La terza sezione della Corte di Cassazione con l’ordinanza del 23 giugno 2021, numero 17970 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 35-bis, comma 13, d.lgs. numero 25/2008 come inserito dal d.l. numero 46/2017 per contrasto con gli articoli 3,10, 24, 111 Cost., nonché per contrarietà al diritto comunitario e alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Si tratta della norma che prevede l'obbligo per il difensore che propone ricorso per cassazione in materia di status di rifugiato e protezione sussidiaria di autenticare, oltre alla sottoscrizione del cliente, anche la data di conferimento della procura alle liti. Ed infatti, secondo quella norma “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”. Una norma che era stata inserita, secondo un autore, il cui pensiero era stato citato anche nella sentenza delle Sezioni Unite – con il deliberato scopo di “contenere l'uso di pratiche anomale di rilascio della procura”. Una finalità che per la terza sezione sarebbe, però, espressione di “una generalizzata quanto indimostrata presunzione, che finisce per offendere l'intera categoria forense ”. Ebbene, la terza sezione si pone in contrasto con la scelta delle Sezioni Unite di inizio mese e per questo ha sollevato la questione di legittimità costituzionale nei confronti della norma proprio come interpretata dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza del 1° giugno 2021, numero 15771 secondo cui la mancanza dell'autenticazione determina la inammissibilità del ricorso. La terza sezione quindi sostanzialmente contrasta con una articolata motivazione la scelta delle Sezioni Unite sulla sanzione dell'inammissibilità del ricorso ritenendo che non si possa limitare il numero dei ricorsi che devono essere decisi nel merito attraverso la mera verifica dell'esistenza, o no, di un'autentica della data di conferimento. Profili di incostituzionalità . Ebbene, è proprio la normativa che obbliga all'autentica anche della data di conferimento della procura unitamente al diritto vivente che fa derivare dalla mancanza di quell'autentica di data l'inammissibilità del ricorso a far sospettare alla terza sezione una irragionevolezza della disciplina per varie ragioni. La prima è che obbliga il richiedente asilo ad essere presente sul territorio nel momento di presentazione del ricorso quando la normativa semmai richiederebbe che il richiedente ne abbia sempre interesse , la seconda è che lede il diritto di difesa e il giusto processo e la terza è che contrasta con la direttiva comunitaria 2013/32/UE e, quindi, con l' articolo 117 Cost. nella parte in cui richiede un diritto ad un ricorso effettivo e disciplina la presunzione di rinuncia. Peraltro, per la terza sezione già la lettera dell'articolo 35 bis non imporrebbe la soluzione adottata dalle Sezioni Unite l'inammissibilità, infatti, dovrebbe derivare dalla “non posteriorità” della procura e non già dall'inesistenza della certificazione. Ed infatti, la posteriorità potrebbe essere ricavata aliunde, ad esempio, dal contenuto della procura alle liti che si riferisca alla sentenza impugnata. Ma soprattutto le modalità di rilascio della procura potrebbero – osserva la Corte – rendere più difficoltoso l'esercizio dell'impugnazione perché il richiedente potrebbe essersi allontanato dal territorio italiano volontariamente o in esecuzione di un ordine e non potrebbe avvalersi - perché non prevista – della possibilità della procura consolare. Peraltro, la sezione sottolinea come la richiesta dell'autenticazione sia una “peculiarità” di questo specifico procedimento non trovandosi una norma simile in procedimenti analoghi come quelli sull'apolidia, sulla protezione umanitaria . Rimaniamo, quindi, in attesa della decisione della Corte Costituzionale su questo delicato aspetto del diritto processuale dell'immigrazione che, in questi anni, ha visto una grande quantità di questioni processuali e.g. indispensabilità dell'audizione del richiedente quando non c'è stata videoregistrazione, possibilità del collegio in primo grado di delegare l'audizione e possibilità poi di sub-delegare agitarsi a fronte dei flussi dei ricorsi che, dopo l'abolizione del doppio grado di giudizio, si sono riversati sulla cassazione ma anche sui giudici di primo grado per i giudizi di rinvio .
Presidente/Relatore Travaglino Premesso in fatto 1. Nel procedimento numero 33855/2019 RG, introdotto dinanzi alla III sezione della Corte di cassazione dall'avv. Giulio Marabini nell'interesse del sig. M.A.M. , con ricorso avverso il decreto del Tribunale di Bologna numero 4354/2019 del 27.09.2019, con il quale era stata rigettata la domanda di Protezione internazionale del richiedente asilo proposta ai sensi del D.Lgs. numero 251 del 2007 , il collegio ha rilevato, in limine litis, la mancanza della certificazione della data di rilascio delle procura al difensore. 1.1. Oggetto della rimessione al Giudice delle leggi è il D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 35 bis , comma 13, inserito dalla L. numero 46 del 2017 , che recita la procura alle liti per la proposizione del ricorso in Cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima . 1.2. La previsione normativa della necessità della certificazione dell'autenticità della data di rilascio della procura da parte del difensore, limitatamente ai procedimenti di protezione internazionale che la Corte di Cassazione, a sezioni unite, con la sentenza numero 15771/2021, ha interpretato nel senso che la sua mancanza determini la inammissibilità del ricorso pone, a giudizio del collegio, in primo luogo una questione di compatibilità con l' articolo 3 Cost. , inteso come principio di ragionevolezza, quale corollario del principio di eguaglianza 1.2.1. La norma, che costituisce diritto vivente per effetto dell'interpretazione adottatane, parrebbe, altresì, porsi in contrasto a con l' articolo 10 Cost. , sotto il profilo della tutela dei richiedenti asilo, quanto all'asserita necessità che i predetti siano presenti sul territorio nazionale al momento della presentazione del ricorso in cassazione b con l' articolo 24 Cost. , per lesione del diritto inviolabile di difesa riconosciuto, indiscriminatamente, a cittadini e stranieri c con l' articolo 111 Cost. , poiché la norma, così come interpretata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza numero 15177 del 2021, potrebbe violare il principio del giusto processo d con l' articolo 117 Cost. in relazione alla direttiva 2013/32/UE Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale , con riferimento all'articolo 46 Diritto ad un ricorso effettivo in particolare, § 11, in tema di condizioni poste dagli Stati membri perché si possa presumere che il richiedente asilo abbia implicitamente ritirato o rinunciato al ricorso e all'articolo 28 presunzione di rinuncia all'articolo 47 della Carta dei diritti UE, agli articolo 18 e 19, §2 della medesima Carta agli articolo 6, 7, 13 e 14 CEDU . 1.3. Tanto premesso, il collegio osserva A LA RILEVANZA DELLA QUESTIONE. 2. La questione di costituzionalità della norma, alla luce dell'interpretazione offertane dalle sezioni unite della Corte di cassazione, appare, in primis, rilevante nel giudizio a quo oltre che non manifestamente infondata, come meglio si dirà infra, sub 6.ss. . 3. Tanto è a dirsi, in via preliminare, sotto il profilo dell'effettiva sussistenza di un rapporto di connessione razionale e di proporzionalità tra il mezzo predisposto dal legislatore e il fine che lo stesso ha inteso perseguire, avuto, altresì, riguardo alle rilevanti conseguenze, sul piano dell'effettività della tutela giurisdizionale, previste per la sua mancata applicazione in proposito, il collegio non può esimersi dal richiamare, sul delicato tema della razionalità del rapporto tra mezzo e fine, la storica pronuncia della Corte costituzionale numero 16 del 1964 , cui hanno fatto seguito le sentenze numero 231 del 1985 numero 368 del 1985 numero 14 del 1987 numero 446 del 1988 numero 826 del 1988 numero 487 del 1989 numero 330 del 1990 numero 467 del 1991 nnumero 57 e 220 del 1995 numero 264 del 1996 numero 160 del 1997 numero 34 del 1999 nnumero 190 e 234 del 2001 numero 185 del 2003 numero 14 del 2004 numero 7 del 2005 e numero 401 del 2007 . 