La fattispecie penalmente rilevante indicata nell’articolo 10-bis, d.lgs. numero 74/2000 omesso versamento di ritenute certificate è integrata da una condotta omissiva propria che si realizza con il mancato versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore a 50mila euro per ciascun periodo di imposta.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 20778/14, depositata il 22 maggio scorso. I presupposti del reato omissivo, di mera condotta, possono essere richiamati nella sussistenza della situazione tipica da cui sorge l’obbligo di agire, nella condotta omissiva del non fare ciò che si ha obbligo di fare, nel termine, implicito o esplicito, alla cui scadenza l’obbligo giuridico assume rilevanza e si consuma l’illecito. Se ne deve dedurre che il mancato rilascio della certificazione ai sostituiti non è elemento costitutivo del reato ma mero presupposto della condotta omissiva, diversamente il rilascio della certificazione dovrebbe comporre il fatto tipico la cui materialità risulterebbe inevitabilmente costituita da una condotta mista . Nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro quale sostituto di imposta sulle retribuzione effettivamente corrisposte ai sostituiti, può essere fornita dal pubblico ministero anche mediante prove documentali, testimoniali o indiziarie. La sentenza Favellato. Le Sezioni Unite della Corte di nomifiliachia SSUU numero 37425/2013 hanno individuato le caratteristiche proprie del meccanismo di riscossione dell’imposta mediante sostituzione, ovvero del meccanismo in forza del quale l’imposta invece che essere versata direttamente dal percettore del reddito viene incassata a cura di altro soggetto giuridico che, assumendo la figura del sostituto di imposta è tenuto al pagamento del tributo in luogo del sostituito. Ovviamente detto pagamento avviene attraverso il prelievo, da parte del sostituto, di una percentuale, la per non ben nota ritenuta d’acconto, da versare all’Erario della somma da corrispondersi al sostituito. Il meccanismo descritto dal legislatore, e la cui violazione è sanzionata dalla norma oggetto del procedimento che ha originato la pronuncia in commento, genera a carico del sostituto una duplice serie di obblighi che hanno natura strumentale. Detti obblighi possono essere identificati, così dicono e le SSUU e la pronuncia in commento che si pone in stretta continuità con i principi della pronuncia Favellato, in quelli relativi alla necessità di rilasciare al sostituito una dichiarazione attestante l’ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate, che ha anche la funzione di permettere al sostituito di documentare e dimostrare il prelievo subito, e di presentare annualmente una dichiarazione unica di sostituto d’imposta dalla quale risultino tutte le somme pagate e le ritenute operate nell’anno precedente. E se manca la certificazione? La difesa, nel formare ricorso per cassazione, si doleva proprio della inesistenza di alcuna certificazione rilasciata dal sostituto ai sostituiti. In assenza di detta certificazione la difesa, ritenendola elemento oggettivo del reato, o quantomeno parte dell’elemento oggettivo del reato contestato, invocava l’insussistenza della fattispecie contestata posta l’impossibilità di dar luogo e corso con esisti positivi al procedimento di sussunzione. La Corte chiarisce come il rilascio della certificazione non sia elemento costitutivo del reato ma al più suo presupposto, necessario, ai fini dell’integrazione della fattispecie. Ovvero, ribadendo quanto espresso nella sentenza Favellato, che l’elemento materiale, oggettivo, del reato de quo è da individuarsi in quella triplice necessaria incidenza e presenza di condizioni ben note a coloro che hanno dovuto cimentarsi con il portato ed il disposto dell’articolo 40 cpv. In altre parole trattandosi di reato omissivo proprio, è a quanto indicato ed elaborato da dottrina e giurisprudenza in detto tema che occorre far riferimento. Gli elementi oggettivi del reato. Così motivando e ricostruendo appare davvero evidente come gli elementi del reato omissivo proprio siano costituiti da una situazione tipica da cui sorga l’obbligo di agire pagamento del compenso , una condotta omissiva caratterizzata dal non porre in essere la condotta imposta ed il trascorrere, inutile, del termine previsto per dar corso alla azione obbligata. Come si può vedere il presupposto, ovvero la situazione tipica, è costitutiva dalla erogazione di somme e dal rilascio della cosiddetta certificazione. Altrettanto pacifico è che la condotta omissiva si concretizzi nel mancato versamento delle ritenute complessivamente operate nell’anno oltre il limite 50.000,00 euro che il legislatore ha inteso fissare ed indicare quale soglia condizione di punibilità. La natura della certificazione. Se è pacifica la natura della certificazione altrettanto pacifico è che essa deve essere rilasciata per l’integrazione del reato. Diversamente non vi sarebbero state somme corrisposte e, altrettanto pacificamente, ritenute da operarsi in relazione a dette somme. Come si può provare il rilascio della certificazione. La difesa ha fondato la propria doglianza sull’assenza della prova inerente e relativa il rilascio della certificazione. In assenza di prova concreta circa la sua esistenza il reato non avrebbe potuto e dovuto dirsi integrato. La Corte riafferma invece un ben noto principio probatorio ai sensi del quale ai fini di ritenere «provata» la materiale sussistenza della fattispecie è stata ritenuta sufficiente la allegazione del modello 770 proveniente dallo stesso datore di lavoro o anche la testimonianza proveniente dal funzionario dell’Agenzia delle Entrate che abbia esaminato le dichiarazioni e ne riferisca oralmente il contenuto. Ribadendo in sostanza come nel reato di omesso versamento delle ritenute operate dal datore di lavoro, quale sostituto di imposta sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai sostituiti, la prova possa essere fornita anche mediante prove documentali, testimoniali o indiziarie. E l’imputato? Il giudice nomofilattico indica anche quali siano i reciproci oneri probatori che incombono sulle parti. Al pubblico ministero, come detto, è riservato l’onere di provare la sussistenza dei fatti, attraverso i mezzi di prova indicati, all’imputato quello di fornire prova dei fatti estintivi o modificativi delle proprie incombenze. Detti fatti debbono essere in grado di paralizzare la “pretesa punitiva”. Ma quali sono questi fatti? La Corte di Cassazione in punto è estremamente chiara e precisa occorre che l’imputato fornisca prova certa del non aver corrisposto le retribuzioni o di non aver rilasciato ai sostituiti le dichiarazioni attestanti l’intervenuto versamento in loro nome e conto in favore dell’erario. Il tutto ovviamente non affidandosi a semplice, pura e semplice la definisce la Corte, affermazione del non avere adempiuto a dar corso ai presupposti della condotta. Insomma se il sostituto non ha versato le ritenute l’unico modo per vedersi assolvere dal reato è quello di provare di non aver corrisposto alcuna mercede, prezzo, retribuzione od onorario a terzi nei confronti dei quali avrebbe dovuto operare le ritenute. Nihil sub soli novi .
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 marzo – 22 maggio 2014, numero 20778 Presidente Fiale – Relatore Di Nicola Ritenuto di fatto 1. La Corte di appello di Lecce, con sentenza resa In data 31 maggio 2013, ha parzialmente riformato, concedendo l'ulteriore beneficio della non menzione, la sentenza emessa dal Tribunale di Brindisi che aveva condannato L.L. alla pena di mesi sette dl reclusione perché ritenuto colpevole dei reati dl cui all'articolo 10 bis dlgs. 10 marzo 2000, numero 74 capi A e B della rubrica . 2. Per l'annullamento dell'impugnata sentenza ricorre per cassazione L.L., a mezzo dei proprio difensore, affidando il gravame a due motivi. 2.1. Con il primo motivo lamenta violazione dell’articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero per Inosservanza o erronea applicazione della norma penale di cui all'articolo 10 bis d.lgs. numero 74 del 2000. i Modello 770/2014 semplificato contiene i dati relativi alle certificazioni rilasciate ai soggetti cui sono stati corrisposti In tale anno redditi di lavoro dipendente, equiparati ed assimilati, Indennità di fine rapporto, prestazioni in forma di capitale erogate da fondi pensione, redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi nonché I dati contributivi previdenziali ed assicurativi e quelli relativi all'assistenza fiscale prestata nell'anno 2013 per il periodo d'imposta precedente. Si assume che la Corte territoriale ha errato nel ritenere integrato il reato avendo Il controllo espletato dall'Agenzia delle Entrate riguardato esclusivamente una rielaborazione della dichiarazione mod. 770 fatta dal funzionario della Agenzia delle Entrate che pertanto potrà considerarsi un surrogato dello stesso modello dichiarativo rielaborato e giammai una delle certificazioni che I'imputato avrebbe dovuto rilasciare ai sensi dei d.P.R. numero 322 del 1998 ai sostituiti CUD , la cui assenza comporta, pertanto, l'esclusione della fattispecie contestata per mancata integrazione del requisito oggettivo del reato. 