In tema di accertamento delle violazioni ed irrogazione di sanzioni pecuniarie, in materia di tutela ambientale, l’incompetenza assoluta, che comporta la nullità del provvedimento sanzionatorio ed è rilevabile d’ufficio dal giudice, ricorre solo quando l’atto emesso concerne materie totalmente estranee alla sfera degli interessi pubblici facenti capo all’amministrazione cui appartiene l’organo emittente, mentre, se attiene a materie che rientrano, sia pure per fini diversi, nella sfera d’interessi pubblici facenti capo alla stessa amministrazione, nei confronti dell’organo emittente potrà al massimo ravvisarsi un’incompetenza relativa, che dev’essere tassativamente dedotta nell’atto di opposizione e non successivamente, né può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
Con l'ordinanza numero 17569/21, depositata il 18 giugno, la Corte Suprema di Cassazione, Sesta sezione Civile, è intervenuta per chiarire il rapporto fra lo Stato, le regioni e gli altri enti locali subordinati, in materia di tutela ambientale, con specifico riferimento all'ipotesi di trasmissione del potere di irrogare sanzioni, dalle regioni ad altri enti, quali le province. Il fatto. All'origine della vicenda vi è un'opposizione ad alcune ordinanze di ingiunzione, con le quali la Provincia di Genova aveva sanzionato due soggetti, resisi colpevoli di aver scaricato acque reflue urbane in alcuni torrenti, senza la prevista autorizzazione. L'opposizione dei ricorrenti si fondava principalmente sull'eccezione d'incompetenza della Provincia ad accertare l'illecito e ad irrogare la relativa sanzione, spettando detta potestà unicamente alla Regione Liguria. L'indicata eccezione, tuttavia, veniva considerata tardiva, trattandosi, nel caso di specie, non di un'incompetenza assoluta, ma relativa e pertanto, non rilevabile d'ufficio, ma solo dalla parte, nell'atto di opposizione. Conseguentemente l'opposizione veniva respinta in primo grado ed in secondo grado. Avverso tale ultima decisione, i ricorrenti proponevano ricorso innanzi alla Corte di Cassazione. I diversi tipi d'incompatibilità dell'organo che emette la sanzione pecuniaria. La pronuncia della Suprema Corte preliminarmente chiarisce che l'incompetenza assoluta, che comporta la nullità del provvedimento sanzionatorio ed è rilevabile d'ufficio dal giudice, ricorre solo quando l'atto emesso concerne materie totalmente estranee alla sfera degli interessi pubblici facenti capo all'amministrazione cui appartiene l'organo emittente sentenze numero 28108/2018 e numero 12555/2012 , mentre, se attiene a materie che rientrano, sia pure per fini diversi, nella sfera d'interessi pubblici facenti capo alla stessa amministrazione, nei confronti dell'organo emittente potrà al massimo ravvisarsi un'incompetenza relativa, che dev'essere tassativamente dedotta nell'atto di opposizione e non successivamente, né può essere rilevata d'ufficio dal giudice. La facoltà delle regioni di delegare la potestà sanzionatoria. Fatta questa necessaria precisazione, tuttavia, la Corte ha ritenuto necessario approfondire la questione inerente la potestà di accertamento delle violazioni, in materia di tutela ambientale e di irrogazione delle relative sanzioni pecuniarie. L' articolo 56 d.lgs. numero 152/2006 , il cosiddetto Testo Unico Ambientale, infatti, riassorbendo ed in parte modificando la precedente disciplina, ha confermato l'attribuzione di tale potestà alle regioni o province autonome, facendo però salva la possibilità che le singole legislazioni regionali potessero delegarle ad altri enti o autorità, come le province sentenza numero 8511/2005 . L'inquadramento costituzionale della delega della potestà sanzionatoria. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, la tutela dell'ambiente, inteso come valore costituzionalmente protetto, delinea una competenza trasversale che coinvolge anche le regioni, il cui operato, tuttavia, dev'essere sempre improntato al rispetto degli standard di tutela definiti dallo Stato e validi per l'intero territorio nazionale Corte Cost. sentenza numero 244/2012 . In tale ottica, continua la Suprema Corte, la delega operata da una regione a beneficio di una provincia non solo non può essere inteso come lesivo del disposto dell' articolo 117 Cost. , ma, al contrario, è del tutto coerente coi principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all' articolo 118 Cost. . Non c'è, quindi, alcuno sbarramento costituzionale alla facoltà di delega delle dette funzioni, ma solo un'eventuale questione d'incompetenza assoluta o relativa, da valutarsi in ragione dell'estraneità delle materie coinvolte dal provvedimento sanzionatorio, alla sfera d'interessi pubblici dell'amministrazione che ingloba l'organo emittente.
Presidente Lombardo – Relatore Fortunato Fatti di causa G.G.A. e la Mediterranea delle Acque s.p.a. ora Iren Acqua s.p.a. hanno proposto opposizione avverso cinque distinte ordinanze ingiunzioni, tutte emesse in data omissis , con le quali la Provincia di Genova aveva applicato la sanzione pecuniaria di Euro 6.010,00 per violazione del D.Lgs. numero 152 del 2006, articolo 124 e articolo 133, comma 2, contestando ai ricorrenti che gli impianti di depurazione di omissis , omissis e omissis , siti nel Comune di omissis , recapitavano i reflui urbani in un affluente del Torrente … e nel omissis senza la prescritta autorizzazione. Il Tribunale ha respinto l’opposizione, regolando le spese, con pronuncia confermata in appello. Il Giudice distrettuale ha ritenuto che l’eccezione di incompetenza della Provincia ad adottare il provvedimento sanzionatorio fosse stata tardivamente sollevata non profilandosi un’ipotesi di incompetenza assoluta rilevabile d’ufficio e fosse comunque infondata. La sentenza ha sul punto evidenziato che, nel vigore del D.Lgs. numero 152 del 1992, articolo 56, la Regione Liguria aveva già adottato la L. R. numero 43 del 1995, il cui articolo 42, comma 2, lett. b , attribuiva alla Province, quale autorità competente per il rilascio delle autorizzazioni allo scarico, il potere di comminare le sanzioni previste dalla medesima disposizione, comma 1, e che, ai sensi della L. R. numero 41 del 2014, articolo 22, detta competenza doveva intendersi riferita anche alle sanzioni ammnistrative pecuniarie contemplate dal D.Lgs. numero 152 del 2006, articolo 135. Ha ritenuto che l’articolo 117 Cost., comma 2, lett. s , laddove riserva allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, non osti al conferimento della delega mediante legge regionale, osservando che, come stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza 28/1996, a la competenza sanzionatrice non attiene a una materia a sé, ma accede alle materie sostanziali, rispetto alla quale svolge una funzione rafforzatrice dei precetti stabiliti dal legislatore e che, pertanto, è pienamente giustificata la scelta del legislatore regionale di determinare la competenza amministrativa accessoria sulle sanzioni in coincidenza con la competenza all’esercizio delle funzioni principali di amministrazione b che la L. numero 689 del 1981, articolo 17, che, nelle materia di competenza propria o delegate della regione, attribuisce la potestà sanzionatoria all’ufficio regionale competente, non deve essere intesa in senso rigido, tale da escludere la possibilità di delega, in analogia con quanto previsto dall’articolo 118 Cost., comma 3 riguardo alle delegabilità delle funzioni amministrative primarie. Ha inoltre ricordato che le Sezioni unite di questa Corte, pronunciando sulla giurisdizione in tema di sanzioni comminate dalla Provincia di Bergamo in materia di scarichi sentenza numero 6095/2015 , avevano preso atto che la L.R. Lombardia numero 26 del 2003, attribuisce alla Provincia la potestà sanzionatoria, senza rilevare profili di illegittimità della normativa. Il giudice distrettuale ha poi ritenuto insussistente la nullità del provvedimento per il fatto che al verbale di contestazione non era stato allegato il verbale di sopralluogo, ritenendo sufficiente che l’atto individuasse tutti i presupposti in fatto e in diritto per l’irrogazione della sanzione, senza alcuna necessità di far riferimento ad ulteriori documenti, e, quanto alla carenza di legittimazione passiva dei ricorrenti, ha posto in rilievo che la sanzione è applicabile a qualunque soggetto che effettui lo scarico non autorizzato. Riguardo alla convenzione ATO/AMGA, articolo 4, approvata con decisione della Conferenza dei sindaci del 22.12.2003 e sottoscritta dall’AATO della Provincia di Genova e da AMGA il 16.4.2004, ha invece osservato che, con le decisioni della Conferenza dei Sindaci nnumero 4/2003 e 5/2003, erano state salvaguardate le gestioni preesistenti tra cui quella Mediterranea delle Acque s.p.a che, ai sensi della convenzione, articolo 7, comma 1, dette gestioni non erano state affidate al gestore d’ambito che, al caso in esame, era inapplicabile la medesima convenzione, articolo 4, il che escludeva una responsabilità del gestore d’ambito assorbente rispetto a quella del gestore operativo dell’impianto di depurazione. La Corte distrettuale ha considerato infine irrilevante che la ricorrente non fosse a conoscenza dell’adeguatezza della rete fognaria, trattandosi di circostanza inidonea a superare la presunzione di colpa ai sensi della L. numero 689 del 1981, articolo 3. La cassazione della sentenza è chiesta da G.G.A. e dalla Iren Acqua s.p.a., già Mediterranea delle Acque s.p.a., con ricorso in tre motivi, illustrati con memoria. La Città Metropolita di Genova, subentrata alla Provincia di Genova, resiste con controricorso. Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente infondato, poteva esser definito ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, numero 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo censura la violazione del D.Lgs. numero 152 del 2006, articolo 135, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3. Dopo aver premesso che l’incompetenza della Provincia ad accertare la violazione era profilo deducibile anche in appello, configurandosi un difetto assoluto di attribuzione degli organi accertatori e la nullità radicale rilevabile d’ufficio dell’ordinanza ingiunzione, i ricorrenti evidenziano che il D.Lgs. numero 152 del 1995, articolo 56, nel punto in cui faceva salva la possibilità che, con espressa disposizione di legge regionale, la competenza all’irrogazione delle sanzioni in materia di acque fosse conferita ad autorità diverse dalle Regioni e delle Province autonome, non è stato riprodotto nel D.Lgs. numero 152 del 2006, articolo 135, essendo venuta meno la possibilità di delegare tali funzioni alle Province. Tale preclusione troverebbe conferma nella giurisprudenza della Corte costituzionale, che a con decisione numero 133/2012, in tema di conferimento agli enti locali delle funzioni in materia di ambiente, tutela del suolo ed energia, ha ritenuto l’illegittimità di qualsivoglia legge regionale che disciplini la materia, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato b con sentenza numero 234/2010, ha ritenuto che la disciplina statale contempli un limite minimo di tutela non derogabile dalle Regioni c con sentenza numero 187/2011, ha ritenuto che lo Stato abbia competenza normativa esclusiva in materia di adeguamento degli scarichi di acque reflue non ancora a norma. A parere dei ricorrenti occorreva inoltre considerare che la L.R. Liguria numero 43 del 1995, era stata adottata, prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. numero 152 del 2006, in attuazione della L. Delega numero 36 del 1944, successivamente abrogata dal testo unico, per cui la norma interpretativa di cui alla L.R. numero 41 del 2014, non poteva comportare la reviviscenza della disposizione abrogata. Infine, la potestà sanzionatoria attribuita della Provincia non poteva legittimarsi in virtù della stretta connessione con il conferimento, sempre in favore della Provincia, del potere di rilascio delle autorizzazioni allo scarico, non essendo delegabili le funzioni amministrative primarie in tema di acque. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., numero 1. 1.1. Deve premettersi che, come già statuito da questa Corte, il vizio di incompetenza assoluta, che è causa di nullità del provvedimento, rilevabile d’ufficio dal giudice, ricorre soltanto se l’atto emesso concerne una materia del tutto estranea alla sfera degli interessi pubblici attribuiti alla cura dell’amministrazione cui l’organo emittente appartiene Cass. 28108 del 2018 Cass. 12555 del 2012 , ossia se il provvedimento adottato da un certo organo riguardi una materia del tutto estranea all’ambito degli interessi pubblici attribuiti alla cura dell’amministrazione cui l’organo stesso appartiene , mentre si ha incompetenza relativa nel rapporto tra organi od enti nelle cui attribuzioni rientri, sia pure a fini ed in casi diversi, una determinata materia Cass. 4924 del 1992 Cass. 8987 del 1990 Cass. 6308 del 1990 . Posto invece che, nel caso di specie, l’autorità che ha emesso il provvedimento la Provincia di Genova non solo era l’ente deputato al rilascio delle autorizzazioni in materia di scarichi idrici ai sensi del D.Lgs. numero 152 del 2006, ma, per ciò che concerne la Regione Liguria, era proposto anche alla tutela delle acque cfr., L.R. numero 43 del 1995, articolo 3 , sarebbe stato in concreto configurabile al più un vizio di incompetenza relativa che, non determinando la nullità assoluta delle ordinanze, non era rilevabile d’ufficio, ma doveva esser dedotto con l’atto di opposizione Cass. numero 23383 del 2018 Cass. numero 28108 del 2018 Cass. numero 27909 del 2018 . In ogni caso, l’eccezione è infondata anche nel merito. 1.2. Il D.Lgs. numero 152 del 1999, articolo 56, comma 1, nella sua formulazione originaria, disponeva testualmente, che fatte salve le altre disposizioni della L. 24 novembre 1981, numero 689, in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall’articolo 54, commi 8 e 9, per le quali è competente il comune, salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità . La norma è stata successivamente modificata dalla L. numero 258 del 2000, articolo 22, facendo salve, quanto all’attribuzione della potestà sanzionatoria, anche le diverse disposizioni delle regioni o delle province autonome . Il D.Lgs. numero 152 del 2006, articolo 135, sopprimendo tale inciso, ha adottato una formulazione sostanzialmente analoga al testo originario del D.Lgs. numero 152 del 1999, articolo 56, prevedendo che in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi della L. 24 novembre 1981, numero 689, articolo 18 e ss., la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall’articolo 133, comma 8, per le quali è competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità . Occorre dunque ricordare che, con riferimento al testo originario del D.Lgs. numero 152 del 1999, articolo 56 anteriore alle modifiche di cui alla L. numero 258 del 2000 , questa Corte ha già stabilito che la norma non ha comportato l’abrogazione delle precedenti previsioni della legge regionale prevedenti l’attribuzione in capo alle Province delle funzioni di accertamento e di applicazione delle sanzioni in tema di scarichi. L’articolo 56, non esprime difatti un principio fondamentale della legislazione dello Stato, tale da spiegare, in caso di sopravvenuta adozione di leggi statali modificative di detti principi fondamentali, l’efficacia abrogativa delle leggi regionali preesistenti incompatibili prevista dalla L. numero 62 del 1953, articolo 10, non essendo diretta a realizzare in tale ambito un interesse unitario cui dare piena attuazione su tutto il territorio nazionale, con effetti di vincolo assoluto e generalizzato all’esplicazione della potestà legislativa delle Regioni Cass. 24 febbraio 2004, numero 3620 , o tale da impedire che, nelle singole legislazioni regionali, possano intervenire altre pubbliche autorità , di competenza territoriale più circoscritta, diverse da quelle previste e regolate nell’ordinamento generale Cass. 3176/2004 Cass. 8511/2005 . A tali principi deve darsi continuità anche nel vigore del D.Lgs. numero 152 del 2006, articolo 135, non potendo ritenersi alla luce del tenore testuale della disposizione e della ravvisata continuità di disciplina rispetto alla formula originaria del D.Lgs. numero 152 del 1999, articolo 56, che la soppressione del riferimento alle diverse disposizioni della legge regionale o delle province autonome abbia introdotto un più penetrante vincolo al legislatore regionale, sì da impedire la delega delle potestà sanzionatorie in materia di scarichi. La norma ha anzi espressamente preservato le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità , rendendo del tutto legittima una diversa regolazione mediante legge regionale, in mancanza di una riserva in favore di quella statuale. Deve inoltre porsi in rilievo che il D.Lgs. numero 152 del 2006, articolo 170, comma 11, ha espressamente fatto salvi gli effetti degli atti e dei provvedimenti adottati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall’articolo 175 tra cui il D.Lgs. numero 152 del 1999 , fino all’emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte terza del suddetto decreto, conseguendone che nessuna illegittimità potrebbe comunque ravvisarsi nei provvedimenti addottati dalla Provincia di Genova in base alla disciplina regionale anteriore all’adozione, da parte della Regione Liguria, della L. numero 41 del 2014, tanto più quest’ultima ha riconfermato, con riferimento al D.Lgs. numero 152 del 2006, articolo 135, il disposto della L.R. numero 43 del 1995, articolo 42, comma 2, lett. b , che già attribuiva alle Province il potere di accertamento e di irrogazione delle sanzioni. 1.3. Nessun divieto di delega mediante legge regionale può farsi discendere dal disposto dell’articolo 117 Cost., comma 2, lett. s . Il testo novellato dell’articolo 117 Cost., comma 2, lett. s che riserva allo Stato la potestà legislativa esclusiva sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e dei beni culturali configura una competenza sovente connessa ed intrecciata inestricabilmente con altri interessi e competenze regionali concorrenti. La tutela dell’ambiente inteso come valore costituzionalmente protetto delinea, infatti, una di competenza trasversale in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, anche regionali, che devono esplicarsi nel rispetto degli standard di tutela uniformi stabiliti sull’intero territorio nazionale da parte dello Stato. Il limite dell’intervento legislativo regionale in materia è quindi costituito dal rispetto dei principi regolatori stabiliti dal legislatore statale in tema di soglie minime di tutela dell’ambiente cfr. Corte Cost. 246 del 2006 Corte Cost. 378 del 2007 Corte Cost. 244 del 2012 . Come chiarito dalla Corte costituzionale, non sussiste dunque la violazione dell’articolo 117 Cost., comma 2, lett. s , nè dell’articolo 118 Cost., commi 1 e 2 allorquando la Regione deleghi alle Province il relativo potere autorizzatorio, in quanto detta delega non risulta lesiva di alcun principio costituzionale ed anzi è coerente con il principio di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, posto dall’articolo 118 Cost. e dal D.Lgs. numero 112 del 1998, articolo 3, secondo il quale ciascuna regione determina, in conformità al proprio ordinamento, le funzioni amministrative che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale, provvedendo contestualmente a conferire le altre agli enti locali Corte Cost. 380/2007 . 2. Il secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. numero 689 del 1981, articolo 14, e del D.Lgs. numero 152 del 2006, articolo 133, comma 2, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nnumero 3 e 5, per aver la sentenza escluso l’illegittimità dei verbali di contestazione benché non fossero stati allegati i verbali di sopralluogo, e per aver ritenuto sufficiente l’indicazione degli atti di accertamento presupposti e della data e del luogo dei sopralluoghi e dei campionamenti, occorrendo la puntuale indicazione del numero identificativo del detto verbale e del numero di protocollo. Il motivo è infondato. Come ha chiarito la sentenza, in tema di procedimento amministrativo, ai fini del rispetto del precetto posto dalla L. numero 241 del 1990, articolo 3, comma 3, è sufficiente che l’atto indicato in motivazione sia reso disponibile per l’interessato, non avendo tale norma a differenza di quanto stabilito dalla L. numero 212 del 2002, articolo 7, comma 1, cd. Statuto dei diritti del contribuente , posto a carico dell’amministrazione anche un obbligo di allegazione. La legittimità del provvedimento che applica la sanzione amministrativa che può essere motivato anche per relationem Cass. numero 18469 del 2014 Cass. numero 10757 del 2008 Cass. numero 12320 del 2004 Cass. numero 16608 del 2003 Cass. numero 9357 del 2003 , richiede che l’interessato possa averne visione ed estrarre copia nelle forme che disciplinano il diritto di accesso Cass. numero 389 del 2006 Cass. numero 12320 del 2004 . Il fatto che il verbale di contestazione non indicasse i dati identificativi dei verbali di sopralluogo non poteva avere rilevanza, in mancanza della stessa deduzione che tale omissione avesse impedito ai ricorrenti di acquisirne conoscenza tramite l’esercizio del diritto di accesso. 3. Il terzo secondo motivo denuncia la violazione e/o la falsa applicazione della L. numero 689 del 1981, articolo 14, e del D.Lgs. numero 152 del 2006, articolo 133, comma 2, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5, per aver la Corte di merito erroneamente respinto l’eccezione di carenza di legittimazione passiva, trascurando che gli impianti di cui si discute erano rimasti in proprietà del Comune a partire dal 1999 la gestione del servizio era stata affidata alla Genova Acque s.p.a poi Mediterranea delle acque s.p.a. controllata dalla AMGA a seguito della riorganizzazione del servizio idrico integrato, la programmazione degli investimenti era stata affidata all’Autorità di ambito, tenuta ad elaborare il relativo piano e i programmi di intervento la Conferenza dei sindaci del territorio, con Del. numero 4 del 2003 e Del. numero 5 del 2003, aveva salvaguardato le gestioni facenti capo alla AMGA oggi Iren gas e acqua spa e che, con successive delibere nnumero 8/2003 e 16/2003, era stata riservata a detta società la gestione transitoria del servizio, relativamente all’ambito territoriale ottimale, ed il coordinamento delle gestioni salvaguardate che, per individuare le singole competenze dei gestori, occorreva tener conto della Convenzione del 16.4.2004 e della successiva convenzione aggiuntiva del 5.10.2009, il cui articolo 3, comma 2, aveva prorogato della prima convenzione, articolo 4, comma 1, il quale aveva conferito al gestore operativo la responsabilità per il buon funzionamento dei servizi e all’AMGA i compiti di manutenzione degli impianti e delle reti e la progettazione e realizzazione degli interventi di miglioramento del servizio sulla base delle decisioni assunte dall’Autorità d’ambito, secondo le priorità stabilite dal programma di interventi che l’assenza di autonomia decisionale e la circostanza che la ricorrente non fosse a conoscenza al momento della consegna degli impianti delle loro condizioni di funzionalità impedivano di configurare a suo carico una responsabilità -anche solo concorrente per le violazioni contestate, mancando l’elemento soggettivo della colpa che la Mediterranea acque s.p.a aveva difatti effettuato la ricognizione della rete, mentre il gestore unico, proprio sulla base delle informazioni raccolte, aveva sollecitato l’inserimento nel piano d’ambito del progetto di realizzazione o di adeguamento dei sistemi di depurazione del Comune di XXXXX e la creazione di 22 nuovi impianti che l’autorità di ambito aveva tuttavia proposto, esclusivamente uno stanziamento di Euro 2.450.0000 per la costruzione di reti fognarie e del depuratore nel solo capoluogo che non era lecito disattendere i contenuti della convenzione nè trascurare che l’obbligo di richiedere l’autorizzazione allo scarico competeva al gestore d’ambito, ai sensi del D.Lgs. numero 205 del 2006, articolo 124, comma 2 che, in ogni caso, non era stata contestata una responsabilità concorrente ai singoli enti interessati, il che rendeva illegittimo il provvedimento impugnato. Il motivo è infondato. Come evidenziato dalla sentenza gravata, è decisivo rilevare che l’ipotesi regolata dal D.Lgs. numero 152 del 2006, articolo 133, comma 2, è perfettamente assimilabile alla previgente disposizione del D.Lgs. numero 152 del 1999, articolo 54, comma 2, che già puniva chiunque avesse effettuato scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie senza l’autorizzazione . Entrambe le previsioni non configurano illeciti propri, la cui consumazione presupponga una particolare qualità del soggetto attivo, per cui il responsabile della violazione non si identifica solo con il titolare dell’autorizzazione all’esercizio dell’impianto che apra nuove vie di scarico , restando assoggettato alla sanzione qualsiasi soggetto che gestisca o comunque detenga di fatto la condotta di scarico non autorizzata Cass. numero 3176/2006 Cass. 8364/2020 Cass. 1740/2020 . Ciò rendeva irrilevante il contenuto delle convenzioni richiamate in ricorso, posto che il riparto di competenze fissato in seno alla Conferenza dei Sindaci e poi trasfuso nelle predette convenzioni non consentiva di escludere la responsabilità del gestore operativo dell’impianto per l’effettuazione degli scarichi non autorizzati. La tesi dei ricorrenti, circa il rilievo del contenuto delle convenzioni del 16.4.2004 e 5.10.2009, non inficia inoltre l’accertamento in fatto svolto dalla Corte di merito riguardo alla circostanza che la prima di tali convenzioni non era applicabile alla gestione salvaguardata affidata alla Mediterranea Acque conseguendone l’impossibilità di invocare anche il contenuto della convenzione modificativa del 2009 e che, anzi, dal piano d’ambito relativo agli anni 2004/2008, risultava che ai titolari delle gestioni salvaguardate era stato attribuito un ruolo attivo nella realizzazione del piano stesso, dando atto inoltre che la Mediterranea delle acque era tenuta a fornire al gestore unico il supporto specialistico per la progettazione, essendo dotata di una struttura operativa in grado di affrontare il piano operativo ed in possesso di comprovata esperienza in tema di costruzione e gestione degli impianti cfr. sentenza, pag. 13 . In questo quadro logicamente e motivatamente definito dal giudice distrettuale l’accertamento di una sfera di piena autonomia gestionale in capo alla ricorrente escludeva a fortiori la sussistenza di esimenti, consentendo semmai di configurare un’ulteriore responsabilità a titolo di concorso in capo alla società tenuta alla gestione del Servizio Idrico Integrato o l’esistenza di un ruolo più o meno penetrante di coordinamento o controllo da parte di altra società. Non era dunque configurabile una responsabilità esclusiva del Gestore d’Ambito posto che, anche a voler riconoscere in capo a quest’ultimo il potere di compiere le scelte riguardanti il completamento degli impianti, non era consentito ai ricorrenti contravvenire alla prescrizione che imponeva il previo rilascio dell’autorizzazione per lo scarico. Il ricorso è respinto con aggravio di spese secondo soccombenza. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%. Dà atto, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.