Il termine di prescrizione del risarcimento del danno iure hereditatis e iure proprio

Una neonata muore pochi mesi dopo la nascita per un intervento chirurgico. I genitori agiscono per ottenere il risarcimento del danno sia iure hereditatis, sia iure proprio. Ma quale termine di prescrizione si applica al diritto al risarcimento azionato in proprio? Il termine di cinque anni ordinario per la responsabilità aquiliana in ipotesi già spirato, oppure si estende il termine decennale del risarcimento del danno da contatto sociale iure hereditatis azionato dai parenti della vittima?

La Suprema Corte interviene, portando chiarezza, su una questione molto interessante per la pratica. Si ripropone la questione dell’interferenza della responsabilità contrattuale da contatto sociale con quella extracontrattuale e sull’efficacia protettiva della prima anche verso i terzi, perché vi sono condizioni diverse relazionalità vs ingiustizia del danno e diversità di natura degli interessi lesi . Una bambina di neanche tre mesi muore a seguito di un intervento chirurgico. I genitori convengono in giudizio l’Azienda Ospedaliera per sentirla condannare al risarcimento del danno sia iure hereditatis della figlia per perdita della vita , sia iure proprio danno non patrimoniale da uccisione di stretto congiunto o per la privazione del rapporto parentale . Sia il Tribunale, sia la Corte di Appello rigettavano la domanda di risarcimento del danno iure proprio per intervenuta prescrizione quinquennale . Il ricorso per cassazione si articola su due motivi la mancata estensione degli effetti protettivi della responsabilità da contatto sociale, oltre che alla persona soggetta alle cure, anche ai genitori con conseguente esclusione del riconoscimento del termine di prescrizione decennale  la mancata applicazione del termine di prescrizione da reato. Vediamo separatamente le due questioni affrontate dalla Suprema Corte. Il primo profilo gli effetti protettivi della responsabilità da contatto sociale verso i terzi. Distinzioni. Questa è una questione molto importante e la sentenza in esame porta chiarezza, pur ritenendo il motivo di ricorso per cassazione infondato. Non si discute della pretesa risarcitoria instaurata dai genitori per inadempimento del contratto concluso con la struttura sanitaria in qualità di rappresentanti della figlia minore per danni fatti valere iure hereditatis , bensì della possibilità di considerare i genitori “ terzi protetti dal contratto ”, con conseguente applicazione del termine di prescrizione decennale al credito risarcitorio per danni iure proprio , in luogo di quello quinquennale. Richiamando i proprio precedenti, la Cassazione puntualizza che la figura dei c.d. “terzi protetti dal contratto” deve essere limitata , in ambito di responsabilità medica, ai c.d. casi di danni da nascita indesiderata . Al di fuori di queste ipotesi, l’azione per perdita o lesione del rapporto parentale è di natura solo aquiliana. Infatti, trattandosi di responsabilità contrattuale, la relazionalità nella violazione di un rapporto obbligatorio prescinde dall’ingiustizia del danno la rilevanza dell’interesse leso non è affidata alla natura di interesse meritevole di tutela ex articolo 2043 c.c. , ma alla corrispondenza dell’interesse alla prestazione dedotta in obbligazione . Assumono, quindi, rilievo la relazionalità e la conseguente natura dell’interesse leso per affermare l’efficacia protettiva del contratto verso terzi, occorre che l’interesse di cui i terzi siano portatori risulti anch’esso strutturalmente connesso a quello dedotto in obbligazione, ovvero, detto diversamente, l’interesse deve essere identico a quello dello stipulante. L’efficacia protettiva si manifesta specialmente nei casi di nascita indesiderata, ove nel rapporto contrattuale tra puerpera e struttura sanitaria si incentra sulla gestazione e/o il parto. La madre assume quasi la qualità di soggetto “esponenziale” degli interessi non solo del nascituro, ma di tutto il nucleo familiare. D’altra parte, un’estensione generalizzata degli effetti contrattuali finirebbe per svuotare di significato il principio di relatività degli effetti del contratto articolo 1372 c.c. che esplicita la nozione di contratto – articolo 1321 c.c. – che già contiene questo principio, ove fa riferimento all’accordo per costituire, modificare, estinguere “tra loro”, ossia tra le parti, un rapporto giuridico patrimoniale . Pertanto, si esclude l’estensione generalizzata degli effetti protettivi, anche se non mancano opinioni che cercano di estendere tali effetti nei casi di soggetti particolarmente qualificati per i quali sia configurabile un ragionevole affidamento. Per un recente inquadramento si veda NARDI V., nota a Cass. civ., sez. III, 15 settembre 2020, numero 19188, in Resp. Civ. e prev., 2021, 469 .   Il secondo profilo il termine di prescrizione da reato. Questo motivo di impugnazione è stato ritenuto fondato.     È un aspetto interessante degno di nota perché dimostra l’importanza della collegialità delle decisioni è che il Collegio ha ritenuto di dover disattendere sul punto la proposta formulata dal Consigliere relatore. Essendo la domanda giudiziale prospettata come astrattamente riconducibile al delitto di omicidio colposo articolo 589 c.p. , ai sensi dell’articolo 2947, comma 3, c.c. il termine di prescrizione doveva essere ritenuto decennale, in ossequio alla prescrizione del delitto di omicidio colposo nella previsione applicabile ratione temporis dell’articolo 157 c.p. nella versione anteriore alla modifica operata dalla l. numero 251/2005 . Accolto questo motivo di ricorso, la decisione viene cassata con rinvio.

Presidente Amendola – Relatore Guizzi Ritenuto in fatto - che P.M. e R.F. ricorrono, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza numero 2146/19, del 23 maggio 2019, della Corte di Appello di Venezia, che - respingendo il gravame dagli stessi esperito contro la sentenza numero 1694/16, dell’8 giugno 2016, del Tribunale di Verona - ha confermato il rigetto della domanda risarcitoria, per intervenuta prescrizione quinquennale del diritto, proposta dagli odierni ricorrenti nei confronti della Gestione Liquidatoria Azienda Ospedaliera di Verona, in relazione al decesso della loro figlia A. - che, in punto di fatto, i ricorrenti riferiscono di aver adito il Tribunale scaligero affinché, accertata la responsabilità dell’Azienda Ospedaliera di Verona - Policlinico G.B. Rossi di Borgo Roma per fatto del personale medico e paramedico, la stessa fosse condannata a risarcire tutti i danni da essi subiti in ragione della morte della loro bimba, nata il 24 luglio 2001 e deceduta il successivo 28 ottobre, evento mortale che attribuivano ad un’inadeguata assistenza nella fase post-operatoria seguita ad intervento chirurgico dalla stessa subito - che costituitasi in giudizio la Gestione Liquidatoria Azienda Ospedaliera di Verona d’ora in poi, Gestione Liquidatoria , eccepita dalla stessa l’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno, l’adito giudicante - dopo che parte attrice, nella prima memoria autorizzata ex articolo 183 c.p.c., precisava di voler agire anche per il ristoro dei danni sofferti iure hereditatis - istruiva la causa attraverso lo svolgimento di CTU medico-legale, trattenendo la stessa in decisione, all’esito dello scambio degli scritti conclusivi delle parti - che negli stessi il P. e la R. chiarivano ulteriormente di voler conseguire il ristoro dei danni sia iure proprio , con attinenza al risarcimento del danno non patrimoniale da uccisione dello stretto congiunto, o per la privazione del rapporto parentale, sia iure hereditatis per il danno risarcibile ex se da perdita della vita, risentito dagli attori stessi in ragione della loro qualità e del vincolo familiare che indissolubilmente li lega alla figlioletta - che il primo giudice rigettava la domanda, sul presupposto dell’intervenuta prescrizione quinquennale, ex articolo 2947 c.c., comma 1 - che gli attori soccombenti esperivano gravame lamentando, per un verso, che il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi sul capo di domanda con cui essi avevano chiesto, oltre al risarcimento dei danni subiti iure proprio , il ristoro dei danni sofferti iure hereditatis con applicazione del relativo termine prescrizionale , nonché, per altro verso, che la sentenza del primo giudice, nella misura in cui escludeva che la responsabilità contrattuale da contatto sociale , sussistente a carico dell’ente ospedaliero nei confronti del paziente , potesse estendere i suoi effetti anche in favore di soggetti terzi, con conseguente applicabilità del termine di prescrizione decennale - che il secondo giudice, tuttavia, rigettava l’esperito gravame - che avverso la sentenza della Corte lagunare ricorrono per cassazione il P. e la R. , sulla base - come detto - di due motivi - che il primo motivo denuncia - ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 - violazione dell’articolo 1218 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere escluso la ricorrenza, nel caso di specie, della responsabilità da contatto sociale della struttura ospedaliera , ovvero per aver negato la estensione degli effetti protettivi del predetto contratto anche nei confronti dei genitori, oltre che della minore soggetta alle cure della struttura stessa - che, dunque, la censura investe quella parte della decisione con cui la Corte territoriale, sempre nella ricostruzione propostane dagli odierni ricorrenti, dopo aver affermato la natura contrattuale della responsabilità del medico, passa ad esporre i casi in cui il contratto tra l’ente ospedaliero ed il paziente avrebbe effetti protettivi anche nei confronti di altri soggetti, a esso legati da un rapporto particolarmente qualificato , identificando tali casi nella sola ipotesi della omessa diagnosi di malformazioni nel feto nel corso della gravidanza - che, per l’esattezza, il presente motivo si appunta contro il passaggio della sentenza impugnata secondo cui il contatto sociale, dopo la nascita della bambina e per le cure a