In tema di misure di prevenzione patrimoniale, è rimesso alle Sezioni Unite il quesito riguardante il rimedio esperibile, a seguito della sentenza costituzionale numero 24/2019, a tutela della posizione dell'inciso. Saranno dunque le SS.UU. a sciogliere il contrasto tra chi ritiene esperibile il rimedio dell'incidente di esecuzione e chi ritiene praticabile il rimedio della revocazione di cui all'articolo 28 d.lgs. numero 159/2011.
La questione è stata sollevata con l'ordinanza numero 23547/21, depositata il 16 giugno. Il caso. Ha proposto ricorso per cassazione l'uomo al quale sono stati confiscati beni immobili, mobili registrati e conti correnti, a titolo di misura di prevenzione. In precedenza, era stata proposta istanza di revocazione contro il decreto ablatorio ma la Corte territoriale l'aveva dichiarata inammissibile, sulla scorta del fatto che, a suo avviso, il rimedio esperibile a tutela dell'inciso sarebbe stato l' incidente di esecuzione e non la revocazione . La Corte di Cassazione, ritenuto un contrasto giurisprudenziale circa il rimedio esperibile, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite. La revoca della confisca. Le Sezioni unite Auddino del 2006 hanno affermato che il provvedimento di confisca è suscettibile di revoca ex tunc quando sia affetto da invalidità genetica e debba essere rimosso per rendere effettivo il diritto alla riparazione dell'errore giudiziario, non ostando l'irreversibilità dell'ablazione che si è determinata, che non esclude la possibilità della restituzione del bene confiscato all'avente diritto o forme altrimenti riparatorie della perdita patrimoniale ingiustamente subita. Nuova prova in nuovo giudizio. La giurisprudenza ha ritenuto ammissibile la revoca della confisca, precisando che l'istituto revocatorio è finalizzato a che al giudicato sia sostituita una nuova, diversa pronuncia, all'esito di un nuovo, diverso, giudizio il giudizio si ritiene “nuovo” se si fonda su elementi di indagine diversi da quelli compresi nel processo conclusosi con il giudizio precedente. Per prove nuove si intendono prove sopravvenute rispetto alla conclusione del relativo procedimento, rilevanti ai fini della revoca, nonché quelle preesistenti ma non valutate nemmeno implicitamente poiché scoperte dopo che la statuizione sulla confisca è divenuta definitiva. Incostituzionale la categoria della pericolosità sociale. Con sentenza numero 24/2019 la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della categoria della pericolosità sociale, eliminando una categoria di destinatari delle misure di prevenzione. La pronuncia muove da denunciate carenze di tassatività descrittiva della fattispecie, in quanto la descrizione normativa non soddisfaceva le esigenze di precisione imposte sia dall' articolo 13 Cost. che dall'articolo 2 Cedu . Con specifico riguardo alle misure di prevenzione patrimoniale si chiariva la necessità di accertare un triplice requisito i delitti dovevano essere commessi abitualmente e quindi un significativo arco di tempo , dovevano aver generato profitti in capo all'inciso e, infine, tali profitti dovevano costituire l'unico reddito del soggetto o almeno una componente significativa di esso. Tali requisiti devono essere verificati con riferimento al momento in cui si concretizza l'arricchimento ingiustificato, con la conseguenza che la confisca si giustifica se, e nei soli limiti in cui, le condotte criminose compiute in passato dal soggetto risultino essere state effettivamente fonte di profitti illeciti , in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che si intendono confiscare, e la cui origine lecita egli non sia in grado di giustificare. Come rivalutare il compendio probatorio? Come si è accennato vi è una questione preliminare che riguarda il rimedio esperibile contro un provvedimento ablatorio. Considerata l'esistenza di un contrasto tra due orientamenti, la questione è stata rimessa alle Sezioni unite. Deve esperirsi l'incidente di esecuzione… Secondo un primo orientamento, avverso il provvedimento definitivo di confisca fondato sulla pericolosità generica, il rimedio esperibile è l'incidente di esecuzione, nel caso si faccia valere il difetto originario dei presupposti per effetto della sopravvenuta sentenza di illegittimità costituzionale della categoria della pericolosità sociale. Pesa a favore di tale soluzione, il complessivo tenore dell' articolo 28 d.lgs. 159/2011 che prevede una generale limitazione di operatività delle ipotesi di revocazione considerate dalla norma, da azionare non oltre i sei