Niente approvazione assembleare per l’abbaino aperto dal proprietario del piano sottostante al tetto comune

L’apertura di abbaini da parte del proprietario del piano sottostante al tetto comune costituisce solo modifica e non innovazione della cosa comune e pertanto non necessita della previa approvazione dell'assemblea, come invece per le innovazioni vere e proprie.

Il Comune di Torino respingeva l’istanza di sanatoria presentata da una condomina per la conservazione di abbaini realizzati in difformità rispetto alla denuncia di inizio attività, poiché l’assemblea condominiale non ha approvato l’intervento con le maggioranze previste dalla legge. La signora ha impugnato il provvedimento e si è costituito in giudizio il Comune di Torino, chiedendo il rigetto nel merito del ricorso. La parte ricorrente ha contestato la necessità dell’assenso, da parte dell’assemblea condominiale, alla sanatoria degli abbaini. L’apertura di abbaini. Per costante giurisprudenza il singolo condomino può eseguire opere che, ancorché incidano su parti comuni dell'edificio, siano strettamente pertinenti alla sua unità immobiliare, sotto i profili funzionale e spaziale articolo 1102 e 1122 c.c. , con la conseguenza che egli va considerato come soggetto avente titolo per ottenere a nome proprio l'autorizzazione relativa a tali opere. Con riferimento poi all’apertura di abbaini da parte del proprietario del piano sottostante al tetto comune, la Suprema Corte ha più volte affermato che essa - «ove sia eseguita a regola d'arte e sia tale da non pregiudicare la funzione di copertura propria del tetto né da impedire l'esercizio da parte degli altri condomini dei propri diritti sulla cosa comune» - costituisce solo modifica e non innovazione della cosa comune e pertanto non necessita della previa approvazione dell'assemblea, come invece le innovazioni vere e proprie. Pertanto, posto che, nel caso in esame, gli abbaini hanno natura pertinenziale rispetto all'appartamento di proprietà della ricorrente e non determinano alcuna “diminuzione” dell'uso comune, l’assenso dell’assemblea condominiale è stato illegittimamente richiesto. Il ricorso è dunque fondato.

Presidente Picone/Estensore Cattaneo Fatto e diritto Con il provvedimento indicato in epigrafe il Comune di Torino ha respinto l'istanza di sanatoria presentata dalla sig.ra A.S.B. ai sensi dell'articolo 36 D.P.R. numero 380/2001 - per la conservazione di abbaini realizzati in difformità rispetto alla denuncia di inizio attività presentata il 22 giugno 2010 – poiché l'assemblea condominiale non ha approvato l'intervento con le maggioranze previste dalla legge. La sig.ra B. ha impugnato il provvedimento per i seguenti motivi violazione di legge con riferimento agli articolo 11,12 e 36 del D.P.R. numero 380/2001 e s.m.i., con riferimento agli articolo 1102,1120 e 1136 Cod. Civ. nonché ancora con riferimento all'articolo 3 della L. 241/1990 e s.m.i Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti difetto di istruttoria e di motivazione ingiustizia grave e manifesta. Si è costituito in giudizio il Comune di Torino, chiedendo il rigetto nel merito del ricorso. All'udienza dell'8 giugno 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione. La parte ricorrente ha contestato la necessità dell'assenso, da parte dell'assemblea condominiale, alla sanatoria degli abbaini, affermando che - il Comune non avrebbe titolo ad ingerirsi in rapporti privatistici - le opere oggetto della domanda di sanatoria sarebbero riconducibili alla previsione di cui all'articolo 1102 c.comma e non sarebbero invece qualificabili quali innovazioni di parti comuni ex articolo 1120, comma 1, c.c. pertanto, come affermato dalla Corte di Cassazione, la trasformazione del tetto comune, da parte del condomino proprietario del sottotetto, sarebbe ammessa senza necessità di autorizzazioni - l'amministrazione non avrebbe valutato quanto previsto dal regolamento di condominio che consentirebbe al condomino proprietario del piano sottostante al tetto comune di aprire su di esso degli abbaini senza necessità di autorizzazione condominiale e non avrebbe considerato che, nella seduta del 23/04/2015, l'Assemblea straordinaria ha autorizzato la conservazione delle opere, con una maggioranza di 600 millesimi. D'altra parte, il Comune non aveva mosso rilievi alla DIA, allorché in fase di integrazione documentale veniva prodotta la delibera dell'Assemblea straordinaria del Condominio in data 18/06/2010, adottata con una maggioranza di soli 608 millesimi. Il ricorso è fondato. Per giurisprudenza costante costituisce facoltà del singolo condomino eseguire opere che, ancorché incidano su parti comuni dell'edificio, siano strettamente pertinenti alla sua unità immobiliare, sotto i profili funzionale e spaziale, in virtù del combinato disposto degli articolo 1102 c.comma facoltà del comunista di servirsi delle cose comuni , 1105 c.comma concorso di tutti i condomini alla cosa comune e 1122 c.comma divieto al condomino di realizzare opere che danneggino le cose comuni , con la conseguenza che egli va considerato come soggetto avente titolo per ottenere a nome proprio l'autorizzazione relativa a tali opere cfr. Cons. Stato, sez. Consiglio Stato, sez. V, 9 novembre 1998, numero 1583 T.A.R. Napoli, sez. II, 14/03/2018, numero 1590 sez. VIII, 26/02/2016, numero 1077 T.A.R. Torino, sez. II, 15/11/2013, numero 1193 . Con specifico riferimento all'apertura di abbaini da parte del proprietario del piano sottostante al tetto comune, la Corte di Cassazione ha affermato che essa - ove sia eseguita a regola d'arte e sia tale da non pregiudicare la funzione di copertura propria del tetto né da impedire l'esercizio da parte degli altri condomini dei propri diritti sulla cosa comune - costituisce soltanto modifica e non innovazione della cosa comune e pertanto non necessita, come invece le innovazioni vere e proprie, della previa approvazione dell'assemblea dell'edificio in condominio ex articolo 1120 e 1336 comma Cassazione civile sez. II, 27/07/2006, numero 17099 . Né – contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dell'amministrazione resistente - l'applicazione di questi principi può ritenersi esclusa per la natura abusiva delle opere legata alla difformità degli abbaini realizzati, quanto all'allineamento con le aperture sottostanti e alla larghezza, rispetto al progetto presentato con la DIA . In particolare, è priva di rilievo la sussistenza di un contrasto con l'articolo 33 del regolamento edilizio comunale che esclude l'ammissibilità di interventi “casuali o sporadici” , invocata dalla difesa dell'amministrazione comunale nelle proprie memorie un tale contrasto - che oltretutto non ha costituito motivo di diniego - non incide, invero, sulla natura dell'opere le quali, pur con le difformità realizzate, restano pur sempre degli abbaini. In conclusione, poiché gli abbaini in questione - pur incidendo su parti comuni dell'edificio - hanno un'innegabile natura pertinenziale rispetto all'appartamento di proprietà della ricorrente e non determinano, per la loro oggettiva consistenza, alcuna deminutio dell'uso comune, l'assenso dell'assemblea condominiale è stato illegittimamente richiesto. Per le ragioni esposte il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto, con assorbimento delle ulteriori censure dedotte. Per la peculiarità della controversia le spese di causa possono essere integralmente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte Sezione Seconda , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.