Gli scatti senza veli della famosa attrice italiana erano già stati pubblicati in passato. La loro vicinanza a quelli di alcune porno star non lede il suo onore.
Sabrina Ferilli, affascinante donna di spettacolo e, ovviamente, sogno proibito degli uomini italiani e non. Appare spesso su copertine di giornali e, in passato, ha anche posato per un calendario “senza veli”. Proprio alcune foto di questo calendario, però, diventano l'oggetto della causa che ha trascinato in tribunale il direttore di un settimanale «gossipparo». Il caso. In sintesi, l'attrice aveva chiesto di essere risarcita per alcuni scatti pubblicati su due numeri del settimanale, in quanto riteneva di essere stata diffamata. Perché? Perché erano stati accostati, nell'impaginazione, a quelli di alcune star del porno. I giudici del primo grado avevano condannato il direttore, ma la Corte d'appello ribaltava il verdetto assoluzione perché «le foto di per sé non erano oscene, né avevano altre qualità deteriori, e la rivista non poteva considerarsi pornografica». Le foto erano comunque destinate alla pubblicazione. La questione arriva fino in cassazione dove, però, il ricorso non viene accolto. Secondo i Supremi Giudici, infatti, dalla vicinanza con le altre signore non derivava alcun danno all'attrice italiana. In più, le stesse foto erano state già in passato destinate alla pubblicazione. Il Collegio, quindi, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 luglio - 16 novembre 2011, numero 42130 Presidente Calabrese - Relatore Scalera Osserva S F. ricorre tramite difensore di fiducia, ed ai soli effetti civili, avverso la sentenza del 19 gennaio 2010, con cui la corte di appello di Salerno, in riforma di quella di primo grado che aveva condannato l'imputato, aveva assolto Fa.Br. dal reato di diffamazione a mezzo stampa, secondo l'ipotesi di accusa da lui consumato pubblicando su due numeri sulla rivista omissis , di cui era direttore responsabile, foto che raffiguravano la ricorrente nuda ed in pose ammiccanti. La corte territoriale aveva ritenuto che le foto di per sé non erano oscene né avevano altre qualità deteriori, mentre la rivista non poteva considerarsi pornografica. Deduce la ricorrente l'erroneità della decisione, atteso che la pubblicazione delle foto in un contesto di volgarità ed oscenità assumeva valenza estremamente denigratoria, e costituiva a suo avviso il reato contestato. Il ricorso è destituito di fondamento. Va premesso che in punto di fatto sia la sentenza di primo grado che quella oggetto della presente disamina precisano come le foto della signora F. pubblicate sulla rivista del Fa. , non avessero carattere di oscenità, pornografia o erotismo, né risultassero particolarmente ammiccanti. Come allora ha ritenuto questa Corte con le sentenze di questa stessa Sezione numero 25054 del 19 aprile 2002 e numero 33654 del 6 aprile 2005, fotografie del genere, di per sé immuni da qualsivoglia connotarne negativa, possono assumere significato deteriore se inserite in un contesto di oscenità e volgarità Va dora vendicato se la rivista omissis ” fosse caratterizzata dal suddetto contesto. La corte territoriale lo esclude recisamente, chiarendo che il periodico sicuramente non aveva connotazione pornografica, non raffigurando attività sessuali di alcun genere, atteso che si limitava a pubblicare foto di belle donne più o meno svestite, accompagnate da testi contenenti pettegolezzi e cronaca mondana, cosiddetto gossip . Né può sostenersi, come fa la ricorrente, che la denigrazione potesse derivare dalle altre foto cui le sue erano state accostate, a suo dire raffiguranti stars del porno, atteso che sui numeri allegati agli atti, cui la Corte ha fatto legittimo accesso essendo il loro contenuto riportato nel capo di imputazione come costitutivo della condotta contestata, risultano fotografie di note donne di spettacolo, apprezzate non solo per la loro venustà, ma anche per le loro capacità professionali si tratta di attrici e modelle di rango i cui nomi sono riportati nella sentenza impugnata. Del resto nello stesso ricorso si assume che la foto che ritrae la signora Fe. a mezzo busto era stata riprodotta dalla copertina del settimanale . , su cui era stata pubblicata, dal che si evince che comunque le foto erano destinate alla pubblicazione. Il ricorso va pertanto rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.