Cambio di rotta della Cassazione sull’ammontare del diritto di surroga dell'INPS in caso di modifica migliorativa della condizione del danneggiato

Rivedendo un suo precedente del 2003, la Cassazione interviene su una questione complessa e particolare la surrogazione dell’INPS nei diritti risarcitori verso il terzo responsabile per recuperare le somme erogate a titolo di indennizzo, nel caso in cui le condizioni del danneggiato migliorano con conseguente riduzione della menomazione e della misura dell’obbligo di corresponsione dell’indennizzo . Tale circostanza incide sull’oggetto della surroga, sia per evitare una locupletazione indebita, sia perché difetta un danno risarcibile o, meglio, sul danno come liquidato, a nulla rilevando l’articolo 14, l. numero 222/1984, che presuppone la stabilità della menomazione.

All' INPS che agisce in surroga ex articolo 1916 c.c. e articolo 14, comma 2, l. numero 222/1984 , quale importo va riconosciuto, se le condizioni del danneggiato migliorano e si modifica l'originaria prestazione previdenziale? Tre gradi di giudizio, tre soluzioni diverse. A seguito di un sinistro stradale avvenuto nel 2008 e dopo che nel 2013 le condizioni di invalidità erano cambiate in meglio per il danneggiato, con conseguente revoca della pensione di invalidità nel 2014 e corresponsione di un importo effettivo di quasi 98 mila euro , l'INPS evocava in giudizio il danneggiante e la sua compagnia assicurativa per ottenere il rimborso del valore capitale dell' assegno di invalidità erogato al danneggiato. Il Tribunale riconosceva una minor somma di 63 mila euro in base ad una stima del presunto danno patrimoniale effettivamente subito dal danneggiato. La Corte d'Appello riconosceva la maggior somma di quasi 157 mila euro pari dall'intero valore capitalizzato della rendita pensionistica. La questione sorge perché l' articolo 14, comma 2, l. numero 222/1984 afferma che dovrà essere calcolato il valore capitale della prestazione erogata. Ecco perché l'Istituto previdenziale chiede il rimborso dell'intero valore capitalizzato. La Suprema Corte cassa con rinvio la decisione impugnata. Il percorso argomentativo a tratti ridondante nel richiamare precedenti e principi di diritto si può così riassumere 1 il meccanismo di regresso e surroga previsto dall' articolo 1916 c.c. ha una duplice finalità confermata dall' articolo 142, Cod. Assic. , d.lgs. numero 209/2005 evitare un ingiustificato alleggerimento della posizione debitoria del danneggiante impedire la duplicazione o il cumulo del ristoro per lo stesso danno procurando un ingiusto vantaggio al danneggiato 2 il meccanismo non è solo una conseguenza dell'istituto della compensatio lucri cum damno , ma diretta conseguenza della non configurabilità di un danno risarcibile per la parte già indennizzata, oltre che perseguire di fatto una semplificazione processuale 3 viene riportata un'ampia disamina dei precedenti della Corte sulle finalità della surrogazione evitare l'arricchimento senza causa sino alle note Sez. Unite numero 12566/2018 sulla non cumulabilità tra indennità e risarcimento 4 si giunge così alla revisione critica del precedente Cass. 4688/2003 che aveva ritenuto che l'INPS aveva diritto a surrogarsi rapportando, quanto all'ammontare, alla capitalizzazione della prestazione erogata 5 l'articolo 14 in questione configura l'indennizzo come liquidazione di un danno futuro 6 richiamando numerosi precedenti in tema di risarcimento del danno non patrimoniale da liquidare a favore degli eredi , in ipotesi di morte del danneggiato in pendenza di giudizio, il danno deve essere calcolato sulla base non della probabile aspettativa di vita del soggetto, ma sulla durata effettiva di vita dello steso salvo che il fatto sopravvenuto riguardi un soggetto che aveva già un'età anagrafica superiore a quella della c.d. vita media determinata nelle tabelle di liquidazione del danno 7 tali principi si applicano anche al caso di