Dietro la formula giurisprudenziale, oramai divenuta familiare e apparentemente chiara, secondo cui è vietato il frazionamento del diritto in sede processuale laddove non vi sia uno specifico e rilevante interesse, si celano dubbi ancora irrisolti e timori più che leciti circa gli effetti che possono derivare da una condotta qualificata in termini di abuso del processo.
Tra i dubbi e i timori - e non sono certamente da poco - troviamo a quanto ai dubbi l'esatta individuazione del perimetro di applicabilità della formula e, quindi, è necessario capire quando siamo in presenza di un “unitario” credito che non si può parcellizzare b quanto ai timori l'individuazione di quali siano o, meglio, quali possano essere le conseguenze della violazione del divieto di frazionamento l'improponibilità della successiva domanda con perdita definitiva di quella “parte” del diritto o, come ritengo, un appropriato regolamento delle spese del giudizio? . Il caso . Il Tribunale di Pistoia con la sentenza del 5 giugno 2021 ha avuto modo di pronunciarsi proprio su questi aspetti della tematica del divieto di frazionamento offrendo quegli spunti finali di riflessione che proporrò tra poco. Era accaduto che, tra le medesime parti, fosse stato proposto un primo giudizio con il quale parte promittente acquirente aveva chiesto la risoluzione per impossibilità sopravvenuta totale del contratto di compravendita di cosa futura ai sensi dell' articolo 1463 c.c. . Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda e, per l'effetto, aveva condannato il promissario venditore a restituire il corrispettivo di euro 150.000,00, oltre agli interessi legali dalla domanda. Senonché, il giudice di appello aveva riformato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva condannato anche al pagamento degli interessi legali in difetto della relativa domanda secondo il giudice di appello gli interessi “in effetti mai [erano stati] richiesti”. Avverso quella sentenza non fu proposto alcun ricorso per cassazione la parte promissaria acquirente preferì, infatti, proporre ricorso per ingiunzione per ottenere il pagamento degli interessi. Il ragionamento di quella parte potrebbe essere stato questo non mi conviene proporre un ricorso per cassazione, meglio proporre domanda ad hoc anche perché non c'è nessuna preclusione in quest'ottica non ci sarebbe alcuna preclusione perché la sentenza di appello era una sentenza di rigetto in rito e, quindi, inidonea a passare in giudicato “sostanziale” . Avverso il decreto ingiuntivo, però, il promissario venditore propone opposizione contestando, per quel che qui più interessa, «l'improponibilità/improcedibilità della domanda monitoria avversaria per illegittimo frazionamento delle pretese a titolo di restituzione del capitale e di corresponsione dei relativi interessi». La soluzione del Tribunale . Orbene, il Tribunale di Pistoia accoglie l'opposizione «nell'ipotesi in cui … sia stata già chiesta e ottenuta tutela giudiziale per il pagamento della sorte capitale, il Giudice cui sia stata successivamente richiesta la corresponsione degli interessi a far data dalla domanda proposta nel primo processo, non può ritenere proponibile siffatta pretesa sul presupposto della sua estraneità alla statuizione contenuta nella pronunzia passata in giudicato, ma deve invece desumere la portata preclusiva di tale statuizione, coperta dal giudicato, dalla prima domanda proposta dal creditore in rapporto al summenzionato principio dell'infrazionabilità del credito». La successiva domanda avente ad oggetto gli interessi risulterebbe, quindi, preclusa per l'operare – così dice il Tribunale – del principio del dedotto e del deducibile e, quindi, in quest'ottica sembra che il divieto di frazionamento abbia effetti conformativi sui limiti oggettivi del giudicato . Il principio di correttezza e buona fede – precisa il giudice – impedisce di chiedere in un secondo momento gli interessi già maturati al momento della proposizione della domanda sul capitale perché non se ne ravvisa alcun interesse anzi, «costituisce una forma di abuso del processo ostativo all'esame della seconda domanda». Secondo il Tribunale occorre fare applicazione del principio enunciato della Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza numero 23726/2007 secondo cui «è contraria alla regola generale di correttezza e buona fede, in relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all' articolo 2 Costituzione , e si risolve in abuso