Concessione di benefici penitenziari al condannato a seguito della revoca di una misura alternativa alla detenzione

Il divieto triennale di concessione di benefici penitenziari in favore del condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa alla detenzione non opera nell’ipotesi di revoca dell’affidamento in prova in casi particolari di cui all’articolo 94 d.P.R. numero 309/1990.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza numero 24099/21, depositata il 18 giugno.   Il Tribunale di sorveglianza di Genova rigettava il reclamo proposto dall'imputato contro il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza dichiarava l'inammissibilità dell'istanza di ammissione all'esecuzione della pena presso il domicilio, in ragione della preclusione derivante dall'avere subito, nel triennio precedente, la revoca di un'altra misura alternativa, nello specifico dell'affidamento terapeutico-riabilitativo previsto dall'articolo 94 d.P.R. numero 309/1990. L'imputato ricorre in Cassazione, lamentandosi del fatto che il Tribunale avesse ritenuto che il divieto di concessione dei benefici penitenziari a chi sia stato destinatario di revoca di una misura alternativa si riferisce tanto all'affidamento ordinario che a quello terapeutico-riabilitativo.   Il ricorso è fondato, in quanto il Tribunale di sorveglianza avrebbe erroneamente ritenuto che, a seguito della revoca di qualsiasi misura alternativa, compreso l'affidamento in casi particolari, l'unica misura alternativa sottratta al divieto triennale di concessione di benefici penitenziari sia l'affidamento terapeutico-riabilitativo, e che, dunque, la pregressa revoca dell'affidamento ex articolo 94 osti all'ammissione all'esecuzione della pena presso il domicilio. La Corte di Cassazione, infatti, afferma che il divieto triennale di concessione di benefici penitenziari in favore del condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa alla detenzione non opera nell'ipotesi di revoca dell'affidamento in prova in casi particolari di cui all'articolo 94. L'affidamento terapeutico-riabilitativo, infatti, è orientato al recupero del condannato, con la conseguenza che il fallimento della misura non determina alcuna presunzione assoluta di incapacità del condannato di conformarsi ai benefici penitenziari accomunati dalla finalità di rieducazione.   Per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Genova.

Presidente Siani – Relatore Cappuccio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza dell’8 luglio 2020 il Tribunale di sorveglianza di Genova ha rigettato il reclamo proposto da F.M. avverso il provvedimento, emesso dal Magistrato di sorveglianza di Genova il 7 maggio 2020, con cui è stata dichiarata l’inammissibilità dell’istanza volta ad essere ammesso a scontare nella forma della detenzione domiciliare, ai sensi del combinato disposto della L. 26 novembre 2010, numero 199, articolo 1, e D.L. 17 marzo 2020, numero 18, articolo 123, convertito dalla L. 24 aprile 2020, numero 27, una pena detentiva di durata non superiore a diciotto mesi. Ha, a tal fine, rilevato che la più recente disposizione, finalizzata a porre rimedio al sovraffollamento carcerario, quale fattore concorrente nella diffusione del contagio da Covid-19 all’interno degli istituti penitenziari, fa salva, al comma 8, le ulteriori disposizioni della L. 26 novembre 2010, numero 199, articolo 1, ove compatibili, per poi aggiungere che il rinvio a dette disposizioni rende applicabile anche alla nuova misura, temporanea, la preclusione, discendente dalla L. 26 luglio 1975, numero 354, articolo 58-quater, per chi, come F. , abbia subito, nel triennio precedente, la revoca di una misura alternativa. Ha condiviso e mutuato, in proposito, l’interpretazione del disposto normativo nel senso che, nel caso, qui ricorrente, di revoca di affidamento terapeutico disposto ai sensi del D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, articolo 94, unica misura nuovamente accessibile al condannato nell’arco del triennio è quella revocata. 2. F.M. propone, con l’assistenza dell’avv. Andrea Guido, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge sul rilievo che il richiamo operato dal D.L. 17 marzo 2020, numero 18, articolo 123, alle ulteriori disposizioni del L. 26 novembre 2010, numero 199, articolo 1 non vale ad estendere al nuovo istituto, di carattere straordinario perché connesso all’emergenza sanitaria in atto, cause di inammissibilità ivi non espressamente previste. 3. Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e merita, pertanto, accoglimento. 