No al risarcimento per la morte dell'amato cagnolino

di Simona Caterbi

di Simona Caterbi La perdita dell'animale d'affezione non è risarcibile ex articolo 2059 c.c. atteso che non sussiste un'ingiustizia costituzionalmente qualificata.La fattispecie. Il tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi si trova ad esaminare la domanda di risarcimento del danno patito dal titolare di un volpino azzannato da due cani maremmani e deceduto a distanza di sette mesi dal fatto, con ogni probabilità a seguito delle lesioni riportate. La affermazione in punto responsabilità risulta dubitativa, avendo il giudicante disposto la immediata decisione ritenendo la insussistenza del danno lamentato e, conseguentemente, la non necessità di procedere ad accertamento della responsabilità.Statuisce, infatti, che nel caso di specie è mancata la allegazione relativa alla perdita patrimoniale patita, mentre, sotto il profilo del pregiudizio del danno non patrimoniale, si riporta alla interpretazione dell'articolo 2059 c.c. così come offerta dalle Sezioni Unite 26972/2008, che sancisce la irrisarcibilità del danno per la perdita dell'animale d'affezione.Danno da perdita dell'animale d'affezione gli arresti della giurisprudenza. Il danno da perdita dell'animale d'affezione raramente risulta sottoposto alla attenzione della giurisprudenza nostrana. Gli arresti noti, sul punto, sono sporadici ed, altresì, frequentemente in contrasto fra loro.Si segnalano, in tempi meno recenti, due arresti degli anni '90, nei quali il Pretore di Rovereto Pret. Rovereto, 15 giugno 1994, in Nuova Giur. Civ. comm, 1995, I, 133 , ed il giudice conciliatore di Udine Conc. Udine, 9 marzo 1995, in Nuova Giur. Civ. comm, 1995, I, 784 , hanno riconosciuto il danno ritenendo la sussistenza, nel primo caso di danno morale si trattava di animale ucciso volontariamente , e, nel secondo caso, di danno biologico patito dalla proprietaria dell'animale.In tempi più recenti si segnala la decisione del Tribunale di Roma, citata dall'arresto in esame, che, pur ammettendo, in astratto, la risarcibilità del danno per la perdita dell'animale, respinge, nel merito, la domanda, rilevando come nel caso di specie fosse mancata ogni prova in ordine alla sussistenza del danno stesso.La Suprema Corte si è occupata della fattispecie nel 2007, sentenza numero 14843/2007 , con decisione non particolarmente felice e coerente laddove, dopo aver negato la possibilità della rifusione del danno, si dilunga nel dare contezza del contenuto che la domanda deve possedere al fine di ottenere ristoro del danno esistenziale, di fatto così ammettendo la possibilità che, dalla perdita di un animale di affezione possa scaturire un danno non patrimoniale di tipo esistenziale. E' noto come la rilevanza non patrimoniale del pregiudizio riconducibile alla perdita dell'animale di affezione sia stata fermamente negata dalle sentenze gemelle delle Sezioni Unite del 2008, ritenendosi lo stesso non in grado di ledere un diritto definito costituzionalmente inviolabile, così come, parimenti, avviene per la rottura del tacco della scarpa, l'errato taglio di capelli, il black out elettrico, fattispecie cui il pregiudizio in esame viene accomunato unitamente al danno riconducibile al maltrattamento di animali, pacificamente, peraltro, risarcibile quale danno collegato a fattispecie di reato .La giurisprudenza che si è pronunciata, successivamente, sul tema, permane dibattuta, anche in considerazione della oggettiva difficoltà ed umana di parificare il danno in esame con i disappunti ed i disagi ora riportati.Si segnalano, infatti, arresti nei quali ci si è allineati all'arresto delle Sezioni Unite Tribunale di Milano, 20 luglio 2010 , ed arresti che, seppur con argomentazioni diverse, se ne sono discostati Cassazione 25 febbraio 2009, numero 4493 Trib. Rovereto, 18 ottobre 2009 Giudice di Pace di Palermo .Considerazioni finali. La decisione che si annota, ritiene non sussistente una ingiustizia costituzionalmente qualificata collegabile al danno in esame tale da rendere, pertanto, lo stesso suscettibile di tutela, così condividendo, come già rilevato, il dictum delle Sezioni Unite.Il giudice campano, ha peraltro, evidenziato, seppur ad abundantiam , come nessun elemento sia stato allegato e provato da chi affermava la lesione, così non consentendo di contribuire alla erosione dell'equazione tratteggiata dalle Sezioni Unite quasi, implicitamente, a voler ammettere che, laddove l'attore avesse meglio circostanziato e supportato la domanda si sarebbe potuti giungere a diversa soluzione. Pur correttamente motivata, la decisione lascia con un poco di amaro in bocca, soprattutto in considerazione del fatto che, nella prospettiva comparatistica, l'Italia si pone quale uno dei pochi stati occidentali nei quali detta forma di pregiudizio viene considerata priva di tutela.

Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi, sentenza 12 gennaio 2011Giudice LevitaFatto e dirittoCon citazione ritualmente notificata, XXX conveniva in giudizio YYY onde ottenere il ristoro dei danni patrimoniali e morali subiti all'esito di un episodio occorso il 30.8.2007 in Guardia dei Lombardi verso le ore 11 40 circa, laddove il proprio cane volpino - utilizzato anche per pet therapy - era stato azzannato da due cani maremmani di proprietà della convenuta, lasciati incustoditi, per poi decedere il successivo 28.3.2008 il tutto, con vittoria delle spese di lite.Radicatosi il contraddittorio, si costituiva la convenuta, esponendo una diversa ricostruzione dei fatti, contestando la sussistenza del nesso causale fra l'asserita aggressione e la morte del volpino avvenuta dopo sette mesi e concludendo per il rigetto della domanda, con vittoria di spese.Espletata l'attività istruttoria mediante l'interrogatorio libero delle parti finalizzato alla conciliazione, questo Giudice disattendeva tutte le istanze istruttorie e rinviava all'odierna udienza per la discussione orale ex articolo 281-sexies c.p.c.La domanda è infondata e va rigettata, per le considerazioni che di seguito si espongono.Va preliminarmente evidenziato che, in ragione del criterio della ragione più liquida, la domanda può essere respinta sulla base di una questione assorbente pur se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre, essendo ciò suggerito dal principio di economia processuale e da esigenze di celerità anche costituzionalmente protette così, da ultimo, cfr. Trib. Piacenza, 28 ottobre 2010 sulle conseguenze di tale postulato in materia di giudicato implicito, cfr. Cass. Civ., 16 maggio 2006, numero 11356 .Il richiamo al primato della ragione più liquida si dimostra peraltro decisamente confacente alla luce del recente insegnamento della Suprema Corte, a mente del quale il rispetto del diritto fondamentale a una ragionevole durata del processo derivante dall'articolo 111, secondo comma, della Costituzione e dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali impone al giudice ai sensi degli articoli 127 e 175 c.p.c. di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo a una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, espresso dall'articolo 101 c.p.c. da effettive garanzie di difesa articolo 24 della Costituzione e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità articolo 111, secondo comma, della Costituzione , dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato a esplicare i suoi effetti così Cass. Civ., Sez. I, 9 giugno 2010, numero 13896 .Nel caso di specie, tale principio può trovare sicura applicazione in quanto, anche prescindendo dalla puntuale ricostruzione fattuale della vicenda sulla quale le parti avevano articolato le rispettive richieste istruttorie , le doglianze di parte attrice risultano comunque immeritevoli di accoglimento, per accertamento dell'inesistenza dei danni lamentati il che induce ad affermare, conseguentemente, la superfluità dell'accertamento del fatto costitutivo .Nella vicenda in esame, l'attrice ha infatti domandato il risarcimento dei danni patrimoniali derivanti dalla morte del proprio cane volpino quale conseguenza dell'aggressione asseritamente subita , senza tuttavia indicare in alcun modo la concreta misura del pregiudizio economico realmente subito, anzi limitandosi ad affermazioni di stile svuotate di un effettivo contenuto grave danno economico patrimoniale , si legge sic et simpliciter in citazione .Sul punto, questo Giudice condivide l'insegnamento di Cass. Civ., sez. II, 12 giugno 2008, numero 15814, che efficacemente evidenzia come, nell'attuale ordito normativo, il diritto al risarcimento del danno non rivesta natura punitiva, ma vada correlato alla prova del concreto pregiudizio economico asseritamente subito dal danneggiato. Sulla misura di tale pregiudizio, nondimeno, parte attrice nulla ha efficacemente dedotto ed argomentato, limitandosi ad una richiesta di consulenza tecnica veterinaria sul valore del cane che non può trovare ingresso nel presente giudizio, giacché chiaramente esplorativa, in assenza dell'acquisizione di qualsivoglia elemento utile quantomeno ad allegare la misura del danno patrimoniale subito cfr. sul punto la pacifica giurisprudenza di Cass. Civ., Sez. Lav., 17 luglio 2009, numero 16778 Cass. Civ., Sez. III, 13 marzo 2009, numero 6155 Cass. Civ., Sez. III, 5 luglio 2007, numero 15219 Cass. Civ., Sez. I, 2 maggio 2006, numero 10117 Cass. Civ., Sez. III, 14 febbraio 2006, numero 3191 Cass. Civ., Sez. II, 11 gennaio 2006, numero 212 La consulenza tecnica