Una recentissima risposta del Ministero della Giustizia, più precisamente del Dipartimento per gli Affari di Giustizia Direzione Generale per la Giustizia Civile Ufficio III – Reparto IV, ad un quesito posto dal responsabile di un organismo di mediazione consente di approfondire un delicatissimo tema che riguarda la mediazione nel suo rapporto con il processo, ma questa volta con il processo penale.
La risposta al quesito. Ed infatti, con una comunicazione dell'aprile 2016 il Dipartimento ha affermato che «gli obblighi di riservatezza a cui è tenuto l’organismo non esimono dall’osservanza degli ordini pervenuti dall’autorità giudiziaria Procura della Repubblica di *** ». Non vi è dubbio che l'esistenza di un'indagine penale in corso possa portare a dover acquisire il fascicolo di mediazione custodito dall'organismo di mediazione vuoi perché da quel fascicolo possono essere tratti elementi utili per l'indagine in corso, vuoi perché quel fascicolo o magari il verbale di accordo oppure qualche documento allegato costituisca il “corpo di reato”. Ebbene, in questo caso il responsabile dell'Organismo di mediazione si è giustamente chiesto se il principio di riservatezza che caratterizza e, soprattutto, qualifica il procedimento di mediazione possa rappresentare un limite all'attività di indagine penale. Per il Ministero sembrerebbe di no gli ordini dell'autorità giudiziaria debbono essere rispettati. Un'affermazione, in sé, difficilmente discutibile se non fosse, però, che ad un più attento esame la questione è più complessa e merita un approfondimento anche in considerazione del quadro normativo che potrebbe prestarsi a qualche equivoco. Riservatezza Orbene, nessun dubbio che il dovere di riservatezza di cui all'articolo 9 d.lgs. 28/2010 obbliga «chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell'organismo o comunque nell'ambito del procedimento di mediazione» a non riferire all'esterno nessuna informazione ivi compresa l'esistenza di una mediazione tra le parti . Dovere di riservatezza che, inoltre, funziona anche verso l'interno poiché il mediatore non può riferire all'altra parte quanto appreso in via confidenziale dall'altra vuoi verbalmente in occasione di una sessione separata vuoi documentalmente tramite documenti prodotti all'attenzione del solo mediatore . La semplice esistenza del dovere di riservatezza non consentirebbe di poter affermare che lo statuto del fascicolo di mediazione sia in qualche modo, per così dire, una «zona franca» rispetto ad un'indagine penale in corso. Sul punto, quindi, il Ministero – rispondendo ad un quesito sulla riservatezza - mi sembra abbia correttamente risposto per i profili di propria competenza. Sebbene - va osservato incidentalmente per completezza - si potrebbe a ragione applicare un principio affermato dalla giurisprudenza costituzionale secondo il quale, essendo la riservatezza connessa all'esercizio del diritto fondamentale di azione e di difesa, il fascicolo di mediazione dovrebbe avere a prescindere di quanto si dirà infra già soltanto per questo uno statuto particolare quantomeno “minimo” proprio con riferimento alle indagini penali cfr. sul punto la sentenza C. Cost. numero 81/1993 . e segreto professionale. Senonché, l'importanza della questione anche in considerazione delle possibili conseguenze anche a carico del responsabile dell'organismo e/o del mediatore suggeriscono l'opportunità di completare il tema affrontando la questione anche il diverso profilo della previsione del segreto professionale. Ed infatti, l'articolo 10, comma 2, d.lgs. numero 28/2010 prevede – per quel che in questa sede più rileva – che «al mediatore si applicano le disposizioni dell'articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 del codice di procedura penale in quanto applicabili». Qui non vi è dubbio che il legislatore – all'evidente scopo di rafforzare la riservatezza di cui all'articolo 9 e soprattutto, la fiducia delle parti nella mediazione – ha previsto uno statuto differenziato e rafforzato, rispetto a quanto detto prima per il fascicolo di mediazione oltre che per il mediatore . Sequestro del fascicolo. A tal fine è bene richiamare quanto previsto dall'articolo 103, comma 2, c.p.c. ove si legge che «presso i difensori non si può procedere a sequestro di carte e documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato». Una disposizione che, nel nostro caso, potremmo riscrivere così «presso il mediatore e presso l'organismo di mediazione non si può procedere a sequestro di carte e documenti relativi all'oggetto della mediazione, salvo che costituiscano corpo del reato». Ho scritto mediatore e ho aggiunto organismo di mediazione per la seguente considerazione anche a voler ammettere che la norma speciale dell'articolo 10 abbia esteso la garanzia soltanto al mediatore ma non mi pare possa essere avallata una lettura così restrittiva nonostante la natura eccezionale della norma resta che, per giurisprudenza pacifica, ciò che rileva non è tanto il luogo ove le carte e i documenti oggetto di tutela si trovano ma la loro “qualità”. Ne deriva che, poiché il mediatore generalmente inserisce tutto nel fascicolo di mediazione, quanto vale per il mediatore debba valere anche in ragione della struttura del d.lgs. 28/2010 che valorizza l'organismo di mediazione – cfr. sul punto la sentenza del TAR Lazio del 1° aprile 2016 anche per l'organismo di mediazione. Ecco allora che – ad esclusione delle ipotesi in cui il fascicolo ovvero parti dello stesso rappresentino corpo del reato – non è possibile procedere al suo sequestro e, in ogni caso, i risultati di quel sequestro non potrebbero essere utilizzati. Ma v'è di più. Ciò significa che si applica anche il comma 4 dell'articolo 103 c.p.c. nella parte in cui prevede «alle ispezioni, alle perquisizioni e ai sequestri procede personalmente il giudice ovvero nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice». Ne deriva che è escluso il potere di iniziativa della polizia giudiziaria anche se opera su delega della procura della Repubblica. Ecco allora che il mediatore e l'organismo di mediazione – onde evitare di rispondere penalmente e civilmente – a fronte della richiesta di sequestro del fascicolo di mediazione dovranno eccepire tempestivamente l'esistenza del segreto professionale spettando poi al giudice decidere in ordine all'applicabilità, no, nel caso di specie, del combinato disposto dell'articolo 10, comma 2, d.lgs. numero 28/2010 e dell'articolo 103 c.p.p Per maggiore chiarezza espositiva – a ragione della delicatezza del tema – è bene chiarire che sicuramente la norma tutela quanto la parte indirizza al solo mediatore e che non sia comune alle parti ovvero non soggetta a riservatezza interna. Resta il dubbio, invece, se il segreto – ad eccezione dell'ipotesi del corpo del reato – copra anche la domanda di mediazione, gli atti comuni e, soprattutto, il verbale di mediazione. Sebbene la norma dell'articolo 103 c.p.p. con riferimento al difensore penale venga generalmente limitata a quanto strettamente necessario in funzione difensiva per tutelare il diritto di difesa della parte, qui riterrei che, valorizzando la riservatezza che qualifica il procedimento, il segreto professionale copra tutto il fascicolo di mediazione come sopra individuato.