del processo ostativo all'esame della domanda , il frazionamento giudiziale contestuale o sequenziale di un credito unitario». Peraltro, osserva la Corte nel primo giudizio non risultava neppure effettuata «alcuna riserva di azione per il pagamento degli interessi». La tendenza della giurisprudenza … La sentenza del Tribunale di Pistoia si colloca sulla linea di altre pronunce che sono pervenute al medesimo risultato. Mi riferisco, ad esempio, alla sentenza del Tribunale di Mantova del 3 novembre 2009 e che aveva dato luogo ad un articolo di Fabio Cossignani dal significativo ed eloquente titolo “ Fin dove si spinge il principio di infrazionabilità della domanda il caso del capitale e degli interessi ” oltre a quella del Tribunale di Salerno richiamata nella motivazione. Tuttavia, nella motivazione della sentenza non troviamo alcun riferimento alla giurisprudenza della Cassazione che negli anni successivi è tornata ad occuparsi del tema del divieto di frazionamento. … e gli effetti pratici . Quali, in conclusione, gli effetti pratici di un simile orientamento? Il primo attiene all'ambito oggettivo del divieto di frazionamento. Quando si parla del divieto di frazionamento si dovrebbe tutt'al più fare riferimento all'unico diritto derivante da un unico rapporto le diverse fatture per un'unica fornitura oppure generato da un unico fatto illecito le più voci di risarcimento del danno a seguito di sinistro stradale . Successivamente, però, la giurisprudenza sembra aver ampliato così da far ricomprendere anche più crediti derivanti dall'unico rapporto e non da oggi, come dimostra la sentenza del Tribunale di Pistoia, anche alle ipotesi degli accessori come nel rapporto tra capitale e interessi . Anzi, secondo la giurisprudenza più recente mi riferisco alla sentenza 24 maggio 2021, numero 14143 dove la Corte di Cassazione ha ritenuto che non potesse essere frazionata la tutela dei crediti nati da fatti costitutivi diversi – le diverse procure alle liti – facenti capo però ad un rapporto unitario – quello di consulenza – peraltro concluso al momento della proposizione della domanda si dovrebbe fare riferimento alla “ medesima vicenda esistenziale” e “sostanziale” sia pure connotata da aspetti in parte dissimili . Si recupera, così, valorizzandolo, quell'orientamento delle Sezioni Unite del 2015 che aveva ampliato la modificabilità delle domande ai sensi dell' articolo 183 c.p.c. fino a ricomprendere quelle che sono state chiamate “ domande complanari ”. L'obiettivo perseguito dalla giurisprudenza è quello di “favorire una soluzione della complessiva vicenda sostanziale ed esistenziale portata dinanzi al giudice in un unico contesto invece di determinare la potenziale proliferazione dei processi” così Cass. Civ., numero 12310/2015 . Il secondo effetto pratico riguarda l'individuazione delle conseguenze della violazione. Il giudice non pensa che queste debbano essere ricercate sul piano delle spese processuali, ma su quello della improponibilità della domanda e, quindi, facendo perdere il diritto rectius secondo questo orientamento una parte del diritto non fatto valere fondando l'inammissibilità della seconda domanda sull' articolo 100 c.p.c. che richiede, per l'appunto, come presupposto processuale l' interesse ad agire ovvero, se ben si comprende, su una lettura più ampia dei limiti oggettivi del giudicato . Osservazioni critiche. Su questo aspetto avevo avuto modo di osservare Morte e resurrezione dei diritti per via giurisprudenziale in nome del giusto processo e della ragionevole durata nell'edizione del 27 maggio 2015 che, se si può convenire sull'abusività del frazionamento senza alcun interesse, la sanzione per quella condotta non può consistere in un rigetto nel merito della seconda domanda frazionata come sosterrebbe parte della dottrina e della giurisprudenza Trib. Salerno, 23 gennaio 2013 richiamata oggi anche dal Tribunale di Pistoia o nell'inammissibilità della stesa come sembra propensa parte della giurisprudenza . Ed infatti, se le norme sull'interesse ad agire e il principio del giusto processo possono portare ad affermare che l'azione è stata esercitata in modo abusivo per aver sacrificato indebitamente l'altrui interesse, la sanzione non può che consistere – in modo del tutto, direi, appropriato – in una sanzione che opera sul terreno delle spese processuali senza dar luogo a forme anomale e non previste di estinzione dei diritti sul piano sostanziale per via giurisprudenziale anche