Informativa antimafia e controllo giudiziario: in cosa consiste l’occasionalità dell’infiltrazione mafiosa?

Ciò che esclude l’occasionalità dell’agevolazione è la ‘tendenziale perduranza’ del rapporto di condizionamento venutosi a creare tra l’ente criminale e l’impresa, con stabilità dei sottostanti assetti di interessi. Tra gli indici rivelatori di una volontà di riallineamento dell’attività aziendale a parametri di legalità gestionale, tali da influire sulla valutazione di occasionalità o meno del nesso di agevolazione, rilevano gli atteggiamenti di ravvedimento posti in essere prima dell’applicazione dell’informativa antimafia.

A distanza di pochi giorni, la Suprema Corte torna ad occuparsi della misura di prevenzione del controllo giudiziario ex articolo 34- bis del c.d. Codice Antimafia d. lgs numero 159/2011 , continuando a perimetrare – sulla scia di sez. VI, numero 23330/21 – il requisito dell'occasionalità dell'infiltrazione mafiosa il cui confine con l'impresa mafiosa resta molto sottile .   Il diniego del controllo giudiziario. La fattispecie concreta è quella canonica una società di capitali con più di duecento dipendenti e ammessa al concordato preventivo viene colpita dall'interdittiva antimafia, impugnata dinanzi al giudice amministrativo. La stessa, in persona del suo legale rappresentante, chiede l'applicazione del controllo giudiziario. La Corte d'Appello di Roma conferma il diniego del controllo giudiziario in quanto a diversi dipendenti della società operante nel settore della raccolta d rifiuti e attività edilizia erano legati ad associazione mafiosa pugliese Sacra Corona Unita b il soggetto che gestiva di fatto l'impresa, nonostante la cessazione della sua carica di presidente del consiglio di amministrazione, è stato coinvolto in procedimenti penali relativi a vicende corruttive legate ad accordi con esponenti politici c la permeabilità alle infiltrazioni mafiose in sede amministrativa è stata ritenuta sussistenza in un ampio e decennale arco temporale.   Il gravame. Avverso il diniego la società interpone ricorso per cassazione asserendo l'erronea applicazione della legge penale. Premettendo che non si è tenuto conto del novum dell'assoggettamento al concordato preventivo con penetranti poteri di controlli del commissario giudiziale già in epoca antecedente e coeva all'interdizione prefettizia dovendosi escludere la possibilità di agevolare associazioni criminali , in diritto si contesta l'affermazione dell'irrilevanza di comportamenti di autonoma eliminazione di possibile forma di infiltrazione licenziamento di dipendenti e altro in sede di valutazione sull'ammissione al controllo giudiziario, all'opposto dimostrative dell'occasionalità della ipotizzata agevolazione.   Il decisum della Suprema Corte la doppia dimensione della pericolosità sociale. La Cassazione accoglie in ricorso, annullando con rinvio il gravato provvedimento, proprio in ordine alla corretta esegesi del requisito della occasionalità dell'infiltrazione mafiosa, riprendendo ampiamente alcuni condivisi arresti Sez. I, numero 29487/2019 . Si premette che la pericolosità sociale è in primis considerata come condizione soggettiva nelle ipotesi tassativamente descritte nel codice antimafia richiamando Corte Cost. numero 24/2019 e permeata dal carattere di attualità. Ma la pericolosità sociale viene vista dal legislatore come una forma di relazione tra una o più condotte individuali contra legem e i beni patrimoniali, o nel senso dell'avvenuta accumulazione, grazie alle condotte vietate, di beni in capo al soggetto pericoloso o in quello della strumentalizzazione di realtà economiche/aziendali ai fini di incremento o mantenimento di una condizione di potere e di influenza di mercato riconducibili alle finalità perseguite da sodalizi criminali.   