Il furto è consumato se la merce è stata portata oltre la barriera casse

In caso di furto in un supermercato, la fattispecie deve considerarsi consumata laddove l’imputato sia riuscito a nascondere la merce e portarla oltre la barriera casse anche se la persona offesa sia in quel momento intervenuta a causa del segnale sonoro attivatosi grazie al bar code installato sull’oggetto.

Il principio è stato ribadito dalla Corte di legittimità con la sentenza numero 3447/19, depositata il 24 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Roma confermava la condanna di prime cure per il reato di furto consumato aggravato ex articolo 625, numero 2, c.p. inflitta ad un imputato per aver sottratto un hard disk da un negozio di articoli elettronici, gesto che non era passato inosservato poiché il responsabile dell’esercizio aveva fermato l’uomo subito dopo aver superato la barriera casse. Avverso tale pronuncia, l’imputato ricorre in Cassazione. Furto consumato o tentato? In primo luogo, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione del fatto come furto consumato in quanto, essendo stato monitorato dal personale del punto vendita tramite il sistema di videosorveglianza interna, l’oggetto non era uscito dalla disponibilità e dalla sfera di vigilanza del titolare. Sul punto, la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che, in caso di furto in un supermercato, elementi quali il monitoraggio dell’azione mediante apparati di rilevazione automatica del movimento della merce o diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ed il conseguente intervento, impediscono la consumazione del delitto di furto che si configura dunque nei limiti dello stadio del tentativo, «non avendo l’agente conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva». Nel caso di specie, l’intervento del personale non era stato preceduto da un monitoraggio della condotta, ma dal segnale sonoro attivatosi nel momento in cui il ricorrente aveva superato la barriera casse, circostanza che dunque comporta l’avvenuta consumazione del reato. Ritenendo infondato il secondo motivo attinente al trattamento sanzionatorio inflitto, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 dicembre 2018 – 24 gennaio 2019, numero 3447 Presidente Di Salvo – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. La Corte d’appello di Roma, in data 19 marzo 2018, ha confermato la sentenza con la quale, in data 12 maggio 2017, il Tribunale di Roma aveva dichiarato alla pena ritenuta di giustizia I.M. per il reato di furto consumato aggravato ex articolo 625 c.p., numero 2 la condotta furtiva veniva posta in essere all’interno di un punto vendita e lo I. veniva fermato dal responsabile dell’esercizio dopo aver superato la barriera casse, perché risultava aver sottratto un hard disk. 2. Avverso la prefata sentenza ricorre lo I. , con atto che consta di due motivi. 2.1. Con il primo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione del fatto come furto tentato anziché consumato l’esponente deduce in particolare l’inosservanza, da parte dei giudici di merito, dei principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza numero 52117/2014, in quanto lo I. era stato monitorato dal personale del punto vendita, anche tramite sistema di videosorveglianza interna, già nell’atto di impossessarsi del bene con la conseguenza che quest’ultimo non era mai uscito dalla disponibilità e dalla sfera di vigilanza del titolare, il quale avrebbe potuto in ogni momento interrompere l’azione criminosa. 2.2. Con il secondo motivo si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’accertamento di responsabilità dello I. , nonché al trattamento sanzionatorio, giudicato eccessivo. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Richiamando i principi affermati dalla giurisprudenza apicale in tema di discrimen fra furto tentato e consumato presso un esercizio commerciale, il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, in base alla quale deve escludersi, nel caso di specie, la configurabilità del tentativo e deve concludersi per la sussistenza di un’ipotesi di furto consumato. La pronunzia a Sezioni Unite citata dal ricorrente afferma infatti che, in caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell’ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti, impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo Sez. U, numero 52117 del 17/07/2014, Prevete e altro, Rv. 261186 . Nel caso in esame, però, non è dato ravvisare alcun monitoraggio dell’azione furtiva da parte del personale addetto, atteso che - stando a quanto risulta tanto dalla sentenza impugnata quanto da quella di primo grado - ciò che provocava l’attenzione e poi l’intervento degli addetti alla vigilanza presso il punto vendita era l’allarme sonoro scattato in un momento successivo, ossia non appena lo I. ebbe superato la barriera casse allarme attivato in quel preciso istante a causa della presenza di un secondo bar code apposto sul bene il primo era posizionato sulla confezione ed era stato rimosso dallo I. al momento della rimozione delle placche antitaccheggio . Dunque è corretto quanto affermato dalla Corte di merito e, prima ancora, dal Tribunale in ordine al sia pur momentaneo conseguimento, da parte dello I. , della piena disponibilità della res furtiva. 2. Manifestamente infondato è il secondo motivo. A prescindere dall’oggettiva inammissibilità di una rivisitazione del materiale probatorio in sede di giudizio di legittimità, ai fini della postulata e peraltro fin qui neppure contestata riconsiderazione della responsabilità dello I. in ordine al reato a lui ascritto, va detto che il trattamento sanzionatorio a lui irrogato è stato determinato in modo del tutto adeguato alla gravità del fatto e alla personalità del soggetto, nonché ampiamente e correttamente motivato dalla Corte distrettuale sulla base dei criteri stabiliti dall’articolo 133 c.p. il percorso argomentativo sul punto fa infatti menzione sia della recidiva e dei numerosi precedenti specifici da cui l’imputato è gravato , sia del fatto che l’odierno ricorrente si era precedentemente reso responsabile di analoghe condotte furtive anche presso lo stesso punto vendita, a quanto risulta dalle prove raccolte a fronte di ciò, osserva la Corte territoriale, l’imputato ha fruito delle attenuanti generiche in termini di equivalenza alla recidiva e all’aggravante a lui contestata, e tanto non consente di accedere alla tesi del ricorrente circa l’eccessività della pena. 3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.