indiretta o di fatto per via dell'inammissibilità dell'azione . E ciò partendo proprio dal presupposto del divieto di frazionamento che consiste nell'indebita parcellizzazione di un credito senza alcun interesse perché provoca un sacrificio alla controparte. Ed allora, poiché nella norma quel sacrificio imposto rectius che si vorrebbe imporre alla controparte è un aggravio di spese, per raggiungere lo scopo di sanzionare questo comportamento, sarebbe sufficiente agire proprio sulle spese facendole gravare sulla parte attrice che inoltre potrebbe pure essere sanzionata ulteriormente ex articolo 96 comma 3 c.p.c. . La perdita del diritto è sanzione troppo gravosa rispetto allo scopo. Quello scopo può essere realizzato, come abbiamo visto, con una sanzione proporzionata e anche per questo appropriata al caso e, quindi, ragionevole e conforme alla Costituzione. Con una sanzione che, quindi, avrebbe anche come vantaggio quello di non produrre “ esternalità negative ” sul piano generale del recupero del credito così si era espressa la sentenza numero 4090 del 2017 della Corte di Cassazione . Nulla vieta, infine, che la giurisprudenza – come del resto ha già fatto in qualche occasione – confermi le sanzioni disciplinari a carico dell'avvocato ritenendo che il frazionamento del credito rientri nel divieto incombente all'avvocato di aggravare la posizione della controparte. In ogni caso, anche alla luce di quest'ultimo intervento l'avvocato dovrà avere cura di non frazionare il credito unitario e di non frazionare capitale e interessi. Ciò ovviamente laddove non vi sia un interesse apprezzabile e dopo aver fatto opportunamente o necessariamente? una riserva di successiva richiesta.
Giudice Venzo Motivi della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato la società G. s.r.l., in persona del liquidatore pro tempore, ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo numero 665/2018 emesso dal Tribunale di Pistoia in data 8.6.2016 e depositato l'11.6.2016 in favore di M.G.P., S.V. e M.V., col quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di euro 21.348,34, oltre agli interessi ed alle spese della fase monitoria, a titolo di interessi maturati sul capitale pari all'importo di euro 150.000,00 s.r.l. che la l'opponente era già stata condannata a corrispondere in forza della sentenza del Tribunale di Livorno numero 1148/2011, passata in giudicato in parte qua. In fatto, parte opponente ha esposto che a in data 30.5.2002, la società Pervi sas -cui a seguito di cancellazione subentravano le socie, sig.re M.G.P., S. e M.V. stipulava compravendita di cosa futura un immobile realizzando nel termine essenziale di trenta mesi in località Procchio, all'Isola d'Elba con la -allora Immobiliare Edilmare S.r.l., poi incorporata da Sunrise RE S.p.A., a sua volta incorporata dalla G. s.r.l. b In tale atto, la società venditrice-odierna opponente quietanzava il pagamento del prezzo di euro 150.000,00 c successivamente, la cosa futura non veniva ad esistenza d con atto di citazione notificato il 18.7.2006, le opposte chiedevano, in tesi, l'adempimento del contratto in subordine, nel corso del giudizio, la risoluzione del contratto, la restituzione del prezzo senza poi reiterare tale richiesta in sede di precisazione delle conclusioni e il risarcimento dei danni d il giudizio veniva definito con sentenza numero 1142/2011, emessa e depositata il 28.11.2011, con la quale il Tribunale di Livorno dichiarava la risoluzione per impossibilità sopravvenuta totale del contratto di compravendita di cosa futura ai sensi dell'articolo 1463 c.comma e condannava l'odierna opponente a restituire alle opposte il corrispettivo di euro 150.000,00, oltre pur in difetto della relativa domanda interessi legali dalla domanda giudiziale del 18. 7.2006 e tale decisione veniva impugnata da G. S.r.l. con unico motivo nel quale censurava la disposta restituzione sia del prezzo che dei relativi interessi legali, quali ultrapetizioni per difetto delle relative domande nel contraddittorio processuale di primo grado f le odierne opposte, costituendosi nel giudizio di appello, chiedevano il rigetto del gravame e la conferma della sentenza impugnata in punto di condanna alla restituzione del prezzo con gli interessi e, con appello incidentale, insistevano per il risarcimento dei maggiori danni assumendo l'imputabilità alla costruttrice-venditrice della mancata venuta ad esistenza dell'immobile oggetto di negoziazione g la Corte d'Appello di Firenze, accogliendo l'appello principale e rigettando quello incidentale, con sentenza numero 662/2018, emessa il 20.2.2018 e pubblicata il successivo 21.3.2018, revocava la condanna al pagamento degli interessi legali sul prezzo restituendo, espressamente confermando, per il resto, la sentenza numero 1142/2011 del Tribunale di Livorno h nelle more fra l'una e l'altra sentenza, G. S.r.l., compulsata dalle sig.re P. e V., saldava il dovuto per capitale pari ad euro 150.000,00 e per interessi legali dalla domanda giudiziale notificata il 18.7.2006, nella misura calcolata e richiesta dalle opposte -solo nell'atto di precetto notificato per PEC in data 1. 