mesi dalla data di verifica del presupposto il che porterebbe alla inaccettabile conclusione in forza della quale anche l'ipotesi di revoca volta ad eliminare l'ingiustizia di una decisione fondata su una disposizione ormai espunta dal sistema perché contraria alla Costituzione, dovrebbe ritenersi soggetta ai medesimi limiti temporali di preposizione. Si ritiene, inoltre, che, a seguito di una dichiarazione di illegittimità costituzionale, l'intervento correttivo spetti al giudice dell'esecuzione che è soggetto deputato a incidere sul giudicato. … oppure la revoca? L'orientamento maggioritario ritiene invece che si debba esperire il rimedio della revocazione previsto dall'articolo 28 cit. si è affermato, infatti, che in tema di misure di prevenzione, non sussiste la competenza del giudice dell'esecuzione a decidere sulla domanda di revoca del decreto definitivo con la quale si solleciti la verifica della permanenza della sua “base legale” in relazione all'inquadramento dell'inciso nella categoria di pericolosità generica, trattandosi di domanda qualificabile come richiesta di revoca della misura , disciplinata dal d.lgs. numero 159/2011 . Per intervenire sul giudicato di una misura di prevenzione patrimoniale, il rimedio della revocazione sarebbe il rimedio processuale fisiologico , in linea con la tutela dell'inciso. Si è più precisamente affermato che, a seguito della sentenza costituzionale numero 24/2019, è esperibile il rimedio della revocazione avverso il provvedimento ablatorio definitivo fondato sulla pericolosità generica, al fine di far valere l'illegittimità ovvero la non ricorrenza dei presupposti legittimanti la misura, secondo i criteri indicati dalla Corte costituzionale. … necessità di un ulteriore chiarimento. Il Collegio ritiene che all'interno di quest'ultima opzione interpretativa sembra emergere un'ulteriore contrapposizione meritevole di chiarimenti. Nel percorso argomentativo delle pronunce, si coglie un contrasto tra chi ritiene che la corte di cassazione, investita del ricorso per la revocazione, non possa pronunciarsi sulla illegittimità del provvedimento ablatorio emesso nei confronti di un soggetto socialmente pericoloso e chi ritiene, invece, che vada escluso l'annullamento con rinvio del decreto impugnato come conseguenza inevitabile di un giudizio di pericolosità sociale formulato in contrasto con i principi affermati dalla Corte Costituzionale. La soluzione del groviglio è rimessa alle Sezioni Unite.
Presidente Zaza – Relatore Centonze Ritenuto in fatto 1. Con decreto emesso il 18/11/2019 la Corte di appello di Brescia dichiarava inammissibile l'istanza D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, ex articolo 28, proposta nell'interesse di F.E. , finalizzata a ottenere la revoca della confisca dei beni immobili, dei beni mobili registrati e dei conti correnti, oggetto dell'originario provvedimento ablatorio, emesso nei suoi confronti dal Tribunale di Monza. L'originaria misura ablatoria, in particolare, era stata applicata dal Tribunale di Monza con decreto emesso il 18/02/2013, divenuto irrevocabile il 28/10/2014, con cui era stata disposta la confisca dei beni immobili, dei beni mobili registrati e dei conti correnti intestati a F.E. Il respingimento dell'istanza veniva giustificata dalla Corte territoriale bresciana sull'assunto che non potevano rilevare nella direzione processuale invocata nell'interesse di F. i principi affermati nella sentenza della Corte costituzionale 27 febbraio 2019, numero 24 , che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lett. a , alla luce dei quali era stato esperito il rimedio revocatorio previsto dal D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 28 . Secondo la Corte di appello di Brescia, infatti, in ipotesi di questo genere, il rimedio processuale esperibile a tutela dell'inciso era quello dell'incidente di esecuzione di cui agli articolo 666 e 670 c.p.p. , e non già quello della revocazione di cui al D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 28, non costituendo la declaratoria di incostituzionalità del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lett. a , pronunciata con la sentenza della Corte costituzionale numero 24 del 2019 , come evidenziato a pagina 10 del provvedimento impugnato, una nuova prova decisiva legittimante la proposizione di istanza di revocazione . 