uscita negli anni 2017 e 2018, bensì la riconducibilità delle somme ivi transitate al suo patrimonio, non facenti parte, a suo avviso, di quanto costituiva oggetto di autodichiarazione al fine di fruire del sussidio statale». Assolutamente confermato , quindi, il sequestro di oltre 10mila euro nei confronti dell'uomo.
Presidente Marini – Relatore Galterio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 26.2.2021 il Tribunale di Bolzano, adito in sede di riesame, ha confermato il sequestro preventivo della somma di Euro 10.345,50 disposto nei confronti di B.R. , indagato per il reato di cui al D.L. 28 gennaio 2019, numero 4, articolo 7, convertito con modificazioni dalla L. 28 marzo 2019, numero 26 , per false indicazioni od omissioni di informazioni dovute nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del reddito di cittadinanza , ritenendo che la titolarità in capo a costui di un conto gioco, necessariamente collegato ad una carta di credito, acceso presso una società di gioco online evidenziante movimentazioni per gli anni 2017 e 2018 sia per le ricariche, destinate cioè alle singole poste di gioco, che per i prelievi di gran lunga superiori al reddito mobiliare di Euro 6.000 annui dichiarato con riferimento all'annualità 2017 e di Euro 11.000 riferimento all'annualità 2018 costituisse omissione rilevante ai fini della configurabilità del reato provvisoriamente contestato. 2. Avverso il suddetto provvedimento l'indagato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all' articolo 173 disp. att. c.p.p. . 2.1. Con il primo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito al D.L. numero 4 del 2019, articolo 7, comma 1, che l'indicazione del conto gioco nella dichiarazione sostitutiva unica prevista per l'accesso al sussidio non costituisca informazione dovuta trattandosi di voce non prevista nella modulistica prestampata che il richiedente è tenuto a compilare e che, in ogni caso quand'anche si volesse far rientrare la suddetta informazione nella voce conto corrente non sarebbe stato, possibile l'informazione richiesta, ovverosia la giacenza media annua, che nessuna società di scommesse sarebbe stata in grado di indicare. Lamenta, inoltre, che nessuna adeguata risposta fosse stata fornita dal Tribunale del Riesame in ordine alla specifica contestazione difensiva sulla provenienza delle somme sul conto da vincite al gioco realizzate dall'indagato. 2.2. Con il secondo motivo lamenta la mancanza di motivazione circa la sussistenza di un pericolo di aggravamento del reato o protrazione delle sue conseguenze. 2.3. Con il terzo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all'articolo 47, comma 3, l'esistenza di un errore scusabile sulla legge extrapenale, errore su cui non era spesa alcuna motivazione. Con successiva memoria redatta in data 1.6.2021 la difesa ha ulteriormente illustrato il ricorso sostenendo, quanto al primo motivo, che le informazioni dovute per l'accesso al sussidio sono quelle indicate dal D.L. numero 4 del 2019, articolo 2, corrispondenti agli indicatori della dichiarazione ISEE, ovverosia il reddito, il patrimonio immobiliare ed il patrimonio mobiliare, in nessuna delle quali è ricompreso il cd. conto-gioco e che, disattendendo tale norma, si incorrerebbe necessariamente nella violazione del principio di tassatività dei comportamenti penalmente rilevanti sancito dall' articolo 25 Cost. , che impone al giudice di non applicare la norma al di fuori dei casi dalla stessa previsti quanto al terzo motivo evidenzia che l'errore sulla norma extrapenale è dato dal fatto che l'indagato non poteva sapere cosa dovesse essere dichiarato ai fini del calcolo ISEE, essendosi basato sui quesiti contenuti nel modulo per l'autocertificazione. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è inammissibile, compendiandosi in censure di mero stampo motivazionale precluse dal divieto sancito dall' articolo 325 c.p.p. , per la ricorribilità innanzi a questa Corte avverso i provvedimenti di sequestro e che comunque non si confrontano con i rilievi svolti dall'ordinanza impugnata. Il Tribunale del riesame ravvisa il fumus del reato provvisoriamente contestato, al di là dell'obbligo di dichiarare nell'autocertificazione il conto gioco, sull'esistenza di una liquidità in capo all'istante di gran lunga maggiore del reddito da costui dichiarato per accedere al sussidio statale stante la riconducibilità a costui del conto acceso presso la società BML Group Limited on line dedicato al gioco, sul quale risultano confluite ingenti somme di danaro che, lungi dall'essere virtuali, sono, secondo i giudici della cautela, collegate, invece, a pagamenti effettivi con modalità predefinite, quali carta di credito o prepagata o mezzi ad esse equipollenti e che dunque presuppongono la corrispondente provvista derivante da un conto corrente nella titolarità in capo all'indagato, direttamente o indirettamente collegato allo stesso conto gioco. Quello che lamenta il ricorrente, che non contesta nè la titolarità del conto, nè le movimentazioni di somme sia in entrata che in uscita negli anni 2017 e 2018, bensì la riconducibilità delle somme ivi transitate al suo patrimonio, non facenti parte a suo avviso di quanto costituiva oggetto di autodichiarazione al fine di fruire del sussidio statale, non costituisce pertanto un vizio di violazione di legge, ma configura, a dispetto del nomen juris della rubrica, una contestazione della ricostruzione in fatto e, dunque, di natura squisitamente motivazionale sulle caratteristiche del conto gioco acceso presso una società on line, e sui collegamenti che lo stesso presenta con il proprio patrimonio mobiliare. Non soltanto trattasi all'evidenza di una sollecitazione ad un esame del merito della questione, inequivocabilmente precluso a questa Corte di legittinnità che non può verificare nè la natura del conto, nè le sue fonti di alimentazione, nè le sue caratteristiche, nè a fortiori le modalità di compilazione della modulistica che va presentata per il conseguimento del reddito di cittadinanza, ma in ogni caso la censura svolta non evidenzia vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Attraverso le dispiegate doglianze si viene, invece, a censurare, nè più nè meno, la logicità e completezza di un percorso motivazionale al contrario contraddistinto da coerenza ed esaustività, di talché non potrebbe in nessun caso versarsi in ipotesi di motivazione apparente, che è la stessa dettagliata confutazione articolata dalla difesa ad escludere. 2. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per il terzo motivo che, attenendo alla configurabilità dell'elemento soggettivo, introduce una doglianza, logicamente preliminare al terzo motivo, che postula una valutazione in fatto afferente alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, indagine questa preclusa al giudice della cautela al quale è demandata una valutazione sommaria circoscritta alla sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie contestata, senza doversi estendere alla più pregnante verifica dei gravi indizi di colpevolezza richiesta ai fini dell'emissione delle misure cautelari personali ex multis Sez. 1, numero 18491 del 30/01/2018 - dep. 27/04/2018, Armeli, Rv. 273069 . 2. Il secondo motivo deve essere anch'esso dichiarato inammissibile, non avendo l'elemento del periculum mai costituito oggetto delle censure articolate con l'atto di riesame. Va infatti rilevato che nel giudizio di riesame, pur informato al principio decisorio, il quale si sostanzia nel potere per il Tribunale di annullare o riformare in senso favorevole all'imputato il provvedimento impugnato anche per motivi diversi da quelli enunciati nell'atto di impugnazione, così come di confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione dell'ordinanza cautelare Sez. 1, numero 3769 del 21/10/2015 - dep. 28/01/2016, Lomonaco, Rv. 266003 , resta ferma la regola secondo la quale la parte impugnante ha l'onere di specificare le proprie doglianze, che non necessariamente devono essere svolte contestualmente alla presentazione del gravame stante la facoltatività, prevista dell' articolo 309 c.p.p. , comma 6, della indicazione dei motivi a sostegno dello stesso, ben potendo riempirsi di contenuto anche oralmente innanzi al giudice adito. Essendo tale onere diretto a sollecitare il giudice del riesame a rendere risposte adeguate e complete, potendo altrimenti quest'ultimo fermarsi, in presenza di un decreto motivato, alla verifica dei presupposti legittimanti l'adozione della misura a condizione che dimostri di averli valutati, ne consegue che, in mancanza di tale devoluzione, incorrano nella censura di inammissibilità le contestazioni svolte innanzi alla Corte di legittimità su punti che non possono trovare risposte per mancanza di cognizione addebitabile alla mancata osservanza del predetto onere da parte di chi ha sollecitato il riesame Sez. 6, numero 16395 del 10/01/2018 - dep. 12/04/2018, Contardo, Rv. 272982 . All'esito del ricorso consegue, a norma dell' articolo 616 c.p.p. , l'onere delle spese del procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata come in dispositivo. P.Q.M. Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.