Il condominio risponde dei danni causati dalla proprietà comune

Il condominio deve risarcire i danni subiti dalla singola unità immobiliare se scaturiti dalla rottura di una condotta idrica comune.

Ove i danni patiti dalla singola unità abitativa scaturiscano in parte da cattiva manutenzione del cespite ed in altra parte derivino dalla proprietà comune, la compagine condominiale sarà condannata a pagare la sola parte scaturente da sua responsabilità diretta. Il caso. All'interno di un condominio si rompeva una tubatura d'acqua con conseguente allagamento di un immobile privato sito all'interno dello stabile. Il condomino danneggiato introduceva due distinti giudizi uno di cognizione - volto ad accertare e liquidare i danni causati ai beni mobili nonché all'attività commerciale svolta - ed un procedimento sommario d'ingiunzione volto ad ottenere la condanna del condominio al pagamento dei danni subiti dall'immobile. Il decreto ingiuntivo veniva opposto con conseguente attivazione del giudizio di cognizione. I due giudizi di cognizione venivano riuniti. Il condominio conveniva in giudizio la compagnia assicurativa - con cui aveva stipulato polizza a copertura di eventuali rischi - affinché lo manlevasse. Il Tribunale, confermava il decreto ingiuntivo, accoglieva la domanda del condomino danneggiato e condannava la compagnia assicurativa a manlevare il condominio solo per una quota dei danni arrecati al singolo. La Corte d'appello, riformando la sentenza di primo grado, riduceva voci ed importo di danni liquidati, inoltre, rilevava che i danni erano qualificabili genericamente come danni involontari a terzi per i quali la polizza assicurativa prevedeva copertura totale, quindi, condannava la società di assicurazione a manlevare, senza alcuna esclusione, il condominio. Per quanto di interesse, la Corte territoriale, decideva la riduzione dell'importo liquidato, rilevando che una parte dei danni subiti dal condomino erano ascrivibili al medesimo attore che aveva eseguito inappropriati lavori di ristrutturazione, tali da produrre umidità di risalita che, indipendentemente dalla rottura della tubatura, avevano danneggiato il cespite. La compagnia di assicurazione proponeva ricorso per cassazione, resistevano sia il condominio sia il condomino. Il danno da interruzione dell'attività lavorativa veniva liquidato dalla Corte territoriale in via equitativa. Detto tipo di valutazione veniva contestato tanto da parte attrice quanto da parte convenuta. La S.C. ha osservato che la scelta logica e giuridica operata dalla corte territoriale è corretta. Infatti il giudice di appello, prima individuava causa e consistenza dei danni rottura della tubatura ed umidità di risalita , dopo, chiariva che erano di difficile quantificazione, pertanto, applicava una liquidazione equitativa che teneva conto del danno emergente lavori di ripristino e del lucro cessante. Detta ultima voce, per espressa indicazione, comprendeva il danno da interruzione dell'attività lavorativa calcolato tenendo conto dei giorni di interruzione, del fatturato prodotto e della dichiarazione dei redditi del condomino danneggiato. Sotto questo profilo la Cassazione ha rilevato che, in assenza di espressa contestazione, prudenzialmente, non erano stati liquidati i maggiori danni derivanti da perdita e/o insoddisfazione della clientela. Sul punto Cass. numero 17677/2009 - La liquidazione equitativa del danno patrimoniale, ai sensi degli articolo 2056 e 1226 c.c., richiede comunque la prova, anche presuntiva, circa la certezza della sua reale esistenza, prova in difetto della quale non vi è spazio per alcuna forma di attribuzione patrimoniale. Occorre pertanto che dagli atti risultino elementi oggettivi di carattere lesivo, la cui proiezione futura nella sfera patrimoniale del soggetto sia certa, e che si traducano in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, che non sia meramente potenziale o possibile, ma che appaia invece - anche semplicemente in considerazione dell' id quod plerumque accidit - connesso all'illecito in termini di certezza o, almeno, con un