2. Avvero il decreto impugnato F.E. , a mezzo dell'avv. Dario Bolognesi, ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento al D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 28, conseguente al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto della necessità di rivalutare la posizione processuale dell'inciso, invocata dal suo difensore sulla base dei principi affermati dalla sentenza della Corte costituzionale numero 24 del 2019 . Si deduceva, in proposito, che, nelle ipotesi di misure di prevenzione patrimoniale, non sussisteva la competenza del giudice dell'esecuzione a decidere sulla domanda di revoca del provvedimento ablatorio definitivo, laddove l'inciso solleciti la verifica della permanenza della piattaforma legale sulla base della quale era stata disposta la confisca dei beni, analogamente a quanto riscontrabile nel caso di specie, in cui si controverteva dell'inquadramento del proposto nella categoria della pericolosità sociale prevista dal D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lett. a , così come interpretata dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 24 del 2019. Questa verifica, infatti, postulava il vaglio di un rimedio processuale finalizzato a ottenere la revoca dell'originaria misura di prevenzione patrimoniale, che è disciplinata dal D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 28, che risultava correttamente esperito nell'interesse di F. , con la conseguenza che la pronuncia censurata determinava un vuoto di tutela giurisdizionale che doveva essere colmato con l'intervento chiarificatore invocato. 2.1. Le ragioni poste a fondamento dell'originario atto di impugnazione venivano richiamate e ulteriormente ribadite con le memorie difensive del 27/01/2021, depositate nell'interesse di F.E. , con cui si evidenziavano le ragioni che imponevano di ritenere fondate le deduzioni poste a sostegno dell'istanza di revoca della confisca, che si riteneva legittimamente proposta D.Lgs. numero 159 del 2011, ex articolo 28 . Si deduceva, in proposito, che il vizio di legittimità della declaratoria di inammissibilità pronunciata dalla Corte di appello di Brescia traeva origine dall'inadeguato inquadramento dello strumento revocatorio attivato nell'interesse di F. D.Lgs. numero 159 del 2011, ex articolo 28, il cui esperimento si imponeva nel caso in esame, non potendo farsi applicazione analogica nel procedimento di prevenzione dell'incidente di esecuzione previsto dall' articolo 673 c.p.p. , richiamato nel provvedimento impugnato, che doveva ritenersi applicabile alle sole ipotesi in cui il condannato intende fare valere l'illegittimità costituzionale di una norma incriminatrice intervenuta in epoca successiva al passaggio in giudicato di una sentenza di condanna. Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto da F.E. deve essere rimesso alle Sezioni Unite. 2. In via preliminare, deve rilevarsi che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione, secondo quanto previsto dalla L. 27 dicembre 1956, numero 1423, articolo 4, comma 2, così come richiamato dalla L. 31 maggio 1965, numero 575, articolo 3 ter , comma 2, è ammesso soltanto per violazione di legge. Ne consegue che devono escludersi dall'ambito dei vizi deducibili in sede di legittimità le ipotesi previste dall' articolo 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , potendosi denunciare, ai sensi della lett. c della stessa disposizione, solo la motivazione inesistente o meramente apparente, integrante la violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato. In sede di legittimità, dunque, non è deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente, presentando difetti tali da renderla meramente apparente e in realtà inesistente, ossia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità ovvero quando la motivazione stessa si ponga come assolutamente inidonea a rendere comprensibile il percorso logico seguito dal giudice di merito nell'adozione del provvedimento ovvero, ancora, quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione adottata Sez. 6, numero 20816 del 28/02/2013, Buonocore, Rv. 25700701 Sez. 6, numero 24272 del 15/01/2013, Pascali, Rv. 256805-01 Sez. 6, numero 15107 del 17/12/2003, dep. 2004, Criaco, Rv. 229305-01 . Questo orientamento ermeneutico ha ricevuto l'ulteriore suggello delle Sezioni Unite, che, nel solco della giurisprudenza di legittimità che si è richiamata, hanno affermato il seguente principio di diritto Nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto della L. 27 dicembre 1956, numero 1423, articolo 4, richiamato dalla L. 31 maggio 1965, numero 575, articolo 3 ter , comma 2 ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l'ipotesi dell'illogicità manifesta