specie, poiché l'indennizzo in capitale è diretto a ristorare l'effettiva menomazione dell'integrità fisica durante la vita residua dell'assicurato, dovendosi evitare una locupletazione indebita del danneggiato 8 per inciso, l'eventuale eccesso di somme erogate dall'INPS all'assicurato potrà essere oggetto di domanda di ripetizione nei confronti del danneggiato stesso 9 in presenza di surroga riferita ad un danno futuro, si deve tener conto dell'eventuale sopravvenienza della modifica delle condizioni del danneggiato, tale da incidere sul danno come liquidato 10 l'articolo 14 citato si limita a stabilire l' ammontare della surroga al momento del riconoscimento per l'ipotesi di stabilità della menomazione del danneggiato nei termini riconosciuti dall'assicuratore sociale. V'è da osservare che la soluzione giuridica, per quanto condivisibile, poggia espressamente sulla equiparazione di funzione tra indennizzo e risarcimento , aspetto che meriterebbe una riflessione sull'inquadramento almeno nella sua assolutezza sia consentito almeno il rinvio per un primo inquadramento a Responsabilità sanitaria da emotrasfusione rapporto tra risarcimento del danno e indennità ex  l. numero 210/1992 . Si suggerisce la lettura della motivazione del precedente della Cassazione del 2003 che evidenzia un approccio pubblicistico che completa l'inquadramento di una tematica molto complessa. In effetti la prospettiva squisitamente privatistica della sentenza in commento, per quanto rispondente ad orientamenti consolidati, dimentica la prospettiva pubblicistica , che invece aveva indagato la Cassazione nel 2003. La conseguenza pratica è che l'odierna decisione omette di considerare il sistema della legge del 1984, che viene così apoditticamente limitata nella sua applicazione, ritenendo che l'articolo 14 citato si limiti a stabilire l' ammontare della surroga al momento del riconoscimento per la sola ipotesi di stabilità della menomazione del danneggiato. Probabilmente la questione dovrà essere affrontata dalla Sezioni Unite. Per Cass. numero 4688/2003 , infatti, è la stessa legge a disporre espressamente che, per tutte le prestazioni da essa previste, senza esclusione alcuna, il relativo ammontare sia rapportato, in sede di surroga, al valore capitale e non agli importi in concreto corrisposti, per un periodo più o meno lungo, all'assicurato danneggiato . Una tale regola generale e assoluta che, per la sua estrema chiarezza, non può essere disattesa dall'interprete la rendita è erogabile quando la capacità di lavoro dell'assicurato si sia ridotta permanentemente a meno di un terzo riconoscibile per tre anni e confermabile a domanda per periodi della stessa durata, qualora permangano le condizioni che diedero luogo alla liquidazione della prestazione confermabile ancora automaticamente dopo tre riconoscimenti consecutivi, e soggetto infine, in quest'ultimo caso, a revisione, il tutto a norma degli articolo 1, commi 1,3,7 e 8, e 9 della legge cit. . La norma non prevede infatti alcuna eccezione nell'ipotesi che il beneficio in esame non venga, dopo il primo triennio, confermato, o venga revocato in seguito a revisione. Di fronte all'inequivoco dettato della legge, non occorre enumerare gli inconvenienti pratici cui darebbe luogo la diversa tesi a tacer d'altro, la surroga sarebbe quantificabile, a posteriori , soltanto dopo che fosse sopravvenuta una causa estintiva del beneficio, come è avvenuto per l'appunto nel caso presente, e non mai prima, non essendo mai esattamente prevedibile, a priori , la durata della prestazione . Non bisogna dimenticare poi che, almeno tendenzialmente, il valore capitale della prestazione erogata dall'Istituto rappresenta il risarcimento del danno subito dall'assicurato per la riduzione permanente della capacità lavorativa, che dovrebbe essere corrisposto in una sola volta, ma che invece è liquidato obbligatoriamente sotto forma di rendita , analogamente a quanto è in facoltà del giudice civile articolo 2057 c.c. . La ratio del sistema adottato dalla legge risponde dunque ad esigenze di certezza e di semplificazione dei rapporti, e, per giunta, risiede altresì nell'osservazione statistica che la conferma dei benefici, anche in sede di revisione, e dunque la durata indeterminata delle prestazioni, è la regola, mentre l'anticipata cessazione è l'eccezione.

Presidente Frasca – Relatore Positano Fatti di causa L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Pavia, P.A. e la società UnipolSai Ass.ni per sentir dichiarare la responsabilità esclusiva in capo alla prima nella causazione del sinistro stradale verificatosi il OMISSIS che aveva coinvolto G.M., con conseguente condanna delle convenute al pagamento della somma di Euro 156.907, a titolo di rimborso del valore capitale dell'assegno di invalidità, erogato ai sensi della L. numero 222 del 1984, articolo 14, comma 2, in favore del predetto G. per il grado di invalidità residuato, oltre rivalutazione monetaria e interessi. Esponeva che l'incidente si era verificato in quanto la P., assicurata con la compagnia convenuta, aveva perso il controllo del veicolo invadendo la corsia opposta sulla quale sopraggiungeva G.M., alla guida del motociclo Yamaha, che non riusciva ad evitare l'impatto, riportando gravi lesioni personali. Per la riduzione della capacità di lavoro il danneggiato aveva presentato domanda per il riconoscimento del diritto all'assegno di invalidità, poichè dipendente della S.r.l. SILT e tale richiesta era stata accolta, con l'erogazione di un assegno di invalidità con decorrenza dal 1 dicembre 2008. Pertanto, I.N.P.S. agiva in rivalsa nei confronti del responsabile e della compagnia UnipolSai per il recupero del valore capitale della rendita liquidata al danneggiato. Si costituiva UnipolSai contestando la pretesa ed eccependo, in particolare, che erano venute meno le condizioni per la erogazione dell'assegno e che l'attore era carente di titolarità attiva, ai sensi dell'articolo 1916 c.c Infine, escludeva l'esistenza di un danno risarcibile in sede civile, aggiungendo di avere corrisposto al danneggiato l'importo di Euro 431.373 a seguito di transazione, oltre alla somma di Euro 6.220, nei confronti dell'I.N.P.S In sede di accertamento peritale il consulente aveva verificato che alla data del 1 settembre 2013 erano venute meno le condizioni di invalidità richieste dalla L. numero 222 del 1984. Pertanto, a seguito di ciò, I.N.P.S. aveva revocato la pensione di invalidità in favore del danneggiato, documentando di avere corrisposto in favore dello stesso, sino alla data della revoca settembre 2014 , importo di Euro 97.781. Il Tribunale di Pavia, con sentenza del 20 agosto 2016 dichiarava la responsabilità della P. che condannava, in solido con UnipolSai Ass.ni S.p.A, al pagamento in favore di I.N.P.S. della minore somma di Euro 63.000. Avverso tale decisione proponeva appello I.N.P.S., lamentando che la rivalsa aveva trovato accoglimento nei limiti dell'importo dei ratei effettivamente corrisposti sino al momento del venir meno delle condizioni previste dalla legge per l'ammissione al beneficio Euro 74.000 e tale importo era stato ulteriormente ridotto ad Euro 63.000 in ragione della stima del presunto danno patrimoniale effettivamente subito dall'infortunato. Si costituiva UnipolSai eccependo l'inammissibilità dell'appello, la novità delle domande proposte ed insistendo per la conferma della decisione. La Corte d'Appello di Milano, con sentenza del 12 luglio 2018, riteneva che l'appellante avesse diritto a percepire il pagamento dell'intero valore capitalizzato della rendita pensionistica costituita in favore del danneggiato e non le somme effettivamente corrisposte sino alla revoca del beneficio. Conseguentemente, in accoglimento dell'impugnazione, condannava P.A. e UnipolSai Ass.ni, in solido, al pagamento della somma di Euro 156.907,83 oltre alle spese di lite. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione UnipolSai Ass.ni affidandosi ad un motivo. Resiste con controricorso l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. P.A. non svolge attività processuale in questa sede. La trattazione del ricorso è stata fissata in udienza pubblica, ma il Collegio ha proceduto in Camera di consiglio ai sensi del D.L. numero 137 del 2020, articolo 23, comma 8 bis, convertito con L. numero 176 del 2020, in mancanza di richiesta di discussione orale, con adozione della presente decisione in forma di sentenza in ragione della modalità di trattazione già fissata. Il Procuratore generale ha formulato le sue conclusioni motivate ritualmente comunicate alle parti insistendo per l'accoglimento del ricorso. Le parti hanno depositato memorie. Ragioni della decisione Con l'unico motivo si lamenta la violazione dell'articolo 1916 c.c. e della L. 12 giugno 1984, numero 222, articolo 14, commi 1 e 2, avendo erroneamente la Corte d'Appello di Milano determinato il diritto di surroga di I.N.P.S. nel credito del danneggiato verso il responsabile civile, nella misura corrispondente all'intero valore capitalizzato della rendita a questi riconosciuta e non nella misura corrispondente alle somme effettivamente erogategli. Importo, quest'ultimo, certamente minore dell'originario ammontare, a seguito di revoca della pensione di invalidità riconosciuta al danneggiato. Il motivo è fondato. Il meccanismo di recupero ex articolo 1916 c.c. regresso e surroga presenta la duplice finalità di precludere al responsabile dell'illecito di beneficiare dell'erogazione riconosciuta alla vittima da parte dell'assicuratore sociale o privato, ottenendo un ingiustificato alleggerimento della sua posizione debitoria al contempo, di impedire di duplicare o cumulare il ristoro per lo stesso danno, procurando un ingiusto vantaggio al danneggiato. Risulta così salvaguardata la capacità di deterrenza e di prevenzione oltre a quella compensativa della responsabilità civile anche nella materia degli infortuni sul lavoro. Difatti, l'articolo 1916 c.c., dispone che l'assicuratore che ha pagato l'indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell'ammontare di essa, nei diritti dell'assicurato verso il terzo danneggiante. Il diritto di surrogazione stabilito a favore dell'assicuratore comporta, per effetto del pagamento dell'indennità, una sostituzione ope legis di detto assicuratore all'assicurato-danneggiato nei diritti di quest'ultimo verso il terzo responsabile del danno. Inoltre, l'articolo 142 del Codice delle Ass.ni private D.Lgs. 7 settembre 2005, numero 209 - nel riprodurre le previsioni contenute della L. 24 dicembre 1969, numero 990, abrogato articolo 28, sull'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti stabilisce che, qualora il danneggiato sia assistito da assicurazione sociale, l'ente gestore di questa abbia diritto di ottenere direttamente dall'impresa di assicurazione il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato ai sensi delle leggi e dei regolamenti che disciplinano detta assicurazione, semprechè a quest'ultimo non sia già stato pagato il risarcimento. A tal fine dell'articolo 142, comma 2, prevede un meccanismo di interpello del danneggiato, con la richiesta di una dichiarazione attestante che lo stesso non abbia diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie, e di comunicazione al competente ente di assicurazione sociale, ove il danneggiato dichiari di avere diritto a tali prestazioni. La surrogazione da parte di I.N.P.S. consente all'istituto di recuperare dal terzo responsabile le spese sostenute per le prestazioni assicurative erogate al danneggiato ed impedisce a costui di cumulare, per lo stesso danno, la somma già riscossa a titolo di rendita assicurativa, con l'intero importo del risarcimento del danno dovutogli dal terzo, e di conseguire così due volte la riparazione del medesimo pregiudizio subito. L'articolo 1916 c.c., esprime il principio indennitario applicabile, per effetto dell'estensione attuata dall'articolo 1916 c.c., comma 4, anche all'assicurazione contro gli infortuni di competenza dell'I.N.P.S. al fine di precludere all'assicurato-danneggiato il cumulo tra indennizzo assicurativo e risarcimento del danno. Indennizzo e risarcimento assecondano la medesima funzione e la corresponsione dell'indennizzo al danneggiato-assicurato produce l'effetto di elidere in misura corrispondente il suo credito risarcitorio nei confronti del danneggiante che, pertanto, si estingue, non potendo più essere preteso nè azionato e ciò più che per effetto dell'istituto della compensatio lucri cum damno , in quanto per la parte già indennizzata dall'assicuratore non è configurabile un danno risarcibile. La funzione dell'articolo 1916 c.c., consente di fatto una semplificazione processuale grazie alla surrogazione, infatti, l'assicuratore sociale è legittimato ad agire contro il responsabile, come fosse il danneggiato, in forza del solo pagamento, evitando così un inutile circuito di azioni e cessioni tra assicurato ed assicuratore Cass., sez. 6-3, ordinanza 12/02/2018 numero 3296 . Nello specifico, l'I.N.P.S. - agendo in surrogazione dell'assicurato - chiede la condanna dei convenuti alla rifusione dell'importo corrisposto in adempimento dei propri obblighi istituzionali, comprensivo dei ratei di rendita già riconosciuti alla vittima, del valore capitale della rendita ancora da erogare, di quanto versato. La questione va correttamente inquadrata tenendo conto del principio secondo cui il meccanismo della surrogazione dell'assicuratore nei diritti dell'assicurato verso il terzo responsabile è applicazione del principio indennitario, in virtù del quale un sinistro non può determinare una locupletazione per chi lo subisce, neppure quando il ristoro del danno gli spetti a duplice titolo e da parte di due soggetti diversi l'assicuratore e l'autore del danno. Il diritto di surrogazione dell'assicuratore per il recupero delle spese effettivamente sostenute e delle indennità eventualmente versate all'assicurato nei confronti del terzo responsabile del fatto dannoso, fino a concorrenza dell'ammontare della somma erogata, evita il rischio di duplicazione di poste, entro i limiti del quantum liquidato a favore del danneggiato. Come rilevato da questa Corte a Sezioni Unite con le sentenze nnumero 12564-12565-12566-12567/2018 relative alla portata applicativa del principio della compensatio lucri cum damno, il risarcimento non può creare in favore del danneggiato una situazione migliore di quella in cui si sarebbe trovato se il fatto dannoso non fosse avvenuto, immettendo nel suo patrimonio un valore economico maggiore della differenza patrimoniale negativa indotta dall'illecito . E tale criterio deve operare anche con riferimento alle altre parti del meccanismo della surroga. Tale istituto, infatti, consiste nella sostituzione di un terzo nei diritti del creditore e non permette, pertanto, che il surrogato goda di prerogative superiori a quelle proprie del creditore, cui si sostituisce. Trattasi di successione a titolo particolare nel rapporto obbligatorio, dal lato attivo, il quale non muta a causa della surrogazione. Ulteriore addentellato normativo si rinviene nell'articolo 1205 c.c., che esprime il principio per cui la surrogazione opera nei limiti del pagamento effettuato dal terzo a favore del creditore. In sostanza, le limitazioni proprie del credito oggetto di surrogazione si trasferiscono al terzo surrogato. Diversamente argomentando la norma consentirebbe un arricchimento senza causa da parte di I.N.P.S., quale ente erogante. Questa Corte intende dare continuità ai principi evincibili da una serie di decisioni, anche risalenti, che rappresentano il presupposto delle affermazioni poste a fondamento delle pronunce da ultimo adottate dalle citate SSUU della Corte. Costituisce principio consolidato e condivisibile quello secondo cui il congegno della surrogazione non può diventare fonte di lucro per chi lo subisce neppure quando il ristoro del danno spetti da parte di soggetti diversi tale eventualità è scongiurata, appunto, dal diritto di surrogazione dell'assicuratore per il recupero delle spese effettivamente sostenute e delle indennità eventualmente versate all'assicurato nei confronti del terzo responsabile del fatto dannoso, fino a concorrenza dell'ammontare della somma erogata, ma entro i limiti del quantum liquidato a favore del danneggiato, senza che possa tenersi conto del concorso di colpa di quest'ultimo nella produzione del danno Cass. Sez. 3 numero 2595 del 1979 Rv. 398929, conformi Sez. 3 numero 9742 del 07 ottobre 1997 Rv. 508599 Cass. Sez. 3 numero 293 del 1973 Rv. 362174 Cass. numero 2341 del 1977 Rv. 386054 per un'applicazione del principio in tema di assicurazione contro il furto, Cass. Sez. 3, Sentenza numero 2823 del 06 agosto 1968, Rv. 335486 sul caso del recupero della cosa sottratta da parte dell'assicurato, Cass. Sez. 3, Sentenza numero 3761 del 03 luglio 1979, Rv. 400203 in tema di assicurazione per incendio, sul caso della responsabilità del conduttore per la perdita o il deterioramento della cosa locata derivante da incendio Cass. Sez. 3, sentenza numero 20357 del 21 ottobre 2005, Rv. 584515 . Principio ribadito da Cass., Sez. 3, sentenza numero 3356 del 12 febbraio 2010. In tale decisione, I.N.P.S. - come nel caso di specie - aveva sostenuto che il proprio diritto di surrogazione dovesse essere rapportato non agli importi concretamente sborsati e già restituiti , bensì alla capitalizzazione della prestazione erogate. La tesi si fondava sul contenuto della L. numero 222 del 1984, articolo 14, comma 2 e su asserite esigenze pubblicistiche. La Corte ha ritenuto infondato il motivo poichè, si legge in motivazione, l'I.N.P.S. si surroga ex articolo 1916 c.c., nelle ragioni del danneggiato, non può essere riconosciuto a tale istituto più di quanto sarebbe stato riconosciuto al danneggiato stesso la premorienza . comporta quindi che l'Istituto abbia diritto soltanto alle somme effettivamente erogate. Poichè l'I.N.P.S. ha provato di aver effettivamente erogato soltanto la somma di Lire 30.218.394 per il titolo dedotto in giudizio, ne deriva che, dedotto quanto già versato ad esso dall'assicuratore della r.c. del responsabile dell'incidente, appare corretta la condanna alla minor somma di Lire 13.619.394 . La questione è sovrapponibile a quella in esame, dovendosi ribadire quanto precisato in quella sede e cioè che in tema di surrogazione, ex articolo 1916 c.c., dell'I.N.P.S. nelle ragioni del danneggiato, a seguito di sinistro derivante dalla circolazione stradale, ove si verifichi la premorienza di quest'ultimo, beneficiario di prestazione pensionistica correlata all'infortunio patito, l'Istituto ha diritto a recuperare soltanto le somme effettivamente erogate per l'anzidetto titolo, non potendo ottenere più di quanto riconosciuto allo stesso danneggiato Cass., Sez. 3, sentenza numero 3356 del 12 febbraio 2010 . Sotto altro profilo va precisato che la surroga non opera sulla somma concretamente erogata da I.N.P.S., anche quando risulti superiore a quella cui il creditore-danneggiato avrebbe diritto in applicazione dei criteri risarcitori. In definitiva, va data continuità in questa sede al principio secondo cui il meccanismo della surrogazione non può ridondare, nè in danno del debitore, nè a vantaggio del terzo surrogatosi nell'originario diritto di credito in questi termini Cass. Sez. III, 13753/2006 e la citata Cass. Sez. III, 3356/2010, che costituisce applicazione del suddetto principio, per il caso di premorienza del danneggiato e più recentemente e Cass. Sez. III, 26647/2019 . Le considerazioni che precedono consentono di rivedere, in chiave critica, le conclusioni cui, in passato, è pervenuta questa Corte, con riferimento al contenuto della surroga ai sensi della L. numero 222 del 1984, articolo 14 Cass. Sez. 3, Sentenza numero 4688 del 28/03/2003, Rv. 561545 - 01 , secondo cui il diritto dell'INPS di surrogazione, ex articolo 1916 c.c., nei diritti dell'assicurato verso i terzi responsabili della sua invalidità, in relazione alla quale l'Istituto abbia erogato la prestazione previdenziale, va rapportato, quanto all'ammontare, non già agli importi concretamente versati, ma, a norma della L. numero 222 del 1984, articolo 14, comma 2, alla capitalizzazione della prestazione erogata, mediante criteri e tariffe determinati con previsione di tutti i possibili eventi futuri con decreto ministeriale . Conseguentemente, si legge ancora nella massima, in sede di surrogazione l'assegno ordinario di invalidità, è indifferente, alla mancata conferma, o la revoca a seguito di revisione, di detto beneficio, concesso e concretamente corrisposto per un certo periodo di tempo, piò o meno prolungato . Il principio non appare condivisibile. L'articolo 14 al comma 1 dispone che l'istituto erogatore delle prestazioni previste dalla presente legge è surrogato, fino alla concorrenza del loro ammontare, nei diritti dell'assicurato o dei superstiti verso i terzi responsabili e le loro compagnie di assicurazione . Il comma 2, si limita a stabilire che agli effetti del precedente comma, dovrà essere calcolato il valore capitale della prestazione erogata, mediante i criteri e le tariffe demandate ad un decreto ministeriale. Nel caso del riconoscimento di un'invalidità a carico dell'I.N.P.S. per il venir meno o per la riduzione della capacità lavorativa si verificano i presupposti per il riconoscimento in favore del danneggiato di un beneficio in forza del sistema della c.d. assicurazione sociale, e l'indennizzo riconosciuto è idoneo a ristorare, una parte o l'intero danno, di eguale natura patrimoniale subito e di cui devono rispondere il soggetto responsabile ed il suo assicuratore. Il comma 2 dell'articolo 14 - così come l'articolo 142 Codice delle assicurazioni - riferisce la rivalsa all'oggetto dell'erogazione dell'indennizzo e, dunque, al modo in cui esso viene riconosciuto per legge ed abilita l'assicuratore sociale, che abbia liquidato la prestazione sub specie di rendita, alla surroga - per l'intero - verso il responsabile ed il suo assicuratore. Nel caso di specie l'indennizzo è configurato come liquidazione di un danno futuro, attraverso il riconoscimento di una rendita periodica, e ciò a prescindere dal fatto che la misura dell'invalidità sia stata determinata sulla base di criteri propri del settore assicurativo sociale di riferimento. Ciò avviene non diversamente da quanto accade a proposito della liquidazione del danno patrimoniale da perdita o diminuzione della capacità lavorativa, nel quale il danno si liquida ex necesse come danno futuro, per il periodo di vita del danneggiato non ancora trascorso al momento della liquidazione. Ma con riferimento al danno futuro questa Corte - in ambito di responsabilità civile - ha ripetutamente affermato che, in ipotesi di morte del danneggiato in pendenza del giudizio e per cause indipendenti dal fatto illecito subito, il risarcimento del danno non patrimoniale da liquidare in favore degli eredi deve essere calcolato sulla base non della probabile aspettativa di vita del soggetto, bensì sulla durata effettiva di vita dello stesso Cass. Sez. 3, sentenza numero 679 del 18/01/2016, Rv. 636872 Sez. 3, sentenza numero 2297 del 31/01/2011, Rv. 616337 Sez. 3, sentenza numero 14767 del 03/10/2003, RV. 567322 - questo ad eccezione del caso in cui il fatto sopravvenuto riguardi un soggetto che aveva già un'età anagrafica superiore a quella della cd vita media determinata nelle tabelle di liquidazione del danno si veda il caso del decesso del danneggiato in corso di causa, all'età di 96 anni, in Cass. Sez. 3, numero 25157/18 . In sostanza, secondo la giurisprudenza di legittimità e di merito, quando la durata