L’elemento differenziale tra prestazione socio-assistenziale “inscindibile” dalla prestazione sanitaria, da un lato, e prestazione socio-assistenziale “pura”, dall'altro, non sta nella situazione di limitata autonomia del soggetto, non altrimenti assistibile che nella struttura residenziale, ma sta invece nell'individuazione di un trattamento terapeutico personalizzato che non può essere somministrato se non congiuntamente alla prestazione socio-assistenziale.
La Sez. III civile della Cassazione Sentenza numero 21528/21 depositata il 27 luglio si è occupata delle spese relative all'assistenza socio-sanitaria individuando il soggetto tenuto al relativo onere a seconda della tipologia di assistenza offerta nel caso specifico. Il caso spese effettuate per ragioni di salute. Una Casa di Cura agiva per ottenere il pagamento delle rette di degenza nei confronti dell'amministratore di sostegno, figlio del paziente. Il Tribunale rigettava la domanda perché il ricovero era stato effettuato per ragioni di salute e rientrava nelle fattispecie previste dal Servizio Sanitario Nazionale con la conseguenza che l'obbligazione dei familiari sussisteva, ai sensi dell' articolo 433 c.c. , solo nei confronti del paziente e non anche nei confronti della Casa di Cura che quindi non avrebbe potuto agire in via surrogatoria. In appello la Casa di Cura contestava la qualificazione della domanda operata dal Tribunale che non avrebbe ad oggetto l'accertamento dell'obbligo alimentare ma una azione contrattuale per individuare il soggetto tenuto a versare la retta. La Corte d'Appello, che tra l'altro disponeva CTU per accertare la tipologia di assistenza offerta, la misura della retta e la sua riferibilità al SSN, in sostanza confermava la decisione di prime cure. Seguiva il ricorso per cassazione. In quadro normativo prestazioni socio-sanitarie vs prestazioni di lungo-assistenza. Gli Ermellini osservano che l'attuale quadro normativo prevede che la gratuità delle prestazioni riguarda le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale previste dall'articolo 3 comma 1 del DPCM 14 febbraio 2001 e per quelle socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria previste dall'articolo 3 comma 3 del citato decreto, mentre per le prestazioni di lungo-assistenza destinate ad anziani e persone non autosufficienti affette da malattie croniche e degenerative, in base alla tabella di cui all'articolo 4 comma 1 del DPCM 14 febbraio 2011 e di cui all'allegato 1 C del DPCM 29 novembre 2001, è prevista la ripartizione forfetaria del costo complessivo nella misura del 50% a carico del SSN e del 50% a carico del Comune, con la compartecipazione dell'utente. Non conta la limitata autonomia del soggetto ma il trattamento terapeutico personalizzato. Secondo un ormai consolidato orientamento di legittimità, ciò che connota la prestazione sanitaria integrata inscindibile da quella socio-assistenziale, non è la situazione di limitata autonomia del soggetto destinatario, non altrimenti assistibile che nella struttura residenziale, ma l'individuazione di un trattamento terapeutico personalizzato che non può essere somministrato se non congiuntamente alla prestazione socio-assistenziale. Descrizione delle tipologie di strutture socio-sanitarie e conseguenze economiche Secondo la Suprema Corte la Casa di Cura ricorrente si colloca all'interno delle strutture di residenza socio-assistenziali che comprendono le Residenze Sanitario Assistenziali per persone con disabilità R.S.D. , le Comunità Alloggio socio sanitarie C.S.S. e le Comunità Alloggio per disabili. In conseguenza della natura dei servizi resi da tali strutture varia la individuazione dei soggetti tenuti al pagamento delle relative rette ed, in particolare, il Servizio Sanitario Nazionale o Regionale, attraverso le A.T.S. le Agenzie di Tutela della Salute , il Comune di domicilio o residenza dell'ospite e lo stesso utente beneficiario del servizio, che ha stipulato il contratto di ingresso nella struttura. Nella fattispecie si trattava di prestazioni socio-assistenziali ad elevata integrazione sanitaria. Ciò premesso e considerato, la Cassazione precisa che nel caso di specie, in cui oltre alle prestazioni socio-assistenziali siano erogate prestazioni sanitarie, l'attività deve essere comunque considerata di rilievo sanitario e pertanto di competenza del Servizio Sanitario Nazionale, atteso che le prestazioni rese in favore del malato rientrano tra le prestazioni socio-assistenziali ad elevata integrazione sanitaria, interamente a carico del S.S.N. La stessa Cassazione aveva già avuto occasione di affermare che, nel caso di prestazione socio-assistenziale “inscindibile” dalla prestazione sanitaria, l'intervento “sanitario-socio assistenziale” rimane interamente assorbito nelle prestazioni erogate dal Sistema sanitario pubblico, in quanto la struttura convenzionata/accreditata garantisce all'assistito dal SSR, attraverso il servizio integrato, il programma terapeutico, ed è quindi inserita a pieno titolo nell'ambito organizzativo e funzionale del Servizio Sanitario pubblico, regolato da tariffe imposte. Decisiva la presenza di un piano di cura personalizzato. Ciò che rileva ai fini della “assistenza sanitaria obbligatoria” è la esistenza di un piano di cura personalizzato. Al contrario, qualora la prestazione socio-assistenziale prescinda dalla congiunta realizzazione dello scopo terapeutico ossia nel caso in cui il ricovero nella struttura residenziale non sia accompagnato da un “piano di cura personalizzato” , la prestazione rimane estranea all'ambito dell'assistenza sanitaria obbligatoria. Nel descritto quadro, secondo gli Ermellini la Corte territoriale ha applicato correttamente il consolidato principio secondo cui è determinante l'indagine relativa alla esistenza e alle caratteristiche di un eventuale trattamento terapeutico personalizzato. Indagine effettuata dai Giudici di appello attraverso una specifica CTU. Infatti, la stessa Suprema Corte aveva già avvertito che l'elemento differenziale tra prestazione socio-assistenziale “inscindibile” dalla prestazione sanitaria, da un lato, e prestazione socio-assistenziale “pura”, dall'altro, non sta nella situazione di limitata autonomia del soggetto, non altrimenti assistibile che nella struttura residenziale, ma sta invece nell'individuazione di un trattamento terapeutico personalizzato che non può essere somministrato se non congiuntamente alla prestazione socioassistenziale. Tornando al ricorso oggetto di sentenza, gli Ermellini constatano che detto profilo, assolutamente determinante, non è stato tuttavia censurato dalla ricorrente, con conseguente dichiarazione di inammissibilità dell'impugnazione per difetto di specificità.