4. Il collegio remittente è altresì consapevole che i limiti imposti dalla costante giurisprudenza del Giudice delle leggi in tema di rilevanza della questione di legittimità costituzionale in materia processuale sono segnati, rispettivamente a Dal principio secondo il quale, di fronte a più possibili interpretazioni di un sistema normativo, i giudici sono tenuti a scegliere quella che risulti conforme alla Costituzione con la conseguenza che la dichiarazione di illegittimità costituzionale costituisce soluzione obbligata solo nell'ipotesi in cui tutte le possibili interpretazioni delle norme denunciate, inquadrate nel rimanente sistema, dovessero risultare, in sede di concreta applicazione, in contrasto con i principi costituzionali per tutte, Corte Cost. 121/1994 b Dal principio secondo il quale al giudice ordinario è consentito di dubitare della legittimità costituzionale d'una norma di legge quando tale questione sia per lui rilevante concetto definito dalla L. 11 marzo 1953, numero 87, articolo 23, comma 2, Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale , a mente del quale l'incidente di legittimità costituzionale può essere sollevato quando il giudice ritenga che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale . Rilevante , dunque, è la norma di cui il giudice debba necessariamente fare applicazione per decidere la controversia a lui sottoposta. c Dal principio secondo il quale la rilevanza di una questione di legittimità costituzionale deve essere vagliata ex ante sulla base del petitum così come prospettato dal giudice rimettente, non già ex post sulla base di altre decisioni della Corte Corte Cost. 30.4.2021, numero 34 . d Dal principio secondo il quale Corte Cost. numero 84 e 59 del 2021, numero 254 del 2020 , numero 179 del 2019 la nozione di rilevanza non si identifica con l'utilità concreta dell'auspicata pronuncia di accoglimento per la parte nel procedimento a quo essenziale e sufficiente a conferire rilevanza alla questione prospettata è, infatti, che il giudice debba effettivamente applicare la disposizione della cui legittimità costituzionale dubita nel procedimento pendente avanti a se Corte Cost. numero 253 del 2019 , e che la pronuncia della Corte influisca quantomeno sotto il profilo argomentativo che sostiene la decisione del processo principale Corte cos. numero 28 del 2010 e numero 20 del 2016 e Del principio secondo il quale, in materia processuale, il limite alla discrezionalità del legislatore è costituito dalla razionalità dell'apprezzamento tra le tante, funditus, Corte Cost. numero 490 del 1988 e numero 104 del 1969 , ovvero dalla arbitrarietà delle scelte compiute o della loro manifesta irragionevolezza, che si ravvisa ogni qual volta emerga una ingiustificabile compressione del diritto di agire o una imposizione di oneri o modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell'attività processuale tra le tante conformi, di recente, Corte Cost. numero 58 del 2020 f Dal principio per il quale l'assenza di regole di natura processuale a livello UE in una determinata materia consente ai singoli Paesi membri un certo margine di discrezionalità, in forza del principio dell'autonomia procedurale, nella determinazione del quadro processuale interno che non trasmoda, peraltro, nella incondizionata potestà di legiferare, costituendo pur sempre espressione di una competenza delegata nell'ambito di norme secondarie, che gli Stati membri esercitano nell'interesse dell'Unione. 5. Tanto premesso, il collegio osserva, in punto di rilevanza della questione a Che le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza numero 15771/2021, adottano un'interpretazione della norma di cui al citato articolo 35 bis che costituisce diritto vivente, enunciando un principio di diritto che impone al collegio della sezione semplice la sua applicazione, non consentendone altre diverse, e non essendo oggettivamente praticabile nè predicabile l'ipotesi di cui al penultimo comma dell' articolo 374 c.p.comma di una nuova rimessione alle sezioni unite, volta che la data di deposito della sentenza il primo giugno del 2021 impedisce di ritenere anche soltanto ipotizzabile un mutamento di indirizzo del supremo organo decidente b Che la Corte costituzionale, in una recente pronuncia, investita di una questione preliminare di inammissibilità sollevata in limine dalla parte resistente, ha affermato Corte Cost. numero 33 del 2021 il principio cui il collegio presta convinto ossequio secondo cui, qualora il rimettente abbia plausibilmente motivato in ragione dell'intervenuta sentenza della Cassazione a sezioni unite civili, che egli sospetta di contrarietà alla Costituzione nel senso dell'impraticabilità di una interpretazione conforme alla CEDU , l'obbligo, per una sezione semplice della Corte di cassazione, di astenersi dal decidere in contrasto con il principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite attiene al piano dell'interpretazione della legge, non a quello della verifica della compatibilità della legge così come interpretata dalle Sezioni unite con la Costituzione verifica, questa, che l'ordinamento italiano affida a ogni autorità giurisdizionale durante qualsiasi giudizio, consentendo a tale autorità di promuovere direttamente questione di legittimità costituzionale innanzi alla Corte costituzionale, senza dover sollecitare allo scopo altra istanza superiore di giudizio in termini, Corte Cost. numero 75 del 2019 , numero 39 del 2018 , numero 259 e numero 122 del 2017 c Che, nel giudizio a quo, la mancata certificazione anche della data di rilascio delle procura imporrebbe a questo giudice una declaratoria di inammissibilità del ricorso, senza poterne esaminare la fondatezza nel merito, in conseguenza dell'applicazione della norma oggi censurata, così come imposta dalla pronuncia delle sezioni unite di questa Corte. B LA NON MANIFESTA INFONDATEZZA ASPETTI STRUTTURALI DELLA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE. Ad avviso del collegio, la norma oggi censurata pone una prima questione di logicità e ragionevolezza, sul piano del diritto interno, già sotto l'aspetto morfologico della sua applicazione. 6. IRRAGIONEVOLEZZA E ILLOGICITÀ INTRINSECA IL TENORE LETTERALE DELLA NORMA. 6.1. Recita il testo normativo la procura deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato a tal fine, il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima . Osserva il collegio come la sanzione dell'inammissibilità sia testualmente circoscritta al solo presupposto della posteriorità del conferimento della procura rispetto al provvedimento impugnato, ma non alla certificazione ANCHE della data del rilascio la norma, difatti, non prevede che il difensore certifichi, a pena di inammissibilità, la data di conferimento della procura, volta che il sintagma a tal fine appare, sul piano lessicale, oggettivamente riferito al requisito della posteriorità della procura rispetto alla data del provvedimento impugnato. Alla luce di un'interpretazione strettamente letterale della norma ubi lex voluit, dixit , se la certificazione della data fosse stata a sua volta richiesta a pena di inammissibilità, non essendo tale, gravissima sanzione processuale ricavabile in via presunti vada una norma che non la preveda espressamente rendendosi, di converso, necessaria una disposizione espressa in tal senso. Il fine che la norma si prefigge, difatti, ben potrebbe realizzarsi aliunde, attraverso il confronto tra la data del provvedimento impugnato e quella apposta nel corpo del mandato alla liti, graficamente posposta alla prima. 