2.2. Con il secondo motivo deduce violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero per Inosservanza o erronea applicazione della legge penale In relazione agli articolo 62 bis e 2 cod. penumero Si assume che, con i motivi di appello, la difesa dell'imputato invocava, in subordine, una mitigazione del trattamento sanzionatorio previo riconoscimento in capo all'Imputato delle attenuanti generiche di cui all'articolo 62 bis cod. penumero , in considerazione dello stato di assoluta incensuratezza dello stesso, uitrasettantenne. I giudici di appello hanno invece ritenuto di escludere tale possibilità affermando che il solo stato di incensuratezza non fosse di per sé sufficiente a giustificare la concessione delle circostanze attenuanti in esame, escludendole e lasciando così invariato il trattamento sanzionatorio. Ritiene la difesa che tale asserzione si traduce nella fedele applicazione della regola inserita al comma 3 dell'articolo 62 bis cod. penumero come novellato a seguito degli Interventi normativi del 2008. I giudici di secondo grado avrebbero tuttavia applicato questa regola pur vertendo il processo su fatti consumatisi tra il 2004 e il 2005 e, pertanto, finendo col darne efficacia retroattiva, in violazione all'articolo 2 del cod. penumero Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. La tesi sulla quale fonda il primo motivo di gravame è che il ricorrente, nella qualità di sostituto d'imposta, non rilasci al sostituiti la certificazione delle ritenute operate nei loro confronti, con la conseguenza che, in mancanza di ciò, li fatto di reato sarebbe in radice non configurabile. 2.1. Le Sezioni Unite Sez. U, numero 37425 del 28/03/2013, Favellato hanno tracciato, per quanto Interessa, le caratteristiche del meccanismo di riscossione dell'imposta mediante sostituzione, che è uno strumento Impositivo con il quale l'Amministrazione finanziaria, in luogo della riscossione dell'imposta direttamente dal percettore del reddito, incassa il tributo da un altro soggetto, che è quello che eroga gli emolumenti, ii quale assume la qualifica di sostituto d'imposta ed è tenuto al pagamento del tributo in luogo dell'altro normale soggetto passivo, c.d. sostituito , previo l'obbligatorio prelievo di una percentuale c.d. ritenuta alla fonte , da versare all'Erario generalmente entro i primi sedici giorni del mese successivo a quello di effettuazione delle ritenute v. articolo 8 d.P.R. numero 600 del 1973 , della somma oggetto di erogazione costituente reddito . L'operatività del meccanismo di sostituzione d'imposta comporta l'adempimento di alcuni obblighi strumentali a carico del sostituto, il quale deve 1 rilasciare al sostituito articolo 4, commi 6-ter e 6-quater, d.P.R. 22 luglio 1998, numero 322 art 37, comma 10, d.l. 4 luglio 2006, numero 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, numero 248 una certificazione attestante l'ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate in modo da permettere al soggetto passivo di documentare e di dimostrare il prelievo subito 2 presentare annualmente una dichiarazione unica di sostituto d'imposta dalla quale risultino tutte le somme pagate e le ritenute operate nell'anno precedente modello 770 . 2.2. Va allora chiarito come il rilascio della certificazione ai sostituiti da parte del sostituto d'imposta non sia elemento costitutivo dei reato di cui all'articolo 10 bis d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74. La ragione di ciò risiede nella struttura dell'elemento oggettivo della fattispecie Incriminatrice in relazione alla ratio che la sostiene ed all'interesse protetto dall'incriminazione. La fattispecie penalmente rilevante è Integrata da una condotta omissiva che si realizza con il mancato versamento entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di Imposta delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta. Come hanno precisato le Sezioni Unite Favellato, si tratta di reato omissivo proprio, istantaneo e di mera condotta, integrato dal mero mancato compimento di un'azione dovuta. Siccome gli elementi costitutivi dell'illecito omissivo di mera condotta sono a i presupposti, cioè la situazione tipica da cui sorge l'obbligo di agire b la condotta omissiva non facere quod debetur c il termine, esplicito o implicito, alla cui scadenza l'inadempimento dell'obbligo assume rilevanza e si consuma l'illecito, è stato precisato che, nei delitto di cui all'articolo 10-bis d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74, il presupposto è costituito sia dalla erogazione di somme comportanti l'obbligo di effettuazione delle ritenute alla fonte articolo 23 ss. d.P.R. numero 600 del 1973 e di versamento delle stesse all'Erario con le modalità stabilite articolo 3 d.P.R. numero 602 dei 1973 , sia dal rilascio al soggetto sostituito di una certificazione attestante l'ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate nell'anno precedente v. articolo 4, commi 6-ter e 6-quater, d.P.R. 22 luglio 1998, numero 322 la condotta omissiva si concretizza nel mancato versamento, per un ammontare superiore a Euro cinquantamila, delle ritenute complessivamente operate nell'anno di imposta e risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti il termine per l'adempimento è individuato in quello previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta relativa all'anno precedente. Il rilascio della certificazione non è quindi un elemento costitutivo dei reato, ma mero presupposto della condotta omissiva diversamente il rilascio della certificazione dovrebbe comporre il fatto tipico, la cui materialità risulterebbe inevitabilmente costituita da una condotta mista omissiva quanto al mancato versamento ed attiva quanto alla circostanza che deve essere rilasciata una certificazione . 2.3. Se utile a ricostruire la fattispecie ed a risolvere altre questioni, la natura giuridica del rilascio della certificazione non comporta però rilevanti conseguenze quanto alla doglianza prospettata nel ricorso perché, se anche presupposto del fatto, è necessario che la certificazione sia rilasciata per l'integrazione dei reato ex articolo 10 bis d.lgs. numero 74 del 2000. Nel caso di specie, la Corte territoriale non ha dubitato di ciò, avendo ritenuto che il rilascio delle certificazioni da parte del sostituto ai sostituiti fosse, nel caso di specie, provato dalla testimonianza resa dal funzionario erariale che ha relazionato sul contenuto delle dichiarazioni annuali, ossia dal cd. modello 770 che il sostituto di imposta deve presentare nel termine stabilito, attribuendone espressamente la paternità all'imputato. In siffatto modello, sono comunicati In via telematica all'Agenzia delle Entrate i dati fiscali relativi alle ritenute operate nell'anno precedente nonché gli altri dati contributivi ed assicurativi richiesti, tra cui i dati relativi alle certificazioni rilasciate ai soggetti cui sono stati corrisposti in tale anno redditi di lavoro dipendente, equiparati ed assimilati o indennità di fine rapporto. Questa Corte, in più occasioni, ha affermato - con riferimento a fattispecie nelle quali è stata ritenuta sufficiente la allegazione dei mod. 770 provenienti dallo stesso datore di lavoro o anche, come nella specie, la testimonianza dei funzionario dell'Agenzia delle entrate che le abbia esaminate riferendone oralmente il contenuto - che nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro, quale sostituto d'imposta sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai sostituiti, può essere fornita dal pubblico ministero anche mediante prove documentali, testimoniali o indiziarie ez. 3, numero 33187 del 12/06/2013, Buzi, Rv. 256429 Sez. 3, numero 1443 del 15/11/2012, dep. 11/01/2013, Salmistrano, Rv. 254152 . E' evidente allora che - con riferimento ad attestazioni, contenute nella dichiarazione annuale mod. 770 , provenienti dallo stesso sostituto d'imposta nelle quali sono puntualmente indicate le certificazioni rilasciate ai sostituiti e sono riportati i dati circa le ritenute operate - non si pone tanto una questione di mancato rilascio delle certificazioni, quanto di ripartizione degli oneri probatori, incombendo al pubblico ministero di provare i fatti costitutivi dell'addebito contestato, tra cui, per quanto qui Interessa, il rilascio delle certificazioni onere che può assolvere per via documentale, testimoniale o indiziaria . Incombe all'imputato Invece l'onere di provare, qualora il pubblico ministero abbia assolto le proprie incombenze, i fatti estintivi o modificativi che paralizzino la pretesa punitiva , con la conseguenza che la pura e semplice affermazione di non avere rilasciato le certificazioni ai sostituiti o di non aver retribuito i dipendenti, e di conseguenza neppure operato le ritenute, non è Idonea all'assolvimento dell'onere probatorio a suo carico e dunque non lo esonera dalle responsabilità, al cospetto di prove documentali provenienti dallo stesso Imputato o testimoniali, che a queste si riferiscano, che comprovino l'esatto il contrario. Ne consegue l'infondatezza del motivo. 3. Anche il secondo motivo di gravame è infondato. Va ricordato che la Corte territoriale ha ritenuto non concedibili le attenuanti generiche non solo per la genericità del motivo di gravame Interposto avverso la sentenza dl primo grado ma anche con un apparato argomentativo del tutto trascurato con il motivo di ricorso. La Corte salentina ha motivato facendo leva sulla gravità del fatto, complessivamente considerato, sul numero delle violazioni e sull'entità del danno cagionato all'erario, risultando per entrambi gli anni di Imposta l'ammontare delle ritenute non versate di gran lunga eccedenti la soglia minima per la punibilità. Ed è sulla base di tali elementi, unitamente all'assenza di concreti segni di resipiscenza, che ha ritenuto l'imputato Immeritevole del riconoscimento delle invocate attenuanti generiche. Ai cospetto di una motivazione, anche sotto tale aspetto, congrua e logica, il ricorrente eleva un motivo generico e, al tempo stesso, eccentrico rispetto alla ratio decidendi. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 06/03/2014