9.2017, pari ad euro 21.348,34. In diritto, parte opponente ha eccepito l'improponibilità/improcedibilità della domanda monitoria avversaria per illegittimo frazionamento delle pretese a titolo di restituzione del capitale e di corresponsione dei relativi interessi ha eccepito la prescrizione del diritto ad interessi ex articolo 2948 numero 4 c.c. ha contestato l'esistenza del diritto della opposta al pagamento degli interessi in questione, in quanto – essendo incontroversa la buona fede dell'accipiens – questi non potrebbero che maturare ex articolo 2033 c.comma dal giorno della domanda giudiziale introdotta con ricorso monitorio 6.4.2018 , quando però il capitale risultava già restituito marzo 2018 ha eccepito l'inesistenza originaria di prova scritta del credito fatto valere in via monitoria. Tanto premesso in fatto ed in diritto, l'opponente ha quindi concluso, in via preliminare, per la sospensione ex articolo 649 c.p.comma del decreto ingiuntivo opposto nel merito, previa revoca del decreto ingiuntivo opposto, per il rigetto della domanda avversaria in via riconvenzionale, per la condanna delle opposte, in solido tra loro, al pagamento della somma di euro 21.348,34, oltre interessi al tasso di cui all'articolo 1284, comma quarto, c.comma o, in via gradata, al tasso legale ordinario dalla domanda al saldo. Costituendosi in giudizio, le opposte hanno eccepito l'invalidità della opposizione della società G. srl poiché priva di valido mandato alle liti in assenza di necessaria autorizzazione dei procuratori speciali a ciò preposti evidenziato che la Corte d'Appello di Firenze, con statuizione non di merito ma di mero rito, si è limitata a riformare la sentenza di primo grado limitatamente al capo in cui condannava l'odierna opponente al pagamento degli interessi sulla somma pagata a titolo di prezzo, con decorrenza dalla domanda al saldo, “in quanto espressione di ultrapetizione” hanno precisato di essersi viste costrette a domandare un nuovo accertamento giurisdizionale, dopo aver non solo richiesto ma anche ottenuto, il pagamento degli interessi di cui trattasi, soltanto alla luce della sentenza di rito emessa sul punto della Corte di Appello di Firenze hanno sottolineato l'opportunità che le parti, previa compensazione dei reciproci rapporti di debito-credito, dovrebbero “abbandonare” la presente causa si sono opposte alla eccezione di prescrizione e di improponibilità/improcedibilità della domanda monitoria avversaria per illegittimo frazionamento del proprio credito verso l'opponente hanno dato atto di come il quantum della pretesa oggetto di ricorso monitoria non risulti contestata. Tanto premesso, hanno concluso perché, in via pregiudiziale, fosse dichiarata invalida l'opposizione della società G. srl poiché priva di valido mandato alle liti in assenza di necessaria autorizzazione dei procuratori speciali a ciò preposti in via principale, hanno chiesto dichiararsi l'integrale compensazione fra le parti delle somme richieste a titolo di interessi o in quelle minori che saranno ritenuta di giustizia, con vittoria di spese. Alla prima udienza dell'8.1.2019, il giudice istruttore, precedente assegnatario di questo procedimento, ha sospeso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e fissato udienza di precisazione delle conclusioni. All'udienza del 16.2.2021, le parti hanno precisato le conclusioni. Il giudice ha quindi trattenuto la causa in decisione con concessione dei termini di cui all'articolo 190 c.p.c., richiamato dall'articolo 281 quinquies co. 1. c.p.c. In via preliminare, va rigettata l'eccezione di invalidità della procura alle liti della società poiché priva dell'autorizzazione dei soggetti a ciò preposti. Invero, la procura ad litem di cui trattasi è stata rilasciata da F.G., in qualità di legale rappresentante della G. s.r.l., conformemente alle previsioni dello statuto societario che espressamente attribuiscono al suddetto soggetto, disgiuntamente o congiuntamente al co-amministratore G.G. a seconda che il valore dell'atto da compiere sia inferiore o meno ad euro 50.000,00, il potere di rappresentanza della società “di fronte ai terzi ed in giudizio”. Per contro, i procuratori speciali G.A.S. e A.F. risultano muniti di poteri di rappresentanza limitatamente al compimento di atti di contenuto economico a titolo esemplificativo, disposizioni e prelevamenti da conti correnti bancari e postali, girata di assegni, cessione di crediti, riscossione somme ecc. , purché non comportanti impegni di spesa superiori ad euro 20.000 cfr. visura camerale società opponente – docomma 6 fascicolo opposte , ipotesi queste non ricorrenti nel caso di specie. Va ora esaminata l'eccezione preliminare di improponibilità della domanda avanzata in via monitoria, in relazione alla inosservanza, ad opera della parte opposta, del principio di infrazionabilità del credito, sancito dalla Suprema Corte con pronunzia a Sezioni Unite del 15.11.2007, numero 23726, la cui violazione deve essere sanzionata con una pronunzia -in rito di improponibilità della domanda Cass. 28719/2008 15476/2008 . Ebbene, con mutamento di orientamento rispetto al passato, il Supremo Organo di nomofilachia cfr. Sez. Unumero 23726/2007 ha definitivamente chiarito che non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l'esecuzione del contratto ma anche nell'eventuale fase dell'azione giudiziale per ottenere l'adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l'ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale. Nel caso di specie è incontroverso che si è svolto tra le stessi parti altro giudizio avanti al Tribunale di Livorno, definito con sentenza che ha dichiarato la risoluzione per impossibilità sopravvenuta totale del contratto di compravendita di cosa futura del 20.5.2002 e condannato l'odierna opponente a restituire alle sig.re Perego e Viganò il corrispettivo versato di euro 150.000,00, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale del 18.07.2006, avendo il giudice livornese appurato la buona fede dell'accipiens cfr. sentenza Tribunale di Livorno numero 662/2018 pubblicata in data 21.3.2018 – docomma 5 fascicolo monitorio . È poi documentale che la Corte d'Appello di Firenze, in accoglimento dell'appello principale proposto da G. s.r.l., con sentenza numero 662/2018, emessa il 20.02.2018 e pubblicata il successivo 21.03.2018, ha ritenuto affetta da ultrapetizione e dunque revocato la statuizione di condanna al pagamento degli interessi sulla somma pagata e da restituire, posto che questi non risultavano “in effetti mai richiesti” dalle odierne opposte, confermando, per il resto, la sentenza del Tribunale di Livorno cfr. docomma 5 fascicolo opponente . La sentenza della Corte di Appello fiorentina non risulta essere stata fatta oggetto di ricorso in cassazione e dunque è da ritenersi passata in giudicato. Ciò rilevato, si ritiene che nell'ipotesi in cui come nella specie sia stata già chiesta e ottenuta tutela giudiziale per il pagamento della sorte capitale, il Giudice cui sia stata successivamente richiesta la corresponsione degli interessi a far data dalla domanda proposta nel primo processo, non può ritenere proponibile siffatta pretesa sul presupposto della sua estraneità alla statuizione contenuta nella pronunzia passata in giudicato, ma deve invece desumere la portata preclusiva di tale statuizione, coperta dal giudicato, dalla prima domanda proposta dal creditore in rapporto al summenzionato principio dell'infrazionabilità del credito. In altre parole, se il creditore di una somma di denaro ha già agito per conseguire la sorte capitale, non può proporre successivamente un'altra azione per richiedere gli interessi maturati a far data dalla prima domanda giudiziale proposta, in quanto il frazionamento di tali pretese, derivanti da unico rapporto obbligatorio, si pone, per un verso, in contrasto con il principio di correttezza e buona fede e per altro verso costituisce una forma di abuso del processo ostativo all'esame della seconda domanda. Ulteriore conferma del carattere abusivo della iniziativa giudiziale delle opposte è data dalla circostanza che l'importo a titolo di interessi richiesto in pagamento in questo secondo giudizio risultava già incamerato dalle stesse prima del deposito del ricorso monitorio, in forza