della vita futura della vittima di un illecito cessa di essere un valore ancorato alla probabilità statistica e diventa un dato noto a causa dell'intervenuto decesso, seppur per cause diverse ed autonome rispetto all'evento lesivo originario , la quantificazione del danno non patrimoniale va parametrata alla durata effettiva della vita. Tali principi operano anche nel caso di specie, atteso che l'indennizzo in capitale è diretto a ristorare l'effettiva menomazione dell'integrità fisica durante la vita residua dell'assicurato Cass. Sez. L numero 7650 del 19/03/2019 - Rv. 653308 - 01 . Sulla base di tali considerazioni nell'ipotesi in cui, dopo la liquidazione del danno, dalle risultanze processuali emerga il ridimensionamento del pregiudizio rispetto a quanto era stato ipotizzato al momento della verificazione, occorrerà tenere conto della situazione sopravvenuta. Così, nel caso di danno futuro riferito ad un valore ancorato alla probabilità statistica della sopravvivenza in vita ovvero alla stabilizzazione di una patologia, assumerà rilievo il venir meno dello stato invalidante o una sua riduzione, tale da incidere in maniera migliorativa sul danno per come liquidato. Tale mutato profilo inciderà anche sulla posizione dell'assicuratore sociale, che abbia riconosciuto l'indennizzo nella forma della rendita e che si surroghi ai sensi dell'articolo 14. In conformità al principio che non consente in alcun caso sia da parte del danneggiato, che dell'ente che agisca in surroga una locupletazione indebita, non è possibile riferire la surroga all'erogazione di somme in realtà non dovute poichè ciò comporterebbe, a carico del debitore, un sacrificio economico cui lo stesso non deve essere esposto, non potendosi pretendere che egli corrisponda al terzo surrogato somme maggiori di quelle che avrebbe dovuto pagare al creditore originario Cass. sez. 6-3, numero 17407/2016 e Cass. Sez. 6-3, 25618/2018, entrambe in motivazione . Come rilevato dal Procuratore Generale, un eventuale eccesso nelle somme pagate dall'I.N.P.S. all'assicurato potrà, al più, formare oggetto di una domanda di ripetizione nei confronti del danneggiato e non nei confronti del terzo responsabile del danno o dell'assicuratore di questi. Ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere accolto la sentenza va cassata con rinvio e la Corte d'Appello di Milano che si atterrà al seguente principio di diritto nell'ipotesi in cui il giudice debba valutare il contenuto della surroga riferita ad un danno de futuro, deve essere affermata la rilevanza, anche giuridica, dell'eventuale sopravvenienza di una modifica delle condizioni del danneggiato, che evidenzi il venir meno dello stato invalidante o una sua riduzione, tale da incidere sul danno per come liquidato. Tale principio va applicato anche all'assicuratore sociale che abbia riconosciuto l'indennizzo nella forma della rendita e si surroghi ai sensi dell'articolo 14. Una volta riconosciuto l'indennizzo, l'istituto potrà esercitare la surroga per la rendita come liquidata, subentrando nel corrispondente diritto del danneggiato al risarcimento del danno anche futuro, con la possibilità di agire nei confronti dell'assicuratore privato ed il responsabile debbono pagare. Nell'ipotesi di successiva modifica migliorativa delle condizioni del danneggiato con conseguente riduzione della menomazione e della misura dell'obbligo di corresponsione dell'indennizzo, ove ciò intervenga nel corso del giudizio, tale evento incide necessariamente sull'oggetto della surroga, atteso che dell'articolo 14, comma 2, si limita a stabilire l'ammontare della surroga al momento del riconoscimento, per l'ipotesi di stabilità della menomazione del danneggiato, nei termini riconosciuti dall'assicuratore sociale . In considerazione del mutato indirizzo giurisprudenziale rispetto al precedente di questa Corte del 2003, ricorrono i presupposti per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.