Revoca fallimentare dell’operazione anomala di anticipo su fatture in conto corrente

Nell’ambito di un’operazione di anticipo su fatture regolata in conto corrente, il concreto mancato riaccredito da parte della banca sul conto corrente ordinario della cliente della somma incassata dal terzo, debitore del proprio cliente, ed il suo utilizzo per estinguere pregresse passività del correntista, costituisce una modalità “anomala” di estinzione dell’obbligazione integrante una causa di revoca a norma dell’articolo 67, comma 1, numero 2, l. fall

Il principio è stato affermato dalla Suprema Corte con l'ordinanza numero 19187/21, depositata il 6 luglio nell'ambito di una controversia relativa alla revoca ex articolo 67, comma 2, l. fall. di un'anticipazione bancaria accordata da ad una società poi fallita. La vicenda è giunta in Cassazione su ricorso della banca. Operazioni anomale. Dalla ricostruzione della vicenda emerge l'anomalia dell'operazione posta in essere dalla banca per estinguere le precedenti passività accumulate dal cliente. Tale attività non è infatti consistita nell'erogazione dell'anticipazione a fronte dello smobilizzo di crediti, né tantomeno nella asserita prassi di farsi consegnare dal cliente assegni post datati emessi dal debitore del cliente a copertura delle fatture anticipate. Come sottolinea la pronuncia «quello che, nel caso di specie, rende “anomala” un'operazione di anticipazione che astrattamente risponderebbe alla normale prassi bancaria è il fatto che la banca ha gestito tale operazione non secondo le ordinarie modalità, ma l'ha utilizzata per estinguere propri debiti». Tale affermazione emerge dalle risultanze della consulenza d'ufficio contabile resa in seconde cure e non censurata dalla banca nel ricorso per cassazione. Ne discende, in conclusione, il rigetto del ricorso con l'affermazione del principio secondo cui «nell'ambito di un'operazione di anticipo su fatture regolata in conto corrente, il concreto mancato riaccredito da parte della banca sul conto corrente ordinario della cliente della somma incassata dal terzo, debitore del proprio cliente, ed il suo utilizzo per estinguere pregresse passività del correntista, costituisce una modalità “anomala” di estinzione dell'obbligazione integrante una causa di revoca a norma dell'articolo 67 comma 1° numero 2 legge fall.».

Presidente Genovese – Relatore Fidanzia Fatti di causa La Corte d'Appello di Catania, in parziale accoglimento dell'appello principale proposto dal Fallimento omissis s.r.l., e in parziale riforma della sentenza numero 372/2007 del Tribunale di Ragusa, ha condannato Intesa San Paolo s.p.a. al pagamento della somma complessiva di Euro 225.475,75, oltre interessi dalla domanda al soddisfo, di cui Euro 154,937,10 in conseguenza della revoca, L. Fall., ex articolo 67, comma 1, numero 2, dell'operazione di anticipazione bancaria di cui alla lettera b dell'atto di citazione dell'importo di Lire 240.000.000, accordata alla società poi fallita con scrittura del 8.7.1997, pari all'80% dell'importo della fattura numero 20 del 3.7.1997 di Lire 300.000.000 emessa dalla omissis s.r.l., allora in bonis, a carico della omissis s.r.l., e la somma residua di Euro 70.538,65 in conseguenza della revoca, L. Fall., ex articolo 67, comma 2, di tutti i pagamenti liquidi ed esigibili compiuti dalla fallita in favore della banca nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. Il giudice di secondo grado, in primis, ha disposto la revoca dell'operazione di anticipazione sopra descritta, caratterizzata dalla consegna, da parte della società poi fallita alla banca, di assegni post datati emessi dal debitore omissis s.r.l. per l'importo complessivo di Lire 300.000.000, in quanto ritenuta non normale , a norma della L. Fall., articolo 67, comma 1, numero 2. Inoltre, è stata dichiarata l'inefficacia – L. Fall., ex articolo 67, comma 2 - delle rimesse affluite, nell'anno anteriore al fallimento, sui conti correnti della omissis s.r.l., sul rilievo che era stata fornita la prova della consapevolezza da parte della Banca dello stato di decozione della società poi fallita, alla luce di una pluralità di elementi presuntivi specificamente indicati. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Intesa San Paolo s.p.a., affidandolo a tre motivi. La curatela del fallimento Fallimento omissis s.r.l. ha resistito in giudizio con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato la memoria ex articolo 180 bis.1 c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione della L. Fall., articolo 67, comma 1, numero 2, sul rilievo che le operazioni di anticipo su fatture e correlativi incassi ed addebiti sul conto sono stati posti in essere nel pieno rispetto della tecnica bancaria, non rivestendo alcun requisito di anormalità . In particolare, l'istituto di credito ricorrente ha, preliminarmente, descritto come si articola l'operazione di anticipo fatture per smobilizzo crediti vi è un iniziale addebito con causale utilizzo credito su un conto corrente espressamente dedicato a tale operatività rappresentato, nel caso di specie, dal c/c numero omissis per un importo pari al finanziamento accordato solitamente nella misura del 80% dell'importo indicato in fattura . In contropartita, il pagamento effettuato dal debitore del cliente della banca viene accreditato a chiusura dell'operazione sul conto ordinario nel caso di specie rappresentato dal c/c numero 10/977 con la medesima causale utilizzo credito , mentre la parte non oggetto di anticipo viene messa a disposizione del cliente sul conto ordinario . La banca ricorrente ha poi evidenziato, con riferimento al caso in esame, che la circostanza che lo stesso istituto fosse rientrato dall'anticipo fatture non tramite un pagamento diretto da parte del debitore omissis a favore della omissis alla scadenza delle fatture, ma con il versamento nel medesimo conto omissis di assegni emessi dal omissis al momento dell'emissione delle fatture con date post datate rispetto alle singole scadenze, non presenta alcunché di anormale il venditore/fornitore di servizi si cautela nei confronti del suo cliente facendosi consegnare gli assegni a copertura degli importi delle fatture e la banca a sua volta si garantisce nei confronti del soggetto cui ha anticipato le fatture nella specie la omissis facendosi, a sua volta, consegnare gli assegni che verserà nei conti alle scadenze. 2. Il motivo è infondato, ma la motivazione della sentenza impugnata va parzialmente corretta a norma dell'articolo 384 c.p.c., u.c Ad avviso di questo Collegio, l'anomalia dell'operazione posta in essere dalla Banca, nel caso di specie, per estinguere precedenti passività accumulate dal cliente non sta affatto nel meccanismo - ben descritto dall'istituto di credito nel punto 1 - attraverso cui avviene l'erogazione dell'anticipazione a fronte dello smobilizzo dei crediti e neppure nella asserita prassi di farsi consegnare dal cliente assegni post datati emessi dal debitore del cliente a copertura degli importi delle fatture anticipate sul principio che gli atti estintivi di debiti effettuati con assegni post datati non costituiscono mezzi anormali di pagamento, vedi Cass. numero 3136/2016 e Cass. numero 3471/2011 , la quale, può rispondere ad un'esigenza di obiettiva cautela della banca quando l'importo dell'anticipazione erogata - come nel caso in esame - è notevolmente superiore al limite del fido . E ciò in quanto gli affidamenti per smobilizzo crediti a differenza del contratto di apertura di credito in conto corrente non attribuiscono al cliente della banca la facoltà di disporre con immediatezza di una determinata somma di danaro, ma sono esclusivamente fonte, per l'istituto di credito, degli obblighi di accettare, entro un predeterminato ammontare e quindi non oltre , i titoli che l'affidato presenterà e di anticipare a quest'ultimo la relativa provvista vedi sul punto Cass. numero 6575/2018 . In realtà, quello che, nel caso di specie, rende anomala un'operazione di anticipazione che astrattamente risponderebbe alla normale prassi bancaria è il fatto che la banca ha gestito tale operazione non secondo le ordinarie modalità ma l'ha utilizzata per estinguere propri debiti. Ciò emerge dalla ricostruzione fattuale della Corte d'Appello, la quale ha perentoriamente accertato, alla luce delle conclusioni della CTU vedi pag. 9 sentenza impugnata , che in nessuno degli estratti conto riferibili alle linee di movimenti esistenti a nome della omissis presso l'istituto S. Paolo vi fosse traccia nè della somma di lire 240 milioni pari all'ammontare del finanziamento nè della somma di Lire 60 milioni, al contrario di quanto solo labilmente affermato dalla banca Tale circostanza, unitamente a quella relativa alla rilevata esistenza dello scoperto per la somma di Lire 211.660.332, anteriore all'accredito del finanziamento sul conto anticipi, conduce inequivocabilmente a ritenere non essendo stata indicata da parte della banca alcuna giustificazione in ordine alla mancata rilevazione di tale posta contabile sul conto corrente ordinario che la quota di finanziamento lire 240 milioni nonché l'eccedenza rispetto al credito indicato nella fattura pari a lire 60 milioni , non risultando in alcuno degli estratti conto, sono state introitate dall'Istituto San Paolo IMI e utilizzate per il rientro delle esposizioni debitorie della omissis preesistenti alla data del contratto di finanziamento presso la banca . Tale precisa affermazione del giudice di secondo grado, fondata sulle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio contabile, non è stata censurata nel ricorso per cassazione dalla Banca, la quale, nelle proprie difese, non ha fatto alcun cenno alla specifica operazione di anticipazione bancaria risultante dalla scrittura dell'8.7.1997, essendosi