Qual è la posizione degli avvocati ""dipendenti"" di studi professionali?

Il tema è molto delicato ma il disegno di legge, recante disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita licenziato dal Governo, sollecita una riflessione realistica. In particolare, facciamo riferimento all’articolo 9 del citato disegno di legge, rubricato «Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo».

Facciamo riferimento all’articolo 9 del disegno di legge che così recita «articolo 9 Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo 1. Al Capo I, Titolo VII, del decreto legislativo 10 settembre 2003, numero 276, dopo l’articolo 69 è aggiunto il seguente Articolo 69-bis. Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo 1. Le prestazioni lavorative rese da persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sono considerate, salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti a che la collaborazione abbia una durata complessivamente superiore ad almeno sei mesi nell’arco dell’anno solare b che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, costituisca più del settantacinque per cento dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare c che il collaboratore disponga di una postazione di lavoro presso una delle sedi del committente. 2. La presunzione di cui al comma 1, che determina l’integrale applicazione della disciplina del presente Capo, ivi compresa la disposizione dell’articolo 69, comma 1, trova applicazione con riferimento ai rapporti instaurati successivamente all’entrata in vigore della presente disposizione. Per i rapporti in corso a tale data, al fine di consentire gli opportuni adeguamenti, le predette disposizioni si applicano decorsi dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge. 3. Quando la prestazione lavorativa di cui al comma 1 si configura come collaborazione coordinata e continuativa, gli oneri contributivi derivanti dall’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’Inps in forza dell’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, numero 335, sono a carico per due terzi del committente e per un terzo del collaboratore, il quale, nel caso in cui la legge gli imponga l’assolvimento dei relativi obblighi di pagamento, avrà il relativo diritto di rivalsa nei confronti del committente.”. 4. La disposizione di cui alla prima parte del primo periodo del comma 3 dell’articolo 61 del decreto legislativo 10 settembre 2003, numero 276, si interpreta nel senso che l’esclusione dal campo di applicazione del Capo I del Titolo VII del medesimo decreto riguarda le sole collaborazioni coordinate e continuative il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali. In caso contrario, l’iscrizione del collaboratore ad albi professionali non è circostanza idonea di per sé a determinare l’esclusione dal campo di applicazione del presente Capo». Il disegno di legge interviene sul d.lgs. 10 settembre 2003, numero 276 meglio conosciuto come Riforma Biagi. L’articolo 61, numero 3, della legge Biagi escludeva dai lavori a progetto le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. 276/2003. Per la dottrina ex plurimis Marcello Pedrazzoli in Il nuovo mercato del lavoro, Zanichelli editore «la ragione dell’esclusione è probabilmente duplice. Da un lato, la prestazione del libero professionista, per la natura caratteristica di obbligazione di mezzi tranne il caso della redazione di un progetto materiale ad opera, ad esempio, dell’architetto , per le modalità di esecuzione, per l’intensa fiduciarietà che permea il rapporto, appare tetragona ad essere visualizzata come progetto, programma o fase di lavoro. Si è perciò pensato di non sottoporre alla problematica riforma anche i rapporti continuativi instaurati da soggetti privati e pubblici, individuali e collettivi, con professionisti iscritti in albi. In secondo luogo, va considerato che le relative collaborazione non mostrano particolare sofferenza in relazione all’obbligo contributivo una questione che affiora sempre sotto le spoglie, non mentite, ma di sicuro più ampie, del convogliamento delle collaborazioni nella disciplina del lavoro a progetto perseguito con la riforma Biagi. Per il professionisti iscritti che instaurino rapporti ex articolo 409, numero 3, c.p.c., un tale obbligo è già previsto a stregua dell’articolo 2, comma 26, l. numero 335/1995». Ne consegue che il rapporto di collaborazione tra l’avvocato, iscritto all’albo, e gli studi professionali si è venuto evolvendo senza una precisa normativa di riferimento. In questa situazione gli avvocati alle dipendenze di grossi studi professionali hanno potuto giovarsi delle regole di best practice predisposte dall’associazione studi legali associati. Gli avvocati, invece, dipendenti di studi professionali medi e piccoli hanno vissuto in una situazione di grave incertezza normativa. L’articolo 9 del disegno di legge in commento muovendo dalla presunzione, salvo prova contraria, del carattere coordinato e continuativo e non autonomo ed occasionale della collaborazione tutte le volte che essa duri complessivamente più di sei mesi nell’arco di un anno, da essa il collaboratore ricavi più del 75% dei corrispettivi anche se fatturati a più soggetti riconducibili alla medesima attività imprenditoriale e comporti la fruizione di una postazione di lavoro presso la sede istituzionale o le sedi operative del committente, ha posto norme volte ad evitare utilizzi impropri di attività professionale in sostituzione di contratti di lavoro subordinato. Al numero 4 la novella introduce una norma di interpretazione autentica del primo periodo del comma 3, dell’articolo 61, d.lgs. numero 276/2003 nel senso che l’esclusione dal campo di applicazione del capo primo del titolo settimo del medesimo decreto riguarda le sole collaborazioni coordinate e continuative il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali. In caso contrario, l’iscrizione del collaboratore ad albi professionali non è circostanza idonea di per se a determinare l’esclusione dal campo di applicazione del presente capo. A prima vista sembrerebbe quindi che tutti i collaboratori possano ricadere nella previsione di cui all’articolo 69 bis ma, a parere di chi scrive, non sarà così, avendo il legislatore, per far venir meno l’esclusione, privilegiato criteri qualitativi rispetto a criteri quantitativi. Secondo la volontà del disegno di legge in commento sarebbe esclusi dal rapporto di collaborazione coordinata e continuativa le sole collaborazioni il cui contenuto concreto sia riconducibile alle attività professionali intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali. Opportuni chiarimenti, nella direzione di una più precisa individuazione dei soggetti coinvolti, sarebbero necessari considerata la genericità della formula utilizzata. Sull’argomento la giurisprudenza ha chiarito come anche una certa attività che normalmente viene svolta da chi è iscritto in un albo professionale, può considerarsi non protetta e quindi può essere svolte liberamente da chi ne abbia titolo e competenza. Per fare l’esempio su uno dei casi più eclatanti e controversi, molto dibattuta è la questione se la consulenza legale stragiudiziale debba considerarsi attività libera oppure protetta e quindi riservata chi sia iscritto nell’albo degli avvocati. A tal proposito, già nel 1987 la Cassazione ebbe a stabilire che «nel caso di consulenza legale extragiudiziale svolta in Italia da soggetto, anche straniero, non iscritto all’albo professionale forense la prestazione contrattuale è pienamente lecita a va retribuita, senza che per il compenso possa applicarsi obbligatoriamente la tariffa professionale». Ancora più chiara appare una massima molto più recente dove è stabilito che «la prestazione di opere intellettuali nell’ambito dell’assistenza legale è riservata agli iscritti negli albi forensi solo nei limiti della rappresentanza, assistenza e difesa delle parti in giudizio» Cass., sezione III, 08.08.1997, numero 7359 . Lo stesso principio è stato ribadito anche da Cassazione, sezione VI penale, sentenza del 15 aprile 2003, numero 17921 e più recentemente dalle Sezioni Unite Civili con sentenza 26 maggio 2006, numero 12543 per la quale gli atti rilevanti, ai fini della configurabilità del reato di abusivo esercizio di una professione sono quelli riservati in via esclusiva a soggetti dotati di speciale abilitazione e cioè ai cd. tipici, con esclusione delle attività relativamente libere, solo strumentalmente connesse a quelle tipiche. Riportando il discorso nella sede dalla quale siamo partiti è evidente che se uno studio professionale utilizza un avvocato come segretario di studio il rapporto sarà di natura sicuramente subordinata. Ma che si dirà dell’avvocato comparsista? Potrebbe rientrare nel novero dei rapporti di collaborazione coordinata e continuata con un effetto però dirompente sugli equilibri economico finanziari di Cassa Forense perché quando la prestazione lavorativa si configura come collaborazione coordinata e continuativa, scatta l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata dell’INPS in forza dell’articolo 2, comma 26, l. numero 335/1995, con contribuzione a carico per 2/3 del committente e per 1/3 del collaboratore. Il problema quindi si pone in termini di drammatica attualità che suggerirebbe all’interprete di proporre al Parlamento un emendamento all’articolo 69 bis per regolamentare, ex novo, il rapporto di collaborazione professionale tra il professionista iscritto all’albo e lo studio professionale con caratteristiche sue proprie tali da salvaguardare l’autonomia e l’indipendenza della prestazione intellettuale e l’obbligo di iscrizione alla Cassa professionale di riferimento. In Spagna esiste il TRADE lavoratore autonomo economicamente dipendente. Un aiuto per la soluzione del problema ci può venire dalla Spagna la quale, con legge 11 luglio 2007, numero 20, ha introdotto il nuovo statuto del lavoro autonomo LETA . Di fronte alle profonde innovazioni che hanno riguardato il lavoro autonomo negli ultimi decenni, i cambiamenti intervenuti nella struttura stessa del lavoro autonomo e anche, conseguentemente, nella tipologia dei lavori autonomi, la legislazione spagnola ha disciplinato la figura del lavoratore autonomo economicamente dipendente TRADE . L’articolo 11 della LETA definisce i TRADE come quei lavoratori che «realizzano un’attività economica o professionale a titolo lucrativo e in forma abituale, diretta e predominante per una persona fisica o giuridica, chiamata Ente, dal quale dipendono economicamente per il fatto di percepire dal rendimento del proprio lavoro o attività professionale almeno il 75% del proprio reddito». Il secondo comma dell’articolo 11 della LETA contiene una serie di previsioni o condizioni che il TRADE dovrà possedere, simultaneamente, per poter essere qualificato come tale. I tratti caratteristici del TRADE sono - l’esercizio abituale dell’attività economica con fine di lucro e l’esercizio dell’attività in forma personale e diretta - percezione da un unico imprenditore almeno del 75% dei redditi derivanti dal risultato del proprio lavoro o da attività economiche professionali. Credo che il Governo Monti abbia avuto presente la soluzione spagnola avendo richiamato alla lettera b proprio il 75% dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare. Per chi volesse saperne di più rinvio a «Lo statuto del lavoro autonomo nella legislazione spagnola, con particolare riferimento al lavoro autonomo economicamente dipendente» di Fernando Valdés Dal-Ré e Alberto Valdés Alonso in Dir. relaz. ind., 2010, 03, 0705.