lei prestate, può aver prodotto effetto esclusivamente verso di lei, ancorché rappresentata dai genitori, ma non nei confronti di costoro personalmente , donde l’insussistenza di un danno iure hereclitatis sofferto dagli appellanti , e con essa la prescrizione del diritto al risarcimento del danno lamentato iure proprio dagli appellanti in seguito al decesso della figlia , dovendo tale diritto farsi valere a norma dell’articolo 2043 c.c. - che secondo i ricorrenti modulare l’estensione dei soggetti destinatari degli obblighi di protezione nascenti dal contatto sociale in base al tipo di danno prodotto per inadempimento del sanitario contrasterebbe con gli articolo 1218 e 1372 c.c., dal momento che non sarebbe ravvisabile diversità alcuna tra le posizioni giuridiche di un padre, che - a causa dell’inadempimento del sanitario sulla persona della madre - diventa genitore di un bambino disabile, rispetto al padre che vede leso il suo rapporto parentale perché il figlio, a causa del medesimo inadempimento, decede , e ciò in quanto egli non è mai parte del contratto di spedalità, eppure nel primo caso è destinatario degli effetti protettivi del contatto sociale, nel secondo caso no - che, d’altra parte, la giurisprudenza di questa Corte -sottolineano i ricorrenti - ha ammesso l’estensione degli effetti protettivi del contratto non solo nel caso di omessa diagnosi prenatale, ma anche di inalpractice medica accaduta durante e immediatamente dopo il parto, e quindi con il minore già in vita è dotato di capacità giuridica - che, infine, la motivazione impugnata evidenzierebbe un salto logico , nella parte in cui afferma, dapprima, l’inapplicabilità della disciplina del contatto sociale, per poi negare la sussistenza di un danno iure hereditatis di cui, sottolineano i ricorrenti, nemmeno si discuteva nel predetto motivo di appello , per poi confermare, per questo aspetto , la prescrizione del diritto al risarcimento del danno iure proprio - che il secondo motivo denuncia - sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 - violazione dell’articolo 2947 c.c., comma 3, e ciò per non avere la Corte territoriale ritenuto applicabile la prescrizione da reato destinata ad operare, secondo i ricorrenti, per un danno iure proprio quale quello in esame , giacché per quanto accertato dal CTU nel primo grado di giudizio , la morte della piccola integra gli estremi dell’omicidio colposo, quantomeno applicando il criterio della causalità adeguata del più probabile che non - che non osta a tale esito la circostanza che siffatta censura non fosse stata oggetto di specifico motivo di appello , trovando nella specie applicazione il principio iura novit curia - che, pertanto, essendo la morte della bimba avvenuta il 28 ottobre 2001, il termine decennale di prescrizione, risultante dal combinato disposto dell’articolo 2947 c.c., comma 3, e degli articolo 589 e 157 c.p. il secondo dei quali applicabile nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L. 5 dicembre 2005, numero 251, articolo 6, comma 1 , si sarebbe interrotto per effetto della missiva del 21 ottobre 2011 recante la richiesta di risarcimento del danno - che ha resistito all’impugnazione, con controricorso, la Gestione Liquidatoria, chiedendo che lo stesso venga dichiarato inammissibile o rigettato, rilevando, in particolare, quanto al secondo motivo come il termine ex articolo 2947 c.c., comma 3, non sarebbe applicabile ad un soggetto la struttura ospedaliera diverso da quelli i sanitari astrattamente passibili di responsabilità penale - che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 26 novembre 2020 - che i ricorrenti hanno presentato memoria, insistendo nelle proprie argomentazioni. Considerato in diritto - che il ricorso è fondato, quanto al suo secondo motivo, ritenendo questo collegio di dover disattendere, sul punto, la proposta formulata dal consigliere relatore - che il primo motivo non è fondato - che nel suo scrutinio, tuttavia, è necessario compiere una duplice precisazione preliminare - che, per un verso, occorre evidenziare come la pretesa risarcitoria azionata dagli odierni ricorrenti, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, riguardi la morte della loro figlia all’esito di due interventi chirurgici alla quale la stessa fu sottoposta a pochi mesi di vita e resisi necessari a causa della artesia congenita delle vie biliari , ovvero della gravissima