di cui all' articolo 606 c.p.p. , lett. e , potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d'appello dalla predetta L. numero 1423 del 1956, articolo 4, comma 9, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente Sez. U, numero 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246-01 . Tale approdo giurisprudenziale, infine, è stato avallato dalla Corte costituzionale, che con la sentenza 15 aprile 2015, numero 106 - nel rigettare la questione di legittimità costituzionale della L. numero 575 del 1965, articolo 3 ter , - ha, tra l'altro, affermato che il sistema delle misure di prevenzione ha una sua autonomia e una sua coerenza interna, mirando ad accertare una fattispecie di pericolosità, che ha rilievo sia per le misure di prevenzione personali, sia per la confisca di prevenzione, della quale costituisce presupposto ineludibile Corte Cost., sent. numero 106 del 2015 . Secondo la Corte costituzionale, non sarebbe ipotizzabile una diversa opzione ermeneutica, essendo irrazionale il sistema che si verrebbe a delineare . Si determinerebbe, infatti, una differente estensione del sindacato della Corte di cassazione sul provvedimento impugnato, anche in relazione al medesimo presupposto della pericolosità del proposto, a seconda che venga in rilievo una misura personale o una misura patrimoniale, e l'irrazionalità sarebbe evidente qualora le due misure fossero adottate con lo stesso provvedimento Corte Cost., sent. numero 106 del 2015 , cit. . 2.1. Quanto, invece, alla revoca della confisca disposta D.Lgs. numero 159 del 2011, ex articolo 28, invocata nell'interesse di F.E. - della cui applicazione al caso di specie si controverte -, deve rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità, da tempo, l'ha ritenuta ammissibile, chiarendo che l'istituto revocatorio è diretto a che al giudicato sia sostituita una nuova, diversa pronuncia, all'esito di un nuovo, diverso, giudizio affinché il giudizio sia ritenuto nuovo , esso deve necessariamente fondarsi su elementi di indagine diversi da quelli compresi nel processo conclusosi con il giudizio precedente Sez. 6, numero 28267 del 10/05/2017, Buzzerio, Rv. 270414-01 . Occorre, pertanto, fondare il nuovo giudizio invocato dall'inciso su una nuova prova, per l'inquadramento della quale occorre richiamare il seguente principio di diritto In tema di confisca di prevenzione, di cui al D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 129, articolo 28, sono prove sopravvenute rispetto alla conclusione del relativo procedimento, rilevanti ai fini della revoca, anche quelle preesistenti ma non valutate nemmeno implicitamente poiché scoperte dopo che la statuizione sulla confisca è divenuta definitiva Sez. 2, numero 19414 del 12/03/2019, Ficara, Rv. 276063-01 si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 6, numero 17854 del 27/05/2020, Lunetto, Rv. 279283-01 Sez. 5, numero 28628 del 24/03/2017, Di Giorgio, Rv. 270238-01 . Questo orientamento ermeneutico, com'è noto, si inserisce in un filone giurisprudenziale che, a sua volta, trae origine dal risalente intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, secondo cui Il provvedimento di confisca deliberato ai sensi della L. 31 maggio 1975, numero 575, articolo 2 ter, comma 3, disposizioni contro la mafia è suscettibile di revoca ex tunc a norma della L. 27 dicembre 1956, numero 1423, articolo 7, comma 2, misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità , allorché sia affetto da invalidità genetica e debba, conseguentemente, essere rimosso per rendere effettivo il diritto, costituzionalmente garantito, alla riparazione dell'errore giudiziario, non ostando al relativo riconoscimento l'irreversibilità dell'ablazione determinatasi, che non esclude la possibilità della restituzione del bene confiscato all'avente diritto o forme comunque riparatorie della perdita patrimoniale da lui ingiustificatamente subita Sez. U, numero 57 del 19/12/2006, dep. 2007, Auddino, Rv. 234955-01 . 