Invitato a sporgere querela, reagisce in malo modo: l’indelicatezza non è sinonimo di resistenza

Non sussiste il reato di resistenza a pubblico ufficiale se le espressioni di minaccia rivolte al p.u. non rivelino una volontà di opporsi allo svolgimento dell’atto d’ufficio, ma rappresentino piuttosto una forma di contestazione della pregressa attività svolta dal pubblico ufficiale stesso.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 932, depositata il 12 gennaio 2015. Il caso. Il tribunale di Firenze non convalidava l’arresto in flagranza di un imputato per il reato ex articolo 337 c.p. resistenza a pubblico ufficiale . Il pm ricorreva in Cassazione, contestando l’affermazione dei giudici secondo cui nessuna attività assistita da pubblica funzione era in corso al momento dell’arresto. Inoltre, deduceva l’inosservanza dell’articolo 384, comma 4, c.p.p., secondo cui la valutazione della facoltatività dell’arresto è legata non solo alla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità, ma anche dalle circostanze del fatto e dalla sua gravità. Valutazione in caso di arresto in flagranza. La Corte di Cassazione ricorda che, in sede di convalida dell’arresto, il giudice deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, cioè valutare la legittimità dell’operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all’ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli articolo 380 e 381 c.p.p., in una chiave di lettura che non deve riguardare né la gravità indiziaria e le esigenze cautelari riservate all’applicabilità delle misure cautelari coercitive , né l’apprezzamento sulla responsabilità. Minaccia al p.u Il delitto di resistenza a pubblico ufficiale è integrato da espressioni di minaccia che manifestino la volontà di opporsi allo svolgimento dell’atto d’ufficio e risultino idonee ad incutere timore e coartare la volontà del destinatario. Si tratta di un reato a dolo specifico, che si concreta nel fine di ostacolare l’attività pertinente al pubblico ufficio o servizio in atto, per cui un comportamento, che non risulti tenuto a tale scopo, non integra tale delitto. Nessuna opposizione. Perciò, non sussiste questo reato se le espressioni di minaccia rivolte al pubblico ufficiale non rivelino una volontà di opporsi allo svolgimento dell’atto d’ufficio, ma rappresentino piuttosto una forma di contestazione della pregressa attività svolta dal pubblico ufficiale. Nel caso di specie, la violenta reazione dell’arrestato era avvenuta all’atto dell’invito postogli di sporgere querela, dopo l’esito negativo degli accertamenti effettuati in ordine alla denunciata aggressione ai suoi danni. Tale manifestazione non aveva realizzato alcuna finalità oppositiva all’attività d’ufficio dei militi, trattandosi di una reazione forse eccessiva, quindi punibile, ma non legittimante l’arresto, in quanto successiva all’intervento ormai concluso dei pubblici ufficiali. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 dicembre 2014 – 12 gennaio 2015, numero 932 Presidente Garribba – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 7 aprile 2014 il Tribunale di Firenze non ha convalidato l'arresto in flagranza di M.R. in relazione al reato di cui all'articolo 337 cod. penumero . 2. Avverso la ordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze denunciando 2.1. erronea applicazione dell'articolo 337 cod. penumero in quanto non può condividersi l'assunto del provvedimento impugnato secondo il quale nessuna attività assistita da pubblica funzione era in corso perché la comunicazione al M. della conclusione negativa degli accertamenti in ordine alle denunciate percosse patite dal predetto ed il conseguente invito a questi di sporgere querela è atto dell'ufficio dei pubblici ufficiali e capziosa sarebbe la scomposizione della azione dei Carabinieri e della reazione ad essa del M 2.2. inosservanza dell'articolo 384 comma 4 cod. proc. penumero avendo il Giudice omesso di considerare che detta previsione lega la valutazione della facoltatività dell'arresto non solo alla «pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità» ma anche «dalle circostanze del fatto» e, ancor prima, alla gravità di esso. 2.3. mancanza di motivazione in ordine alla giustificazione dell'arresto facoltativo in ragione della gravità del fatto. 3. Con requisitoria scritta il P.g. ha chiesto annullarsi senza rinvio l'ordinanza impugnata perché l'arresto è stato eseguito legittimamente, mostrando di condividere gli assunti del ricorrente, ravvisandosi la sussistenza degli elementi del contestato reato e la violazione delle regole che presiedono al controllo affidato al giudice circa la legittimità dell'arresto che deve avere esclusivamente riguardo alla esistenza del fumus commissi delicti. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. In sede di convalida dell'arresto, il giudice, oltre a verificare l'osservanza dei termini previsti dall'articolo 386, comma terzo e 390, comma primo. cod. proc. penumero , deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l'eseguito arresto, ossia valutare la legittimità dell'operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all'ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli articolo 380 e 381 cod. proc. penumero , in una chiave di lettura che non deve riguardare nè la gravità indiziaria e le esigenze cautelari valutazione questa riservata all'applicabilità delle misure cautelari coercitive , nè l'apprezzamento sulla responsabilità riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito . Sez. 6, numero 48471 del 28/11/2013, Scalici,Rv. 258230 . 2. Integrano il delitto di resistenza a pubblico ufficiale le espressioni di minaccia che manifestino la volontà di opporsi allo svolgimento dell' atto d' ufficio e risultino idonee ad incutere timore e coartare la volontà dei destinatario. Sez. 6, numero 17919 dei 12/04/2013, Celentano, Rv. 256475 inoltre, nel delitto di resistenza a pubblico ufficiale il dolo specifico si concreta nel fine di ostacolare l'attività pertinente al pubblico ufficio o servizio in atto, cosicchè il comportamento che non risulti tenuto a tale scopo, per quanto eventualmente illecito ad altro titolo, non integra il delitto in questione. Sez. 6, numero 36367 del 06/06/2013,Lorusso, Rv. 257100 non integrano il delitto di resistenza a pubblico ufficiale le espressioni di minaccia rivolte a quest'ultimo, quando non rivelino alcuna volontà di opporsi allo svolgimento dell'atto d'ufficio, ma rappresentino piuttosto una forma di contestazione della pregressa attività svolta dal pubblico ufficiale Sez. 6, numero 31544 del 18/06/2009, Graceffo, Rv. 244695 . 3. Si pone, pertanto, nel'alveo di legittimità la decisione impugnata che ha escluso la sussistenza del reato ipotizzato in sede di arresto sul rilievo in fatto che la violenta reazione dell'arrestato era avvenuta all'atto dell'invito posto dai militi di sporgere querela, e dopo l'esito negativo degli accertamenti effettuati in ordine alla denunciata aggressione ai suoi danni. 4. Sicchè correttamente è stato ritenuto che siffatta manifestazione non aveva realizzato alcuna obiettiva finalità oppositiva ali' attività di ufficio dei militi, trattandosi di una abnorme reazione - altrimenti punibile ma non legittimante l'arresto - successiva ali' intervento dei militari ormai concluso. 5. L'assorbente profilo esaminato comporta il rigetto dei ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso.