La recidiva può essere riqualificata in appello con conferma della pena di prime cure?

Il giudice di appello, dopo aver riqualificato la recidiva ed operato un suo ridimensionamento per esempio, escludendo la recidiva specifica, ovvero quella infraquinquennale ovvero quella reiterata ovvero ancora tutte le recidive qualificate precedentemente ritenute in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può, senza incorrere nel divieto di reformatio in peius , confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purché questo sia accompagnato da adeguata motivazione.

Condanna per tentata rapina aggravata. La Corte d'Appello di Brescia, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, aveva condannato un'imputata per il reato di tentata rapina aggrava in concorso, previo riconoscimento dell'attenuante del danno di lieve entità articolo 62, numero 4, c.p. , considerata equivalente all'aggravante della recidiva specifica reiterata infraquinquiennale. La difesa ha proposto ricorso in Cassazione, ma la Corte ha ritenuto infondate le doglianze proposte. Comparazione tra circostanze. Sgombrato il campo da ogni dubbio circa la corretta qualificazione della condotta da parte del giudice di merito, il Collegio ha ricordato che secondo le Sezioni Unite sent. numero 33752 del 18/04/2013, Papola , «la conferma da parte del giudice dell'impugnazione dell'esito del precedente giudizio di comparazione tra le circostanze, pur dopo l'esclusione di una circostanza aggravante o il riconoscimento di una ulteriore circostanza attenuante, non viola i principi posti dall'articolo 597 c.p.p., commi 3 e 4, essendo tale conferma soggetta alla sola verifica di adeguatezza della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e ». Difatti « se è indiscutibile che il divieto di reformatio in peius è esteso alle singole componenti che concorrono a formare il trattamento sanzionatorio complessivo, ciò imponendolo la corretta interpretazione dell'articolo 597 c.p.p., commi 3 e 4, da leggersi in correlazione con la regola dell'effetto parzialmente devolutivo posta dal comma 1 del citato articolo, deve da subito porsi in evidenza come le ipotesi derogatorie a siffatta regola previste nel comma 5 non possano, in assenza di specifica previsione, essere parimenti poste in correlazione con il divieto in questione, ad esse essendo estranee - proprio perché introduttive di poteri di ufficio del giudice di appello - quelle argomentazioni circa l'ambito della decisione di appello a fronte dei motivi proposti dall'imputato e del petitum sostanziale della sua impugnazione». Il principio. La sentenza cristallizza dunque il principio di diritto secondo cui «il giudice di appello, dopo aver riqualificato la recidiva ed operato un suo ridimensionamento per esempio, escludendo la recidiva specifica, ovvero quella infraquinquennale ovvero quella reiterata ovvero ancora tutte le recidive qualificate precedentemente ritenute in accoglimento dei motivi proposti dall'imputato, può, senza incorrere nel divieto di reformatio in peius , confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purché questo sia accompagnato da adeguata motivazione».

Presidente Cervadoro – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 07/01/2019, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della pronuncia di primo grado resa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bergamo in data 14/02/2018 che, all'esito di giudizio abbreviato, aveva condannato G.G. per il reato di tentata rapina aggravata in concorso capo A previo riconoscimento dell'attenuante di cui all'articolo 62 c.p., numero 4, equivalente all'aggravante di cui all'articolo 628 c.p., comma 3, numero 1, e alla recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale, qualificata la recidiva contestata come solo infraquinquennale e fermo l'operato giudizio di equivalenza tra circostanze, confermava la pena inflitta alla stessa, pari ad anni uno, mesi dieci di reclusione ed Euro 1.000 di multa. 2. Avverso detta sentenza, nell'interesse di G.G. , viene proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p 3. La ricorrente lamenta quanto segue. -Primo motivo erronea applicazione della legge penale in ordine alla diversa qualificazione giuridica del reato. Si contesta l'inquadramento del fatto nella figura della tentata rapina impropria. Il bene non è stato sottratto da G.G. ma al più da G.S. . La scomposta reazione della ricorrente al comportamento della persona offesa non aveva altro fine che quello di difendersi da un'accusa del tutto ingiusta. -Secondo motivo mancata motivazione in ordine al diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Gli elementi di fatto favorevoli alla ricorrente e positivamente valutati in sede cautelare, erano stati del tutto inopinatamente pretermessi dai giudicanti del merito. -Terzo motivo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla dosimetria della pena. Si censura la decisione di ritenere comunque la recidiva infraquinquennale in quanto risultava dal certificato penale l'emissione di un provvedimento di cumulo da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni con estinzione della pena per esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali inoltre, l'ulteriore condanna figurante nel certificato riguardava fatti assai risalenti nel tempo 2012 , divenuti definitivi nel 2016, ma il fatto era comunque accaduto cinque anni prima rispetto a quello per cui si procede. In ogni caso si censura l'avvenuta reformatio in peius, non essendosi proceduto a diminuire la pena nonostante l'accoglimento dell'appello dell'imputata e l'assenza di gravame da parte dell'accusa. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e, come tale, immeritevole di accoglimento. 2. Aspecifico e comunque manifestamente infondato è il primo motivo. La Corte territoriale ha ampiamento chiarito le ragioni per le quali il fatto di cui al capo A dovesse inquadrarsi nella figura della tentata rapina impropria aggravata in concorso. Risulta infatti dimostrata la condotta di reato in contestazione che ha visto come artefici G.E. , rea della materiale sottrazione all'interno dell'esercizio commerciale di un paio di occhiali, e G.G. , sorella-complice della prima. Le due donne, dopo l'asportazione del bene, resesi conto che la titolare P.A. si era accorta del loro gesto criminoso e si accingeva a telefonare alle forze dell'ordine, la aggredivano verbalmente subito dopo, G.G. strattonava la P. e le toglieva il telefono di mano, spingendola contro il muro e la colpiva con pugni e schiaffi quindi, profferiva nei confronti della medesima espressioni di carattere ingiurioso, mentre G.E. aggrediva fisicamente con calci alle gambe, C.C. , titolare di altro limitrofo esercizio commerciale, nel frattempo intervenuta sul posto in soccorso della P. . Le condotte criminose delle due imputate disvelano la reciproca piena consapevolezza e consequenziale incondizionata adesione alle azioni di violenza e minaccia poste in essere da ciascuna complice nella contestualità condotte e, per quanto rileva, con riferimento a quelle poste in essere dalla ricorrente che, chiaramente, non solo dimostrano la finalità tesa ad evitare le conseguenze giuridiche dell'azione criminosa posta in essere precedentemente ma che comprovano anche la preventiva accettazione dell'azione in ogni suo possibile e prevedibile come verificatosi nella fattispecie sviluppo criminoso da qui la ricorrenza di una fattispecie tipica di concorso ex articolo 110 c.p., e l'esclusione dell'ipotizzato - ed assolutamente infondato - concorso anomalo cfr., in fattispecie assimilabili, Sez. 2, numero 49486 del 14/11/2014, Cancelli, Rv. 261003 Sez. 2, numero 48330 del 26/11/2015, Lia, Rv. 265479 . Con queste argomentate conclusioni, la ricorrente omette di confrontarsi , preferendo la strada, conducente all'inammissibilità, della sostanziale reiterazione del motivo di appello. 3. Infondato è il secondo motivo. In tema di diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche, la ratio della disposizione di cui all'articolo 62 bis c.p., non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti ne deriva che queste ultime possono essere negate - come avvenuto nella fattispecie - anche soltanto in base ai precedenti penali dell'imputato, perché in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla sua personalità Sez. 2, numero 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826 . 4. Infondato è il terzo motivo. 4.1. Va premesso che, già prima del dictum della Suprema Corte nel suo più alto consesso Sez. U, numero 33752 del 18/04/2013, Papola, Rv. 255660 , secondo un rilevante orientamento interpretativo, la conferma da parte del giudice dell'impugnazione dell'esito del precedente giudizio di comparazione tra le circostanze, pur dopo l'esclusione di una circostanza aggravante o il riconoscimento di una ulteriore circostanza attenuante, non viola i principi posti dall'articolo 597 c.p.p., commi 3 e 4, essendo tale conferma soggetta alla sola verifica di adeguatezza della motivazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. e , cfr., Sez. 1, numero 5697 del 28/01/2003, Giulio, Rv. 223442 Sez. 2, numero 42354 del 23/09/2005, Battaglia, Rv. 232742 Sez. 5, numero 13252 del 13/01/2006, Mollicone, Rv. 233981 Sez. 2, numero 47483 del 19/12/2007, D'Angelo, Rv. 239325 Sez. 6, numero 13870 del 16/02/2010, Squillaci, Rv. 246685 Sez. 4, numero 41566 del 27/10/2010, Tantucci, Rv. 248457 Sez. 6, numero 41220 del 03/10/2012, Caravelli, Rv. 254261 Sez. 5, numero 10176 del 17/01/2013, Andries, Rv. 254262 . 4.1.1. In particolare, si è affermato che, se è indiscutibile che il divieto di reformatio in peius è esteso alle singole componenti che concorrono a formare il trattamento sanzionatorio complessivo, ciò imponendolo la corretta interpretazione dell'articolo 597 c.p.p., commi 3 e 4, da leggersi in correlazione con la regola dell'effetto parzialmente devolutivo posta dal comma 1 del citato articolo, deve da subito porsi in evidenza come le ipotesi derogatorie a siffatta regola previste nel comma 5 non possano, in assenza di specifica previsione, essere parimenti poste in correlazione con il divieto in questione, ad esse essendo estranee - proprio perché introduttive di poteri di ufficio del giudice di appello - quelle argomentazioni circa l'ambito della decisione di appello a fronte dei motivi proposti dall'imputato e del