2.2. In questo, stratificato, contesto ermeneutico, si inserisce la sentenza della Corte costituzionale numero 24 del 2019 , che dichiarava l'illegittimità costituzionale della categoria della pericolosità sociale disciplinata dal D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lett. a . Con tale pronuncia la Corte costituzionale riteneva illegittima la previsione della categoria di pericolosità sociale di cui al D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lett. a , espungendo tale disposizione dall'ordinamento giuridico in conseguenza delle evidenti carenze di tassatività descrittiva della fattispecie censurata. La descrizione normativa in questione, infatti, non soddisfaceva le esigenze di precisione imposte sia dall' articolo 13 Cost. , sia dall'articolo 2 CEDU, risultando inidonea a disciplinare tanto le misure di prevenzione personale quanto le misure di prevenzione patrimoniale. La Corte costituzionale, in particolare, affermava che la fattispecie di cui alla L. numero 1423 del 1956, articolo 1, numero 1 , poi confluita nel D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, lett. a , appare affetta da radicale imprecisione, non emendata dalla giurisprudenza successiva alla sentenza de Tommaso , atteso che non è stato possibile riempire di significato certo, e ragionevolmente prevedibile ex ante per l'interessato, il disposto normativo in esame Corte Cost., sent. numero 24 del 2019 . Pertanto, la declaratoria di incostituzionalità del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lett. a , relativamente alle misure di prevenzione personale, discendeva dal fatto che tali genericissime definizioni di un termine geneticamente vago come quello di traffici delittuosi , non ulteriormente specificato dal legislatore, non appaiono in grado di selezionare, nemmeno con riferimento alla concretezza del caso esaminato dal giudice, i delitti la cui commissione possa costituire il ragionevole presupposto per un giudizio di pericolosità del potenziale destinatario della misura esigenza, questa, sul cui rispetto ha richiamato non solo la Corte EDU nella sentenza de Tommaso, ma anche questa stessa Corte nella sentenza numero 177 del 1980 Corte Cost., sent. numero 24 del 2019 , cit. . Considerazioni analoghe valevano per le misure di prevenzione patrimoniale, atteso che la norma censurata anche se considerata alla luce della giurisprudenza che ha tentato sinora di precisarne l'ambito applicativo, non soddisfa le esigenze di precisione imposte tanto dall' articolo 13 Cost. , quanto, in riferimento all' articolo 117 Cost. , comma 1, dall'articolo 2 del Prot. numero 4 CEDU per ciò che concerne le misure di prevenzione personali della sorveglianza speciale, con o senza obbligo o divieto di soggiorno nè quelle imposte dall' articolo 42 Cost. , e, in riferimento all' articolo 117 Cost. , comma 1, dall'articolo 1 del Prot. addiz. CEDU per ciò che concerne le misure patrimoniali del sequestro e della confisca Corte Cost., sent. numero 24 del 2019 , cit. . La Corte costituzionale, al contempo, interveniva sulla categoria della pericolosità sociale disciplinata dal D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lett. b , prescrivendo, per la sua ammissibilità, la sussistenza di un triplice requisito per cui deve trattarsi di a delitti commessi abitualmente e dunque in un significativo arco temporale dal soggetto, b che abbiano effettivamente generato profitti in capo a costui, c i quali a loro volta costituiscano l'unico reddito del soggetto, o quanto meno una componente significativa di tale reddito . Permaneva, quindi, la possibilità di applicare una misura di prevenzione patrimoniale nei confronti dei soggetti riconducibili alla categoria della pericolosità sociale di cui di cui al D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lett. b , rispetto alla quale la Corte costituzionale evidenziava che la sussistenza dei requisiti prescritti doveva essere verificata con riferimento al momento in cui si era concretizzato l'arricchimento ingiustificato, con la conseguenza che l'ablazione patrimoniale si giustificherà se, e nei soli limiti in cui, le condotte criminose compiute in passato dal soggetto risultino essere state effettivamente fonte di profitti illeciti, in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che s'intendono confiscare, e la cui origine lecita egli non sia in grado di giustificare . 3. Nella cornice ermeneutica descritta nei paragrafi precedenti il Collegio ha dovuto affrontare una questione ermeneutica preliminare, la cui risoluzione si ritiene indispensabile per il vaglio del ricorso di F.E. , costituita dal rimedio processuale esperibile nelle ipotesi in cui sui presupposti applicativi della misura di prevenzione patrimoniale è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale numero 24 del 2019 , che ha rivisitato le categoria della pericolosità sociale previste dal D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lett. a e b . Non è, invero, dubitabile che l'esigenza di bilanciare il valore costituzionale del giudicato e quello della libertà personale, a fronte di una sanzione