grado di elevata probabilità. Il danno emergente, sostiene parte attrice, doveva essere attribuito, così come deciso in primo grado, interamente al condominio. Anche sotto questo profilo la S.C. conferma la sentenza del giudice d'appello rilevando che la scelta di scindere in due parti le cause dei danni e conseguenti responsabilità oltre ad essere legittima è correttamente motivata. La Corte d'appello, infatti, riteneva che i danni arrecati al cespite derivavano in parte dalla rottura della condotta ed in altra parte dalla umidità di risalita propria dell'immobile, dunque, anche la liquidazione dei danni doveva rispecchiare tale ripartizione. Polizza assicurativa e clausola generica. La contesa tra condominio assicurato e compagnia assicuratrice verteva sulla applicazione della clausola generica di copertura o sulla clausola specifica di esclusione di responsabilità. La prima prevedeva, senza alcuna limitazione, la copertura di tutti i danni involontariamente causati a terzi, mentre, la seconda e diversa clausola escludeva la responsabilità del'assicurazione per il lucro cessante derivante dalla mancata disponibilità del cespite. Il giudice di merito aveva deciso la questione applicando la prima clausola. La S.C. ha rilevato, ancora una volta, legittimità e corretta motivazione della decisione assunta dal giudice d'appello. Infatti, la corte territoriale ha risolto la questione interpretando la polizza e ritenendo che al caso di specie dovesse applicarsi l'interpretazione-copertura più ampia. Ad ulteriore sostegno di tale assunto, osserva la S.C., la compagnia di assicurazione non ha impugnato o contestato in alcun modo l'interpretazione proposta dal giudice limitandosi a chiedere l'applicazione della clausola a se più favorevole. Detta scelta difensiva è stata rigettata nel giudizio di merito mentre, così come formulata, deve ritenersi improponibile nella fase processuale di legittimità. Per quanto sin qui richiamato, la Cassazione ha respinto tutti i motivi di ricorso e controricorso, così confermando la pronuncia del giudice di secondo grado.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 aprile – 16 maggio 2013, numero 11968 Presidente Uccella – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. La S.C. Studio s.r.l. otteneva decreto ingiuntivo per L. 39.044.790, oltre Iva e spese legali, a titolo di risarcimento dei danni cagionati ai propri locali, siti nel Condominio di omissis , da infiltrazioni d'acqua provocate, nel luglio 1993, dalla rottura di una tubatura condominiale. L'ingiunto Condominio di omissis proponeva opposizione al provvedimento monitorio, contestandone l'ammontare, e chiamava in causa la compagnia assicuratrice RAS - Riunione Adriatica di Sicurtà S.p.A., dalla quale pretendeva di essere manlevato di quanto tenuto a pagare alla società ingiungente. Quest'ultima si costituiva in giudizio chiedendo la provvisoria esecuzione del decreto che veniva concessa , mentre la RAS ne contestava la validità per mancanza di prova scritta ed eccepiva che la polizza assicurativa copriva soltanto i danni derivati dalla rottura accidentale della tubatura e non già quelli da stillicidio protrattosi da almeno un anno. 2. - La S.C. Studio s.r.l. intentava, poi, distinto giudizio civile per sentir condannare il Condominio di omissis al risarcimento dei danni nella misura di lire 6.233.200 asseritamente cagionati dalle anzidette infiltrazioni d'acqua alle cose mobili presenti nei locali di sua proprietà, nonché di quelli patiti nella misura di L. 49.411.950 per l'interruzione dell'attività commerciale a causa dei lavori di ripristino per inagibilità dei locali medesimi. Il Condominio convenuto contestava la fondatezza della domanda e, comunque, chiamava in causa a titolo di manleva la RAS S.p.A., la quale si costituiva in giudizio eccependo l'inoperatività della polizza per i danni lamentati dalla società attrice. 