6.1.1. Il collegio è consapevole di come, in astratto, una diversa interpretazione costituzionalmente orientata della norma oggi censurata sarebbe legittimamente predicabile, alla luce della mancata riproduzione espressa della sanzione dell'inammissibilità in relazione anche alla certificazione della data. Ad assicurare il fine perseguito dal legislatore, pertanto, sarebbe necessario e sufficiente, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, che, nel corpo dell'atto di procura, si rinvenga un esplicito riferimento tanto alla data del provvedimento impugnato quanto a quella del suo rilascio previa autentica della firma del conferente . Qualora quest'ultima data risulti posteriore a quella della comunicazione del decreto impugnato, nessuna inammissibilità testualmente circoscritta al requisito della posteriorità della data di rilascio rispetto a quella della comunicazione del provvedimento sarebbe legittimamente predicabile, potendosi, desumere la stessa attestazione della data dall'autentica della firma in ossequio al principio della strumentalità delle forme processuali e del raggiungimento dello scopo più volte affermato da questa Corte di legittimità, anche a sezioni unite ex permultis, Cass. S.U. 8312/2019 22438//2018 10937/2017 Cass. 24990/2021 12171/29020 18535/2019 9772/2016 22871/2015 . La mancata certificazione della data, comunque risultante dall'atto, costituirebbe, pertanto, una mera irregolarità, una volta raggiunto lo scopo della norma, non essendo le forme processuali prescritte per la realizzazione di un valore in se, ma per il perseguimento di un certo risultato, onde l'inosservanza di un requisito formale risulta irrilevante se l'atto viziato ha ugualmente raggiunto il suo scopo così, testualmente, Cass. 24990/2021, cit. . In tal modo si impedirebbe che l'inosservanza di una forma processuale da parte del difensore ridondi a carico del ricorrente, con le gravissime conseguenze che quest'ultimo sarebbe costretto a subire, così approdando ad un risultato costituzionalmente adeguato Cass. penumero S.U. 26338/2017 , e fugando interpretazioni inutilmente formalistiche Cass. S.U. 26338/2017 , irrimediabilmente ostative all'accesso ad una decisione di merito, in un procedimento già mutilato di un grado di giudizio. 6.1.2. Tale possibilità è, peraltro, normativamente preclusa al collegio remittente nel caso di specie, alla luce della doverosa applicazione della norma, in guisa di diritto vivente, così come imposto dalla pronuncia delle sezioni unite. 6.1.3. Pertanto, la rimessione alla Corte non è funzionale ad una pronuncia volta ad una interpretazione difforme rispetto a quella adottata dalle sezioni unite, bensì ad una valutazione di costituzionalità della norma, nella sua portata di diritto vivente, per effetto della pronuncia numero 15177 del 2021 delle sezioni unite della Corte di cassazione supra, sub 1.2. e sub 5.a . 6.2. IRRAGIONEVOLEZZA E ILLOGICITÀ ESTRINSECA LA RATIO DELLA NORMA. 6.2.1. Secondo l'interpretazione predicatane dalle sezioni unite, la ratio legis della disposizione oggi censurata andrebbe fondamentalmente individuata nella garanzia che il richiedente sia ancora presente nel territorio dello Stato ciò che costituirebbe, in generale, il presupposto per la validità della procura f. 6, parte finale del punto 5. della sentenza . 6.2 .2. La conformità alla Costituzione dell'articolo 35-bis, comma 13, come diritto vivente interpretato alla luce di tale, presunta ratio legis, appare, preliminarmente, posta in dubbio dal fatto che la norma introduce un trattamento differenziato tra cittadini italiani e richiedenti la protezione internazionale e tra questi ultimi e gli altri stranieri, che non appare sorretto da adeguata giustificazione. 6.2.3. Vengono, nello sviluppo della motivazione, collateralmente individuate ulteriori rationes legis a fondamento dell'interpretazione adottata. Esse sarebbero rappresentate Dall'intento del legislatore di scongiurare una sottoscrizione preventiva ed un riempimento successivo della procura, rilasciata in bianco in epoca anteriore all'attualità dell'interesse a ricorrere f. 45 della sentenza Dal risparmio dei costi, sociali ed economici inclusi quelli, comprensibilmente frequenti, di patrocinio a carico dello Stato connessi alla materia della protezione internazionale, che verrebbero accordati ad un richiedente il quale, nuovamente emigrato, non vi abbia interesse, rendendosi così necessaria la limitazione di un diritto fondamentale in vista della protezione di interessi pubblici essenziali f. 46 della sentenza Dall'irrilevanza dell'eliminazione del doppio grado di giudizio di merito operata dal D.L. numero 13 del 2017 f. 13 della sentenza sulla questione, espressamente menzionata dalle sezioni unite in termini di irrilevanza, si tornerà infra Dalla funzione deflattiva rispetto alla proposizione gratuita dei ricorsi in Cassazione come da testuale dichiarazione resa in sede di discussione parlamentare del provvedimento di conversione del citato D.L. dal relatore f. 17-18 della sentenza , considerato il peso rappresentato dal contenzioso in materia migratoria che si sarebbe prevedibilmente abbattuto sulla cassazione per effetto dell'eliminazione del secondo grado di giudizio di merito f. 45 Dallo scopo di arginare come rilevato in dottrina il malcostume, talvolta tristemente accertato, di proporre impugnazioni sempre e comunque, magari palesemente infondate nell'aspettativa di lucrare la liquidazione della parcella conseguente all'ammissione al patrocinio gratuito f. 19 della sentenza Dalla funzione di impedire l'accesso al giudizio di cassazione al soggetto espulso, o medio tempore allontanatosi dall'Italia, non riproducendo la disposizione oggi censurata, per il ricorso in Cassazione, la facoltà di rilascio di procura consolare per il giudizio di merito f. 19 della sentenza Dallo scopo ultimo differenziandosi radicalmente il potere certificatorio ordinario conferito ex lege al difensore dal sistema di cui all' articolo 369 c.p.comma , comma 2, numero 3 e articolo 125 c.p.comma , comma 3 da quello demandatogli in materia di protezione internazionale con l'imposizione di un atto ben distinto e ulteriore di fidefacenza della data, in alcun modo surrogabile aliunde dal mero contenuto complessivo della procura apertamente rivolto a contenere l'uso di pratiche anomale di rilascio della procura f. 26 della sentenza Dal conseguente scopo di contenere il numero di ricorsi in Cassazione per effetto dell'eliminazione del grado di appello, attribuendo al difensore un compito che contribuisce a garantire la legalità f. 26 della sentenza . 6.3. Questo giudice dubita che la norma di cui all'articolo 35 così applicata che vedrebbe calare definitivamente la scure su un considerevolissimo numero di ricorsi in materia di protezione internazionale, precludendone irrimediabilmente l'esame nel merito sia idonea a superare il necessario vaglio di ragionevolezza e logicità strutturale, prima ancora che funzionale su cui infra, sub 7. , sul piano della conformità a Costituzione, pur nella riconosciuta dimensione di ampia discrezionalità legislativa in materia processuale. 6.4. La garanzia che il richiedente asilo sia ancora presente nel territorio dello Stato, onde impedire l'accesso al giudizio di cassazione al soggetto espulso o allontanatosi dall'Italia, che conseguirebbe alla lettura del combinato disposto dei commi 2 e 13 dell'articolo 35 bis, il primo dei quali consente il rilascio della procura ad litem anche all'estero, per il tramite dell'autorità consolare italiana, senza che tale disposizione sia riprodotta, al comma 13, in tema di ricorso per cassazione onde la necessaria presenza, nel territorio dello Stato del ricorrente all'atto del conferimento della relativa procura . 