malformazione epatica che affliggeva la bimba dalla nascita - che, per altro verso, deve sottolinearsi che i genitori della piccola A. , dopo aver rammentato come l’azione intrapresa contro la struttura ospedaliera fosse volta a conseguire il ristoro dei danni subiti tanto iure proprio quanto iure hereditatis , censurano la decisione della Corte territoriale per aver escluso il risarcimento solo dei primi affermando, a pagina 14 del ricorso, che di un danno iure hereditatis , in appello, nemmeno si discuteva , dolendosi, in particolare, del fatto che anche il giudice di appello - al pari del primo giudice, il quale escludeva che la responsabilità contrattuale da contatto sociale , sussistente a carico dell’ente ospedaliero nei confronti del paziente , potesse estendere i suoi effetti anche in favore di soggetti terzi -abbia negato che possa esservi estensione degli effetti protettivi del contratto nei confronti dei genitori oltre che della minore soggetta alle cure della struttura stessa - che, pertanto, nel giudizio di appello non si è discusso e, di riflesso, in quello innanzi a questa Corte non si discute di una pretesa risarcitoria che i genitori della piccola hanno correlato all’inadempimento del contratto da essi concluso con la struttura ospedaliere in qualità di rappresentati della figlia minore e con riferimento ài danni dalla stessa direttamente subiti e fatti valere da Costoro iure hereditatis , quanto, piuttosto, della possibilità di considerare gli odierni ricorrenti terzi protetti dal contratto , con conseguente applicazione, al credito risarcitorio per i danni iure proprio dai medesimi patiti, del termine decennale di prescrizione, in luogo di quello quinquennale di cui all’articolo 2947 c.c., comma 1 - che così inteso, dunque, l’oggetto del primo motivo di ricorso, lo stesso non è fondato - che a tale conclusione conduce, oltre a quanto già affermato in passato da questa Corte Cass. Sez. 3, sent. 8 maggio 2012, numero 6914, non massimata, e Cass. Sez. 3, sent. 20 marzo 2015, numero 5590, anch’essa non massimata, pronunce che entrambe riconducono alla previsione di cui all’articolo 2043 c.c. la pretesa risarcitoria relativa a danni da lesione del rapporto parentale , la puntualizzazione dalla stessa operata, di recente, proprio con riferimento alla figura dei cd. terzi protetti dal contratto - che è stato, difatti, sottolineato che il suo campo di applicazione deve essere circoscritto - nell’ambito della responsabilità medica - al solo sottosistema in cui vengono in rilievo quelli che, nel modo di lingua inglese, vengono definiti come wrongful birth damages così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 8 luglio 2020, numero 14258, Rv. 658316-01 , sicché al di fuori di queste ipotesi l’azione per perdita o lesione del rapporto parentale è di natura solo aquiliana in senso analogo anche Cass. Sez. 3, sent. 6 marzo 2020, numero 14615, non massimata - che, invero, il tratto distintivo della responsabilità contrattuale risiede nella premessa della relazionalità, da cui la responsabilità conseguente alla violazione di un rapporto obbligatorio , sicché il danno derivante dall’inadempimento dell’obbligazione non richiede la qualifica dell’ingiustizia, che si rinviene nella responsabilità extracontrattuale, perché la rilevanza dell’interesse leso dall’inadempimento non è affidata alla natura di interesse meritevole di tutela alla stregua dell’ordinamento giuridico, come avviene per il danno ingiusto di cui all’articolo 2043 c.c. secondo quanto ritenuto da Cass. Sez. Unumero , sent. 22 luglio 1999, numero 500 , ma alla corrispondenza dell’interesse alla prestazione dedotta in obbligazione arg. ex articolo 1174 c.c. , essendo, dunque, la fonte contrattuale dell’obbligazione che conferisce rilevanza giuridica all’interesse regolato così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 11 novembre 2019, numero 28991, Rv. 655828-01 - che su tali basi, dunque, si è affermato che, in forza della relazionalità della responsabilità contrattuale un precipitato, a ben vedere, dell’articolo 1372 c.c., comma 1 , è proprio la natura dell’interesse che segna, per così dire, il limen entro cui risulta possibile integrare - anche in chiave di efficacia protettiva verso terzi, ex articolo 1375 c.c. - il contenuto del contratto, consentendo, così, pure a soggetti che non rivestono la qualità di parte negoziale di agire a norma