Rigettato il ricorso di un avvocato che agisce in giudizio per ottenere la condanna della società al risarcimento dei danni subiti a causa del ritardo nella consegna di una lettera raccomandata da lei spedita. Per i Giudici non sussiste alcun diritto al risarcimento.
Lo ribadisce l’ordinanza della Suprema Corte numero 18713/21, depositata il 1° luglio. Un avvocato conveniva in giudizio Poste Italiane s.p.a. per ottenere la condanna della società al risarcimento dei danni subiti a causa del ritardo nella consegna di una lettera raccomandata da lei spedita. Raccomandata che conteneva l’atto di costituzione di parte civile in un processo penale e tale ritardo nella consegna le aveva causato l’impossibilità di costituirsi parte civile. In primo grado il Tribunale accoglieva la domanda attorea condannando la società al risarcimento. Mentre la Corte d’Appello, in riforma della decisione di primo grado, condannava l’avvocato alla restituzione delle somme ottenute. Quest’ultima ricorre così in Cassazione. Mancato risarcimento. La ricorrente lamenta il mancato riconoscimento del suo diritto al risarcimento del danno come stabilito in base alla carta dei servizi postali. Ma da come si evidenzia dal contenuto della sentenza impugnata, non emerge che l’avvocato, dinanzi alla Corte territoriale, abbia avanzato domanda per il risarcimento del danno come determinato dalla carta della qualità del servizio postale. Ed inoltre il richiamo che fa la ricorrente ad alcune pronunce giurisprudenziali in tema da ritardo nella consegna della posta e di danno da perdita di chance non si adattano al caso in esame, poiché la sentenza impugnata oltre ad evidenziare il fatto che il semplice atto di costituzione di parte civile non comporta di per sé l’accoglimento della domanda, ha aggiunto correttamente che nessuna preclusione sussisteva, in capo alla danneggiata, alla possibilità di promuovere l’azione in sede civile. Nessuna contestazione, infatti, da parte della ricorrente per quanto riguarda quest’ultima considerazione. giustamente, dunque, la sentenza ha rigettato la domanda risarcitoria ed ha escluso l’esistenza di un diritto al risarcimento per perdita di chance. Da qui deriva il rigetto del ricorso.
Presidente Amendola – Relatore Cirillo Fatti di causa 1. L'avv. M.R. convenne in giudizio la s.p.a. Poste italiane, davanti al Tribunale di Cosenza, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni da lei subiti a causa del ritardo col quale era stata consegnata una lettera raccomandata da lei spedita. Espose, a sostegno della domanda, che la raccomandata conteneva l'atto di costituzione di parte civile nel processo penale contro T.C. per il c.d. crac della società Parmalat ed aggiunse che il ritardo nella consegna le aveva causato l'impossibilità di costituirsi parte civile, con conseguente danno determinato in Euro 20.195,07, pari al valore delle azioni Parmalat da lei possedute. Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale accolse la domanda e condannò la società convenuta al pagamento della somma così come richiesta, con il carico delle spese di giudizio. 2. La pronuncia è stata impugnata dalla s.p.a. Poste italiane e la Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza del 27 marzo 2019, ha accolto il gravame e, in totale riforma della decisione impugnata, ha rigettato la domanda dell'avv. M. , condannandola alla restituzione delle somme ricevute ed alla rifusione della metà delle spese dei due gradi di giudizio. Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che la danneggiata non aveva prodotto la sentenza di condanna irrevocabile pronunciata nel c.d. processo Parmalat, che avrebbe potuto corroborare, in via presuntiva, la richiesta risarcitoria. La sentenza del Tribunale appariva criticabile perché non aveva tenuto in considerazione che il semplice fatto di costituirsi parte civile nel processo penale non avrebbe condotto di per sé all'accoglimento della domanda risarcitoria. Doveva poi essere considerato che la mancata costituzione di parte civile nel processo penale non aveva impedito alla parte danneggiata di agire in sede civile, via che quest'ultima non risultava avesse voluto percorrere. In ordine alla liquidazione delle spese, la Corte d'appello ha ritenuto di doverle in parte compensare a causa dell'inadempimento derivante dal grave ritardo col quale la raccomandata era stata consegnata. 3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Catanzaro ricorre l'avv. M.R. con atto affidato a quattro motivi. Resiste la s.p.a. Poste italiane con controricorso. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli articolo 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 , omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sostenendo che la Corte d'appello avrebbe omesso di valutare un fatto fondamentale, e cioè l'esistenza del danno reale costituito dal valore residuo delle azioni Parmalat e dalle conseguenze della mancata costituzione di parte civile. 2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 , omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamentando l'omessa valutazione dell'istanza risarcitoria rivolta alla società Poste italiane ed il ricorso presentato al Corecom tali documenti avrebbero dovuto condurre la Corte d'appello ad accordare almeno il danno stabilito dalle carte di qualità dei servizi postali. Ciò in considerazione del fatto che il codice delle comunicazioni elettroniche ha stabilito la natura contrattuale del rapporto tra Poste e utenti. 3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 , violazione di norme di diritto, conseguente al riconoscimento, da parte della Corte d'appello, dell'esistenza di un inadempimento della società Poste italiane senza la liquidazione di alcuna somma a titolo di risarcimento. Nella specie, il danno era costituito dalla perdita di chance derivante dall'impossibilità di costituirsi parte civile nel processo penale, in conformità ad alcune pronunce di legittimità con le quali sono stati risarciti danni derivanti da colpevole ritardo nella consegna della posta. 4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5 , insufficiente ed erronea motivazione in merito al mancato ricorso a presunzioni semplici. Lamenta la ricorrente che la Corte d'appello avrebbe errato nel negare il risarcimento, tanto più che la proposizione dell'azione in sede civile avrebbe implicato difficoltà molto maggiori per la parte rispetto alla costituzione di parte civile in un processo penale dove c'era una pluralità di soggetti danneggiati class action . 5. I motivi di ricorso, benché tra loro differenti, possono essere trattati congiuntamente, con le necessarie specificazioni. Essi sono in parte inammissibili e in parte privi di fondamento. 5.1. La censura omissiva di cui al primo motivo è infondata. La sentenza impugnata, infatti, non ha omesso di considerare il danno asseritamente patito, ma ha semplicemente escluso che tale danno esistesse senza contare che il danno non è un fatto che possa essere considerato o omesso, quanto invece ciò che la parte attrice avrebbe dovuto provare. 5.2. Più complessa la questione posta dal secondo motivo. La censura, ad avviso della Corte, non è del tutto chiara se con essa si intendono evidenziare le modifiche legislative in tema di responsabilità del gestore del servizio postale, ciò non costituisce propriamente una censura. Quello che sembra potersi ipotizzare è che l'odierna ricorrente lamenti il mancato riconoscimento del suo diritto al risarcimento del danno come stabilito in base alla carta dei servizi postali. Senonché la doglianza, se è posta in questi termini, risulta inammissibile per varie ragioni. Da un lato, perché i documenti che la Corte di merito non avrebbe tenuto in considerazione sono soltanto genericamente richiamati e poi perché nè dal ricorso nè dal contenuto della sentenza che riporta anche le conclusioni delle parti emerge che tale domanda sia stata chiaramente posta al giudice di merito. L'avv. M. , infatti, aveva chiesto al Tribunale il risarcimento del danno nella misura pari alla svalutazione dei titoli Parmalat domanda accolta ma, proposto appello dalla società Poste Italiane, non risulta che l'appellata abbia avanzato domanda, anche in forma di appello incidentale condizionato, per il risarcimento del danno come determinato dalla carta della qualità del servizio postale. Ne consegue che il secondo motivo di appello è inammissibile. 5.3. Il terzo motivo non è fondato. Il corretto richiamo che la ricorrente fa ad alcune pronunce di questa Corte in tema di danno da ritardo nella consegna della posta e di danno da perdita di chance non si adattano al caso di specie. La sentenza impugnata, infatti, oltre a mettere in evidenza il fatto che il semplice atto di costituzione di parte civile non comporta di per sé l'accoglimento della domanda, ha correttamente aggiunto che nessuna preclusione sussisteva, in capo alla danneggiata, alla possibilità di promuovere l'azione in sede civile. Quest'ultima argomentazione, in particolare, non è stata validamente contestata dalla ricorrente, perché l'affermazione specificamente contenuta nel quarto motivo secondo cui la costituzione di parte civile in sede penale costituiva una sorta di class action non è decisiva. La maggiore o minore difficoltà di chiedere il risarcimento nell'una o nell'altra sede può, al massimo, costituire un inconveniente di fatto, ma non si traduce nella lesione di alcun diritto. Correttamente, quindi, la sentenza ha rigettato la domanda risarcitoria ed ha escluso l'esistenza di un diritto al risarcimento per perdita di chance. 5.4. Resta assorbito, alla luce delle precedenti argomentazioni, il quarto motivo di ricorso il quale, sia detto ad abundantiam, si risolve anche nell'evidente sollecitazione ad un riesame del merito. 6. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, numero 55. Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.