d'ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, con la conseguenza che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati .Tale argomento consente peraltro di prescindere da qualsivoglia considerazione sulla circostanza dell'avvenuto decesso del volpino a ben sette mesi di distanza dal momento dei fatti, senza che a tal fine possa rilevare la documentazione veterinaria prodotta dall'attrice nel corpo della quale il dott. ZZZ fa generico riferimento ad aderenze intestinali derivanti verosimilmente da morso di animali trattasi infatti di diagnosi laconica e generica, non corroborata da alcun elemento scientifico a sostegno, esposta in termini meramente probabilistici oltre che priva di qualsivoglia legame causale con i fatti dedotti in citazione, il che conferma la sostanziale esploratività della pretesa azionata in parte qua.Similmente, anche la doglianza di aver subito pregiudizi morali è rimasta a livello di mera asserzione, non suffragata da alcuna dimostrazione in tal senso in argomento, cfr. la traiettoria ermeneutica di Trib. Roma, 17 aprile 2002 .Sul punto, valgono le considerazioni esposte dalla recente giurisprudenza di legittimità in merito alla necessità di evitare che la sistematizzazione dei danni nelle categorie danno patrimoniale/non patrimoniale possa condurre ad ingiustificate moltiplicazioni risarcitorie ed infatti, quanto al danno esistenziale, il recente dictum delle Sezioni Unite numero 3677/2009 , cui questo Giudice ritiene di aderire, ha evidenziato che il danno c.d. esistenziale, non costituendo una categoria autonoma di pregiudizio, ma rientrando nel danno morale, non può essere liquidato separatamente solo perché diversamente denominato, restando assorbito dal risarcimento del danno morale in tutti i casi in cui quest'ultimo è ritenuto risarcibile cfr. altresì Cass. Civ., Sez. III, 17 settembre 2010, numero 19816 .Orbene, impostando un discorso unitario con riguardo ai pregiudizi non patrimoniali sul quale si rinvia alle illuminanti considerazioni di Cass. Civ., Sez. III, 19 febbraio 2009, numero 4053 , è noto che le Sezioni Unite, con quattro sentenze di contenuto identico numero 26972, 26973, 26974 e 26975 del 11 novembre 2008 , hanno proceduto ad una rilettura in chiave costituzionale del disposto dell'articolo 2059 c.c., ritenuto principio informatore del diritto da leggersi - non già come disciplina di un'autonoma fattispecie di illecito, produttiva di danno non patrimoniale, distinta da quella di cui all'articolo 2043 c.c. - bensì come norma che regola i limiti e le condizioni di risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali intesa come categoria omnicomprensiva, all'interno della quale non è possibile individuare, se non con funzione meramente descrittiva, ulteriori sottocategorie , sul presupposto dell'esistenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito richiesti dall'articolo 2043 c.c., e cioè la condotta illecita, l'ingiusta lesione di interessi tutelati dall'ordinamento, il nesso causale tra la prima e la seconda, la sussistenza di un concreto pregiudizio patito dal titolare dell'interesse leso sul punto, da ultimo, cfr. altresì Cass. Civ., Sez. Unumero , 19 agosto 2009, numero 18356 . In tale prospettiva la peculiarità del danno non patrimoniale viene individuata nella sua tipicità, avuto riguardo alla natura dell'articolo 2059 c.c., quale norma di rinvio ai casi previsti dalla legge e, quindi, ai fatti costituenti reato o agli altri fatti illeciti riconosciuti dal legislatore ordinario produttivi di tale tipo di danno ovvero ai diritti costituzionali inviolabili, presieduti dalla tutela minima risarcitoria, con la precisazione in quest'ultimo caso, che la rilevanza costituzionale deve riguardare l'interesse leso e non il pregiudizio conseguenzialmente sofferto e che la risarcibilità del pregiudizio non patrimoniale presuppone, altresì, che la lesione sia grave che superi cioè la soglia minima di tollerabilità, imposto dai doveri di solidarietà sociale e che il danno non sia futile vale a dire che non consista in meri disagi a fastidi o sia addirittura immaginario . Ciò precisato, ritiene questo Giudice che, nella specie, non sussista un'ingiustizia costituzionalmente qualificata, tanto che la perdita da animale d'affezione è stata proprio indicata in maniera esemplificativa, dalle Sezioni Unite, quale risibile prospettazione di pregiudizi suscettivi di alterare il modo di esistere delle persone, unitamente ad altre ipotesi pure ivi elencate la rottura del tacco di una scarpa da sposa, l'errato taglio di capelli, l'attesa stressante in aeroporto, il disservizio di un ufficio pubblico, l'invio di contravvenzioni illegittime, il maltrattamento di animali, il mancato godimento della partita di calcio per televisione determinato dal black-out elettrico va inoltre evidenziato ad abundantiam che, nella presente vicenda, l'attrice si è limitata a dedurre di aver utilizzato il proprio cane nell'ambito di una pet therapy con ciò lasciando sottintendere la sussistenza di un rapporto non solo affettivo ma anche terapeutico con la propria bestiola , senza tuttavia corroborare in alcun modo sul versante probatorio il proprio assunto, con ciò omettendo di contribuire - nel caso concreto - all'erosione dell' equazione tratteggiata dalle Sezioni Unite cfr. in merito anche Trib. Milano, Sez. V Civ., 20 luglio 2010, numero 9453 e Cass. Civ., Sez. III, 27 giugno 2007, numero 14846, secondo cui non è riconducibile ad alcuna categoria di danno non patrimoniale risarcibile la perdita, a seguito di un fatto illecito, di un cavallo indicato dalla parte come animale di affezione, in quanto essa non è qualificabile come danno esistenziale consequenziale alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente tutelata, non potendo essere sufficiente, a tal fine. la deduzione di un danno in re ipsa , con il generico riferimento alla perdita della qualità della vita .Né può condividersi il pur recente arresto di altra giurisprudenza di merito Trib. Rovereto, 18 ottobre 2009 , il quale predica una rimeditazione dei dicta delle Sezioni Unite elevando al rango di diritto inviolabile ex articolo 2 Cost. la tutela dell'animale d'affezione, sulla scorta dei recenti interventi novellistici su tutti, la legge numero 189/2004 tendenti ad assicurare speciale protezione agli animali mediante lo strumentario repressivo penalistico trattasi tuttavia - a sommesso avviso di questo Giudice - di argomentazione non persuasiva, laddove si pone sul medesimo piano il bene giuridico tutelato dal diritto penale il sentimento per gli animali , caratterizzato da una valenza oggettiva e superindividuale e la percezione della sofferenza correlata alla lesione della propria sfera personale civilisticamente rilevante di natura eminentemente soggettiva ed individuale .Sulla scorta delle considerazioni che precedono, la domanda va quindi rigettata.Non si ravvisano infine i presupposti per la condanna per responsabilità aggravata ex articolo 96 c.p.c., in assenza della prova della mala fede o della colpa grave alternativamente richieste dalla norma cfr. da ultimo Cass. Civ., Sez. III, 30 giugno 2010, numero 15629 La condanna per responsabilità processuale aggravata, per lite temeraria, quale sanzione dell'inosservanza del dovere di lealtà e probità cui ciascuna parte è tenuta, non può derivare dal solo fatto della prospettazione di tesi giuridiche riconosciute errate dal giudice, occorrendo che l'altra parte deduca e dimostri nell'indicato comportamento dell'avversario la ricorrenza del dolo o della colpa grave, nel senso della consapevolezza, o dell'ignoranza, derivante dal mancato uso di un minimo di diligenza, dell'infondatezza delle suddette tesi .Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, giusta la natura ed il valore della controversia, il rifiuto di addivenire ad una soluzione conciliativa pure caldeggiata da questo Giudice nel corso dell'istruttoria, nonché la fase di chiusura del processo, ed alla luce del principio di adeguatezza e proporzionalità che impone, peraltro, una costante ed effettiva relazione tra la materia del dibattito processuale e l'entità degli onorari per l'attività professionale svolta, assegnando la prevalenza del decisum sul disputatum Cass. Civ., Sez. Unumero , 11 settembre 2007, numero 19014 .Va evidenziato in proposito che il rimborso c.d. forfetario delle spese generali costituisce una componente delle spese giudiziali, la cui misura è predeterminata dalla legge, che spetta automaticamente al professionista difensore, anche in assenza di allegazione specifica e di apposita istanza, dovendosi, quest'ultima, ritenere implicita nella domanda di condanna al pagamento degli onorari giudiziali che incombe sulla parte soccombente Cass. Civ., Sez. III, 1 giugno 2010, numero 13433 Cass. Civ., Sez. III, 19 aprile 2010, numero 9192 Cass. Civ., Sez. III, 22 febbraio 2010, numero 4209 .P.Q.M.Il Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi, in composizione monocratica, in persona del Giudice unico dott. Luigi Levita, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede - rigetta la domanda - condanna l'attrice al pagamento delle spese processuali in favore della convenuta, che liquida in euro 1.000,00 per diritti ed euro 1.100,00 per onorari, oltre rimborso forfetario per spese generali, IVA e CPA come per legge.