dell’articolo 1218 c.c. Cass. Sez. 3, sent. 14258 del 2020, cit. - che, in questa prospettiva, pertanto, va qui ribadito che nel territorio del facere professionale - come lo ha definito questa Corte - l’interesse corrispondente alla prestazione che resta pur sempre il solo perseguimento delle leges artis nella cura dell’interesse del creditore si presenta solo strumentale all’interesse primario del creditore stesso ovvero, nel caso della prestazione sanitaria, la tutela della sua salute , il quale, però, non ricade nel motivo irrilevante dal punto di vista contrattuale perché non attiene alla soddisfazione del contingente ed occasionale bisogno soggettivo ma è connesso all’interesse regolato già sul piano della programmazione negoziale e dunque del motivo comune rilevante al livello della causa del contratto così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. numero 28991 del 2019 cit. - che da quanto appena osservato deriva, quindi, che per postulare l’efficacia protettiva del contratto verso terzi occorre che l’interesse di cui essi siano portatori risulti anch’esso strettamente connesso a quello regolato già sul piano della programmazione negoziale - che tale è la ragione per cui nell’ambito delle prestazioni mediche la figura del contratto con efficacia protettiva verso terzi trova il suo luogo di emersione - come si diceva - con riferimento alle relazioni contrattuali intercorse tra la puerpera e la struttura sanitaria e/o il professionista che ne segua la gestazione e/o il parto Cass. Sez. 3, sent. 14258 del 2020, cit. , atteso che la prima si atteggia alla stregua di un soggetto, per così dire, esponenziale degli interessi, oltre che dello stesso nascituro, anche di tutti gli altri soggetti appartenenti allo stretto nucleo familiare in cui il medesimo, una volta nato, andrà ad inserirsi - che non è in aperto contrasto con tale impostazione - che circoscrive, in ambito sanitario, l’operatività della figura dei terzi protetti dal contratto ai componenti della famiglia nucleare in relazione ai danni cagionati in occasione di prestazioni espletate nel corso della gestazione o del parto - i sentenza di questa Corte comunque anteriore alle pronunce da essa adottate nell’anno 2020 sopra citate richiamata dai ricorrenti nel proprio atto di impugnazione e nella memoria ex articolo 380-bis c.p.c., ciò che non rende necessario dare corso alla loro richiesta di rinviare ad una pubblica udienza la decisione del presente ricorso - che, invero, il principio affermato dall’arresto invocato dai ricorrenti si tratta di Cass. Sez. 3, sent. 19 marzo 2018, numero 6689, non massimata , il quale connette al contratto di spedalità effetti protettivi anche nei confronti di chi sia legato da un particolare rapporto di natura familiare ed affettiva al diretto destinatario della prestazione sanitaria in ragione dell’esigenza di riconoscere tutela, oltre al paziente, a soggetti terzi , risulta pur sempre enunciato con riferimento ad un’azione risarcitoria esercita per danni verificatisi, in occasione del parto , ancorché la vittima della malpraetice fosse risultata, in quel caso la partoriente e non il nascituro - che il secondo motivo di ricorso è invece fondato - che la deduzione relativa all’applicabilità di uno specifico termine di prescrizione , e segnatamente, come nel caso che occupa, quello indicato all’articolo 2947 c.c., comma 3 , integra – come osservato dai ricorrenti nella già menzionata memoria ex articolo 380-bis c.p.c. - una controeccezione in senso lato, la cui rilevazione può avvenire anche d’ufficio sebbene nel rispetto dei termini di operatività delle preclusioni relative al thema decidendum previsti nell’articolo 183 c.p.c., qualora sia fondata su nuove allegazioni di fatto , restando inteso, tuttavia, che, ove essa sia basata su fatti storici già allegati entro i termini di decadenza propri del procedimento ordinario a cognizione piena , la sua proposizione, per la prima volta, in Cassazione è ammissibile con il limite della non necessità di accertamenti di fatto così, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 3 novembre 2020, numero 24260 Rv. 659846-01 nello stesso senso già Cass. Sez. 1, sent. 16 maggio 2016, numero 9993, Rv. 639743-01 e Cass. Sez. 3, ord. 21 febbraio 2011, numero 4238, Rv. 617106-01 - che, difatti, l’esame demandato al giudice di legittimità attiene ad una quaestio iuni§ , ossia alla mera qualificazione del fatto - già tempestivamente dedotto - al fine di pervenire all’esatta applicazione della legge in punto di termine di prescrizione ad esso applicabile Cass. Sez. 3, ord. numero 24260 del 2020, cit. - che la morte della piccola A. fosse stata prospettata come astrattamente riconducibile, in tutti i suoi elementi soggettivi ed oggettivi, al delitto ex articolo 589 c.p., risulta, per vero, dallo stesso atto di citazione introduttivo del giudizio, dal momento che la responsabilità della struttura ospedaliera era ipotizzata, come si legge anche in ricorso, per il fatto del personale medico e paramedico imputabile allo stesso per colpa - che, in senso contrario, non può addursi l’argomento fatto valere dalla controricorrente, secondo cui il termine di prescrizione ex articolo 2947 c.c., comma 3, potrebbe, in ipotesi, farsi valere sono nei confronti degli ipotetici autori del reato, ovvero i sanitari, ma non pure nei confronti della struttura - che questa Corte, invero, ha già affermato che l’articolo 2947 c.c., quando fa coincidere il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno con il termine di prescrizione stabilito dalla legge penale, si riferisce, senza alcuna discriminazione, a tutti i possibili soggetti passivi della pretesa risarcitoria, e si applica, perciò, non solo all’azione civile esperibile contro la persona penalmente imputabile, ma anche all’azione civile contro coloro che sono tenuti al risarcimento a titolo di responsabilità indiretta , ovvero, nella specie, contro un ente ospedaliero per fatto illecito di un medico dipendente cfr. Cass. Sez. 3, sent. 6 febbraio 1989, numero 729 Rv. 461769-01 in senso analogo anche Cass. Sez. 3, sent. 28 ottobre 1978, numero 4937, Rv. 394662-01 Cass. Sez. 3, sent. 14 maggio 1977, numero 1941, Rv. 385661-01 - che corretto è, inoltre, anche il calcolo in dieci anni del termine di prescrizione ex articolo 2947 c.c., comma 3, risultando decennale, al momento della commissione del fatto 28 ottobre 2001 , la prescrizione del delitto di omicidio colposo, dovendo nella specie trovare applicazione, catione temporis , il testo dell’articolo 157 c.p. anteriore alle modifiche apportate dalla L. 5 dicembre 2005, numero 251, articolo 6, comma 1, visto che l’articolo 2947 c.c., comma 3, prima parte, individua il termine prescrizionale con la tecnica del rinvio recettizio , rimanendo, però, operativo il principio dell’irretroattività della norma articolo 11 preleggi , per cui - ai fini della determinazione di tale termine - occorre aver riguardo al momento in cui il fatto illecito si e esaurito e non al momento della decisione, poiché e in quel primo momento che si cristallizza il termine prescrizionale Cass. Sez. 3, sent. 27 luglio 2012, numero 13407, Rv. 623635-01 in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 14 marzo 2018, numero 6333, Rv. 648406-01 - che tale termine decennale, prima dell’instaurazione del giudizio, era stato interrotto dalla missiva del 21 ottobre 2011 con cui gli odierni ricorrenti avevano richiesto il risarcimento del danno, potendo questa Corte procedere a tale apprezzamento, visto cha anche l’eccezione di interruzione della prescrizione integra un’eccezione in senso lato e non in senso stretto e, pertanto, può essere rilevata d’ufficio dal giudice sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, dovendosi escludere, altresì, che la rilevabilità ad istanza di parte possa giustificarsi in ragione della normale rilevabilità soltanto ad istanza di parte dell’eccezione di prescrizione, giacché non ha fondamento di diritto positivo assimilare al regime di rilevazione di una eccezione in senso stretto quello di una controeccezione, qual è l’interruzione della prescrizione Cass. Sez. Unumero , sent. 27 luglio 2005, numero 15661, Rv. 583491-01 in senso conforme, più di recente, Cass. Sez. 3, sent. 5 agosto 2013, numero 18602, Rv. 627483-01 Cass. Sez. 3, sent. 30 giugno 2015, numero 13335, Rv. 635919-01 - che all’accoglimento del secondo motivo di ricorso segue la cassazione, in relazione, della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, perché decida nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie, invece, il secondo, cassando, in relazione, la sentenza impugnata e rinviando alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, perché decida nel merito, oltre che per la liquidazione delle spese anche del presente giudizio.