La diversificazione della risposta prevenzionale alla contaminazione dell'attività d'impresa delle associazioni mafiose. Nel delineare una stratificazione degli strumenti per far fronte alla contaminatio criminis , per la Suprema Corte, laddove non ci si trovi davanti ad una stabile relazione di ‘avvenuto investimento' da parte del soggetto pericoloso del profitto delle condotte illecite nei beni o di una strumentalizzazione funzionale di un'azienda al fine di consentire l'esercizio di attività economica da parte del soggetto appartenente al gruppo criminale – casi tipici di adozione del sequestro in vista della confisca, necessari per rompere il nesso tra persona pericolosa e beni – risulta possibile applicare le misure dell'amministrazione o del controllo, con graduazione dell'intensità dell'intervento giudiziario, in chiave di ripristino funzionale all'attività di impresa a di una coartazione di volontà o di una oggettiva agevolazione non propriamente dolosa e/o frutto della coartazione realizzata dall'azienda verso persone portatrici di pericolosità qualificata in questo caso va disposta, ai sensi dell' articolo 34 del codice antimafia , l'amministrazione giudiziaria dei beni utilizzabili per lo svolgimento dell'attività economica b di un semplice pericolo di infiltrazione mafiosa nell'attività di impresa l'agevolazione è occasionale e non perdurante con l'applicazione del controllo giudiziario, consistente in una vigilanza prescrittiva nelle diverse declinazioni di obblighi di comunicazione di determinate attività o, in alternativa, nomina di un amministratore giudiziario con funzioni di controllo ed eventuali prescrizioni.   La valutazione “prognostica” del controllo giudiziario. Per gli Ermellini, ad essere ostativa all'accoglimento della domanda di controllo volontario, è la constatazione, da parte del Tribunale di prevenzione, dell'esistenza di una condizione di agevolazione perdurante dell'impresa a vantaggio di attività organizzate di stampo mafioso che, al momento della domanda di ammissione renda negativa la prognosi di riallineamento dell'impresa a condizioni operative di legalità e operatività. Tale assetto interpretativo scaturisce anche dai contenuti espressi dalle Sezioni Unite Ricchiuto numero 46498/2019 , secondo cui tale verifica va effettuata in chiave prognostica, nel senso della utilità o meno dello strumento oggetto di richiesta.   Valutazione non parcellizzata dell'agevolazione. Muovendosi lungo tali binari interpretativi, la Suprema Corte non reputa condivisibile la valutazione compiuta dalla Corte territoriale con riferimento al parametro della non occasionalità dell'agevolazione. I giudici di merito non hanno inquadrato l'episodio storico dell'agevolazione gli accordi corruttivi con esponenti politici da cui è derivata l'assunzione di alcuni dipendenti legati all'associazione mafiosa nel più ampio contesto dell'attività aziendale, dovendo invece apprezzarsi in concreto l'incidenza del fatto pregiudizievole sui complessivi assetti aziendali e sul volume globale degli affari.   Vanno considerati anche gli atteggiamenti di ravvedimento prima dell'informativa antimafia. Sotto altro profilo, i Giudici di legittimità ritengono viziata la considerazione per cui atteggiamenti di ravvedimento, posti in essere prima dell'applicazione dell'informativa antimafia come le iniziative sugli avvenuti licenziamenti non possano essere rilevanti. Trattandosi, invece, di indici rivelatori di una volontà di riallineamento dell'attività aziendale a parametri di legalità gestionale tali da influire sulla valutazione di occasionalità o meno del nesso di agevolazione.

Presidente Boni, estensore Magi Ritenuto in fatto 1. Con decreto emesso in data 14 aprile 2020 la Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di diniego al controllo giudiziario volontario articolo 34 bis comma 6 cod.ant. adottata dal Tribunale di Roma sulla domanda introdotta da R.C. , quale legale rappresentante della IGECO COSTRUZIONI s.p.a. da ora in avanti Igeco . 1.1 Va premesso che a nei confronti della Igeco è stata emessa informazione interdittiva dalla Prefettura di Roma il 3 ottobre del 2018 b è stata proposta impugnazione in sede di giurisdizione amministrativa c si tratta di impresa con più di duecento dipendenti d si tratta di impresa ammessa a concordato preventivo. 2. Ciò posto, la Corte di Appello di Roma ritiene infondate le doglianze introdotte avverso il primo diniego dopo la qualificazione della impugnazione in termini di appello, operata dalle Sezioni Unite di questa Corte di Cassazione con sentenza numero 46898 del 2019 . Dopo aver sintetizzato il provvedimento reiettivo emesso dal Tribunale essenzialmente motivato in rapporto alla sussistenza di elementi di fatto idonei a configurare una stabile agevolazione della attività di impresa in favore di esponenti della organizzazione mafiosa denominata Sacra Corona Unita , e aver dato atto delle allegazioni difensive, viene in particolare rappresentato che a l’ammissione al controllo giudiziario su richiesta non può avvenire, in diritto, lì dove l’infiltrazione mafiosa dell’impresa rivesta carattere non occasionale b nella verifica dei presupposti di fatto che hanno dato luogo alla applicazione della informazione interdittiva, il giudice della prevenzione al fine di apprezzare autonomamente il parametro della occasionalità o meno della agevolazione non è tenuto ad apprezzare accadimenti posteriori alla emissione della misura amministrativa, ma soltanto a valutare la situazione di fatto esistente al momento della adozione del provvedimento prefettizio c al contempo, la dimensione temporale della agevolazione deve essere misurata in rapporto alla attività espletata, alla storia dell’azienda e delle persone cui essa fa capo, non potendosi ammettere l’impresa collusa al controllo giudiziario su domanda. 2.1 Tutto ciò premesso, la Corte di Appello evidenzia che al momento della adozione della interdittiva risultava che a diversi dipendenti della società operante nel settore della raccolta dei rifiuti e della attività edilizia erano legati alla associazione mafiosa pugliese b il soggetto che di fatto gestiva l’impresa, R.T. destinatario di titolo cautelare nel 2015 per corruzione aggravata , è stato coinvolto in procedimenti penali relativi a vicende corruttive nel cui ambito si tendeva a realizzare un accordo con esponenti politici, accordo che prevedeva l’assunzione di persone collegate alla associazione di stampo mafioso in cambio dell’affidamento di appalti c i sei dipendenti con pregiudizi penali per il reato di associazione mafiosa sono stati licenziati solo dopo l’accesso ispettivo del Gruppo Interforze della Prefettura di Lecce d la permeabilità della Igeco alle infiltrazioni mafiose è stata ritenuta sussistente, in sede amministrativa, per un ampio arco temporale, dal 2008 al 2018, il che conduce a ritenere sussistente un rapporto di stabile agevolazione e il Gruppo Igeco continua, di fatto, ad essere gestito da R.T. padre di R.C. , attuale amministratore unico , nonostante la sua cessazione dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione già dal 2015. Si ritiene, pertanto, sussistente un quadro fattuale tale da integrare un elevato livello di condizionamento e una elevata pericolosità della realtà aziendale, in ragione dei rapporti patologici instaurati in un arco temporale rilevante. Si compie altresì riferimento, quale ulteriore fattore impeditivo, alla esistenza di un precedente giudiziario per truffa aggravata a carico della stessa R.C. , con proscioglimento per intervenuta prescrizione in secondo grado. 3. Avverso detto decreto ha proposto ricorso per cassazione nelle forme di legge la Igeco Costruzioni s.p.a Il ricorso è affidato a un unico, ampio, motivo. 3.1 Si deduce erronea applicazione della disposizione di legge di cui al D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 34 bis, comma 6 da ora in avanti cod.ant. . Si rappresenta, in particolare, che a la società è assoggettata a procedura concorsuale di concordato preventivo con penentranti poteri di controllo da parte del commissario giudiziale già in epoca immediatamente antecedente o coeva alla applicazione della interdittiva prefettizia, il che esclude la possibilità di agevolare associazioni criminali b in simile contesto, l’ammissione al controllo giudiziario di prevenzione realizzerebbe il positivo effetto, anche a tutela dei creditori, della ripresa dei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione. In diritto, si contesta l’affermazione per cui l’esistenza di comportamenti di autonoma eliminazione di possibili forme di infiltrazione licenziamento di dipendenti e altro non costituirebbe elemento valutabile in sede di ammissione al controllo giudiziario. Ciò proprio in ragione del fatto che tali, spontanee, condotte tenderebbero a rendere meramente occasionale non stabile la ipotizzata agevolazione. Anche il novum rappresentato dalla gestione commissariale andava pertanto valutato, lì dove la Corte di Appello non si sofferma minimamente su simile aspetto. 