6.4 .1. La norma, applicata nella sua portata precettiva in guisa di diritto vivente, non pare, sul piano della invocata ratio legis, conforme ai principi costituzionali indicati in premessa, per plurime e concorrenti ragioni a Sul piano generale, il requisito aggiuntivo della certificazione della data allontana radicalmente l'istituto dal paradigma generale ricavabile dall' articolo 83 c.p.comma rendendolo, invece, omogeneo, sotto il profilo contenutistico, al potere di autenticazione in senso proprio. Tale assimilazione si palesa, peraltro 1 sistematicamente incoerente, posto che il potere di autenticazione fidefacente presuppone, oltre alla terzietà del pubblico ufficiale rispetto alle parti dichiaranti che è carente nell'avvocato, nel quale vengono a coincidere il ruolo di certificante e quello di destinatario dell'atto di designazione , l'osservanza di una serie di formalità volte a garantire la sicurezza dell'attestazione di cui la disciplina processuale del conferimento dello ius postulandi è evidentemente sfornita 2 incompatibile con la circoscritta finalità del potere certificativo dell'avvocato, mantenuto nel codice di rito del 1940 al solo fine di ascrivere a quest'ultimo la responsabilità circa la coincidenza soggettiva tra il soggetto conferente il mandato e la parte rappresentata in giudizio, mentre la prescrizione dell'ulteriore onere di certificazione della data di rilascio della procura non appare essenziale al soddisfacimento nè di detta esigenza, nè di quella, più specificamente afferente al ricorso per cassazione, di dimostrazione della posteriorità della designazione del difensore rispetto alla pubblicazione del provvedimento impugnato. b Il comma 13 dell'articolo 35 bis appare inoltre, ad una più attenta lettura, frutto del mancato coordinamento con la disposizione dettata in tema di sospensione degli effetti del decreto di rigetto della domanda di protezione internazionale. b-1 Se, difatti, l'originaria automaticità della sospensione si estendeva all'intero giudizio, fino al passaggio in giudicato del provvedimento all'esito del giudizio di Cassazione consentendo la presunzione semplice della presenza del richiedente asilo nel territorio dello Stato di accoglienza , tale presunzione è venuta meno a seguito della radicale modifica del regime di sospensione automatica dell'efficacia del provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale da parte del Tribunale. Difatti, ai sensi del comma 13 dell'articolo 35 bis, il Tribunale decide, con decreto non reclamabile, con cui rigetta il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria , ma la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato viene meno se, con decreto anche non definitivo, il ricorso è rigettato. Il medesimo comma 13 prevede, poi, che, sulla base di fondati motivi, il giudice che ha pronunciato il decreto impugnato possa disporre la sospensione degli effetti del predetto decreto, e che tale sospensione sia disposta su istanza di parte da depositarsi entro cinque giorni dalla proposizione del ricorso per cassazione. c Ne consegue che, fino alla presentazione dell'istanza di sospensione che potrà avvenire non prima di 31 giorni dall'emissione del provvedimento del Tribunale, se il termine per la proposizione del ricorso in Cassazione è di trenta giorni, e la domanda di sospensione deve necessariamente seguire entro i successivi 5 giorni , il richiedente asilo potrebbe allontanarsi volontariamente, ovvero essere rimpatriato in esecuzione di un decreto del Tribunale la cui efficacia non è più automaticamente sospesa ben prima della scadenza del termine previsto per la proposizione dell'istanza di sospensione, con la conseguenza che, interpretata la norma nel senso opinato dalle sezioni unite e cioè essendogli preclusa la facoltà di proporre ricorso per cassazione tramite l'autorità consolare, secondo il procedimento previsto al comma 2, essendone invece imposta la presenza sul territorio , gli verrebbe definitivamente impedito l'accesso alla giustizia nelle forme dell'unico rimedio oggi consentito, all'esito dell'abolizione dell'appello e del reclamo. Va, in proposito, ancora osservato come l'allontanamento volontario del richiedente asilo sia la modalità privilegiata di esecuzione dell'allontanamento, come risulta testualmente dalla Direttiva rimpatri e dalla normativa di attuazione contenuta nell'articolo 13 del T.U. 286/1998, che trova applicazione non appena lo straniero non abbia più titolo di permanere nel territorio nazionale. d Il richiedente asilo, all'esito della comunicazione del provvedimento di rigetto della sua domanda, ben potrebbe allontanarsi volontariamente ovvero essere espulso dal territorio nazionale, in ossequio a quanto disposto dalla normativa vigente sull'allontanamento, scegliendo il Paese dove recarsi e così anche fugare il rischio di essere successivamente allontanato coattivamente verso il proprio Paese d'origine. In tale contesto, la mancata previsione, nel D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 35 bis , comma 13, della possibilità di rilascio della procura consolare, a differenza di quanto previsto all'articolo 35 bis, comma 2 per il ricorso innanzi al Tribunale ordinario e in combinato disposto con il regime ingiustificatamente restrittivo sulla certificazione anche della data della procura, avrebbe l'effetto di privare il ricorrente per cassazione diversamente da quello che ricorre dinanzi al tribunale del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva del proprio diritto fondamentale ad essere protetto, quale che sia la fonte giuridica considerata articolo 24 Cost. , articolo 47 Carta dei diritti fondamentali, articolo 13 CEDU . e Non appare legittimo ricondurre tale ipotesi ricostruttiva alla dimensione della sua concreta improbabilità secondo l'id quod plerumque accidit, volta che la legittimità di un'interpretazione, qualora siano in gioco valori costituzionali come la tutela dei diritti fondamentali della persona sia essa un cittadino, uno straniero, ovvero uno straniero richiedente asilo non può prescindere anche dalla improbabilità in fatto o secondo statistica di un evento che, pur improbabile, ciò nonostante rientri nel novero delle possibilità quella, cioè, che il richiedente asilo, dopo della comunicazione del decreto, si rechi in un Paese terzo, dove attendere l'esito dell'eventuale giudizio di cassazione, il cui accesso gli sarebbe impedito dalla ritenuta impossibilità di rilascio della procura tramite autorità consolare . f Una lettura costituzionalmente orientata del combinato disposto delle norma dianzi esaminate peraltro, non consentita a questo collegio , diversamente da quanto opinato dalla decisione delle sezioni unite, non escluderebbe la possibilità di un rilascio della procura anche al di fuori del territorio nazionale, e cancellerebbe ipso facto la presunta funzione della certificazione della data, e cioè quella di assicurare la presenza del richiedente asilo nel territorio dello Stato. g Per altro verso, ove pure la garanzia della presenza del richiedente asilo nel territorio dello Stato dovesse considerarsi presupposto indefettibile del procedimento in cassazione onde evitare una costosa pronuncia inutiliter data come espressamente paventato in sentenza la norma oggi sospettata di incostituzionalità risulterebbe del tutto inidonea ad assolvere a tale funzione. Una pronuncia utiliter data dalla Corte di Cassazione, difatti, non verrebbe in alcun modo garantita dalla data in calce alla procura, certificata o meno, volta che, rilasciata la procura stessa in ipotesi, nello stesso giorno della comunicazione del decreto di rigetto della domanda nulla garantisce la successiva presenza del richiedente asilo sul territorio italiano, se il termine di proposizione del ricorso è fissato in 30 giorni, quello per il deposito in ulteriori 20 giorni, quello della decisione in 6 mesi dal deposito del ricorso. g-1 Se realmente il legislatore avesse voluto perseguire la finalità di una decisione utile , avrebbe allora dovuto e ben avrebbe potuto, atteso l'ampio margine di discrezionalità in materia processuale di cui si è detto in premessa disporre l'obbligo, per il difensore, di attestare, in prossimità della data di fissazione dell'udienza di discussione in Cassazione, secondo la disciplina ed i termini previsti per le memorie, la attualità della presenza del ricorrente nel territorio dello Stato, con un adempimento ulteriore ma legittimamente funzionale allo scopo , rispetto a quelli previsti per l'ordinario ricorso per cassazione, atteso il margine di libertà inferiore dello straniero rispetto a quello che compete al cittadino all'interno del territorio dello Stato, giusta l'insegnamento del Giudice delle leggi di cui alla sentenza numero 94 del 2009. g-2 Va peraltro osservato, quanto al diritto dello straniero di entrare e soggiornare nello Stato solo conseguendo determinate autorizzazioni , nonché all'ampia discrezionalità nel fissare limitazioni all'ingresso degli stranieri Corte Cost. numero 250 del 2010 , numero 148 del 2008 , numero 361 del 2007 , numero 224 del 2006 , citate in motivazione a supporto della scelta ermeneutica adottata dalle sezioni unite al folio 7, punto 8 della sentenza , che, da un canto, si fatica a comprendere la rilevanza di tali principi con riferimento alla disciplina dell'immigrazione in senso lato rispetto al diritto alla protezione internazionale e, più specificamente, alla questione qui rilevante dall'altro, la pretesa territorialità dell'asilo , di cui pure si discorre in sentenza, è platealmente smentita proprio dalla procedura prevista dal comma 2 dell'articolo 35 bis che consente il rilascio della procura consolare al richiedente asilo soggiornante all'estero , peraltro testualmente esaminato in sentenza al dichiarato scopo di differenziare i regimi impugnatori in sede giurisdizionale. h Appare, pertanto, non conferente il richiamo f. 9 della sentenza all'articolo 46 § 11 della Direttiva Procedure, con la quale si dispone che gli Stati membri possono stabilire le condizioni che devono sussistere affinché si possa presumere che il richiedente abbia implicitamente ritirato o rinunciato al ricorso ed al precedente articolo 28, che consente di ritenere presunte tali circostanze quando si è accertato che il richiedente è fuggito o si è allontanato senza autorizzazione dal luogo in cui viveva o era stato trattenuto senza contattare l'autorità competente in tempi ragionevoli . La costante presenza nel territorio, alla luce delle indicazioni normative sovranazionali, non è un requisito necessario per mantenere in vita la domanda di protezione internazionale, così come, specularmente, la mancata presenza nel territorio italiano del ricorrente non può essere intesa come implicita rinuncia alla domanda. i Va ulteriormente osservato come la disciplina della rinuncia alla domanda di protezione internazionale di cui al citato articolo 28 della Direttiva 2013/32/UE sia espressamente circoscritta alla sola fase amministrativa del procedimento, e come detta rinuncia, in tale fase, possa essere anche implicitamente desunta dall'allontanamento del richiedente non genericamente dal territorio italiano, bensì dal luogo nel quale viveva o era trattenuto, e dal quale si è allontanato senza autorizzazione in tal senso dispongono il D.Lgs. numero 28 del 2005, articolo 23 e 23 bis, di attuazione dell'articolo 28 direttiva 2013/32/UE , mentre specifici obblighi informativi sono disposti in relazione a qualsiasi disposizione inferente un regime di rinuncia, esplicita o implicita, della domanda. i-1 Non si vede, pertanto, come possa applicarsi al regime del ricorso giurisdizionale una regola relativa alla rinuncia della domanda amministrativa quando il ricorrente agisce avverso la decisione della Commissione territoriale, l'esame della domanda di protezione internazionale è ormai concluso. Attraverso il ricorso giurisdizionale, egli invoca il diritto alla tutela effettiva dei propri diritti, contestando la decisione amministrativa di fronte all'autorità giurisdizionale articolo 24 Cost. articolo 47 CDFUE articolo 13 CEDU , ed eventualmente contestando il decreto del Tribunale di fronte al giudice di legittimità ancora articolo 24 Cost. articolo 47 CDFUE articolo 13 CEDU . Nessuna previsione sulla rinuncia, esplicita o implicita, della domanda amministrativa di protezione internazionale appare applicabile alla fase della giurisdizione. i-2 Quanto alla rinuncia al ricorso giurisdizionale, l'articolo 46 11 della direttiva 2013/32/UE richiede un'esplicita disciplina nazionale di attuazione. Ne consegue che l'affermazione punto 63.2 della sentenza delle sezioni unite secondo cui tale disposizione si applicherebbe solo al primo grado di giudizio ritenendo altrimenti incompatibile con la norma sovranazionale la disciplina nazionale sul ricorso in Cassazione , presta il fianco al rilievo per cui la Corte di Giustizia ha ripetutamente chiarito che gradi di giudizio ulteriori rispetto al primo rientrano nell'autonomia procedurale degli Stati membri di cui all' articolo 19 TUE e, pertanto, rientrano nell'abito di applicazione del diritto UE risultando sindacabili alla luce dei principi di equivalenza e di effettività ricavati dall' articolo 19 TUE , nonché dal principio della tutela giurisdizionale effettiva di cui all'articolo 47 della CDFUE sentenza 22 settembre 2019, FR, C-422/18 . i-3 Al di fuori dell'ambito di applicazione del diritto UE, resta poi applicabile integralmente il principio costituzionale di cui all' articolo 24 Cost. , in base al quale la rinuncia al ricorso dovrebbe pur sempre trovare una disciplina espressa, corredata da obblighi informativi circa le conseguenze implicite derivanti da un comportamento materiale del soggetto. I In definitiva, il collegio dubita della conformità a Costituzione del sillogismo che si ricava dalla decisione delle sezioni unite, secondo il quale 1 il difensore certifica la data del rilascio della procura 2 la certificazione della data assicura la posteriorità del ricorso rispetto al provvedimento impugnato 3 si assicura in tal modo la presenza del richiedente asilo sul territorio dello Stato per evitare la celebrazione di un processo inutile dove le due premesse, maggiore e minore, non sembrano consentire la conclusione che se ne deduce. 6.5. La necessità di evitare prassi scorrette da parte del difensore. a Va preliminarmente osservato come, al folio 19 della sentenza, vengano testualmente riportati alcuni rilievi mossi, in proposito, da una dottrina che discorre di argine al malcostume, talvolta tristemente accertato, di proporre impugnazioni sempre e comunque, magari palesemente infondate o redatte con seriale superficialità nell'aspettativa di lucrare la liquidazione della parcella conseguente all'ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato supra, f. 5 . a-1 Il collegio remittente rileva, preliminarmente, che la citazione risulta soltanto parziale. a-2 Si osserva, difatti, da parte dello stesso autore citato in sentenza, immediatamente dopo il riferimento sopra ricordato ma di tali ulteriori osservazioni, in sentenza, non si rinviene traccia alcuna la necessità di evidenzia re che, a differenza della procura alle liti per il giudizio di primo grado D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 35 bis , comma 2 ove espressamente si riconosce la possibilità di rilascio della procura consolare nel caso di ricorrente che si trovi all'estero, analoga previsione non è indicata nel comma 13 