petitum sostanziale della sua impugnazione. Inoltre, deve sottolinearsi, da un lato, che l'obbligo di corrispondente diminuzione della pena di cui all'articolo 597 c.p.p., comma 4, è limitato all'accoglimento dell'appello dell'imputato relativo a circostanze o reati concorrenti, ossia solo ad ipotesi interessate da un metodo di calcolo comportante mere operazioni di aggiunta od eliminazione di entità autonome di pena rispetto alla pena-base, senza accenno alcuno ad ipotesi implicanti un giudizio di comparazione dall'altro lato, che nessun richiamo o riferimento al divieto di reformatio in peius è rinvenibile nella disposizione di cui al comma 5 dell'articolo citato che disciplina ipotesi derogatorie alla regola dell'effetto parzialmente devolutivo posta dal comma 1 dello stesso articolo, tra l'altro attribuendo, per quello che qui interessa, al giudice di appello, quando occorre , il potere di effettuare il giudizio di comparazione a norma dell'articolo 69 c.p 4.1.2. Il tenore letterale delle disposizioni dell'articolo 597, commi 4 e 5, entrambe di stretta interpretazione milita, pertanto, a favore dell'orientamento accolto dal Supremo Collegio, non potendosi estendere il regime previsto dall'articolo 597 c.p.p., comma 4, ad ipotesi diverse da quelle in tale comma contemplate e non potendosi procedere, attesa la sua peculiarità, ad una lettura integrata del comma 5 del medesimo articolo sulla base del disposto di cui al comma che lo precede. 4.1.3. Deve, in particolare, rilevarsi come a favore di tale orientamento operino, parimenti, ragioni di ordine sistematico alle quali vanno ricondotte sia la riconosciuta possibilità per il giudice di appello di estrinsecare liberamente, seppure nell'ambito del devolutum, i suoi poteri di cognizione con ampia libertà di motivazione, sia la innegabile autonomia e discrezionalità del giudizio di comparazione che non sempre conduce ad attribuire un peso quantitativamente apprezzabile ad ogni elemento considerato sia l'incongruenza, quindi, di una presunzione assoluta della necessità di modifica del precedente giudizio, di fatto implicante non già una mera riduzione della pena ma una obbligatoria formulazione di un giudizio più favorevole, con conseguente irragionevole parificazione di casi eterogenei ed inaccettabile invasione del campo di valutazione discrezionale del giudice di appello. Ed infatti, ove non si riconoscesse al giudice di appello - allorquando dall'accoglimento dell'impugnazione consegua la necessità di un nuovo giudizio di comparazione - uno spazio deliberativo autonomo, si verrebbe ad attribuire la stessa efficacia demolitrice del giudizio di comparazione operato in primo grado a tutti i casi di sottrazione di una o più circostanze aggravanti od aggiunta di una o più circostanze attenuanti, siano esse afferenti a dati marginali per qualità e quantità ovvero siano esse di estremo rilievo qualitativo o quantitativo Sez. 4, numero 29599 del 07/10/2020, Esposito, Rv. 279712 . 4.2. La medesima regola ermeneutica deve valere nell'ipotesi di riqualificazione in sede di giudizio di appello della recidiva in termini di esclusione di uno o più dei suoi possibili connotati di maggiore aggravamento casi di recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale . Anche in questi casi, infatti, la pena così come il giudizio di bilanciamento tra circostanze possono - per le medesime ragioni dinanzi indicate - rimanere immutati. Da qui l'enunciazione del seguente principio di diritto Il giudice di appello, dopo aver riqualificato la recidiva ed operato un suo ridimensionamento per esempio, escludendo la recidiva specifica, ovvero quella infraquinquennale ovvero quella reiterata ovvero ancora tutte le recidive qualificate precedentemente ritenute in accoglimento dei motivi proposti dall'imputato, può, senza incorrere nel divieto di reformatio in peius , confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purché questo sia accompagnato da adeguata motivazione. 4.3. Tutto ciò premesso, evidenzia il Collegio come, nell'argomentare la propria decisione di mantenere fermo l'operato giudizio di equivalenza e la sanzione applicata alla ricorrente dal primo giudice, la Corte territoriale abbia chiaramente evidenziato come la diversa qualificazione della recidiva ndr., ritenuta solo infraquinquennale non è tale da incidere sul giudizio di comparazione tra circostanze di segno opposto già operato in termini di equivalenza dal primo Giudice, tenuto conto del complessivo peso specifico che connota le aggravanti quella della rapina commessa da più persone, oltre alla recidiva a fronte di quello attribuibile alla riconosciuta attenuante di cui all'articolo 62 c.p., numero 4. Alla luce di quanto fin qui delineato anche con riferimento alla permanente rilevanza della recidiva per quanto riqualificata . , reputa altresì la Corte di mantenere ferma anche la pena irrogata a G.G. , da ritenersi comunque ben calibrata rispetto alla complessiva entità, oggettiva e soggettiva, della vicenda . trattasi di motivazione del tutto congrua rispetto alla valutazione compiuta. 5. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell'articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.