3. - Riunite le cause, disposta ed espletata consulenza tecnica d'ufficio, assunto a chiarimenti il c.t.u. ed espletata prova testimoniale, il Tribunale di Milano confermava il decreto ingiuntivo opposto, condannava il Condominio di omissis all'ulteriore pagamento, a titolo risarcitorio, della somma di Euro 25.841,93 in favore della S.C. Studio s.r.l., nonché la RAS S.p.A. al rimborso in favore del Condominio di Euro 20.624,10. 4. - Avverso tale decisione interponeva gravame il Condominio di omissis , di cui l'appellata S.C. Studio s.r.l. contestava la fondatezza la RAS. S.p.A. proponeva invece appello incidentale, chiedendo di limitare la garanzia in favore del Condominio alla più ridotta misura corrispondente alla responsabilità di quest'ultimo , come accertata dal c.t.u. e nei limiti di operatività della polizza, concernente i soli danni da responsabilità civile. 4.1. - Con sentenza resa pubblica il 24 agosto 2006, la Corte di appello di Milano revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava il Condominio di omissis al risarcimento danni in favore della S.C. Studio s.r.l., per la rottura della tubazione condominiale , nella somma di Euro 13.108,71, oltre al risarcimento dei danni ulteriori pari ad Euro 25.841,93 condannava la RAS - Riunione Adriatica di Sicurtà S.p.A. a tenere manlevato e indenne il Condominio di quanto quest'ultimo abbia corrisposto o dovrà corrispondere alla S.C. Studio s.r.l. a qualunque titolo in forza della presente decisione . Per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte territoriale ascriveva la verificazione dei danni al seminterrato di proprietà della società S.C. Studio sia alla rottura della tubazione condominiale sia all'umidità ascendente , quest'ultima causa imputabile alla stessa società, per aver essa, a suo tempo, realizzato lavori di ristrutturazione dell'immobile in modo inidoneo, alla stregua di quanto era da evincersi dalla espletata c.t.u. e dalle altre relazioni peritali in atti. Il Condominio era, dunque, tenuto a rispondere della sola rottura della tubazione condominiale, la cui incidenza causale sui danni lamentati dalla società non poteva essere circoscritta al solo 20% indicato dal c.t.u., posto che ciò contrastava non solo con quanto evidenziato dalle perizie di parte, ma anche con elementi obiettivi, come il sollevamento del pavimento di circa cm. 50 in soli 15 giorni dalla rottura della tubazione, quale fenomeno che non poteva ascriversi all'umidità ascendente che da anni non aveva prodotto sollevamenti, e che comunque non l'ha prodotto nel resto della pavimentazione . Ai fini della quantificazione dei danni il giudice di secondo grado faceva riferimento ai lavori effettuati e al loro costo come esposti dall'Ing. G F. , incaricato dal Condominio alla verifica dei danni subiti dalla società S.C. Studio, da cui aveva ricevuto mandato unitamente all'incarico, accettato, di direttore dei lavori . Quanto, poi, al danno da interruzione dell'attività lavorativa per inagibilità totale per giorni 28 e parziale per giorni 90 al 20% dei locali, la Corte territoriale lo riteneva esistente, stante l'attività commerciale svolta dalla società , ma suscettibile di valutazione equitativa, in forza del fatturato dell'anno 1992 e della relativa dichiarazione dei redditi. Il giudice di appello poneva, poi, a carico della RAS S.p.A. il rimborso di tutte le somme dovute dal Condominio alla società S.C. Studio, senza alcuna riduzione, giacché la fattispecie diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale era regolata dal settore C della polizza di responsabilità civile, per danno involontariamente cagionato a terzi , richiamato dall'articolo 17 delle condizioni generali di assicurazione, che non prevede, nella sua regolamentazione, alcuna limitazione quantitativa dell'indennizzo . 5. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre la RAS -Riunione Adriatica di Sicurtà S.p.A., affidando le sorti dell'impugnazione a due articolati motivi, illustrati da memoria. Resistono con controricorso la S.C. Studio s.r.l., proponendo a sua volta ricorso incidentale sulla base di tre motivi, e il Condominio di omissis , che ha proposto altresì ricorso incidentale sulla base di un unico motivo, al quale resiste con controricorso la S.C. Studio s.r.l Considerato in diritto 1. - In forza dell'articolo 335 cod. proc. civ., vanno riunite le distinte impugnazioni proposte avverso la medesima sentenza. 2. - Con il primo mezzo del ricorso principale della RAS, assistito da quesito ex articolo 366-bis cod. proc. civ., è denunciata violazione e falsa applicazione dell'articolo 1226 cod. civ., in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., nonché omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ Ci si duole del capo di sentenza relativo alla liquidazione, in via equitativa, del danno per interruzione dell'attività lavorativa della società S.C. Studio, confermativo della statuizione di primo grado, censurata con specifico motivo di appello del Condominio, al quale la RAS assume di aver prestato formale e sostanziale adesione , con la propria comparsa di costituzione e risposta. In particolare, la ricorrente principale si lamenta unicamente della palese inadeguatezza e illogicità dei criteri adoperati nel procedimento di liquidazione . In primo luogo del fatturato della società, quale dato assolutamente neutro al fine di individuare il danno derivato dalla momentanea sospensione dell'attività commerciale , essendo in esso ricompresi i costi di produzione di detta attività, che, nel caso di sospensione, non sono sostenuti. Sicché, il danno avrebbe dovuto essere parametrato alla redditività dell'attività commerciale , ma non già come operato dal Tribunale, che aveva confuso i ricavi col reddito , siccome tratto in inganno dal fatto che la controparte ha prodotto il mod. 760 del 1992 e ha dichiarato un fatturato annuo di L. 392.331.000 . Inoltre, il giudice di appello ha errato nel moltiplicare il preteso danno giornaliero , quale frazione del fatturato annuo, per i giorni impiegati per la ristrutturazione, non considerando però che siffatto intervento è stato eseguito anche e soprattutto per rimediare ai fenomeni di risalita dell'umidità, rispetto ai quali il Condominio è stato dichiarato esente da ogni responsabilità , con conseguente necessità di scorporare il tempo necessario per l'esecuzione di detti ultimi lavori. Ed infine è censurata la sentenza impugnata là dove ha mancato di considerare la inidoneità di una chiusura limitata al periodo estivo a produrre un danno a carico della società , cosi come emergeva dalle deposizioni testimoniali. Peraltro, la Corte territoriale avrebbe dovuto tener conto delle risultanze dei bilanci societari relativi agli anni dal 1992 al 1994, che dimostravano l'inesistenza di un decremento del reddito. 3. - Con il secondo mezzo dello stesso ricorso, assistito da quesiti ex articolo 366-bis cod. proc. civ., è prospettata omessa pronuncia su un motivo di appello costituente error in procedendo e violazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360, numero 4, c.p.c. e, in subordine, vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ La RAS S.p.A. assume di aver censurato la decisione di primo grado là dove aveva ravvisato la garanzia di essa compagnia di assicurazioni in favore del Condominio anche per i danni da indisponibilità dei locali della società e ciò in base all'argomento per cui detto danno rientrava nella lettera B delle condizioni di polizza e non era, pertanto, risarcibile perché l'assicurazione non era stata stipulata in relazione a tale rischi. Tale eccezione, sostiene la ricorrente principale, non sarebbe stata esaminata dalla Corte territoriale, la quale si sarebbe limitata, inconferentemente, a motivare sulla applicabilità della polizza ai sensi del suo settore C, che non prevedeva alcuna limitazione quantitativa dell'indennizzo. 