della statuizione di condanna contenuta nella sentenza del Tribunale di Livorno, poi riformata in appello in parte qua, con la conseguenza che l'opponente si è trovato costretto spiegare opposizione ex articolo 645 c.p.comma avverso il decreto ingiuntivo, peraltro chiesto ed ottenuto provvisoriamente esecutivo, onde evitare di trovarsi a subire una seconda azione esecutiva per il pagamento del medesimo credito. Questo Tribunale peraltro non ignora che le Sezioni Unite, in un obiter dictum, con riferimento alla eventualità in cui in un primo procedimento il creditore abbia omesso di chiedere la condanna del proprio debitore oltre che al pagamento della somma capitale anche degli interessi, si sono espresse favorevolmente rispetto alla possibilità di invocare in un successivo giudizio una pronunzia sui soli interessi cfr. in parte motiva Cass. Sez. Unumero 4510/2006 . Va tuttavia osservato come una simile valutazione, che portava ad escludere nella menzionata ipotesi l'operatività del principio per cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, veniva espressa alla luce del dictum affermato sempre a Sezioni Unite nella pronuncia del 10 aprile 2000, numero 108, secondo cui “è ammissibile la domanda giudiziale con la quale il creditore di una determinata somma, derivante dall'inadempimento di un unico rapporto, chieda un adempimento parziale, con riserva di azione per il residuo, trattandosi di un potere non negato dall'ordinamento e rispondente ad un interesse del creditore, meritevole di tutela, e che non sacrifica, in alcun modo, il diritto del debitore alla difesa delle proprie ragioni” così Sez. Unumero 108/2000 . Orbene, premesso che l'orientamento da ultimo richiamato è stato superato dalle stesse Sezioni Unite nella pronunzia in tema di infrazionabilità del credito più sopra evocata Sez. Unumero 23726/2007 , ne va esclusa in ogni caso l'applicabilità nel caso che ci occupa, posto che alcuna riserva di azione per il pagamento degli interessi risulta essere mai stata posta dalle ingiungenti nel primo giudizio definito con sentenza passata in giudicato. Mette poi conto evidenziare come, a fronte della eccezione di improponibilità della domanda per il pagamento degli interessi fatta valere in via monitoria, non risulta sussistente alcun interesse sostanziale oggettivamente valutabile delle opposte a supporto della esigenza di ricorrere ad una tutela processuale frazionata del proprio credito. Invero, posto che la valutazione circa la possibilità di ottenere o meno la tutela processuale unitaria del credito ab origine va operata con riferimento al momento in cui è stato introdotto il primo giudizio, quando indubitabilmente non sussisteva alcuna ragione ostativa per le odierne opposte a chiedere il pagamento – oltre che della somma capitale anche degli interessi, l'esigenza sostanziale di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento non può certo ravvisarsi nella necessità di prevenire l'azione esecutiva della G. s.r.l. a seguito della sentenza della Corte di Appello di parziale riforma della pronuncia del giudice livornese in tal senso si vede comparsa di costituzione e risposta p. 5 , costituendo questa piuttosto proprio la conseguenza della scelta difensiva delle creditrici di non formulare nel primo giudizio apposita domanda in punto di interessi. Vale peraltro la pena evidenziare come le opposte, sempre al fine di confutare l'eccezione di improponibilità avversaria, aggiungono che “ non solo non hanno frazionato la domanda ma anzi l'hanno proposta ed hanno ottenuto il pagamento degli interessi dalla controparte, pur in forza di un sentenza poi riformata” cfr. comparsa di costituzione e risposta p. 7 . Trattasi tuttavia di una argomentazione difensiva oltre che priva di pregio, in quanto contrastante con quanto statuito dalla Corte di Appello di Firenze in ordine alla mancata proposizione di siffatta domanda nel procedimento livornese, anche lato sensu “confessoria” della inammissibilità della domanda svolta in questo secondo giudizio, in quanto – in accordo con una simile prospettazione difensiva – l'unica azione giudiziale percorribile sarebbe stata allora il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado ritenuta errata. Sulla scorta delle considerazioni che precedono deve dunque concludersi per l'improponibilità della domanda da M.G.P., S.V. e M.V., volta a conseguire gli interessi legali sull'importo di euro 150.000,00 pagato dalla G. s.r.l. in esecuzione della sentenza del Tribunale di Livorno, giacché le odierne opposte al momento della proposizione della domanda di restituzione del prezzo della contratto di compravendita dichiarato risolto disponevano già di tutti gli elementi di fatto e di diritto per far valere contestualmente i crediti dovuti loro sia per il capitale sia per gli interessi in questo stesso senso si v. Tribunale di Salerno sez. II, 23.1.2013, numero 214 . Conseguentemente, il decreto ingiuntivo opposto deve essere revocato. Tutte le ulteriori eccezioni svolte dalla opponente risultano perciò assorbite. Va ora esaminata la domanda riconvenzionale della opponente volta ad ottenere la restituzione di quello stesso importo di euro 21.348,34, versato in esecuzione delle sentenza del Tribunale di Livorno di condanna al pagamento degli interessi legali sulla somma di euro 150.000,00 decorrenti dal 18.7.2006 e fino al saldo, dichiarata affetta da ultrapetizione e dunque revocata dalla Corte di Appello di Firenze con pronuncia ormai coperta da giudicato cfr. docomma 5 fascicolo opponente . Incontroverso, per ammissione delle stesse opposte, l'avvenuto pagamento nel marzo 2018 cfr. v. supra della somma in discorso, così come il sopravvenuto venir meno del relativo titolo, costituito dalla sentenza del Tribunale di Livorno riformata in parte qua, la domanda dell'opponente risulta dunque fondata. Conseguentemente, M.G.P., S.V. e M.V. vanno condannate, in solido tra loro, al pagamento della somma di euro 21.348,34. Vista la domanda in tal senso proposta dalla parte interessata, su tale somma devono essere altresì corrisposti gli interessi al saggio legale di cui all'articolo 1284 co. 1 c.comma dalla domanda proposta in via riconvenzionale notifica dell'atto di citazione in opposizione avvenuta in data 26.9.2018 e fino al soddisfo. Si ritiene non applicabile il saggio d'interesse previsto dall'articolo 1284 co. 4 c.c., non ricorrendo nella specie un caso di inadempimento di obbligazioni di fonte contrattuale cfr. Cass. 28409/2018 , posto che l'obbligo restitutorio non trova propriamente la sua fonte nel contrato stipulato inter partes, quanto piuttosto nel venir meno della statuizione di condanna affetta da ultrapetizione. Le spese di lite seguono la soccombenza delle opposte vanno pertanto liquidate come da DM 55/2014, in ragione del valore della causa da euro 26.000 ad euro 52.000 e della natura del procedimento, con applicazione di valori medi per tutte le fasi del procedimento di opposizione, ad eccezione di quella istruttoria per la quale si applicano valori inferiori ai medi tenuto conto della assenza di istruttoria orale e del mancato deposito di memorie ex articolo 183 co. 6 c.p.comma Si ritiene giustificato l'aumento del 30 % per aver l'opponente utilizzato tecniche informatiche che agevolano la consultazione o la fruizione di atti e allegati nell'ambito del PCT cfr. articolo 4 co. 1-bis . Non può trovare accoglimento, infine, la domanda di condanna delle opposte ex articolo 96 co. 3 c.p.comma invocata dall'opponente nella comparsa conclusionale. Invero, pur integrando la condotta delle parti soccombenti abuso degli strumenti processuali, per la ragioni esposte supra, al fine di escludere il requisito della colpa grave in capo alla medesime non può disconoscersi rilievo alla esistenza di un orientamento giurisprudenziale favorevole alla tesi del frazionamento del credito, avallato anche delle Sezioni Unite, che è stato superato solo a partire dalla sentenza numero 23726/2007, sempre a Sezioni Unite. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così dispone in accoglimento dell'opposizione spiegata, dichiara l'improponibilità della domanda proposta in via monitoria dalle opposte, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo numero 665/2018 emesso dal Tribunale di Pistoia in data 8.6.2016 e depositato l'11.6.2016 in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla opponente, condanna M.G.P., S.V. e M.V., in solido tra loro, al pagamento, in favore di G. S.r.l., della somma di euro 21.348,34, oltre interessi al tasso di cui all'articolo 1284 co. 1 c.comma dalla domanda 26.9.2018 al saldo condanna le opposte in solido tra loro alla rifusione delle spese processuali liquidate per compensi professionali in euro 5.661,50, oltre euro 145,50 per esborsi, oltre spese generali al 15%, oltre Iva e Cap come per legge, da distrarsi ex articolo 93 c.p.comma in favore del procuratore avv. E.M. dichiaratosi antistatario