dello stesso articolo per quanto concerne il giudizio di legittimità. Consegue che se il ricorrente, nei casi in cui la sospensiva non è prevista automaticamente ovvero non è stata concessa, è stato espulso oppure si è allontanato dall'Italia, non può rilasciare la procura al difensore per il ricorso in Cassazione a meno che il difensore lo raggiunga nel Paese in cui si trova . Osservazione, quest'ultima, che appare del tutto in linea con quanto sopra esposto in ordine alla pretesa necessità della presenza del richiedente asilo su territorio dello Stato. b Nel merito, osserva il collegio come, essendo richiesto, alla luce delle considerazioni che precedono, in sede di impugnazione dinanzi al giudice di cassazione, il perdurante interesse e non la diuturna presenza del richiedente asilo al ricorso, sotto il profilo della condotta e della deontologia del difensore possa ritenersi sufficiente un mandato ad litem completo della data del provvedimento impugnato, dell'autentica della firma del ricorrente e della data di rilascio della procura la norma di cui all'articolo 35 bis, come interpretata dalle sezioni unite, si risolve, in definitiva, nello svuotare il ruolo del difensore comprimendo oltre misura i diritti del richiedente asilo, volta che la mancata certificazione della data ridonderebbe esclusivamente nei rapporti tra ricorrente e difensore e non anche sui diritti difensivi del richiedente asilo, che vedrebbe il suo ricorso cadere sotto la scure dell'inammissibilità per un'omissione formale, che ben potrebbe costituire una mera irregolarità procedurale, commessa dal suo avvocato. c Sul piano della condotta processuale del difensore, non può non considerarsi come, sul medesimo, gravino precisi obblighi legali articolo 88 c.p.comma e deontologici, volti a concorrere al corretto esercizio della funzione giurisdizionale, di tal che gli eventuali casi di malcostume connessi al rilascio delle procure, ove fossero specificamente accertati e non oggetto di una generalizzata quanto indimostrata presunzione, che finisce per offendere l'intera categoria forense , ben potrebbero e dovrebbero essere sanzionati con gli strumenti disciplinari propri dei Consigli dell'Ordine degli avvocati, che possono giungere fino alla sospensione dall'esercizio della professione. d Se. per altro verso ed in coerenza con la parte di motivazione in cui si predica la soluzione della certificazione come finalizzata alla eliminazione di tale malcostume e non a destinare alla scure dell'inammissibilità migliaia di ricorsi, al fine di contenere il numero dei ricorsi per Cassazione f. 26 della sentenza si volesse ritenere realistica tale indimostrata illazione, non può non considerarsi che lo scorretto difensore, che apponga una data falsa rispetto al giorno del concreto rilascio della procura, non esiterebbe anche a certificarla, volta che l'eventuale procedimento di querela di falso a tacere di quello per l'eventuale imputazione di falsità di foglio parzialmente firmato in bianco , astrattamente proponibile anche nel giudizio di legittimità sia pur nei limiti indicati, tra le altre, da Cass. numero 12311 del 2007 e numero 21657 del 2006 risulterebbe del tutto irrealistico e del tutto impercorribile, sul piano probatorio, alla luce della sistematica assenza della controparte nei giudizi di cassazione. C LA NON MANIFESTA INDONDATEZZA ASPETTI FUNZIONALI DELLA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE I PRINCIPI DI EQUIVALENZA-COMPARAZIONE-EFFETTIVITÀ . 7. Osserva preliminarmente il collegio remittente che, giusta il recente insegnamento del giudice delle leggi Corte Cost. numero 186 del 2020 , che richiama la storica pronuncia numero 120 del 1967 , il dato letterale del riferimento ai cittadini contenuto nell' articolo 3 Cost. , apparentemente ostativo all'applicazione del principio di uguaglianza a favore di tutti i consociati, risulta da tempo superato dall'interpretazione che reputa tale principio operante anche per gli stranieri tutte le volte in cui si tratti di tutelare diritti fondamentali. Di qui, la conseguenza che non è consentito al legislatore introdurre regimi differenziati circa il trattamento da riservare ai singoli consociati se non in presenza di una causa normativa non palesemente irrazionale o, peggio, arbitraria Corte Cost. numero 432 del 2005 . 7.1. Osserva ancora il collegio come, nel disposto dell' articolo 2, comma 5 del Testo Unico Immigrazione D.Lgs. 25 luglio 1998, numero 286 , si riconosca allo straniero, da parte dello stesso Giudice delle leggi, il diritto alla parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell'accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge . 7.2. Si tratta di norma di rango ordinario, ma sicuramente applicabile in guisa di principio generale 7.2.1. Parimenti espressivo di un principio generale è stato ritenuto, dallo stesso Giudice delle leggi nella sopra citata pronuncia numero 432/2015, sia pur a diversi fini, l' articolo 41 del TUI si legge, nella motivazione della pronuncia, che la norma espressamente sancisce il principio secondo il quale gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale Questa disposizione al pari delle altre contenute nel medesimo testo unico costituisce, a norma dell' articolo 1, comma 4, del medesimo D.Lgs. numero 286 del 1998 , principio fondamentale ai sensi dell' articolo 117 Cost. -ovviamente nel testo allora vigente nelle materie di competenza legislativa delle regioni , fra le quali rientra quella del trasporto regionale. Un principio, dunque, il quale al di là del diverso risalto che ad esso può annettersi nel quadro della nuova distribuzione della potestà legislativa tra Stato e Regioni ben può essere richiamato come necessario paradigma sulla cui falsariga calibrare l'odierno scrutinio di ragionevolezza e ciò in quanto, proprio avuto riguardo al rilievo generale che quel principio continua a svolgere nel sistema, qualsiasi scelta del legislatore regionale che introducesse rispetto ad esso regimi derogatori come senz'altro è avvenuto nella disposizione oggetto di impugnativa dovrebbe permettere di rinvenire nella stessa struttura normativa una specifica, trasparente e razionale causa giustificatrice , idonea a spiegare , sul piano costituzionale, le ragioni poste a base della deroga . 7.2.2. È sommessa opinione del collegio remittente che i medesimi principi, espressamente predicati dalla Corte costituzionale in tema di rapporti amministrativi di carattere regionale, siano del tutto esportabili, mutatis mutandis, ai rapporti tra lo straniero richiedente asilo e la giurisdizione italiana. 8. La non manifesta infondatezza della questione oggi sottoposta al vaglio di costituzionalità della Corte, nell'indicata prospettiva funzionale dell'invocato scrutinio, si sostanzierebbe alla luce dei principi costituzionali di uguaglianza e di diritto alla difesa, ed a quelli sovranazionali di equivalenza ed effettività. 8.1. Nel par. 61 della sentenza, si legge la circostanza che, per la materia disciplinata dal comma 13 dell'articolo 35 bis, sia stato introdotto un meccanismo di accesso alla Cassazione diverso da quello ordinariamente previsto dal codice di procedura civile per materie non regolate dal diritto UE non integra ex se alcuna violazione del principio di equivalenza, per l'assorbente ragione che non vi è alcuna materia regolata dal diritto interno omogenea a quella della protezione internazionale e dell'asilo che qui viene precipuamente in discussione e che goda di una tutela maggiormente protettiva con riguardo alla proposizione del ricorso per cassazione . 8.2. L'affermazione, priva di ulteriori argomentazioni circa la specialità del diritto alla protezione internazionale e dell'asilo tale da impedirne la qualificazione di diritto analogo ad altri aventi fonte giuridica nell'ordinamento interno, non è condivisa dal collegio remittente. 8.3. Secondo il costante insegnamento della Corte di giustizia, spetta al giudice nazionale valutare la comparabilità dei diritti di matrice UE con quelli di matrice interna salvo, in talune pronunce, compiere essa stessa tale valutazione C.d.G. 24 ottobre 2018, XC, C-234/17 27 giugno 2013, Agrokonsulting-04, C-93/12 . 8.4. Sia che la valutazione dell'equivalenza sia compiuta dalla Corte di giustizia, sia che essa venga riservata alla giurisdizione nazionale, il giudice sovranazionale afferma costantemente il principio secondo il quale, per verificare se i ricorsi siano simili , occorre tenere conto dell'oggetto, della causa e degli elementi fondamentali di tali ricorsi Agrokonsulting-04, cit., punto 39 , ovvero dell'oggetto, della causa e degli elementi essenziali Pontin, cit., punto 39 . 8.5. Manca, nella valutazione compiuta dalle sezioni unite sotto il profilo dell'equivalenza, qualsiasi giustificazione della specialità del diritto alla protezione internazionale rispetto ad altri diritti aventi il loro fondamento nel diritto nazionale, omettendosi del tutto qualsiasi giudizio di comparazione con procedimenti analoghi secondo i criteri indicati dalla Corte di giustizia oggetto, causa, elementi essenziali . 8.6. Osserva il collegio come tali caratteri di omogeneità possano e debbano , di converso, essere rinvenuti in tutti i procedimenti interni aventi ad oggetto diritti relativi all'attribuzione di uno status. 8.7. Volendo restringere il campo della relativa analisi allo scopo di individuare una sicura omogeneità tra procedimenti interni e il procedimento di derivazione comunitaria di protezione internazionale, vanno, a tal fine, segnalati 9. Il procedimento di apolidia, del tutto assimilabile, ai fini del giudizio di equivalenza e di comparazione, a quello previsto in tema di protezione internazionale quanto a soggetti, oggetto, causa, elementi essenziali, diritti fondamentali tutelati. Il D.Lgs. 17 febbraio 2017, numero 13, nel regolare la relativa procedura istituite, presso le sedi di 14 Tribunali, le Sezioni Specializzate in materia di immigrazione ha esteso loro la competenza in materia di accertamento dello stato di apolidia, così modificando il D.Lgs. 1 settembre 2011, numero 150 con l'inserimento dell'articolo 19 bis, ove si legge che le controversie in materia di accertamento dello stato di apolidia sono regolate dal rito sommario di cognizione e che è competente il Tribunale sede della Sezione Specializzata del luogo in cui il ricorrente ha la dimora . In argomento, giusta l'insegnamento di questo stesso giudice di legittimità l'apolide è, sotto molteplici profili, assimilato allo straniero al quale sia riconosciuto lo status riconducibile alla protezione internazionale, con una sostanziale uniformità di discipline, ai fini del riconoscimento di una condizione che garantisca il pieno rispetto dei diritti umani e fondamentali non dissimili da quelli del titolare di una misura di protezione internazionale sul rilievo della necessità di assicurare a entrambe le categorie cittadini stranieri il diritto, alle condizioni previste dalla legge, di condurre un'esistenza libera e dignitosa, perché garantita dal riconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana, in uno Stato che per elezione o molto più frequentemente alla stregua di criteri normativi cogenti, sia quello destinato all'accertamento delle condizioni di riconoscimento dello status in questione così, Cass. 4262/2015 . Le norme procedurali non prevedono, in subiecta materia, alcuna specialità della procedura di rilascio della procura sub specie della certificazione della data a pena di inammissibilità 10. Il procedimento in tema di protezione umanitaria in relazione al quale la richiesta omologia si fa addirittura identità , nel cui ambito ed a meno di una impensabile applicazione di un criterio di analogia legis in malam partem , non è ricompresa la disciplina dell'articolo 35 bis, che limita la sua portata applicativa alle sole Protezioni cd. Maggiori status di rifugiato e protezione sussidiaria . Costituisce, difatti, diritto vivente, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, il principio affermato da ultimo da Cass. 5926/2001 a mente del quale il D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 35, comma 1, prevede la possibilità di ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria e avverso la decisione della Commissione in tema di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria il citato Decreto, articolo 35-bis, nel testo vigente al momento della presentazione del ricorso, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, numero 13 , convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, numero 46 , prima delle modifiche ulteriormente apportate dal D.L. 4 ottobre 2018, numero 113 , convertito dalla L. 1 dicembre 2018, numero 132 prevede che le controversie aventi a oggetto l'impugnazione dei provvedimenti previsti dall'articolo 35, siano regolate dalle disposizioni di cui agli articolo 737 c.p.comma e ss., ossia dal cosiddetto rito camerale, ove non diversamente disposto lo stesso D.L. numero 13 del 2017, articolo 3, comma 1, nel testo originario, indicando le materie attribuite alla competenza delle sezioni specializzate, distingue tra le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, numero 25, articolo 35 , incluse sub lett. c , e le controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, numero 25, articolo 32, comma 6 , di cui alla lett. d il citato articolo 3, comma 4-bis, introdotto dalla L. di conversione numero 46 del 2017, stabilisce che siano soggette al rito camerale speciale caratterizzato da decisione in forma collegiale, udienza solo eventuale, esclusione dell'appello, impugnabilità solo con ricorso per cassazione le sole lo le controversie di cui all'articolo 3, comma 1, lett. c ne discende che per le controversie di cui alla lett. d il rito applicabile è quello ordinario, con decisione assunta dal Tribunale in composizione monocratica soggetta ad appello, oltre che a ricorso per cassazione la formulazione normativa così ricostruita ha creato una distinzione tra le azioni volte al riconoscimento della protezione internazionale finalizzate al riconoscimento dello status di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria e le azioni volte al riconoscimento della sola protezione umanitaria, poiché il legislatore, pur avendo attribuito per tutte queste controversie la competenza alle sezioni specializzate, ha scelto riti diversi, ossia per il giudizio di protezione internazionale uno speciale rito camerale e per il giudizio relativo alla protezione umanitaria il rito ordinario dinanzi al Tribunale in composizione monocratica in considerazione di una simile panorama normativo la giurisprudenza di questa Corte ha perciò chiarito che nella vigenza del D.L. numero 13 del 2017, articolo 3, comma 1, lett. d , e comma 4, convertito nella L. numero 46 del 2017 , successivamente modificato dal D.L. numero 113 del 2018, articolo 1, comma 3, lett. a , conv., con modif., nella L. numero 132 del 2018, qualora sia stata proposta esclusivamente la domanda di protezione umanitaria, la competenza per materia appartiene alla sezione specializzata del Tribunale in composizione monocratica, che giudica secondo il rito ordinario ex articolo 281-bis c.p.comma e ss., o, ricorrendone i presupposti, secondo il procedimento sommario di cognizione ex articolo 702-bis c.p.comma e ss., e pronuncia sentenza o ordinanza impugnabile in appello, atteso che il rito previsto dal D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 35-bis , con le peculiarità che lo connotano composizione collegiale della sezione specializzata, procedura camerale e non reclamabilità del decreto , ha un ambito di applicazione espressamente limitato alle controversie di cui al D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 35, e a quelle relative all'impugnazione dei provvedimenti adottati dall'Unità Dublino Cass. 16458/2019 , Cass. 3668/2020 , Cass. 20888/2020 . Le norme procedurali non prevedono, in subiecta materia, alcuna specialità della procedura di rilascio della procura sub specie della certificazione della data a pena di inammissibilità. L'abrogazione delle relative disposizioni ad opera della L. numero 113 del 2018 a sua volta abrogata dalla L. numero 130 del 2020 non può in alcun modo ritenersi rilevante ai fini dell'invocato giudizio di comparazione, alla luce della non retroattività della normativa in parola Cass. ss.uu. 29459/2019 . 