4. - Con il primo ed unico motivo del ricorso incidentale del Condominio di omissis , assistito da quesiti ex articolo 366-bis cod. proc. civ., è denunciata la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1226 cod. civ., in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3, e od. proc. civ., nonché omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ Il Condominio contesta la sentenza impugnata anzitutto là dove ha ritenuto certo il danno lamentato dalla società per l'inagibilità dei locali, posto che i testi escussi avevano evidenziato che tale inagibilità vi era stata solo nel mese di agosto, in cui l'attività commerciale era ferma per ferie. Inoltre, la Corte territoriale avrebbe considerato, ai fini della liquidazione del danno, il fatturato della società, quale dato inidoneo allo scopo, non tenendo conto poi del fatto che i lavori di ristrutturazione avevano riguardato anche opere di rimedio all'umidità, per la quale non vi era responsabilità del Condominio, e mancando di valutare i bilanci societari, dai quali emergeva l'insussistenza di qualsiasi decremento dei ricavi nell'anno dell'evento dannoso rispetto all'anno precedente e successivo. 5. - Il primo mezzo del ricorso della RAS S.p.A. ed il primo ed unico mezzo del ricorso del Condominio di omissis , che prospettano le medesime doglianze in ordine alla liquidazione equitativa del danno patrimoniale, vanno congiuntamente esaminati, con la precisazione che il mezzo della RAS S.p.A. si presenta, però, come motivo di impugnazione incidentale adesiva rispetto a quella del Condominio parte adiuvata, il cui ricorso è da intendersi come principale e tale, pertanto, da rendere ammissibile la censura mossa dalla RAS alla sentenza impugnata sotto lo specifico profilo in esame in tale prospettiva, tra le altre, Cass. 10 agosto 2007, numero 17644 . Ciò in quanto, alla stregua dell'orientamento prevalente di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità Cass., 16 dicembre 1992, numero 13265 Cass., 18 ottobre 2001, numero 12747 Cass., 13 maggio 2009, numero 11055 Cass., 21 aprile 2010, numero 9439 Cass., 15 marzo 2013, numero 6659 , la causa di garanzia impropria è scindibile e indipendente rispetto alla causa principale tra attore e convenuto nella specie, la causa di garanzia impropria tra Condominio e RAS, convenuta in giudizio a titolo di manleva, in base ad un titolo, contrattuale, diverso da quello, extracontrattuale, che fonda la causa principale tra la società S.C. Studio e lo stesso Condominio , salvo che il chiamato non si sia limitato a contrastare la domanda di manleva, ma abbia contestato anche l'obbligazione principale e cioè il titolo del rapporto principale, in quanto antefatto e presupposto della garanzia azionata. Sicché, realizzandosi in tale ultima ipotesi una situazione di pregiudizialità-dipendenza tra cause che da luogo a litisconsorzio processuale in fase di impugnazione, il chiamato in garanzia può impugnare autonomamente le statuizioni che attengono all'esistenza, validità ed efficacia del rapporto principale in quanto, per l'appunto, presupposto del rapporto subordinato di garanzia, ma non già aspetti ulteriori e diversi relativi allo stesso rapporto principale come, tra gli altri e in particolare, la liquidazione del danno , rispetto ai quali il vincolo di subordinazione della causa accessoria non determina più l'interdipendenze tra le due cause, che restano scindibili e diverse. Ne consegue che, in tale ultima evenienza, l'impugnazione del chiamato può ritenersi ammissibile solo ove sussista come nel caso di specie analoga impugnazione del soccombente nella causa principale, rispetto alla quale si viene, quindi, a configurare come impugnazione adesiva dipendente. 5.1. - Il motivo di censura proposto dal Condominio è infondato, per la parte in cui non è ammissibile, e, con esso, cade anche il primo mezzo del ricorso della RAS, che è adesivo rispetto alla medesima doglianza. La Corte territoriale, con statuizione rimasta esente da censure, ha riconosciuto responsabile il Condominio di omissis della rottura della tubazione condominiale e non già della umidità ascendente presente nei locali della società attrice , liquidando anzitutto il danno derivato alla S.C. Studio s.r.l. per la rimessione in pristino stato dell'immobile di sua proprietà. A tale voce di danno si è aggiunta quella per la interruzione dell'attività lavorativa per inagibilità totale per giorni 28 e parziale per giorni 90 al 20% dei locali , che il giudice di appello ha ritenuto costituire un pregiudizio certo nella sua