limitata, come sopra già evidenziato, ad illustrare genericamente, in via generale, il meccanismo con cui si articolano le operazioni di anticipazione su fatture per smobilizzo crediti, comprensivo della messa a disposizione del cliente sul suo conto ordinario della parte della somma incassata dal debitore cliente non oggetto di anticipo. Non ha spiegato, tuttavia, la Banca - così non confrontandosi con il preciso percorso argomentativo del giudice di merito - il motivo per cui, nel caso di specie, non ha accreditato sul conto corrente ordinario numero 10/977 della omissis nè la quota oggetto del finanziamento lire 240.000.000 , nè l'eccedenza rispetto al credito indicato nella fattura numero 20 del 3.7.1997 Lire 60.000.000 . In conclusione, il concreto mancato riaccredito da parte della banca sul conto corrente ordinario della cliente, a seguito della operazione di anticipo fatture, della somma incassata dal pagamento del debitore del proprio cliente ed il suo utilizzo per estinguere pregresse passività di quest'ultimo costituisce una modalità anomala di estinzione dell'obbligazione, rilevante a norma della L. Fall., articolo 67, comma 1, numero 2. Deve, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto Nell'ambito di un'operazione di anticipo su fatture regolata in conto corrente, il concreto mancato riaccredito da parte della banca sul conto corrente ordinario della cliente della somma incassata dal terzo, debitore del proprio cliente, ed il suo utilizzo per estinguere pregresse passività del correntista, costituisce una modalità anomala di estinzione dell'obbligazione integrante una causa di revoca a norma della L. Fall., articolo 67, comma 1, numero 2 . 3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione della L. Fall., articolo 67, comma 2, sul rilievo che la Corte di Appello ha desunto la prova della conoscenza dello stato di insolvenza dal compimento di un atto ritenute revocabile a norma della L. Fall., articolo 67, comma 1, atto che, in realtà, come esposto nel primo motivo, non presentava alcune carattere di anormalità. 4. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione della L. Fall., articolo 67, comma 2, per l'insussistenza dello stato di insolvenza e per la mancata prova della scientia decoctionis. Espone la ricorrente che la crisi economica della omissis non è dipesa da fattori interni alla stessa, percepibili dalla banca, ma dalla crisi e conseguente fallimento del suo principale cliente, ovvero la omissis s.r.l Contesta le anomalie dell'andamento dei propri conti correnti nonché che gli elementi negativi del bilancio al 31.12.1997 potessero essere valorizzati se non a partire del secondo semestre 1998 quando il bilancio è stato approvato dall'assemblea e ciò anche se la banca ne fosse venuta a conoscenza ancor prima dell'approvazione. Contesta, infine, che l'anticipazione effettuata nell'ottobre 1997 in misura pari al 30% dell'importo della fattura potesse costituire un segnale della scarsa fiducia della Banca nei confronti del cliente poi fallito. 5. Il secondo ed il terzo motivo, da esaminare unitariamente affrontando questioni strettamente correlate, sono inammissibili. Il giudice d'appello ha diffusamente spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistenti in capo all'odierna ricorrente gli indici sintomatici della scientia decoctionis, evincibili, in primo luogo, dall'andamento anomalo del conto corrente ordinario numero 10/977 nonché dagli elementi negativi risultanti dal bilancio al 31.12.1997, percepibili dalla banca, in quanto operatore particolarmente qualificato, ben prima dell'approvazione di tale bilancio. Inoltre, la consapevolezza da parte dell'istituto di credito dello stato di decozione della omissis è stata coerentemente desunta dalla anomalia , nei termini sopra illustrati, dell'operazione di anticipazione bancaria del luglio 1997, nonché nello avere la banca erogato, a titolo di finanziamento in altra operazione di anticipo su fattura, l'assai modesta percentuale pari al 30% dell'importo nel documento contabile, fatto che seppur non sufficiente a far ritenere l'anomalia di tale operazione, era comunque sintomatico della conoscibilità da parte della banca dello stato di difficoltà ad adempiere, non certo temporanea della società poi fallita a fronte di un così articolato percorso argomentativo della Corte d'Appello, immune da vizi logici, non vi è dubbio che le censure del ricorrente si appalesino come inammissibili, in quanto finalizzate a sollecitare, in ordine alla scientia decoctionis, una diversa valutazione degli elementi fattuali rispetto a quella operata dal giudice di secondo grado, la quale, in quanto censura di merito, non è sindacabile in sede di legittimità vedi Cass. numero 3081/2018, numero 8827/2011, numero 15939/2007 . Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la banca ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.