Per interrompere gli effetti della separazione ai fini della dichiarazione di scioglimento del matrimonio, la ripresa della convivenza non deve essere caratterizzata da temporaneità, essendo necessaria una concreta ricostruzione del preesistente vincolo coniugale nella sua peculiare essenza materiale e spirituale.
Con l’ordinanza numero 27386, depositata il 24 dicembre 2014, la Sesta Sezione Civile della Suprema Corte ha rigettato il ricorso della ex moglie avverso la sentenza della Corte di merito che aveva confermato lo scioglimento del matrimonio ed ha ribadito il proprio orientamento in tema di riconciliazione tra coniugi. Il fatto. La Corte d’appello di Milano, confermando la sentenza di primo grado che aveva pronunciato lo scioglimento del matrimonio, precisava che «non vi era alcuna prova della dedotta riconciliazione tra le parti e della conseguente insussistenza della condizione temporale richiesta dall'articolo 3 legge numero 898 del 1970 dal momento che l'ex marito usava la casa coniugale come alloggio quando usciva dal carcere ove era detenuto». Avverso la pronuncia della Corte di merito, la donna propone ricorso in Cassazione, sostenendo che i coniugi erano tronati a convivere dopo la sentenza di separazione, pur essendoci stati dei periodi in cui il marito era stato detenuto. La donna, pertanto, riteneva non sussistente il requisito dell’ininterrotta separazione, attesa la riconciliazione con il marito. La coabitazione temporanea non interrompe la separazione. Come noto, ai sensi dell'articolo 157, comma 1, c.c., i coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione, ma la Suprema Corte, concordando con quanto affermato dai giudici di merito, ha precisato che la convivenza ripresa dopo la separazione ed idonea ad interromperla, non deve essere caratterizzata da temporaneità, dovendosi ricostruire concretamente il preesistente vincolo coniugale, nella sua peculiare essenza materiale e spirituale, certamente non realizzabile se l’altro coniuge si trova per alcuni periodi in carcere. I giudici di legittimità hanno ribadito quanto già affermato in precedenza Cass. Civ., numero 1227/2000 sulla disciplina della cessazione degli effetti civili del matrimonio, in cui il pregresso stato di separazione tra i coniugi concretante un vero e proprio requisito dell'azione, ex articolo 3, numero 2, legge numero 898/1970 può legittimamente dirsi interrotto nel caso in cui si sia concretamente e durevolmente ricostituito il preesistente nucleo familiare nell'insieme dei suoi rapporti materiali e spirituali sì da ridar vita al pregresso vincolo coniugale, e non anche quando il riavvicinamento dei coniugi, pur con la ripresa della convivenza e dei rapporti sessuali, rivesta caratteri di temporaneità ed occasionalità principio affermato dalla S.C. con riferimento ad una vicenda di riavvicinamento coniugale concretatosi nel semplice ripristino della convivenza per un limitato periodo di tempo in conseguenza dello stato di detenzione domiciliare del marito . Nella fattispecie de qua, la coabitazione, peraltro non continuativa, non era fondata su una riconciliazione – provvisoria o definitiva – dei coniugi, ma esclusivamente sulla base delle esigenze abitative occasionali del marito uscito dal carcere. Il matrimonio quale complesso di rapporti. La pronuncia in esame certamente non introduce innovazioni nel panorama giurisprudenziale sulla riconciliazione si segnalano Cass. civ., numero 12314/2007 Cass. civ., numero 19497/2005 Cass. civ., numero 12427/2004 Cass. civ., numero 2217/2000 Cass. civ., numero 4748/1999 Cass. civ., numero 6031/1998 Cass. civ., numero 4056/1997 Cass. civ., numero 72/1987 , ma ha il pregio di rimarcare la peculiarità del concetto dell’unione dei coniugi in matrimonio. Difatti, la Suprema Corte, sottolinea che la ripresa della vita coniugale dopo la separazione, si verifica solo quando sia stato ricostituito l'intero complesso dei rapporti che caratterizzano il vincolo matrimoniale e, quindi, sia intervenuto il ripristino non solo di quelli che concernono l'aspetto materiale del matrimonio, ma anche di quelli che sono alla base della comunione spirituale dei coniugi. Pertanto, la riconciliazione in seguito alla separazione, deve essere traguardata alla luce delle peculiarità originarie del rapporto fra i coniugi e non della mera ripresa della convivenza. Di conseguenza, la riconciliazione assume rilevanza giuridica ai fini della dichiarazione di scioglimento del matrimonio solo quando esprime il reale desiderio rectius volontà dei coniugi di rinnovare l'impegno di vita in comune.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 7 ottobre – 24 dicembre 2014, numero 27386 Presidente Di Palma – Relatore Acierno Fatto e diritto La Corte d'Appello di Milano, confermando la sentenza di primo grado che aveva pronunciato lo scioglimento del matrimonio contratto da M. C. M. e F. C., rigettava l'appello promosso dalla M., affermando che - Non vi era alcuna prova della dedotta riconciliazione tra le parti e della conseguente insussistente della condizione temporale richiesta dall'articolo 3 I. numero 898 dei 1970 dal momento che il C. usava la casa coniugale come alloggio quando usciva dal carcere ove era detenuto - Doveva confermarsi la statuizione di rigetto della domanda di assegnazione della casa coniugale, non essendovi figli minori o comunque economicamente dipendenti dai genitori - Doveva confermarsi il rigetto della domanda di assegno divorzile, dal momento che il C. era privo di redditi e la M. svolgeva attività lavorativa - Doveva ritenersi inammissibile la domanda promossa dalla resistente per ottenere la restituzione dell'importo di E 30.000, da lei anticipati per la ristrutturazione della casa coniugale, in quanto non si ravvisava connessione ex articolo . 40 cod. proc. civ. con la domanda di divorzio. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso in cassazione la M., affidandosi a quattro motivi di doglianza - Violazione e falsa applicazione ex articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. dell'articolo 3 L. 898/1970 e successive modifiche, per avere la Corte d'Appello statuito lo scioglimento del matrimonio dei coniugi prescindendo dall'effettivo accertamento dei presupposti richiesti dalla legge summenzionata, in particolare non era stata rilevata la mancanza del requisito dell'ininterrotta separazione, necessario ai sensi dell'articolo 3, comma 2 della predetta legge, per la proposizione della domanda di divorzio. Secondo la ricorrente, i coniugi sarebbero tornati a convivere dopo la sentenza di separazione pur essendoci stati dei periodi in cui il C. era stato detenuto. - Violazione e falsa applicazione ex articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. dell'articolo 192 cod. civ., in ordine al diritto dei coniuge alla restituzione delle somme anticipate per la ristrutturazione della casa coniugale per non avere la Corte d'Appello rilevato che, essendoci un regime di separazione dei beni, il C., non proprietario del bene per la cui ristrutturazione erano stati effettuati esborsi con denaro appartenente alla sola M., doveva restituire le somme da questa anticipate essendo state prelevate dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune articolo 192, III c., cod. civ. . - Omessa, contraddittoria, insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia ex articolo 360 numero 5 cod. proc. civ. , in relazione al denegato assegno divorzile. La Corte d'Appello avrebbe omesso, secondo la ricorrente, l'esame delle reali condizioni economiche del C., che ha sia la disponibilità dell'immobile sia un contratto di lavoro subordinato, mentre nella sentenza oggetto del ricorso, si legge che egli non avrebbe redditi che possono consentirgli di aiutare l'ex coniuge. - Violazione e falsa applicazione ex articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. dell'articolo 5 L. 898/1970 e successive modifiche in relazione al denegato assegno divorzile. La Corte d'Appello, soffermandosi solo sull'esame della situazione reddituale delle parti, avrebbe omesso di valutare le ragioni oggettive per cui la ricorrente non potrebbe procurarsi un reddito, né tantomeno si era valutato il contributo personale dato alla conduzione familiare. Secondo la difesa della ricorrente questa, essendosi dedicata sempre alla famiglia, non avrebbe potuto acquisire negli anni capacità tecniche e professionali né conseguire una specializzazione. Il primo motivo è manifestamente infondato. La convivenza ripresa dopo la separazione ed idonea ad interromperla, non deve essere caratterizzata dalla temporaneità, dovendosi ricostituire concretamente il preesistente vincolo coniugale, nella sua essenza materiale e spirituale, di certo non realizzabile se l'altro coniuge si trova in carcere. La giurisprudenza di legittimità si è espressa su un caso simile affermando un principio fondamentale Nella disciplina della cessazione degli effetti civili del matrimonio, il pregresso stato di separazione tra i coniugi concretante un vero e proprio requisito dell'azione, ex articolo 3 numero 2 della legge numero 898 del 1970 può legittimamente dirsi interrotto nel caso in cui si sia concretamente e durevolmente ricostituito il preesistente nucleo familiare nell'insieme dei suoi rapporti materiali e spirituali sì da ridar vita al pregresso vincolo coniugale, e non anche quando il riavvicinamento dei coniugi, pur con la ripresa della convivenza e dei rapporti sessuali, rivesta caratteri di temporaneità ed occasionalità principio affermato dalla S.C. con riferimento ad una vicenda di riavvicinamento coniugale concretatosi nel semplice ripristino della convivenza per un limitato periodo di tempo in conseguenza dello stato di detenzione domiciliare del marito Cass. sentenza numero 1227 del 04/02/2000 . Nella specie come rilevato dalla Corte d'Appello con apprezzamento di fatto incensurabile, la coabitazione peraltro non continuativa non era fondata su una riconciliazione provvisoria o definitiva ma esclusivamente sulla base delle esigenze abitative occasionali del C Il secondo motivo di ricorso risulta manifestamente inammissibile. L'articolo 40 cod. proc. civ., permette di concentrare nello stesso processo, domande soggette a riti diversi, soltanto però qualora vi siano specifiche ipotesi di connessione, elencate negli articolo 31, 32, 34, 35 e 36. La domanda di divisione dei beni immobili, di restituzione di beni mobili, di restituzione e pagamento di somme, sono soggette al rito ordinario, mentre la domanda di divorzio è soggetta al rito camerale le prime sono domande non legate dal vincolo della connessione e dei tutto autonome rispetto alla domanda di divorzio Cass. sentenza numero 10356 del 17/05/2005 Cass. sentenza numero 6660 del 15/05/2001 Cass. sentenza numero 266 del 12/01/2000 . Il terzo motivo è inammissibile richiedendo alla Corte il riesame della valutazione dei fatti non consentito in sede di giudizio di legittimità S.U. 24148 del 2013 . Il quarto motivo risulta manifestamente infondato. Il giudice dei merito non è tenuto a fornire di una puntuale giustificazione nella propria decisione, di tutti, contemporaneamente e nella stessa misura, i parametri di riferimento indicati dall'articolo 5, comma 6 I. numero 898 del 1970 Cass. sentenza numero 2546 del 05/02/2014 Cass. sentenza numero 7601 del 04/04/2011 , essendo sufficiente che motivi adeguatamente in ordine alla selezione prescelta. Nella specie è stato ritenuto con motivazione adeguata che la mancanza di redditi fosse dovuta alla detenzione in carcere mentre le contrastanti affermazioni della ricorrente sono state meramente dichiarate. Ove si condividano i predetti rilievi, il ricorso va respinto . Rilevato che il Collegio aderisce senza rilievi alla relazione depositata P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso.