L’illegittima trascrizione nei registri immobiliari costituisce un illecito di carattere permanente, con l’effetto che il diritto di reazione giuridica del soggetto che si assume pregiudicato non è suscettibile di prescrizione finché la trascrizione è in atto.
La Seconda sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza numero 15795, depositata il 24 giugno 2013, si occupa di una vicenda occorsa in materia di trascrizione nei registri immobiliari ove si discuteva dell’avvenuta trascrizione di una pronuncia inidonea ad accertare il diritto di comproprietà di un socio sui beni appartenenti ad una società di persone. Come noto, in via generale, la trascrizione disciplinata ex articolo 2643 c.c. e ss., tra le funzioni tipiche annovera quella di dirimere i conflitti insorti, non già tra le parti, bensì tra più aventi causa dallo stesso soggetto. Tra gli atti suscettibili di trascrizione vi sono anche le sentenze che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione di diritti reali su beni immobili. Il fatto. Con atto di citazione gli eredi del socio di una società di persone chiedevano che il Tribunale ordinasse la cancellazione della trascrizione di altra sentenza eseguita, a cura del convenuto, sui beni di proprietà della società di persone, di cui era socio il proprio dante causa. Assumevano gli attori come tale sentenza non costituisse titolo idoneo per la trascrizione, in quanto la pronuncia trascritta, lungi dall’accertare il diritto di comproprietà sui beni sociali, per’altro non individuati in modo specifico, aveva soltanto accertato in capo al convenuto, la titolarità di quote di partecipazione nella società di persone. Parte convenuta chiedeva il rigetto della domanda eccependo, oltre all’infondatezza anche la prescrizione domandava inoltre in riconvenzionale la cancellazione della domanda giudiziale proposta dagli attori. La richiesta era accolta in primo grado e confermata in appello. In particolare, la Corte territoriale precisava come la sentenza in forza della quale era stata eseguita la trascrizione sugli immobili della società di persone, non fosse idonea allo scopo in quanto essa si limitava a riconoscere, in capo al convenuto, l’esistenza di un titolo di partecipazione societaria e non anche una statuizione sui diritti degli immobili di proprietà della società. In effetti, riconosceva la Corte di Appello come la sentenza trascritta avesse solo determinato l’esatta quota di partecipazione del convenuto nella società, con conseguente impossibilità per l’appellante di invocare l’idoneità della pronuncia alla trascrizione del suo diritto di comproprietà sugli immobili sociali. Avverso la pronuncia di secondo grado proponeva ricorso per Cassazione il socio. Questi lamentava violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c. sosteneva il ricorrente l’idoneità della sentenza impugnata alla trascrizione in forza del principio secondo cui, i beni conferiti alla società di persone divenivano di con titolarità dei soci, sebbene destinati all’attività sociale. L’accertamento della quota di partecipazione del socio non equivale a riconoscere il suo diritto di comproprietà sui beni immobili sociali. Tale motivo non veniva ritenuto meritevole di accoglimento in ragione del fatto che la sentenza trascritta non aveva mai accertato alcun diritto di comproprietà del socio sui beni immobili della società, beni che, inoltre, non erano mai stati identificati. La sentenza trascritta aveva solo accertato, in capo al ricorrente, l’esistenza di una quota di partecipazione nella società di persone mostrandosi in ciò pienamente conforme al principio secondo cui le società di persone, pur non avendo personalità giuridica, sono configurate dalla legge come autonomi soggetti di diritto, distinti dai singoli soci, aventi propria autonomia patrimoniale e autonoma titolarità dei beni facenti parte del proprio patrimonio cfr. Cass. numero 26245/2011 e numero 21307/2008 . L’eccezione di prescrizione della domanda di cancellazione. L’ulteriore motivo di censura da analizzare atteneva al vizio sollevato per la statuizione della Corte di Appello sul rigetto dell’eccezione di prescrizione. I giudici di secondo grado avevano rilevato come la richiesta di cancellazione della trascrizione della sentenza su beni immobili riguardasse una facoltà relativa al diritto di proprietà, pertanto imprescrittibile. Nessuna prescrizione finché la trascrizione è in atto. Anche tale doglianza era ritenuta infondata ed assorbente rispetto alle ulteriori questioni sollevate. Tuttavia, i giudici di nomofilachia correggevano la motivazione ex articolo 384 c.p.c Il Supremo organo di legittimità riteneva che l’illegittima trascrizione di un atto nei registri immobiliari costituisse un illecito di carattere permanente sicché il diritto di reazione giuridica del soggetto che si assume pregiudicato non sarebbe suscettibile di prescrizione finché la trascrizione è in atto.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 maggio - 24 giugno 2013, numero 15795 Presidente Triola – Relatore Bertuzzi Svolgimento del processo T.D.G. , C.D.A. e D.G. , in proprio e quali eredi di D.C. , convennero dinanzi al Tribunale di Torino C.P.M. chiedendo che fosse dichiarata illegittima e quindi ordinata la cancellazione della trascrizione eseguita a cura del convenuto della sentenza della Corte di appello di Torino del 3 settembre 1986 sui beni specificatamente descritti nell'atto di citazione, assumendo che la predetta sentenza non era titolo valido per la trascrizione avendo solamente accertato in capo all'odierno convenuto la titolarità delle quota di partecipazione alla società Villa di Salute di Trofarello, senza accertare il suo diritto di comproprietà sui beni immobili di quest'ultima, che nemmeno individuava in modo specifico. Costituendosi in giudizio, il C. chiese il rigetto della domanda, eccependone l'infondatezza nonché la prescrizione, e, in via riconvenzionale, che fosse cancellata la trascrizione della presente domanda, nonché che fosse rettificata la nota di trascrizione relativa al rogito Francesco Ferarris del 12 gennaio 1987 di accettazione di eredità di D.C. per la parte in cui indicava la quota sociale devoluta agli attori, in quanto comprensiva anche di parte della quota a lui spettante. All'esito dell'istruttoria, solo documentale, il Tribunale accolse la domanda degli attori e rigettò quelle riconvenzionali del convenuto. Interposto gravame, con sentenza numero 942 del 31 maggio 2006 la Corte di appello di Torino confermò integralmente la pronuncia di primo grado. Il giudice di appello pervenne a questa conclusione affermando che, come ritenuto dal Tribunale, la sentenza della Corte di appello del 1986, in forza della quale era stata eseguita la trascrizione sugli immobili della società di persone Villa di Salute, non era titolo idoneo a tal fine, atteso che essa si era limitata a riconoscere una residua quota di partecipazione alla società in capo al C. , ma non aveva anche statuito sui diritti degli immobili intestati alla società. In particolare, la Corte distrettuale precisò che la sentenza di cui si discute, emessa dalla Corte di appello di Torino quale giudice di rinvio a seguito della cassazione della pronuncia di appello, aveva definito il contenzioso insorto tra le parti in ordine alla determinazione della esatta quota di partecipazione nella suddetta società, qualificata come società in nome collettivo, di C.E. , dante causa di C.P.M. , il quale aveva chiesto l'accertamento in suo favore del diritto di comproprietà immobiliare, mobiliare, aziendale e di partecipazione sociale , domanda a cui la controparte aveva opposto l'usucapione della quota rivendicata. La sentenza aveva disatteso questa eccezione e riconosciuto in capo al C. una residua quota di partecipazione, senza però pronunciarsi né individuare i beni della società. Il semplice ed evidente fatto che tale quota fosse comprensiva anche della comproprietà sugli immobili conferiti alla società, non equivaleva però ad un accertamento sulla titolarità degli stessi in capo al socio. Ne conseguiva, ad avviso della Corte, l'inidoneità della relativa sentenza a fondare la pretesa dell'appellante alla trascrizione del suo diritto di comproprietà sui beni immobili sociali. La Corte torinese respinse altresì gli altri motivo di appello rilevando che l'eccezione di prescrizione sollevata dal C. risultava collegata agli altri motivi dichiarati infondati e che comunque il diritto di chiedere la cancellazione della trascrizione su beni immobili costituisce una facoltà del diritto di proprietà ed è, come tale, imprescrittibile e che la richiesta diretta ad ottenere la declaratoria di nullità o inefficacia della trascrizione dell'atto di citazione doveva ritenersi abbandonata in primo grado, non essendo stata riprodotta al momento della precisazione delle conclusioni, né riproposta con l'atto di appello. Per la cassazione di questa decisione propone ricorso C.P. Maria con atto notificato il 16 luglio 2007, affidato a cinque motivi. C.D.A. e D.G. , quali eredi di D.C. e T.D.G. , resistono con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2909 cod. civ., censurando l'affermazione della sentenza impugnata che ha negato alla sentenza del 1986 le caratteristiche di titolo trascrivibile in ragione del fatto che essa non conteneva alcun accertamento su diritti reali sui beni immobili della società Villa di Salute di Trofarello. Il ricorrente contesta tale conclusione, che ascrive ad una errata interpretazione del giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di appello del 1986. Quest'ultima, infatti, aveva espressamente affermato che i beni conferiti alla società di persone vengono a trovarsi in contitolarità dei soci, sia pure con un onere di destinazione all'attività della società. Le stesse indicazioni sono inoltre rinvenibili nelle sentenze numero 4603 del 1989 e numero 6480 del 1984 della Corte di Cassazione. Nella prima, che aveva disposto il rinvio alla Corte di appello di Torino che aveva pronunciato la decisione del 1986 di cui si discute, essendo stato precisata la stretta inerenza tra quote sociali e quote di comproprietà dei beni conferiti alla società nella seconda, avendo la Corte di legittimità statuito che la cessione di quote di immobili alla società doveva essere fatta ad substantiam con atto scritto, e che nei trasferimenti di proprietà di immobili di cui al citato articolo 1314 erano necessariamente compresi quelli di quote della loro comproprietà . Sotto altro profilo, il ricorso assume che l'accertamento del diritto di comproprietà dei soci sui beni immobili della società costituiva un antecedente logico necessario della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza della Corte di appello di Torino del 1986, laddove detto giudice, nel respingere l'eccezione di usucapione degli altri soci, aveva precisato che i beni sociali erano da ritenersi di proprietà dei soci. L'accertamento della quota sociale in capo al C. ed il riconoscimento della sua spettanza agli utili sociali maturati muoveva in sostanza dal riconoscimento del suo diritto di comproprietà, in proporzione alla quota, dei beni sociali, che, quale presupposto di fatto, era coperto dal giudicato. Il motivo è infondato. La decisione impugnata fonda la propria statuizione di rigetto dell'appello sulla affermazione che né la sentenza della Corte di appello del 1986 né tanto meno quella della Corte di Cassazione del 1989 hanno mai accertato alcun diritto di comproprietà immobiliare in capo al C. sui beni della società né hanno mai identificato i beni immobili oggetto di tale presunto diritto. L'accertamento così compiuto è esatto, trovando diretto riscontro e conferma nel dispositivo della menzionata sentenza del 1986, che si era limitato a dichiarare la titolarità in capo al C. di una quota pari a 8,5402/120 della società Casa di cura Villa di salute di Trofarello e la sua spettanza ad ottenere gli utili, in proporzione a detta quota, non prescritti, senza statuire alcunché in ordine anche alla sua contitolarità sui beni della società. Statuizione che, merita aggiungere, appare del tutto coerente con il principio che le società di persone - quale pacificamente era la società Villa di salute di Trofarello - pur non avendo personalità giuridica, il che porta nei loro confronti ad escludere, dal lato passivo, quella separazione tra la responsabilità della società e quella personale dei singoli soci che invece è il tratto saliente delle società di capitali, sono tuttavia configurate dalla legge come autonomo soggetto di diritto, distinto dai singoli soci, avente propria autonomia patrimoniale e quindi autonoma titolarità dei beni facenti parte del loro patrimonio Cass. numero 26245 del 2011 Cass. numero 21307 del 2008 Cass. numero 10427 del 2002 Cass. numero 2487 del 2000 Cass. numero 4603 del 1989 , i quali, pertanto, appartengono alla società e non ai singoli soci. Né hanno pregio le argomentazioni del ricorrente secondo cui un tale accertamento sulla contitolarità dei beni della società in capo al C. sarebbe stato compiuto dalla Corte di appello di Torino nel corpo della motivazione, dando luogo ad una statuizione autonoma anche se collegata, in quanto presupposta, con la pronuncia finale. La deduzione non merita accoglimento, dal momento che dalla lettura del predetto provvedimento non emerge sul punto alcun accertamento avente il carattere proprio di capo autonomo della decisione, come tale suscettibile di integrare e concorrere a formare il comando del giudice. Sul punto questa Corte ha del resto chiarito che integra un capo autonomo della decisione, come tale suscettibile di formare il giudicato, non già una qualsiasi accertamento di fatto della sentenza, ma solo quella affermazione che risolve una questione controversa, avente una propria individualità ed autonomia, sì da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente, caratteri che invece vanno esclusi non solo in presenza di mere argomentazioni, ma anche quando si verte in tema di valutazioni di presupposti di fatto che, unitamente ad altri, concorrono a formare un capo unico della decisione Cass. numero 4732 del 2012 Cass. numero 726 del 2006 . Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2657 cod. civ. in relazione agli articolo 2659 e 2660, censurando l'affermazione della Corte di appello secondo cui la sentenza del 1986 non era titolo suscettibile di trascrizione anche perché non individuava i beni mobili e immobili facenti parte del patrimonio sociale. Sostiene il ricorso che tale asserzione è errata, atteso che l'obbligo di indicare i dati di identificazione dell'immobile riguarda la nota di trascrizione e non l'atto da trascrivere, che, a tal fine, è sufficiente contenga le caratteristiche di cui all'articolo 2657 cod. civ Il motivo, che investe una argomentazione ulteriore della sentenza impugnata, va dichiarato assorbito in ragione della reiezione del precedente motivo, apparendo la motivazione della sentenza ivi censurata in grado, di per sé sola, di sorreggere la statuizione di rigetto dell'appello. Il terzo motivo di ricorso investe, sotto il profilo del vizio di motivazione, la stessa affermazione censurata nel mezzo precedente, affermando che l'esatta individuazione dei beni su cui era caduta la trascrizione era comunque possibile sulla base delle indicazioni contenute negli atti richiamati dalla stessa decisione, in particolare dalle risultanze dell'atto del 30 giugno 1913, della scrittura del 15 maggio 1940 di costituzione della società, e dei rogiti successivi del 1951,1965 e 1968. Sotto altro profilo il ricorrente attacca la sentenza per contraddittorietà di motivazione, laddove, da un lato, ha rilevato che la quota sociale facente capo al C. come comprensiva della comproprietà degli immobili conferiti in proprietà alla casa di cura , e, dall'altro, ha escluso che vi fosse alcun accertamento sui diritti immobili spettanti al C. . La prima censura, che si collega al motivo precedente, va dichiarata assorbita, per le medesime ragioni sopra esposte. La seconda doglianza appare invece infondata, non essendovi alcuna contraddittorietà logica o giuridica tra l'affermazione secondo cui la quota, quale frazione del patrimonio sociale, comprende necessariamente i beni che di esso fanno parte, ed il rilievo che il riconoscimento della titolarità di detta quota non comporta il riconoscimento in capo al suo titolare anche della comproprietà dei beni sociali. Il quarto motivo di ricorso censura la statuizione della sentenza impugnata che ha rigettato l'eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto, ritenendola assorbita dal rigetto degli altri motivo e comunque infondata, per essere la richiesta diretta alla cancellazione della trascrizione su beni immobili una facoltà inerente al diritto di proprietà, come tale imprescrittibile. Il ricorso assume in proposito che entrambe le affermazioni non risultano in alcun modo motivate, non avendo la Corte distrettuale spiegato le ragioni a sostegno. Il motivo è infondato, apparendo assorbente rispetto alle critiche sollevate ed anche alle ragioni esposte dalla sentenza impugnata - la cui motivazione va pertanto corretta a mente dell'articolo 384, comma 4, cod. proc. civ. nel senso di seguito precisato - la considerazione che l'illegittima trascrizione di un atto nei registri immobiliari costituisce un illecito di carattere permanente, con l'effetto che il diritto di reazione giuridica del soggetto che si assume pregiudicato non è suscettibile di prescrizione finché la trascrizione è in atto. Il quinto motivo di ricorso, denunziando la violazione degli articolo 99, 163, 189 cod. proc. civ. in relazione agli articolo 121, censura il capo della decisione che ha ritenuto abbandonata e comunque non riprodotta nell'atto di appello la domanda diretta ad ordinare la cancellazione dell'annotazione effettuata dalla controparte in data 5 febbraio 2001 sulla nota di trascrizione. Sotto un primo profilo, si deduce che l'abbandono o la rinuncia alla domanda non può desumersi solamente dalla sua mancata riproduzione all'udienza di conclusioni e che se il giudice avesse esaminato la memoria depositata ex articolo 183 cod. proc. civ. e la comparsa conclusionale, ove si insisteva su tale richiesta, avrebbe dovuto convincersi sul fatto che essa era sta mantenuta dal richiedente. Sotto altro profilo, si deduce che, contrariamente a quanto affermato dal giudice distrettuale, tale domanda è stata ritualmente riproposta nell'atto di appello. Il motivo va dichiarato assorbito in ragione del rigetto dei precedenti motivi, da cui consegue la conferma della statuizione che ha disposto la cancellazione della trascrizione. In conclusione, il ricorso è respinto. Le spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori di legge.