esistenza, stante l'attività commerciale svolta dalla società , ma difficile da provarsi e valutarsi nel suo preciso ammontare , e dunque, suscettibile di valutazione equitativa. Siffatta valutazione è stata operata in base all'esame della denunzia dei redditi prodotta , al fatturato della società ed al periodo estivo dell'interruzione , cosi da reputare equa la richiesta della S.C. Studio S.r.l. basata su un calcolo matematico £ 392.331.000 pari al fatturato dell'anno 1992 della società 365 = L. 1.074.825 pari al fatturato giornaliero, x 46 periodo di inagibilità = £ 49.441.950 , senza, altresì, contemplare maggiori danni da attribuirsi a perdita o insoddisfazione della clientela . La Corte territoriale si è quindi attenuta al principio per cui, in sede di liquidazione equitativa del lucro cessante, ai sensi degli articolo 2056 e 1226 cod. civ., ciò che necessariamente si richiede è la prova, anche presuntiva, circa la certezza della sua reale esistenza, prova in difetto della quale non vi è spazio per alcuna forma di attribuzione patrimoniale, mentre il giudizio di equità attiene solo all'entità del pregiudizio medesimo, in considerazione dell'impossibilità o della grande difficoltà di dimostrarne la misura tra le altre, Cass., 11 maggio 2010, numero 11353 Cass., 29 luglio 2009, numero 17677 Cass., 11 novembre 1996, numero 9835 . Le doglianze dei ricorrenti non sono tali, dunque, da scardinare l'anzidetta complessiva delibazione della Corte territoriale, mancando anzitutto, e decisivamente, di aggredire in modo adeguato l'apprezzamento sulla sussistenza in concreto del danno riconosciuto alla società S.C. Studio, contestato in base a fatti chiusura ordinaria dei locali societari nel mese di agosto anche negli anni precedenti all'evento dannoso e inagibilità dei locali medesimi esclusivamente per il mese di agosto che non solo fondano una ricognizione della vicenda alternativa a quella fornita dal giudice del merito, ma che, in parte, sono anche veicolati senza rispettare il principio di specificità del ricorso per cassazione, di cui è corollario il principio di autosufficienza e ciò, segnatamente, quanto ai contenuti delle testimonianze evocate, là dove, peraltro, la Corte territoriale ha formato il proprio convincimento anche in forza dell'esame dei testi, dando preferenza ad una determinata deposizione . Né sono riscontrabili le dedotte insufficienze o aporie motivazionali in ordine alla valutazione eminentemente equitativa del danno, giacché il convincimento del giudice di appello, una volta affermatasi l'esistenza del pregiudizio nella sua concretezza, si fonda su una delibazione complessiva di una pluralità di elementi non isolatamente considerati, ma dei quali si da comunque conto nel loro combinarsi, in concorso anche con la prudenziale esclusione del pregiudizio da perdita e/o insoddisfazione della clientela, nonché con la ritenuta incidenza attenuata dei danni da umidità ascendente . Per il resto le censure si risolvono in una non consentita richiesta di rivalutazione delle emergenze processuali al fine di conseguirne una lettura favorevole agli interessati, ma diversa da quella fornita dal giudice di merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova stessa tra le altre, Cass., sez. lav., 26 marzo 2010, numero 7394 Cass., sez. lav., 6 marzo 2008, numero 6064 . 6. - Il secondo mezzo del ricorso della RAS S.p.A. non può trovare accoglimento. La Corte territoriale ha ritenuto sussistente, in capo alla RAS, l'obbligo di tenere indenne il Condominio per tutte le somme da quest'ultimo dovute alla società attrice, senza riduzione alcuna, sul presupposto che la fattispecie che veniva in rilievo era regolata dal settore C della polizza contrattuale di responsabilità civile, disciplinante i rapporti tra il Condominio e la compagnia di assicurazione, relativa al danno involontariamente cagionato a terzi , richiamato dall'articolo 17 delle condizioni generali di assicurazione, che non prevede, nella sua regolamentazione, alcuna limitazione quantitativa dell'indennizzo . Sicché, il giudice di appello ha espressamente deciso in ordine all'ambito di operatività della polizza assicurativa, siccome oggetto dell'appello incidentale della RAS, reputando, per l'appunto, che spiegasse effetto un determinato settore della polizza assicurativa l'anzidetto settore C, concernente la responsabilità civile per danni involontariamente cagionati da terzi . Dunque, non è apprezzabile alcuna omessa pronuncia da parte della Corte territoriale, ma semmai una determinata esegesi della portata del contratto di assicurazione, pertinente all'esercizio dei poteri del giudice di merito, la quale, di per sé, non viene fatta oggetto della doglianza posto che nel motivo non si deducono vizi di interpretazione negoziale sulla scorta del malgoverno dei criteri di ermeneutica contrattuale e che, in ogni caso, avrebbe dovuto essere supportata come, in realtà, non lo è dal complessivo testo contrattuale interpretato, per dar modo a questa Corte di poter valutare, ove effettivamente addotte, le eventuali aporie o carenze della motivazione. 7. - Venendo, quindi, al ricorso incidentale della S.C. Studio s.r.l., con il primo mezzo è denunciato vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ. in relazione alla quantificazione dei danni. La Corte territoriale, in riferimento alla quantificazione dei danni materiali in favore di essa società, avrebbe reso una motivazione insufficiente e contraddittoria là dove ha affermato che erroneamente il Tribunale ha ritenuto responsabile il Condominio dei danni provocati dall'umidità ponendoli a carico dello stesso stante la difficoltà a separare i lavori dovuti all'umidità creata dalla fuoriuscita di acqua dalla tubazione rotta da quelli eseguiti a causa dell'umidità, già presente nei locali , altresì mancando di valutare con attenzione la relazione tecnica dello Studio STEI che cita . In chiusura del motivo sono precisati i seguenti fatti controversi ai sensi dell'articolo 366-bis cod. proc. civ. a il fatto che la Corte d'Appello abbia attribuito al Giudice di Prime Cure una pronunzia che non gli appartiene ossia .secondo la Corte erroneamente il Tribunale ha ritenuto responsabile il Condominio dei danni provocati dall'umidità ponendoli a carico dello stesso stante la difficoltà a separare i lavori dovuti all'umidità creata dalla fuoriuscita di acqua dalla tubazione rotta da quelli eseguiti a causa dell'umidità, già presente nei locali .pagina 11 della Sentenza di Secondo Grado b il fatto che la Corte d'Appello pur avendo citato la relazione della società STEI non ha considerato quanto la stessa riferisce circa la responsabilità per l'umidità ascendente . 7.1. - Il motivo è inammissibile. Esso, infatti, oltre ad essere assistito da quesiti inidonei rispetto al paradigma legale, di cui all'articolo 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis in quanto la sentenza impugnata è stata resa pubblica il 24 agosto 2006 norma che, quanto al vizio di motivazione, richiede l'enucleazione di una sintesi ricostruttiva dalla quale emerga con chiarezza non solo il fatto controverso , ma anche le ragioni per le quali la dedotta insufficienza o contraddittorietà della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione ciò che, nella specie, è carente, unitamente alla complessiva chiarezza dei quesiti stessi , stenta a cogliere la complessiva ratio decidendi della sentenza impugnata, alla muove una doglianza dai contorni opachi. La decisione assunta dalla Corte territoriale non si presta, infatti, ad equivoci nella suddivisione dei pregiudizi imputabili al Condominio, da quelli ad esso non ascrivibili, e nella ripartizione della varie voci di danno oggetto di liquidazione. Sicché, la doglianza della società ricorrente si sarebbe dovuta semmai appuntare su tale specifico percorso motivazionale, proprio della sentenza oggetto di impugnazione, e non già porre a confronto le pronunce dei due gradi di merito ed aggredire le argomentazioni della decisione di gravame in quanto divergenti da quelle della sentenza di primo grado. 8. - Con il secondo mezzo dello stesso ricorso incidentale è dedotta, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'articolo 91 cod. proc. civ., in relazione al pagamento dell'Iva. Sarebbe errata la decisione della Corte territoriale là dove ha escluso la corresponsione dell'IVA sulle spese legali liquidate in favore di essa società, in quanto imprenditore commerciale, posto che trattasi di somma per cui la società è tenuta nei confronti del proprio difensore. Viene quindi formulato il seguente quesito di diritto Accerti la Corte se vi è stata falsa applicazione dell'articolo 91 codice di procedura civile . 9. - Con il terzo mezzo del medesimo ricorso è prospettata violazione e falsa applicazione dell'articolo 91 cod. proc. civ. e dell'articolo 15 d.m. numero 585 del 1994, in riferimento al rimborso spese generali . Avrebbe errato la Corte territoriale nel ritenere non dovute ad essa società le spese generali di cui all'articolo 15 del citato d.m. sul presupposto che tali spese, pur se richieste in nota, non sono state liquidate in sentenza e deve escludersi che la condanna alle spese si estenda anche a tale somma non liquidata e non compresa nel titolo . Tale statuizione sarebbe in evidente contrasto con l'articolo 91 cod. proc. civ., che contempla anche il rimborso delle spese generali. Viene quindi formulato il seguente quesito di diritto Accerti la Corte se vi è stata falsa applicazione dell'articolo 91 codice di procedura civile . 10. - Entrambi gli anzidetti motivi secondo e terzo sono inammissibili. Alla luce del diritto vivente tra le tante Cass., sez. unumero , 5 febbraio 2008, numero 2658 Cass., 17 luglio 2008, numero 19769 Cass., 30 settembre 2008, numero 24339 Cass., 25 marzo 2009, numero 7197 Cass., 8 novembre 2010, numero 22704 , il quesito di diritto imposto dall'articolo 366-bis cod. proc. civ. va formulato in modo tale da esplicitare una sintesi logico-giuridica della questione, cosi da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regala iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata in altri termini, esso deve compendiare a la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito siccome da questi ritenuti per veri, altrimenti mancando la critica di pertinenza alla ratlo decidendl della sentenza impugnata b la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice c la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Sicché, il quesito non deve risolversi in un'enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi altresì desumere il quesito stesso dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo Cass., sez. unumero , 11 marzo 2008, numero 6420 . Ciò in quanto il quesito di diritto, congegnato in una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità, risponde, al tempo stesso, all'esigenza dello ius litigatoris - e cioè di soddisfare l'interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata - e della funzione nomofilattica assegnata alla Corte di Cassazione, così da rappresentare, quindi, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l'enunciazione del principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata, e quindi non ammissibile, l'investitura stessa del giudice di legittimità così Cass., 9 maggio 2008, numero 11535 . Tanto premesso, risulta di tutta evidenza come i quesiti di diritto presenti nei motivi di ricorso in esame non rispondano ai requisiti e criteri anzidetti, risolvendosi in una mera richiesta di verifica sulla eventuale esistenza di un errore di diritto formulata in modo apodittico, senza aggancio alcuno alla fattispecie controversa, né alla decisione resa dalla sentenza impugnata. 11. - Vanno, dunque, rigettati i ricorsi della RAS e del Condominio di omissis , mentre va dichiarato inammissibile quello della società S.C. Studio s.r.l In ragione della reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio di legittimità devono essere interamente compensate tra tutte le parti. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi rigetta il ricorso della RAS - Riunione Adriatica di Sicurtà S.p.A., nonché quello del Condominio di omissis e dichiara inammissibile il ricorso della S.C. Studio s.r.l., compensando