2. Il Tribunale di sorveglianza di Genova ha rigettato il reclamo proposto da F.M. avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza della stessa città ha dichiarato l’inammissibilità, dell’istanza da lui presentata, di ammissione all’esecuzione della pena presso il domicilio ai sensi della L. 26 novembre 2010, numero 199, articolo 1, e D.L. 17 marzo 2020, numero 18, articolo 123, in ragione della preclusione derivante, ai sensi della L. 26 luglio 1975, numero 354, articolo 58-quater, dall’avere egli subito, nel triennio precedente, la revoca di altra misura alternativa e, in specie, dell’affidamento terapeutico-riabilitativo previsto dal D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, articolo 94. Si è determinato in tal senso sul rilievo che il D.L. 17 marzo 2020, numero 18, articolo 123, comma 8, prevede che Restano ferme le ulteriori disposizioni del L. 26 novembre 2010, numero 199, articolo 1, ove compatibili e che la L. 26 novembre 2010, numero 199, articolo 1, dispone, a sua volta, al comma 8, che si applicano, in quanto compatibili, alcune disposizioni della L. 26 luglio 1975, numero 354, tra le quali l’articolo 58-quater che, al comma 2, statuisce che il divieto di concessione dei benefici penitenziari di cui al comma 1 si applica anche al condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa ai sensi dell’articolo 47, comma 11, dell’articolo 47-ter, comma 6, o dell’articolo 51, comma 1 dello stesso plesso normativo. Il Tribunale. di sorveglianza ha, pertanto, ritenuto che la preclusione di cui all’articolo 58-quater operi anche in relazione al regime introdotto in ragione dell’emergenza epidemiologica, in base ad un’interpretazione letterale dell’articolato sistema di rinvii esterni disegnato dalle norme citate. 2.1. La decisione impugnata appare, da questo punto di vista, ineccepibile, dovendosi condividere l’assunto secondo cui l’articolo 58-quater si applica, in virtù del duplice richiamo sopra evidenziato, anche alla misura dell’esecuzione della pena presso la abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, di cui al D.L. 17 marzo 2020, numero 18, articolo 123. La compatibilità di tale disposizione con la disciplina di più recente introduzione discende, invero, dalla stessa ratio che ispira quest’ultima, finalizzata a ridurre la popolazione carceraria ed a favorire il distanziamento all’interno degli istituti di pena e, conseguentemente, a contenere il rischio di insorgenza di focolai epidemici, senza, tuttavia, trascurare - secondo quanto dimostrato dalla previsione di cospicue eccezioni, elencate al comma 1 dell’articolo 123 - l’eventuale effetto criminogeno della più larga applicazione della misura alternativa alla detenzione, che ha condotto il legislatore ad individuare il punto di convergenza tra le contrapposte esigenze nella preclusione all’accesso dei soggetti ritenuti maggiormente a rischio di recidiva. 3. Il provvedimento impugnato appare, nondimeno, viziato sotto un diverso aspetto. Il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto che la preclusione stabilita dall’articolo 58-quater L. 26 luglio 1975, numero 354, operi anche nei confronti dei condannati, quale F.M. , cui sia stata revocata la misura alternativa dell’affidamento in prova in casi particolari. In proposito, ha opinato che l’articolo 58-quater, nell’estendere, al comma 2, il divieto di concessione dei benefici a chi sia stato destinatario di revoca di una misura alternativa ai sensi dell’articolo 47, comma 11, si riferisce tanto all’affidamento ordinario che a quello terapeutico-riabilitativo. In questo senso, ha notato, depone la circostanza che la revoca dell’affidamento D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, ex articolo 94, non sia prevista da una disposizione ad hoc, applicandosi, al riguardo, la L. 26 luglio 1975, numero 354, articolo 47, comma 11, in forza del rinvio previsto dallo stesso articolo 94 che - nel richiamare, per quanto non espressamente stabilito, la disciplina prevista dalla legge di ordinamento penitenziario - si riferisce, tra l’altro, sia all’articolo 47, comma 11, che all’articolo 58-quater. I giudici di sorveglianza hanno, di conseguenza, ritenuto che, a seguito della revoca di qualsiasi misura alternativa, ivi compreso l’affidamento in casi particolari, l’unica misura alternativa sottratta al divieto triennale sia l’affidamento ex articolo 94 e, dunque, che, nel caso in esame, la pregressa revoca dell’affidamento terapeutico osti all’ammissione di F. all’esecuzione della pena presso il domicilio. 3.1. Tale impostazione, quantunque conforme all’indirizzo ermeneutico in passato prevalente nella giurisprudenza di legittimità Sez. 1, numero 31053 del 12/01/2017, Pilia, Rv. 270619 Sez. 1, numero 39230 del 28/01/2014, Caranci, Rv. 261184 Sez. 1, numero 13607 del 10/03/2009, Conti, Rv. 243497 , non convince, perché trascura, innanzitutto, che l’affidamento in prova in casi particolari rappresenta una risposta differenziata dell’ordinamento penale conformata alla e giustificata dalla singolarità della situazione dei suoi destinatari, vale a dire le persone tossicodipendenti o alcoldipendenti Corte Cost. sentenza numero 377 del 1997 . Detta misura - ha, di recente, osservato Sez. 1, numero 5848 del 10/12/2020, dep. 2021, Sitzia - si fonda su presupposti particolari ed autonomi, quali l’accertato stato di dipendenza del condannato e l’idoneità del programma riabilitativo ai fini della sua risoluzione, per cui lo scopo rieducativo e risocializzante assume particolare spessore differenziato e differenziante rispetto alla disciplina generale della revoca richiamata ex articolo 58-quater ord. penumero . Nella medesima