3.2 In fatto, si evidenzia che sulla presenza in azienda di dipendenti con pregiudizi penali si è fatto riferimento, da parte della Prefettura, a verifiche avvenute nel 2016, lì dove l’applicazione della interdittiva è avvenuta nel 2018. Si ribadisce che nei confronti dei sei soggetti gravati da pregiudizi per reati associativi di stampo mafioso erano stati intrapresi, prima del 2018, i giudizi in sede lavoristica per la risoluzione dei rapporti di lavoro. Che in ogni caso si tratta di un numero non significativo rispetto alle dimensioni globali della società, addetti a mere mansioni d’ordine. Non sarebbe decisivo il fatto che le iniziative in tema di licenziamento siano state poste in essere dopo il primo accesso ispettivo, posto che le stesse segnalano in ogni caso una volontà di contenere il pericolo di infiltrazione, antecedente rispetto alla applicazione della misura amministrativa. Si rappresenta, ancora, che è del tutto sfornita di fondamento la menzionata possibilità di applicare misure di prevenzione in danno degli amministratori, attuali o meno, della Igeco. Inoltre, tale aspetto non sarebbe rilevante ai fini della ammissione o meno al controllo della compagine aziendale. Le vicende giudiziarie menzionate nelle decisioni di merito non riguardano, in ogni caso, il reato di associazione mafiosa o delitti espressivi di pericolosità qualificata, nè è mai intervenuta proposta applicativa di misura personale nei confronti di R.T. o di R.C. . 3.3 Gli argomenti difensivi sono stati ribaditi con memoria del 18 gennaio 2021. In tale atto si precisa ulteriormente che le vicende corruttive, menzionate nelle decisioni reiettive raccolta rifiuti nei comuni di Cellino San Marco e Parabita hanno inciso, come da attestazione del collegio sindacale, solo per il 4,1% complessivo del fatturato e si evidenzia la intervenuta nomina di un nuovo consiglio di amministrazione composto esclusivamente da dipendenti della società. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, per le ragioni che seguono. 2. La ricognizione dell’istituto del controllo giudiziario delle aziende ed in particolare del controllo su domanda di cui all’articolo 34 bis, comma 6 cod.ant. così come realizzata dalla Corte di Appello di Roma nella decisione impugnata, non appare del tutto conforme ai contenuti della previsione di legge e la motivazione espressa non risulta idonea a sostenere il dispositivo di rigetto. In sintesi, la Corte di merito ritiene che la condizione ostativa di merito all’accoglimento della domanda, essendo presenti i dati storici della emissione della informazione interdittiva e della sua impugnazione in sede di giustizia amministrativa, sia rappresentata dalla non occasionalità del nesso di agevolazione tra l’attività di impresa e gli interessi della organizzazione mafiosa Sacra Corona Unita. 2.1 Nel compiere tale valutazione, la Corte di merito da un lato riprende e valorizza i contenuti fattuali posti a base della interdittiva prefettizia e dall’altro afferma espressamente la irrilevanza di condotte tenute dalla impresa prima della applicazione della informazione interdittiva , tese a limitare in modo autonomo il possibile condizionamento mafioso iniziative in tema di licenziamento di dipendenti , perché trattasi di condotte poste in essere in corso di ispezione, dunque correlate alla iniziativa degli organismi di vigilanza. 3. Al fine di apprezzare i contenuti delle doglianze difensive, vanno, in premessa, ripresi i contenuti di taluni arresti di questa Corte di legittimità in particolare v. Sez. I numero 29487 del 2019 , condivisi dal Collegio. In particolare va premesso che il Tribunale delle Misure di Prevenzione è stato individuato dal legislatore come organo giurisdizionale cui spetta l’adozione nelle diverse forme previste dalle disposizioni regolatrici di provvedimenti tesi all’accertamento momento cognitivo ed al contrasto momento dispositivo di diverse situazioni di fatto correlate alla pericolosità sociale. La pericolosità è in primis considerata come condizione soggettiva, inerente alla persona fisica articolo 1 e 4 D.Lgs. numero 159 , lì dove le condotte pregresse tenute da un determinato individuo siano inquadrabili in una delle ipotesi tipiche previste dalla legge e costituzionalmente valide perché rispondenti al parametro della tassatività descrittiva, come affermato nella decisione numero 24 del 2019 Corte Cost. e possano in tal senso essere poste a base di una prognosi di pericolosità soggettiva attuale. Ma la pericolosità è anche vista dal legislatore come una forma di relazione tra una o più condotte individuali contra legem ed i beni patrimoniali, o nel senso della avvenuta accumulazione, in forza delle ricadute di condotte vietate, di beni in capo al soggetto pericoloso con neutralizzazione di simile relazione attraverso le tradizionali misure del sequestro e della confisca o nel senso della strumentalizzazione di realtà economico/aziendali a fini di incremento o mantenimento di una condizione di potere ed influenza di mercato riconducibile alle finalità perseguite da gruppi criminali organizzati in particolare di stampo mafioso, nel cui ambito la proiezione economica dell’agire rappresenta una delle finalità tipizzate nella previsione incriminatrice di cui all’articolo 416 bis c.p. . Le necessità di contrasto alla pericolosità economico/patrimoniale, in un sistema giuridico che ricollega le limitazioni di diritti costituzionalmente protetti ad una base legale appropriata ed a momenti cognitivi giurisdizionali, hanno dunque condotto il legislatore del 2017 L. numero 161 ad incrementare, in sede di misure di prevenzione, la potenzialità applicativa degli strumenti rappresentati in campo patrimoniale dalla amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche articolo 34 e del controllo giudiziario delle aziende articolo 34 bis , visti come modalità di intervento potenzialmente alternativo rispetto all’ordinario binomio sequestro/confisca dei beni del soggetto portatore di pericolosità. 3.1 In tal senso, va ribadito che le disposizioni contenute nel D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 34 e nell’articolo 34 bis vanno lette insieme in quanto rappresentano nelle intenzioni del legislatore un sistema con pretese di omogeneità, basato sulla necessità di diversificazione della risposta giudiziaria prevenzionale al fenomeno della contaminazione dell’attività di impresa da parte della criminalità organizzata. La conferma della volontà del legislatore di creare forme di intervento diversificate sulla base di valutazioni relative alla preliminare qualificazione del tipo di relazione intercorsa tra l’ente imprenditoriale, i suoi gestori ed il gruppo criminale la si ricava, a parere del Collegio, dal testo del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 20, in tema di sequestro, per come anch’esso risulta novellato ai sensi della L. numero 161 del 2017, articolo 5. In sede di proposta di sequestro il che presuppone l’individuazione, da parte del soggetto pubblico proponente, di un soggetto portatore di pericolosità e di una relazione tra tale soggetto e uno o più beni il Tribunale può ritenere sussistenti non già i presupposti tipici della misura richiesta disponibilità dei beni in capo al portatore di pericolosità + sproporzione con il reddito di costui o relazione diretta tra attività illecita e beni sub specie frutto o reimpiego ma, in alternativa, proprio quelli della amministrazione giudiziaria articolo 34 o del controllo giudiziario delle aziende articolo 34 bis , in tal senso conformando ex officio l’esito della richiesta. Da ciò non soltanto si desume che le misure alternative della amministrazione o del controllo risultano affidate al prudente apprezzamento del giudice di prevenzione investito da una domanda di sequestro, ma soprattutto che lo sforzo richiesto al Tribunale della Prevenzione è quello di realizzare sia pure in prima approssimazione una calibrata qualificazione della relazione intercorrente tra i beni in questione ed il soggetto indicato come portatore di pericolosità tipica. A tal fine, lì dove non ci si trovi in presenza di una relazione definibile in termini di avvenuto investimento da parte del soggetto pericoloso del profitto delle condotte illecite nei beni o di una strumentalizzazione funzionale di una azienda al fine di consentire l’esercizio di attività economica da parte del soggetto appartenente al gruppo criminale casi tipici di adozione del sequestro in vista della confisca risulta possibile applicare le misure della amministrazione o del controllo, con graduazione della intensità dell’intervento giudiziario, in chiave di potenziale recupero dell’ente economico ad una diversa condizione operativa, ove si sia constatata l’esistenza a di una coartazione di volontà o di una oggettiva agevolazione non propriamente dolosa e/o frutto della coartazione realizzata dall’azienda verso persone portatrici di pericolosità qualificata qui va disposta l’amministrazione giudiziaria dei beni utilizzabili per lo svolgimento della attività economica, ai sensi dell’articolo 34, con modalità gestionali affini a quelle del sequestro tipico b di un semplice pericolo di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa l’agevolazione seppure sussiste, è occasionale, dunque non perdurante con applicazione in tal caso del controllo giudiziario di cui all’articolo 34 bis, consistente in una sorta di vigilanza prescrittiva, nelle forme e con le modalità di cui al comma 2 della medesima disposizione obblighi di comunicazione di determinate attività o, in alternativa, nomina di un amministratore giudiziario con funzioni controllo ed eventuali prescrizioni . 3.2 La qualificazione preliminare della tipologia di relazione esistente tra persona e beni organizzati in azienda determina la scelta della tipologia di misura in funzione, essenzialmente, dei diversi scopi assegnati dal legislatore alle medesime. È evidente, infatti che mentre l’amministrazione ed il controllo mirano essenzialmente ad un ripristino funzionale dell’attività di impresa una volta ridotta l’ingerenza dei soggetti portatori di pericolosità il sequestro deriva da una constatazione di pericolosità del soggetto che gestisce l’attività economica e mira alla recisione del nesso tra persona pericolosa e beni. Ed è anche necessario evidenziare che una volta adottate le misure del controllo o della amministrazione giudiziaria il Tribunale della Prevenzione, anche in esito alle verifiche disposte nel corso di tali misure, può mutare la prima qualificazione e transitare in una tipologia prevenzionale diversa, adottando la misura più adeguata. 4. Ciò posto, la particolare misura di prevenzione del controllo delle aziende su domanda ai sensi dell’articolo 34 bis, comma 6 cod. ant. realizza in tale ambito una ulteriore sottopartizione con caratteri peculiari. In presenza di un primo accertamento, a fini amministrativi, del tentativo di infiltrazione mafiosa tendente a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa articolo 84 cod.ant. , è data all’impresa che pure contesta il fondamento fattuale della interdittiva la possibilità di adottare un percorso emendativo ricorrendo alla applicazione del controllo giudiziario su domanda. Si configura in tal modo una alternativa rappresentata dalla consegna dell’impresa al Tribunale delle misure di prevenzione, il che comporta l’applicazione di penetranti strumenti di controllo della gestione, di verifica dei flussi di finanziamento, di comunicazione di situazioni di fatto rilevanti, nonché con eventuale obbligo di adottare misure organizzative idonee a prevenire il rischio di infiltrazione mafiosa secondo il modello normativo di cui all’articolo 34bis, comma 2 lett. b, unico applicabile al controllo volontario . Nei casi di violazioni delle prescrizioni imposte o di accertamento della stabile agevolazione in favore di soggetti portatori di pericolosità qualificata il Tribunale può disporre l’amministrazione giudiziaria di cui all’articolo 34 cod.ant., così come l’omissione dei doveri informativi relativi alle situazioni indicate dalla lettera a del comma 2 dell’articolo 34 bis è penalmente sanzionata ai sensi dell’articolo 76, comma 6 cod.ant. In simile contesto, va anche detto che non appare conforme al complessivo assetto legale dell’istituto introdotto con L. numero 161 del 17 ottobre 2017 ritenere che il controllo giudiziario su richiesta si configuri come un beneficio per il solo effetto legale di sospensione delle inibizioni derivanti dalla informazione antimafia interdittiva, trattandosi di una alternativa che realizza un diverso assetto di interessi rispetto alla mera inibizione all’esercizio di determinate attivià economiche e che mira a recuperare, ove possibile, i profili di competitività non inquinata della realtà aziendale ed a favorire un intervento del Tribunale della prevenzione asseverato da migliori conoscenze delle condizioni operative della singola impresa. 4.1 Da quanto sinora detto deriva che ad essere ostativa all’accoglimento della domanda di controllo volontario è, pertanto, la constatazione da parte del Tribunale della prevenzione della esistenza di una condizione di agevolazione perdurante dell’impresa a vantaggio di realtà organizzate, inquadrabili come realtà associative di stampo mafioso, se ed in quanto tale condizione al momento della domanda di ammissione renda negativa la prognosi di riallineamento dell’impresa a condizioni operative di legalità e competitività. Tale assetto interpretativo deriva dai contenuti espressi dalla Sezioni Unite nel noto arresto relativo al procedimento qui in trattazione ric. R. del 2019 sent. numero 46898/2019 , secondo cui la vertice della condizione di fatto in cui si trova l’impresa richiedente va realizzata sulla base delle fonti di conoscenza già emerse o allegate dalle parti in sede di udienza camerale essenzialmente in chiave prognostica, nel senso della utilità o meno dello strumento oggetto di richiesta. Ed invero la citata decisione Sez. U R. così precisa la direzione della verifica giurisdizionale con riferimento, poi, alla domanda della parte privata, che sia raggiunta da interdittiva antimafia, di accedere al controllo giudiziario, tale accertamento e in ciò la motivazione della citata sentenza numero 29487 della Prima Sezione promuove prospettive non del tutto sovrapponibili alle conclusioni qui prese non scolora del tutto, dovendo pur sempre il tribunale adito accertare i presupposti della misura, necessariamente comprensivi della occasionalità della agevolazione dei soggetti pericolosi, come si desume dal rilievo che l’accertamento della insussistenza di tale presupposto ed eventualmente di una situazione più compromessa possono comportare il rigetto della domanda e magari l’accoglimento di quella, di parte avversa, relativa alla più gravosa misura della amministrazione giudiziaria o di altra ablativa. La peculiarità dell’accertamento del giudice, sia con riferimento alla amministrazione giudiziaria che al controllo giudiziario, ed a maggior ragione in relazione al controllo volontario, sta però nel fatto che il fuoco della attenzione e quindi del risultato di analisi deve essere posto non solo su tale pre-requisito, quanto piuttosto, valorizzando le caratteristiche strutturali del presupposto verificato, sulle concrete possibilità che la singola realtà aziendale ha o meno di compiere fruttuosamente il cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano, anche avvalendosi dei controlli e delle sollecitazioni nel caso della amministrazione, anche vere intromissioni che il giudice delegato può rivolgere nel guidare la impresa infiltrata. L’accertamento dello stato di condizionamento e di infiltrazione non può, cioè, essere soltanto funzionale a fotografare lo stato attuale di pericolosità oggettiva in cui versi la realtà aziendale a causa delle relazioni esterne patologiche, quanto piuttosto a comprendere e a prevedere le potenzialità che quella realtà ha di affrancarsene seguendo l’iter che la misura alternativa comporta . Ed è di particolare importanza rilevare che nella ipotesi del controllo della impresa volontario, l’analisi del nesso di agevolazione riguarda esclusivamente i rapporti esistenti tra l’attività economica di cui si discute e i soggetti portatori di pericolosità qualificata per riconosciuta appartenenza o contiguità ad organizzazioni di stampo mafioso, posto che tanto l’articolo 34 bis che l’articolo 84 cod.ant. evocano il pericolo di infiltrazione mafiosa, così realizzando una delimitazione ben precisa delle finalità e della natura degli strumenti giuridici tanto della interdittiva che del controllo volontario. 4.2 Ciò posto, per tornare alla verifica dei motivi di ricorso e dei contenuti della decisione impugnata, va detto che il Collegio non reputa condivisibile la ricognizione operata, nel caso concreto, dalla Corte di Appello del parametro della non occasionalità della agevolazione. Se è vero che la accertata dimensione di stabilità del nesso funzionale tra l’attività di impresa e i componenti di un organismo di stampo mafioso inibisce la adozione del controllo volontario, essenzialmente in ragione della impossibilità di realizzare una prognosi positiva circa l’efficacia della vigilanza prescrittiva, tale connotazione nel caso in esame risulta affermata in modo non esaustivo, solo in parte rispondente ai dati conoscitivi esposti ed è condizionata da un vizio di metodo. In particolare, da un lato i giudici del merito non hanno inquadrato l’episodio storico di agevolazione essenzialmente la vicenda degli accordi corruttivi con esponenti politici da cui è derivata l’assunzione di alcuni dipendenti legati alla associazione mafiosa nel più ampio contesto dell’attività aziendale, posto che va apprezzata in concreto l’incidenza del fatto pregiudizievole sui complessivi assetti aziendali e sul volume globale degli affari, dall’altro è da ritenersi viziata la considerazione per cui atteggiamenti di ravvedimento, posti in essere prima dell’applicazione della informazione antimafia qui le iniziative in punto di licenziamento , non possano ritenersi rilevanti. Ciò perché si tratta in ogni caso di indici rivelatori di una volontà di riallineamento dell’attività aziendale a parametri di legalità gestionale tali da influire sulla connotazione di occasionalità o meno del nesso di agevolazione. In altre parole, ciò che esclude la occasionalità della agevolazione è la tendenziale perduranza del rapporto di condizionamento venutosi a creare tra l’ente criminale e l’impresa, con stabilità dei sottostanti assetti di interessi. Lì dove siano state poste in essere iniziative tese a eliminare gli effetti di un precedente accordo, si è manifestato un diverso atteggiamento gestionale che deve essere apprezzato dal giudice della prevenzione nell’ambito della globale valutazione di cui sopra. Si tratta di aspetti, per quanto sinora esposto, da ritenersi decisivi, posto che di contro l’esistenza di un semplice pericolo di inflitrazione della realtà economica in ragione di pregressi contatti con soggetti potenzialmente portatori di interessi illeciti è condizione che favorisce l’adozione dello strumento del controllo giudiziario e non certo il diniego di applicazione della particolare misura de qua. Va da ultimo precisato che anche la ammissione al concordato preventivo, con ricadute sui controlli gestionali, risulta elemento valutabile mentre non lo è il mutato assetto del CdA, avvenuto posteriormente alla emissione della decisione impugnata in chiave di prognosi circa l’effettiva volontà dell’impresa di affrancarsi da forme di condizionamento illecito. La decisione impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio, nel cui ambito ferma restando la libera valutazione degli elementi di prova dovrà farsi applicazione dei principi sin qui espressi, come da dispositivo. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Roma.