penale dichiarata illegittima, deve estendersi anche alle misure di prevenzione, personale e patrimoniale, in ragione dei principi affermati nella sentenza della Corte costituzionale numero 24 del 2019 . Non v'è dubbio, quindi, che una misura di prevenzione patrimoniale applicata senza essere munita di un'idonea piattaforma legale deve ritenersi non conforme all'interpretazione sistematica richiamata nel paragrafo 2.2, ponendo il problema della rivalutazione del compendio probatorio posto a fondamento dell'originario provvedimento ablatorio. Tuttavia, sulle modalità con cui tale, imprescindibile, rivalutazione del compendio probatorio posto a fondamento dell'originario provvedimento ablatorio deve essere effettuata, nel rispetto dei principi affermati dalla sentenza della Corte costituzionale numero 24 del 2019 , sussiste un contrasto insanabile tra due orientamenti ermeneutici di questa Corte, la cui risoluzione, a parere del Collegio, postula l'intervento chiarificatore delle Sezioni Unite. 3.1. Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, che allo stato appare minoritario, nelle ipotesi in esame, deve ritenersi esperibile lo strumento dell'incidente di esecuzione, disciplinato dal combinato disposto degli articolo 666 e 670 c.p.p. , come affermato nel seguente principio di diritto In tema di misure di prevenzione patrimoniale, il rimedio esperibile avverso il provvedimento definitivo di confisca fondato sulla pericolosità generica ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, articolo 1, comma 1, lett. a e b , è l'incidente di esecuzione nel caso in cui si faccia valere il difetto originario dei presupposti per effetto della sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale numero 24 del 2019 Sez. 6, numero 36582 del 28/10/2020, Iannuzzi, Rv. 280183-01 . Secondo tale opzione ermeneutica, depone in favore di una tale soluzione interpretativa, il complessivo tenore dell'articolo 28 in esame, il quale, al comma 3, prevede una generale limitazione di operatività delle ipotesi di revocazione considerate dalla norma in questione, da azionare non oltre i sei mesi dalla data di verifica del relativo presupposto il che porterebbe alla inaccettabile conclusione, a voler aderire ad una lettura interpretativa diversa da quella qui favorita, in forza della quale anche l'ipotesi della revocazione volta ad eliminare l'ingiustizia di una decisione fondata su una disposizione ornai espunta dal sistema perché contraria alla Costituzione, dovrebbe ritenersi soggetta ai medesimi limiti temporali di proposizione previsti dal citato comma 3 Sez. 6, numero 36582 del 28/10/2020, Iannuzzi, cit. . D'altra parte, le connotazioni della verifica imposta dall'intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma che ha costituito la piattaforma legale dell'adozione di una misura di prevenzione patrimoniale presuppongono un differente contesto giurisdizionale rispetto a quello prefigurato dal D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 28 . Alla stessa stregua di quanto accade nel sistema penale, laddove la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice intervenuta dopo il giudicato legittima la revoca della sentenza di condanna ex articolo 673 c.p.p. , anche per le misure di prevenzione deve ritenersi che l'intervento correttivo deve spettare al giudice che ne cura l'esecuzione, recuperando dal codice di rito la normativa di riferimento e adattando a tale procedimento l'incidente di esecuzione. 3.1.1. L'opzione ermeneutica in esame, invero, ancorché minoritaria, sembrerebbe sostenuta dalla posizione giurisprudenziale da tempo recepita dalle Sezioni Unite Sez. U, numero 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260700-01 , che, intervenendo in relazione alle conseguenze sistematiche prodotte dalla sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 2014, numero 32 , nell'ambito delle quali affrontavano il problema del bilanciamento tra il valore dell'intangibilità del giudicato e l'esecuzione di una decisione penale rivelatasi successivamente illegittima, affermavano il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di incidere sul giudicato. Tale potere-dovere, del resto, è connaturato alla funzione giurisdizionale propria del giudice dell'esecuzione, atteso che - come affermato in un precedente arresto chiarificatore delle stesse Sezioni Unite Sez. U, numero 4687 del 20/12/2005, dep. 2006, Catanzaro, Rv. 232610-01 - una volta dimostrato che la legge processuale demanda al giudice una determinata funzione, allo stesso giudice è conferita la titolarità di tutti i poteri necessari all'esercizio di quella medesima attribuzione . Si consideri ulteriormente che, come evidenziato dalle Sezioni Unite Sez. U, numero 42858 del 29/05/2014, Gatto, cit. , l'ampiezza degli ambiti di intervento della giurisdizione esecutiva - che legittima nel caso di specie l'attivazione dei poteri di cui agli articolo 666 e 670 c.p.p. , per conformarsi alla declaratoria di incostituzionalità del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 1, comma 1, lett. a , - è stata riconosciuta dalla Corte costituzionale Corte Cost., sent. numero 210 del 2013 , secondo la quale il giudice dell'esecuzione non si limita a conoscere delle questioni sulla validità e sull'efficacia del titolo esecutivo ma è anche abilitato, in vari casi, ad incidere su di esso . Opzione, quest'ultima, già recepita in un precedente intervento chiarificatore delle Sezioni Unite Sez. U, numero 34472 del 24/10/2013, Ercolano, Rv. 252933-01 , nel quale si era affermato che al giudice dell'esecuzione deve essere riconosciuto un ampio potere di intervento sul giudicato, ai sensi degli articolo 666 e 670 c.p.p. , atteso che lo strumento previsto dall' articolo 670 c.p.p. , pur sorto per comporre i rapporti con l'impugnazione tardiva e la restituzione nel termine, implica necessariamente, al di là del dato letterale, un ampliamento dell'ambito applicativo dell'istituto, che è un mezzo per far valere tutte le questioni relative non solo alla mancanza o alla non esecutività del titolo, ma anche quelle che attengono alla eseguibilità e alla concreta attuazione del medesimo . 3.2. All'orientamento ermeneutico sopra richiamato se ne contrappone un secondo, che allo stato appare maggioritario, a tenore del quale, nelle ipotesi in esame, deve ritenersi esperibile lo strumento della revoca previsto dal D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 28, come affermato nel seguente principio di diritto In tema di misure di prevenzione, non sussiste la competenza del giudice dell'esecuzione a decidere sulla domanda di revoca del decreto definitivo con la quale si solleciti la verifica della permanenza della sua base legale in relazione all'inquadramento del sottoposto nella categoria di pericolosità generica di cui al D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, articolo 1, comma 1, lett. b , come interpretato dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 24 del 2019, trattandosi di domanda qualificabile come richiesta di revoca della misura, disciplinata, anche con riferimento alla competenza, dagli articolo 11, quanto alle misure di prevenzione personali, e 28, quanto a quelle patrimoniali, del citato D.Lgs. Sez. 1, numero 27696 dell'01/04/2019, Immobiliare s.r.l., Rv. 275888-01 . Si muove nella stessa direzione interpretativa, tendente a ritenere l'istituto revocatorio il rimedio processuale fisiologico per intervenire sul giudicato di una misura di prevenzione patrimoniale, per tutelare la posizione processuale dell'inciso a seguito della sentenza della Corte costituzionale numero 24 del 2019 , il seguente principio di diritto In tema di confisca di prevenzione, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale numero 24 del 2019 è esperibile il rimedio della revocazione D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, ex articolo 28, avverso il provvedimento definitivo di applicazione della misura fondato sulla pericolosità generica ex articolo 1, comma 1, lett. a e b , al fine di far valere l'illegittimità della previsione di cui alla lett. a , ovvero la non ricorrenza dei presupposti legittimanti la misura nell'ipotesi di cui alla lett. b , secondo i criteri interpretativi indicati dalla Corte costituzionale Sez. 2, numero 33641 del 13/10/2010, Sabatelli, Rv. 279970-01 . 3.2.1. In questa, già controversa, cornice, deve evidenziarsi ulteriormente che, laddove le Sezioni Unite ritenessero di accedere alla soluzione interpretativa esposta nel paragrafo 3.2 Sez. 2, numero 33641 del 13/10/2020, Sabatelli, cit. Sez. 1, numero 27696 dell'01/04/2019, Immobiliare s.r.l., cit. , si renderebbe indispensabile un ulteriore intervento chiarificatore, atteso che, nell'ambito dell'opzione ermeneutica tendente a ricondurre le questioni relative alla tutela dell'inciso conseguente alla sentenza della Corte costituzionale numero 24 del 2019 nell'alveo applicativo del D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 28, sembra emergere un'ulteriore contrapposizione, che, ancorché embrionale, appare meritevole dell'intervento chiarificatore invocato. Ci si riferisce, in particolare al contrasto, non esplicitato in apposite massime, ma emergente dal percorso argomentativo seguito dalle pronunce intervenute in materia, tra l'orientamento ermeneutico rappresentato dalle pronunzie richiamate nel paragrafo 3.2 Sez. 2, numero 33641 del 13/10/2020, Sabatelli, cit. Sez. 1, numero 27696 dell'01/04/2019, Immobiliare s.r.l., cit. , secondo cui, laddove investita D.Lgs. numero 159, ex articolo 28, la Corte di cassazione non può pronunciarsi sull'illegittimità del provvedimento ablatorio emesso nei confronti di un soggetto socialmente pericoloso D.Lgs. numero 159, ex articolo 1, comma 1, lett. a , e il contrapposto orientamento ermeneutico Sez. 1, numero 34027 dell'01/10/2020, Falaschi, cit. , che esclude l'annullamento con rinvio del decreto impugnato come conseguenza inevitabile di un giudizio di pericolosità sociale formulato in contrasto con i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza numero 24 del 2019 . La prima di tali opzioni ermeneutiche non è espressamente ricavabile da principi oggetto di massimazione, pur potendosi richiamare un passaggio della sentenza che più elegantemente lo esprime, secondo cui l'operazione di riqualificazione della fattispecie di pericolosità, pur da ritenersi operazione rispettosa del dictum del giudice delle leggi, risulta possibile se ed in quanto i materiali istruttori offrano la possibilità di ritenere e qualificare le pregresse condotte delittuose non solo temporalmente sequenziali in modo significativo ma anche produttive di reddito illecito utilizzato, almeno in parte, per il soddisfacimento dei bisogni primari del soggetto e il mantenimento del tenore di vita . Si tratterebbe, in questo contesto sistematico, di attività di verifica che involgono profili di merito pieno , concernenti quaestiones facti, che dovrebbero ritenersi precluse al giudice di legittimità Sez. 1, numero 27696 dell'01/04/2019, Immobiliare s.r.l., cit. . La seconda di tali opzioni ermeneutiche, che esclude l'annullamento con rinvio del decreto impugnato come conseguenza inevitabile di un giudizio di pericolosità sociale formulato in contrasto con i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza numero 24 del 2019 , appare efficacemente sintetizzata dal seguente principio di diritto In materia di misure di prevenzione, la Corte di cassazione, qualora sia investita del ricorso avverso un provvedimento applicativo di misura che, prima della dichiarazione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, articolo 1, comma 1, lett. a , ad opera della sentenza della Corte Cost. numero 24 del 2019 , abbia inquadrato la pericolosità sociale del proposto nelle fattispecie di cui alle lett. a e b del citato articolo 1, non è tenuta a disporre l'annullamento con rinvio di tale provvedimento per una nuova valutazione del materiale probatorio, in quanto lo stesso è già stato delibato nel contraddittorio delle parti e ritenuto sufficiente a ricavarne la ricorrenza dei presupposti delle misure di prevenzione, per essere il proposto annoverabile anche nella categoria criminologica di cui alla citata lett. b dell'articolo 1 Sez. 6, numero 38077 del 09/05/2019, Falaschi, Rv. 276711-01 . 5. In questa cornice, il contrasto tra la soluzione interpretativa tendente a ritenere esperibile lo strumento previsto dal D.Lgs. numero 159 del 2011, articolo 28, nelle ipotesi in cui la misura di prevenzione patrimoniale è stata disposta sul presupposto della pericolosità sociale di cui all'articolo 1, comma 1, lett. a , dello stesso decreto e la contrapposta opzione ermeneutica tendente a ritenere che in tali ipotesi sia esperibile l'incidente di esecuzione, non incide soltanto sul ricorso proposto nell'interesse di F.E. , ma richiama l'esigenza di assicurare l'uniformità dell'interpretazione giurisprudenziale su una questione interpretativa di notevole rilevanza. Per queste ragioni, si reputa opportuno, a norma dell' articolo 618 c.p.p. , comma 1, rimettere alle Sezioni Unite della Corte di cassazione il ricorso proposto da F.E. , formulando il seguente quesito Se, in tema di misure di prevenzione patrimoniale, ai fini della richiesta di applicazione degli effetti della pronuncia della Corte costituzionale 24 gennaio 2019, numero 24 a tutela della posizione dell'inciso, sia esperibile il rimedio della revocazione di cui al D.Lgs. 6 settembre 2011, numero 159, articolo 28, ovvero il rimedio dell'incidente di esecuzione di cui agli articolo 666 e 670 c.p.p. . P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.