direzione milita la ratio sottesa al divieto previsto dal comma 2 dell’articolo 58, che si ricollega alla presunzione legislativa per la quale chi abbia violato le prescrizioni di un regime totalmente o parzialmente extracarcerario si è dimostrato inidoneo ad un trattamento alternativo che abbia un contenuto in qualche modo analogo, ratio che non sorregge, invece, l’estensione del divieto, conseguente alla revoca di una misura alternativa ordinaria, all’affidamento terapeutico, incentrato su un programma che, proprio perché terapeutico, è essenzialmente volto al recupero del condannato. Ne discende che l’intento di cura dello stato di tossicodipendenza non potrebbe ritenersi ragionevolmente paralizzato dall’esito negativo di una prova di tutt’altro genere, in nulla mirata sul medesimo stato di dipendenza Sez. 1, numero 6287 del 23/10/2014, Santamaria, non massimata . L’istituto regolato dall’articolo 94 è, infatti, orientato al recupero del condannato affetto da dipendenza patologica da droghe e da alcol, cui è diretta la struttura della misura alternativa insieme alle prescrizioni dettate, di guisa che il fallimento della misura non dimostra, di per sé, l’incapacità del condannato di conformarsi a benefici aventi diverso baricentro ed accomunati da finalità di rieducazione, pur traendosi, naturalmente, dal mancato esito positivo della misura elementi di giudizio, anche nel senso dell’inaffidabilità del condannato non affrancato dalla dipendenza in moduli di proiezione esterna. In relazione, poi, alla misura pregiudicata , deve osservarsi come sia testuale il riferimento al solo affidamento in prova ordinario, regolato dall’articolo 47 ord. penumero , mentre, per quella pregiudicante , il rinvio operato dal D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 94, comma 6, - in base al quale sarebbe applicabile l’articolo 47, comma 11, all’affidamento terapeutico, privo di autonoma disciplina in tema di revoca - incontra il limite della compatibilità delle due regolamentazioni, consacrato dall’inciso testuale per quanto non diversamente stabilito della disposizione normativa citata. In questa prospettiva, se è vero che la revoca dell’affidamento vale per la contrarietà della condotta dell’affidato alla legge e alle prescrizioni dettate , tale che la condotta stessa appaia incompatibile con la prosecuzione della prova , è proprio lo speciale contenuto di quelle prescrizioni a rendere peculiare l’istituto della revoca nelle ipotesi previste dal D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, articolo 94, che hanno specifica validità riabilitativa e terapeutica in quanto perseguono la finalità precipua di recuperare il condannato, liberandolo dalla dipendenza dalle sostanze di abuso, sicché il fallimento, o anche il mancato efficace perseguimento di un tale obiettivo, è sempre alla base delle decisione di revoca della misura di cui all’articolo 94, che pertanto assume valenza sanzionatoria solo eventuale. 3.2. I precedenti rilievi concorrono, in ultimo, nel convincere della fallacia dell’interpretazione estensiva della L. 26 luglio 1975, numero 354, articolo 58-quater, in relazione all’comma 11 del precedente articolo 47, dovendosi avere riguardo alla diversità dei rispettivi presupposti applicativi di tali istituti. L’orientamento soggetto a revisione critica conduce, peraltro, ad estendere, in malam partem, l’ambito applicativo di una disposizione che, stabilendo limiti alla ordinaria fruizione dei benefici, è di stretta interpretazione e, quindi, insuscettibile di applicazione al di fuori delle ipotesi espressamente previste Sez. 1, numero 38040 del 09/04/2019, Qosja Dritan, Rv. 276845 . L’opposta soluzione, che esclude l’applicazione delle preclusioni previste dall’articolo 58-quater nei confronti di chi abbia patito la revoca dell’affidamento in prova terapeutico-riabilitativo, risulta, d’altro canto, recepita dal più recente e preferibile indirizzo della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, appunto, il divieto triennale di concessione di benefici penitenziari in favore del condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa alla detenzione non opera nell’ipotesi di revoca dell’affidamento in prova in casi particolari di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, articolo 94. Tanto, in ragione del fatto che il fallimento dell’affidamento terapeutico-riabilitativo, oltre a non essere espressamente contemplato fra le misure pregiudicanti di cui all’articolo 58-quater, comma 2, in considerazione della peculiare situazione dei soggetti che ne fruiscono, non può determinare alcuna presunzione assoluta di incapacità del condannato di conformazione ai benefici che hanno finalità di rieducazione comune Sez. 1, numero 26010 del 06/07/2020, Carnevali, Rv. 279527 Sez. 1, numero 75 del 29/11/2019, dep. 2020, Angelucci, Rv. 277736 . 4. Le considerazioni sin qui svolte impongono, in conclusione, l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo giudizio, rispettoso dei principi sopra indicati, al Tribunale di sorveglianza di Genova. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Genova.