11. Il D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 35-bis , comma 13, pone, in guisa di diritto vivente, alla luce del predetto giudizio di equivalenza, seri dubbi di costituzionalità con riferimento al principio di uguaglianza articolo 3 Cost. e al diritto di difesa articolo 24 Cost. , in quanto introduce, per una determinata categoria di stranieri, un regime processuale peggiorativo perché comportante un esercizio del diritto di azione più gravoso, con riferimento alle modalità di conferimento della procura e alle conseguenze derivanti dalla loro inosservanza non solo rispetto a quello riservato ai cittadini, o ancora a quello applicabile per gli altri stranieri che agiscano davanti al giudice italiano ai quali, secondo la giurisprudenza di legittimità, è, invece, consentito il rilascio del mandato ad litem nella forma prevista dall' articolo 83 c.p.comma , dovendosi presumere la loro presenza nello stato italiano, che costituisce il presupposto per la validità della procura medesima, dall'attestazione del procuratore che ne autentica la sottoscrizione Cass. Sez. 6-1, Ordinanza numero 665 del 13/1/2011 , ma anche all'interno delle medesime categorie di soggetti gli apolidi, i richiedenti la protezione umanitaria senza che tale differenziazione in pejus risulti sorretta da alcuna giustificazione logica o razionale in realtà senza nessuna giustificazione tout court . 12. I dubbi di costituzionalità manifestati oggi dal collegio fondano le proprie radici nell'insegnamento dello stesso Giudice delle leggi, che ha affermato, fin dal 1957, che il principio di cui all' articolo 3 Cost. deve assicurare ad ognuno eguaglianza di trattamento, quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono per la loro applicazione sent. numero 3 del 1957 , con la conseguenza che il principio risulta violato quando, di fronte a situazioni obbiettivamente omogenee, si ha una disciplina giuridica differenziata determinando discriminazioni arbitrarie ed ingiustificate sent. numero 111 del 1981 , di tal che si ha violazione dell' articolo 3 Cost. quando situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, mentre non si manifesta tale contrasto quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non sostanzialmente identiche sent. numero 340 del 2004 . E non ha minor significato l'ulteriore insegnamento che si ricava dalla motivazione della sent. numero 163 del 1993 il principio di eguaglianza comporta che a una categoria di persone, definita secondo caratteristiche identiche o ragionevolmente omogenee in relazione al fine obiettivo cui è indirizzata la disciplina normativa considerata, deve essere imputato un trattamento giuridico identico od omogeneo, ragionevolmente commisurato alle caratteristiche essenziali in ragione delle quali è stata definita quella determinata categoria di persone. Al contrario, ove i soggetti considerati da una certa norma, diretta a disciplinare una determinata fattispecie, diano luogo ad una classe di persone dotate di caratteristiche non omogenee rispetto al fine obbiettivo perseguito con il trattamento giuridico ad essi riservato, quest'ultimo sarà conforme al principio di eguaglianza soltanto nel caso che risulti ragionevolmente differenziato in relazione alle distinte caratteristiche proprie delle sottocategorie di persone che quella classe compongono . 13. Va infine osservato, ma soltanto incidentalmente e ad abundantiam, come, con riferimento alle norme dettate in tema di reati violenti transfrontalieri su cui, funditus, Corte di giustizia 16.7.2020, in causa C-129.19, che ha sancito, tra l'altro, la piena equiparazione tra la cittadina italiana ed i cittadini transfrontalieri, sia pur appartenenti all'UE, in sostanziale, anche se non formale, applicazione di un principio di non discriminazione inversa , ci si trovi parimenti al cospetto di una materia pur assimilabile, in parte qua, al procedimento di protezione internazionale sotto il profilo dei soggetti un cittadino estero e dell'oggetto della tutela un diritto fondamentale, quello della donna alla propria libertà sessuale, al pari di quelli, altrettanto fondamentali, del richiedente asilo di sottrarsi a persecuzioni, pene di morte, trattamenti inumani e degradanti . 13.1. Un giudizio di equivalenza non condurrebbe, anche in tal caso, ad esiti diversi in assenza, anche in quel procedimento, di norme procedurali più restrittive ove il Giudice delle leggi oggi adito ritenesse ma, si ripete, la questione è del tutto marginale e ininfluente, rispetto a quelle sinora esposte di non condividere come sommessamente ritiene di poter opinare questo collegio rimettente il principio affermato dalla Corte di giustizia per tutte, C.d.G., sentenza Pontin, cit. punto 35 secondo il quale in una situazione come quella oggetto del procedimento principale relativa a due tipi di procedimenti fondati, entrambi, sul diritto dell'Unione, l'invocazione del principio di equivalenza è priva di rilevanza . 14. All'omissione formale di un'attività quale la certificazione della data del mandato ad litem consegue, in applicazione della norma oggi denunciata in guisa di diritto vivente, la gravissima sanzione dell'inammissibilità di ricorsi aventi ad oggetto diritti fondamentali della persona, in un procedimento già mutilato di un grado di giudizio, con una scelta legislativa che, nonostante la sua apparente conformità a Costituzione, lascia non pochi dubbi sulle modalità procedurali con essa disciplinate, volta che la questione relativa all'eliminazione del giudizio di appello risulterebbe manifestamente infondata proprio alla luce del costante insegnamento del giudice delle leggi in tema di impredicabilità di una garanzia costituzionale del doppio grado di giudizio di merito, mentre la impraticabilità ex lege anche del rimedio del reclamo andrebbe pur sempre valutata, giusta insegnamento dello stesso Giudce delle leggi, in relazione al mancato riconoscimento del diritto ad un completo riesame del merito Corte Cost., 18-07-1986, numero 200 Corte Cost., 21-07-1983, numero 224 , vertendosi, nella specie, in tema di diritti fondamentali della persona, indifferentemente cittadini, stranieri, ovvero stranieri richiedenti asilo nel nostro Paese ai sensi dell'articolo 10 della Carta costituzionale. P.Q.M. Il collegio della terza sezione civile della Corte di cassazione, visto la L. numero 87 del 1953, articolo 2 3 rimette alla Corte Costituzionale, ritenendone la rilevanza e la non manifesta infondatezza nei termini di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. numero 25 del 2008, articolo 35 bi s, comma 13, come inserito dal D.L. numero 46 del 2017 per contrarietà agli articolo 3 , 10 , 24 , 111 Cost . per contrasto con l 'articolo 117 Cost . in relazione alla direttiva 2013/32/UE con riferimento agli articolo 28 e 46 § 11, e con gli articolo 47 della Carta dei diritti UE, 18 e 19, §2 della medesima Carta,6, 7, 13 e 14 della CED U. Sospende il giudizio a quo e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Cancelleria, alle parti e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento.