Il grado di riduzione permanente dell’attitudine al lavoro causata da infortunio, quando risulti aggravato da inabilità preesistenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da altri infortuni, deve essere rapportato non all’attitudine al lavoro normale, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti inabilità.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza numero 15073, depositata il 17 giugno 2013. Infortunio di lavoratore già con percentuale di invalidità Secondo il ricorrente, la Corte d’appello, nel calcolo di valutazione dello stato anteriore rispetto ad una menomazione in ambito INAIL, ossia a seguito di infortunio sul lavoro, avrebbe applicato in modo erroneo la c.d. formula Gabrielli. Ciò, in quanto, a suo dire, i giudici di merito si erano limitati a recepire il responso del consulente d’ufficio, il quale aveva semplicemente sottratto dal danno funzionale della limitazione articolare dell’anchilosi, conseguente a infortunio sul lavoro e stimato nella misura del 10%, la percentuale di invalidità preesistente del 4%. Al contrario, a parere del ricorrente, si sarebbe dovuto considerare il grado di attitudine al lavoro residuato dopo l’infortunio e quello preesistente, non il grado di invalidità. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, chiarendo che in base alla suddetta formula il denominatore indica il grado di attitudine al lavoro preesistente e il numeratore la differenza fra questa e il grado di attitudine residuato dopo l’infortunio. L’errore del ricorrente. In pratica, gli Ermellini hanno rilevato che l’errore commesso dal ricorrente, nel tentativo di identificare il numeratore della frazione prevista dalla formula, è quello di pretendere di sottrarre l’intero valore del danno funzionale del 10%, che già inglobava la percentuale del danno anatomico preesistente all’infortunio lavorativo del 4%, dal grado di attitudine lavorativa del 96%. Mentre, i giudici di legittimità, hanno spiegato che, correttamente, il diminuendo del numeratore deve essere rappresentato dal grado dell’attitudine al lavoro preesistente, che non può, di certo, tener conto del grado di invalidità successivo all’infortunio sul lavoro.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 marzo – 17 giugno 2013, numero 15073 Presidente Canevari – Relatore Berrino Svolgimento del processo Con sentenza del 19/4 - 2/5/07 la Corte d'appello di Torino ha accolto l'impugnazione proposta dal'Inail avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale dello stesso capoluogo, che l'aveva condannato a corrispondere ad A.V. un trattamento corrispondente ad un grado di inabilità permanente conseguente ad infortunio sul lavoro nella misura del 10%, e di conseguenza ha rideterminato l'indennizzo nella misura del 6% dopo aver spiegato che il carattere silente della malattia preesistente, dalla quale era risultato essere affetto l'assicurato, non escludeva la proporzionale riduzione dovuta all'applicazione della cosiddetta formula Gabrielli , posto che ai sensi dell'articolo 79 del T.U. numero 1124/65 la inabilità da infortunio doveva essere valutata non con riferimento all'attitudine al lavoro normale, bensì con riguardo a quella ridotta per effetto della preesistente inabilità lavorativa. Per la cassazione della sentenza propone ricorso A.V. , il quale affida l'impugnazione ad un solo motivo di censura. Resiste con controricorso l'Inail. Entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Motivi della decisione Con l'unico motivo di censura, articolato per violazione e falsa applicazione dell'articolo 79 del d.p.r. 30/6/1965 numero 1124, oltre che per motivazione incongrua ed erronea, il ricorrente si duole del fatto che la Corte d'appello avrebbe, a suo giudizio, applicato in modo erroneo la cosiddetta formula Gabrielli prevista dalla citata disposizione normativa, in quanto si era limitata a recepire il responso del consulente d'ufficio il quale aveva semplicemente sottratto dal danno funzionale della limitazione articolare dell'anchilosi, conseguente ad infortunio sul lavoro e stimato nella misura del 10%, la percentuale di invalidità preesistente del 4%. Al contrario, secondo il ricorrente, la suddetta norma non considera il grado di invalidità attuale e preesistente, bensì il grado di attitudine al lavoro residuato dopo l'infortunio e quello preesistente. Il ricorso è infondato. Invero, la formula Gabrielli, di cui alla citata disposizione normativa, risulta essere stata correttamente applicata dalla Corte territoriale. La norma in questione, vale a dire l'articolo 79 del T.U. numero 1124/65 stabilisce che il grado di riduzione permanente dell'attitudine al lavoro causata da infortunio, quando risulti aggravato da inabilità preesistenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da altri infortuni non contemplati dallo stesso titolo del testo unico o liquidati in capitale ai sensi dell'articolo 75, deve essere rapportato non all'attitudine al lavoro normale, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti inabilità. La norma aggiunge che il rapporto è espresso da una frazione in cui il denominatore indica il grado di attitudine al lavoro preesistente e il numeratore la differenza fra questa e il grado di attitudine residuato dopo l'infortunio. Orbene, dalla chiara esposizione dei dati riportati nella sentenza impugnata e dal loro confronto con la previsione del calcolo matematico indicato dalla citata norma, è agevole ricavare che nella fattispecie il denominatore, costituito dal grado di attitudine al lavoro preesistente, era dato dal valore 96 ottenuto sottraendo il preesistente grado di inabilità del 4% dal valore massimo del 100% , mentre il numeratore era corrispondente a 6, cioè alla differenza tra l'attitudine al lavoro preesistente del 96% ed il grado di attitudine del 90% residuato dopo l'infortunio ottenuto sottraendo l'accertato nuovo grado di invalidità del 6% dal precedente grado di attitudine lavorativa del 96% , per cui il risultato finale della frazione non poteva essere che quello di 6,25. In pratica, l'errore che commette il ricorrente, nel tentativo di identificare il numeratore della frazione prevista dalla suddetta formula, è quello di pretendere di sottrarre l'intero valore del danno funzionale del 10%, che già inglobava la percentuale del danno anatomico preesistente all'infortunio lavorativo del 4%, dal grado di attitudine lavorativa del 96%, mentre la dizione della citata norma è chiara nel senso di esigere che il diminuendo del numeratore deve essere rappresentato dal grado dell'attitudine al lavoro preesistente che non può, di certo, tener conto del grado di invalidità successivo all'infortunio lavorativo. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Non va adottata alcuna statuizione sulle spese ai sensi dell'articolo 152 disp. att. c.p.c. nel testo successivo all'entrata in vigore del d.l. 30 settembre 2003, numero 269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, numero 326. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.