Inoltre, anche le sanzioni sostitutive ex l. numero 689/1981 sono norme sostanziali, se vengono modificate si applica l’articolo 2 c.p
Due imputati per peculato e truffa ai danni dello Stato ricorrono avverso le sentenze sfavorevoli di merito che avevano accertato l’utilizzo improprio di un mezzo di proprietà di una ASL locale. In particolare contestano l’utilizzo temporaneo ed inoffensivo – per le finanze pubbliche – del mezzo di proprietà dell’azienda sanitaria e l’errato ragguaglio della pena detentiva ai fini della conversione in pena pecuniaria ex articolo 53, l. numero 689/1981. La Cassazione, VI sezione Penale, numero 16092 depositata il 27 aprile scorso, conferma la condanna in punto di peculato ma ridetermina la pena ritenendo che la norma sul ragguaglio fra pena detentiva e pecuniaria, modificata più gravosamente per l’imputato solo successivamente al fatto di reato, vada applicata solo per gli effetti sanzionatori più favorevoli per il condannato, ai sensi dell’articolo 2 c.p. Il peculato d’uso è tale quando determina una lesione alle finanze pubbliche. La Cassazione conferma un’ormai generalizzato orientamento in ordine alla sussistenza del reato di peculato occorre che l’utilizzo improprio si sia protratto per un tempo considerevole e che abbia determinato una dissipazione delle risorse rivolte al soddisfacimento dei bisogni istituzionali. Il peculato è dunque reato la cui offensività va verificata nelle specificità di tempo e di luogo dei fatto oggetto di accertamento e si verifica quando, congiuntamente, sia stata illo tempore lesa la funzionalità della pubblica amministrazione – nella rude concretezza delle disattese incombenze istituzionali – e quell’utilizzo abbia comportato la dispersione patrimonialmente rilevante delle risorse finanziarie pubbliche. Si pongono tuttavia alcune criticità. Ad esempio, in taluni casi – si pensi all’uso indebito di autovetture - , qualsiasi utilizzo della cosa pubblica determina una lesione rilevante delle finanze statali, il che sembrerebbe prospettare una integrazione in re ipsa del reato invece scongiurata dalla Cassazione. In altri casi il medesimo utilizzo può comunque far venir meno la disponibilità di quel bene per eventuali incombenze istituzionali, seppur queste non si siano rivelate impellenti o necessitate. Insomma, sebbene la Cassazione ritenga comunque integrata la fattispecie nel caso specifico e confermi dunque quell’orientamento offensivamente orientato del reato di peculato, non riesce tuttavia a superare quelle criticità che emergono dal rapporto fra la verifica della lesione delle finanze rivolte alle finalità istituzionali con alcuni status di spesa pubblica – ad esempio quelle, costanti ed elargite per la sola ‘disponibilità’ all’esercizio delle funzioni, dovute a stipendi ed emolumenti ai pubblici dipendenti -. Le sanzioni sostitutive di pene brevi sono norme sostanziali, anche in caso di modifica normativa indiretta va applicato il regime sanzionatorio più favorevole. Il fatto di reato era rubricabile nell’anno 2003. La legge numero 94/2009 ha modificato l’articolo 135 c.p. – prevedente il ragguaglio fra pene pecuniarie e detentive, anche per gli effetti di cui alla «conversione a pena pecuniaria per le pene detentive brevi» ex articolo 53, l. numero 689/1981 -, innalzando il valore monetario – da 38 a 250 euro - per ogni unità giornaliera di detenzione. L’articolo 53 cit. va considerato, per la Cassazione discorde con il giudice di merito, norma di diritto penale sostanziale in quanto fornisce una valutazione sopravvenuta del fatto di reato, seppur agisca non sugli elementi che integrano la fattispecie tipica, bensì sulla valutazione che la legge pone, ad ogni effetto penale, quando determina la sanzione seguente alla verifica processuale. L’articolo 53 cit. non costituisce dunque norma esecutiva atta a regolare il regime afflittivo seguente alla irrogazione della sanzione, in quanto tale ispirata dai distinti principi ordinamentali sul valore e sulle finalità rieducativa della pena ex articolo 27 Cost Siccome norma sostanziale non si sottrae all’area di applicazione dell’articolo 2 c.p. se interviene una modifica indiretta del regime normativo che la regola occorrerà indagare l’effetto più favorevole per l’imputato condannato e, di seguito, determinare l’applicazione del regime precedente o susseguente la modifica normativa del 2009.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 – 27 aprile 2012, numero 16092 Presidente Di Virginio – Relatore Gramendola Osserva in fatto e diritto Con sentenza in data 17/5/2004 il G.U.P. del Tribunale di Chieti dichiarava D.E. e M.D. colpevoli dei reati di concorso in peculato e truffa aggravata in danno dell'ASL di XXXXXX e li condannava alla pena di mesi due giorni venti di reclusione e Euro 800,00 di multa ciascuno, oltre al risarcimento del danno alla costituita parte civile. Si addebitava ai predetti di essersi, in concorso tra loro e quali operatori sanitari del servizio 118 presso la predetta ASL, appropriati momentaneamente dell'ambulanza, di cui avevano la disponibilità per ragioni di servizio, per recarsi in una località diversa da quella istituzionale, e partecipare al matrimonio di un collega, nonché di avere riscosso l'intera retribuzione giornaliera, anche per l'attività lavorativa non prestata. A seguito di gravame degli imputati la Corte di Appello dell'Aquila con sentenza in data 24/9/2009 in parziale riforma della sentenza impugnata assolveva entrambi gli imputati, perché il fatto non sussiste, dal reato di truffa rideterminava la pena per il residuo reato di peculato, in concorso anche dell'attenuante di cui all'articolo 323 bis cp., in mesi uno giorni venticinque di reclusione, convertiti in Euro 13.750,00 di multa ciascuno giorni 55x250 ex articolo 135 cp riduceva a Euro 1.000,00 per ciascuno di essi l'importo liquidato a titolo di risarcimento del danno alla parte civile, liquidando le ulteriori spese del grado e confermava nel resto. In motivazione la corte di merito condivideva i rilievi e le argomentazioni del giudice di primo grado a conferma del giudizio di colpevolezza, non dubitando della sussistenza del peculato d'uso sotto il duplice profilo dell'elemento oggettivo e di quello soggettivo del reato, ritenendo irrilevante che l'utilizzo indebito dell'ambulanza si fosse protratto per poco più di mezzora. Contro tale decisione ricorrono entrambi gli imputati a mezzo dei propri difensori, i quali a sostegno della richiesta di annullamento denunciano con il primo motivo l'inosservanza e erronea applicazione della norma incriminatrice ex articolo 314/2 cp e censurano l'error in iudicando, in cui erano incorsi i giudici del merito nel ritenere in maniera illogica e inconferente che la mezzora impiegata durante il servizio non potesse essere qualificata uso istantaneo dell'ambulanza, malamente interpretando la giurisprudenza di legittimità, ormai consolidata. che aveva chiarito che uso momentaneo non significa uso istantaneo , ma temporaneo , ossia protratto per un tempo limitato, così da comportare una sottrazione della cosa alla sua destinazione istituzionale tale da non compromettere seriamente la funzionalità della Pubblica Amministrazione. Con il secondo motivo deducono la violazione dell'articolo 2 cp. in riferimento all'articolo 53 legge numero 689/1981 e sostengono che il criterio di conversione, già modificato dall'articolo 3 legge numero 94/2009 si poneva in contrasto con il principio generale di cui all'articolo 2 cp., onde dovendosi applicare la legge più favorevole al reo, la conversione doveva operarsi a Euro 38,00 per ogni giorno di pena detentiva e non ad Euro 250,00, come aveva fatto il giudice a quo. Con il terzo motivo lamentano la violazione dell'articolo 541 cpp. in riferimento alla quantificazione del danno alla parte civile, originariamente riferita al danno relativo alla truffa, che doveva essere riveduto a seguito dell'assoluzione da tale reato, e in riferimento alla liquidazione delle spese processuali in favore della parte civile, che ben potevano essere compensate in tutto o in parte, ricorrendo giusti motivi, rappresentati dall'assoluzione in primo grado dal reato ex articolo 340 e dall'assoluzione dalla truffa in secondo grado. Il primo e il terzo motivo dei ricorsi sono infondati e devono pertanto essere rigettati, con la condanna dei ricorrenti in solido alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile, che si liquidano come da dispositivo. Ed invero in tema di uso di auto di servizio la giurisprudenza di questa Sezione è ormai orientata al principio che non è configurabile il reato di peculato d'uso nell'utilizzo episodico e occasionale dell'auto di servizio solo quando la condotta abusiva non abbia leso la funzionalità della P.A. e non abbia causato un danno patrimoniale in relazione all'utilizzo del carburante e dell'energia lavorativa degli autisti addetti alla guida Cass. Sez. VI 9/6/2011 Freddi 24/5/2011 Rossettini . A tale principio la corte di merito si è adeguata nel caso in esame, dando conto con puntuale e adeguato apparato argomentativo, di cui prima si è fatto cenno, della sussistenza dell'ipotesi criminosa contestata, enunciando analiticamente gli elementi e le circostanze di fatto convergenti e rilevanti a tal fine, sicché la motivazione non appare sindacabile in sede di controllo di legittimità, soprattutto quando i ricorrenti si limitano sostanzialmente a sollecitare un non consentito riesame del merito attraverso la rilettura del materiale probatorio. Lo stesso dicasi della censura concernente le statuizioni civili, non riconducibili a quelle consentite dall'articolo 606/1 cpp., volte, come esse appaiono, a sollecitare una diversa valutazione di merito, preclusa in questa sede. Fondata è invece la censura di cui al secondo motivo. Ed invero il fatto si è verificato in data 29/6/2003, in epoca cioè anteriore all'entrata in vigore della legge numero 94/2009, che all'articolo 3 ha modificato i criteri di conversione della pena detentiva in quella pecuniaria, stabilendo l'importo di Euro 250,00 per ogni giorno di pena detentiva in luogo di quello precedente di Euro 38,00. Soccorre pertanto il principio dell'applicabilità della legge più favorevole stabilito dall'articolo 2 cp., di guisa che, avvalendosi del potere conferito dall'articolo 619/2 cpp., può questa Corte rimediare all'errore del giudice di merito, determinando nella misura di Euro 2.090,00 per ciascuno degli imputati, l'entità della pena pecuniaria, derivante dalla conversione, in tali sensi annullando senza rinvio la sentenza impugnata. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'entità della pena pecuniaria derivante dalla conversione, e determina la stessa nella misura di Euro 2.090,00. Rigetta i ricorsi nel resto. Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese, che liquida nella somma di Euro 2.000,00 oltre accessori, in favore della parte civile ASL XX di Lanciano – Vasto - Chieti.