Quando il condominio non vuole cambiare faccia(ta)

Possono essere gli stessi condomini, all’unanimità, a stabilire una loro definizione del concetto di decoro architettonico relativo all’aspetto generale dell’edificio.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 12582 depositata il 17 giugno. Il caso. Con atto di citazione ritualmente notificato, due proprietari di unità immobiliari convenivano, avanti al Tribunale di Brescia, altro condomino dello stesso stabile il quale, a dire degli attori, aveva iniziato compiuto integrale ristrutturazione dei propri locali in violazione del regolamento condominiale che vietava ogni modificazione architettonica dell’edificio. La domanda formulata dai condomini ricorrenti, pertanto, era quella di ordinare la reintegrazione in forma specifica, mediante la demolizione delle opere vietate, eseguite dai convenuti. Il regolamento condominiale può prevedere un proprio definito concetto di decoro architettonico dello stabile. Il Tribunale accoglieva la domanda ritenendo che le opere in oggetto, pur non arrecando come invece preteso dagli attori alcun pregiudizio alla staticità dell’edificio, comportavano una modificazione dell’andamento architettonico del complesso immobiliare in contrasto con l’articolo 7 del regolamento condominiale contrattuale che vietava qualsiasi modificazione della struttura architettonica del fabbricato veniva pertanto ordinata la rimozione del porticato realizzato dai condomini convenuti sul lato est della facciata dello stabile. La decisione veniva confermata dalla Corte di appello di Brescia ed il giudizio giungeva così al vaglio della Corte di Cassazione, all’ attenzione della quale fra l’altro i ricorrenti ponevano anche la questione della derogabilità dell’articolo 1120 c.c. relativo al potere del condominio di autorizzare tramite delibera assembleare qualificata le innovazioni. Secondo i ricorrenti, in altre parole, la Corte d’appello ed il Tribunale in prima battuta avrebbero errato nel ritenere accogliendo le domande degli attori che sia possibile a mezzo di regolamento contrattuale cioè approvato dai condomini all’unanimità stabilire una volta per tutte un concetto di decoro architettonico relativo allo stabile in oggetto che non possa in seguito essere più modificato neppure tramite delibera assembleare qualificata. In questo modo in sostanza, secondo i ricorrenti si priverebbe illegittimamente l’assemblea condominiale e quindi gli stessi condomini di un proprio diritto e cioè appunto quello di deliberare le innovazioni ritenute opportune relative alle parti comuni. Provvedendo in merito al ricorso, la Corte suprema rigettava il gravame confermando quindi per la seconda volta la sentenza favorevole ai condomini attori in primo grado ricordando come l’autonomia privata consenta alle parti sia pur “riunite” in un condominio di stipulare convenzioni che pongano limitazioni, nell’interesse comune purché non vengano violati i diritti dei singoli partecipanti alla comunione al contenuto del diritto sulle parti di loro esclusiva proprietà. Il regolamento condominiale contrattuale può disporre limitazioni ai diritti dei singoli condomini. In sostanza, secondo la Cassazione principio del resto già affermato in diverse decisioni precedenti, fra tutte Cass. 26468/07 è perfettamente legittimo che all’unanimità i condomini approvino un regolamento condominiale con il quale viene stabilito un concetto di decoro architettonico dell’edificio che non potrà più essere modificato ed al quale, pertanto, anche in futuro tutti i condomini si dovranno attenere. È vero, si potrebbe aggiungere come breve commento, che in questo modo i condomini che approvano il regolamento ledono il diritto dei singoli in futuro di modificare sostanzialmente l’assetto dell’edificio anche per quanto riguarda le loro parti private, ma è anche vero che tale lesione o limitazioni avviene e per questo la Cassazione correttamente lo ritiene perfettamente lecito per espressa volontà delle parti ed in relazione ad un diritto delle quali esse liberamente possono disporre. Per completezza, si ricorda infine che un regolamento condominiale per essere approvato all’unanimità il che ovviamente è indispensabile qualora si voglia dare validità a clausole contrattuale, cioè che dispongono anche dei diritti attinenti alle parti private ai diritti soggettivi dei condomini un regolamento o viene predisposto dal primo unico proprietario dello stabile ed in seguito accettato con i singoli atti di acquisto dai condomini, ovvero viene adottato in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condomini.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 24 marzo – 17 giugno 2015, numero 12582 Presidente Oddo – Relatore Matera Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 9-4-1999 P.G. e G.M. , premesso di essere proprietari di due unità immobiliari facenti parte del Condominio omissis , convenivano dinanzi al Tribunale di Brescia la Montagnoli Hotel s.r.l., deducendo che tale società, proprietaria delle altre unità immobiliari, aveva iniziato lavori di integrale ristrutturazione in violazione del regolamento condominiale contrattuale, che vietava ogni modificazione architettonica dell'edificio, nonché con pregiudizio della sua stabilità. Nel far presente di aver proposto ricorso ex articolo 1171 c.c. davanti al Pretore di Salò, il quale con ordinanza del 9-3-1999 aveva sospeso l'esecuzione delle opere, gli attori chiedevano in via principale la condanna della società convenuta, ai sensi dell'articolo 2058 c.c., alla reintegrazione in forma specifica, mediante la demolizione delle opere edificate in violazione dei criteri di stabilità e delle caratteristiche architettoniche dell'edificio in subordine, chiedevano il risarcimento del danno per equivalente. Nel costituirsi, la convenuta contestava la fondatezza della domanda e ne chiedeva il rigetto. Integrato il contraddittorio nei confronti dei condomini C.F. e M.A. i quali si costituivano chiedendo, rispettivamente, l'accoglimento e il rigetto delle domande attrici e procedutosi ad espletamento di consulenza tecnica d'ufficio, con sentenza in data 11-10-2004 il Tribunale adito, nel dare atto che le opere eseguite dalla convenuta, pur non arrecando alcun pregiudizio alla statica dell'edificio, comportavano una modificazione dell'andamento architettonico del complesso immobiliare, in contrasto con l'articolo 7 del regolamento condominiale contrattuale, che vietava qualsiasi modificazione della struttura architettonica del fabbricato, condannava la società Montagnoli Hotel a rimuovere il porticato realizzato sul lato est della facciata del fabbricato. Avverso la predetta decisione proponeva appello la convenuta. Nel corso del giudizio di appello veniva disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti di M.A. e di C.F. . A seguito del decesso di quest'ultimo, il processo interrotto veniva riassunto nei confronti dei suoi eredi. Con sentenza in data 24-7-2009 la Corte di Appello di Brescia rigettava il gravame. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Montagnoli Hotel s.r.l., sulla base di cinque motivi. P.G. e S.M. hanno resistito con controricorso, mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensive. In prossimità dell'udienza le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1 Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2058 c.c Deduce che, avendo gli attori lamentato la violazione di un diritto reale e chiesto che la situazione violata venga rimessa in pristino, il rimedio esperibile non era quello previsto in materia risarcitoria dall'articolo 2058 primo comma c.c., avendo il legislatore previsto una tutela ad hoc, mediante le azioni petitorie. Deduce, pertanto, che, a seguito della proposizione dell'azione di enunciazione ex articolo 1171 c.c., gli attori, per ottenere che si ristabilisse il diritto asseritamente violato, nel giudizio di merito avrebbero dovuto spiegare la correlata azione petitoria e non, invece, la domanda di risarcimento del danno ex articolo 2058 c.c., ontologicamente diversa rispetto a quella petitoria. Il motivo, nella parte in cui deduce che gli attori hanno agito a tutela di un diritto reale, non si confronta con le ragioni della decisione, nella quale è stato chiarito che i coniugi P. S. hanno fatto valere in giudizio la violazione della norma del regolamento condominiale che vieta ogni modificazione della struttura architettonica del fabbricato. Sotto altro profilo, si osserva che la mancata instaurazione dell'azione petitoria, nel regime processuale applicabile alla fattispecie, avrebbe potuto eventualmente comportare la perdita di efficacia del provvedimento adottato dal giudice nella fase interinale, ma non precludeva agli attori la possibilità di promuovere un'autonoma azione risarcitoria contrattuale, basata sulla violazione di una norma del regolamento condominiale, e di chiedere il risarcimento in forma specifica ex articolo 2058 c.c., mediante l'eliminazione dell'opera lesiva. Come è stato precisato dalla giurisprudenza, infatti, il risarcimento del danno in forma specifica, secondo il principio generale fissato dall'articolo 2058 c.c., é applicabile anche alle obbligazioni contrattuali, costituendo rimedio alternativo al risarcimento per equivalente pecuniario Cass. 2-7-2010 numero 15726 Cass. 30-7-2004 numero 14599 Cass. 29-5-1995 numero 6035 e potendo, in particolare, il danneggiato richiedere ed ottenere la reintegrazione in forma specifica anche qualora risulti leso il suo diritto di condomino derivante dalla violazione del regolamento pattizio cfr. Cass. 13-11-1997 numero 11227 . .2 Con il secondo motivo la ricorrente si duole dell'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, avendo la Corte di Appello, a conferma della sentenza di primo grado, da un lato accolto la domanda proposta ex articolo 2058 primo comma c.c. dai danneggiati con ciò ammettendo l'esistenza del danno , e dall'altro negato l'esistenza dei danni subiti dagli attori. Il motivo è infondato, essendo evidente che la sentenza impugnata, sia pure implicitamente, ha inteso distinguere tra risarcimento in forma specifica, spettante al condomino in virtù della mera violazione della norma del regolamento contrattuale che vieta qualsiasi modifica della struttura architettonica del fabbricato, e risarcimento in forma generica, dovuto in relazione a danni diversi rispetto a quelli risarcibili in forma specifica. L'affermazione secondo cui la sentenza di primo grado non conteneva alcuna pronuncia in merito ad eventuali danni subiti dagli attori, pertanto, facendo chiaramente riferimento a danni risarcibili in forma generica, non si pone in contrasto con la conferma della pronuncia di condanna al risarcimento in forma specifica ex articolo 2058 primo comma c.c 3 Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 112 c.p.c., per avere la Corte di Appello dichiarato d'ufficio la nullità di una delibera dell'assemblea condominiale per violazione di una norma del regolamento condominiale in assenza di impugnazione della stessa. Il motivo è privo di fondamento, dovendosi rammentare che anche in relazione alle delibere assembleari trova applicazione il principio dettato in materia di contratti dall'articolo 1421 c.c., secondo cui è attributo al giudice il potere di rilevarne d'ufficio la nullità tra le tante v. Cass. 27-6-2005 numero 13732 Cass. 15-1-2007 numero 740 Cass. 2-3-2007 numero 4973 . Nella specie, pertanto, avendo la convenuta eccepito la decadenza degli attori dal potere d'impugnare la delibera condominiale che aveva autorizzato la società Montagnoli ad eseguire le opere in questione, ben poteva il giudice di merito rilevare d'ufficio la nullità di tale delibera, non soggetta ai termini di impugnazione previsti dall'articolo 1137 c.c 4 Con il quarto motivo la ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta nullità della delibera assembleare del 23-6-1998 che, a maggioranza, ha autorizzato i lavori in oggetto. Deduce che, alla luce dei principi enunciati dalle S.U. nella sentenza numero 4806/2005, la delibera in parola, anche se considerata contraria al divieto regolamentare di cui all'articolo 7, non potrebbe ritenersi nulla, ma annullabile con la conseguenza che la stessa è divenuta definitiva, per difetto della mancata impugnazione entro il termine stabilito dalla legge. Il motivo è inammissibile, non confrontandosi con le ragioni della decisione. La Corte di Appello ha ritenuto inammissibile il motivo di gravame inerente alla dichiarazione di nullità, per contrasto con l'articolo 7 del regolamento condominiale, della delibera assembleare del 23-6-1998, rilevando che le censure mosse dall'appellante erano generiche, non contrastando specificamente le puntuali argomentazioni poste dal giudice di primo grado a fondamento della pronuncia resa sul punto. Tale affermazione non ha costituito oggetto di specifica censura da parte della ricorrente, la quale, con il motivo in esame, solleva questioni non pertinenti rispetto alla ratio decidendi. 5 Con il quinto motivo la ricorrente si duole della violazione degli articolo 1138 e 1120 c.c Deduce che la Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che l'articolo 7 del regolamento condominiale, che vieta ogni modificazione della struttura architettonica del fabbricato, costituisca legittima predeterminazione, una volta per tutte, del concetto di decoro architettonico di cui al secondo comma dell'articolo 1120 c.c. . Sostiene, infatti, che, attesa l'inderogabilità dell'articolo 1120 c.c., prevista dall'ultimo comma dell'articolo 1138 c.c., nemmeno un regolamento condominiale contrattuale può privare la maggioranza qualificata dell'assemblea del potere di autorizzare il condomino alle innovazioni di cui all'articolo 1120 c.c Anche tale motivo deve essere disatteso. Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte, in materia di condominio di edifici, l'autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che pongano limitazioni, nell'interesse comune, ai diritti dei condomini, sia relativamente alle parti comuni, sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà, senza che rilevi che l'esercizio del diritto individuale su di esse si rifletta o meno sulle strutture o sulle parti comuni. Ne discende che legittimamente le norme di un regolamento di condominio aventi natura contrattuale, in quanto predisposte dall'unico originario proprietario dell'edificio ed accettate con i singoli atti di acquisto dai condomini ovvero adottate in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condomini possono derogare od integrare la disciplina legale ed in particolare possono dare del concetto di decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall'articolo 1120 c.c., estendendo il divieto di immutazione sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica, all'aspetto generale dell'edificio, quali esistenti nel momento della sua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva Cass. 6-10-1999 numero 11121 numero 1748 Cass., 29-4-2005 numero 8883 Cass. 14-12-2007 numero 26468 Cass. 24-1-2013 . Nella specie, di conseguenza, correttamente il giudice del merito ha ritenuto che le opere poste in essere dalla convenuta, in quanto realizzate in violazione di una specifica norma regolamentare di natura contrattuale che vieta ogni modificazione della struttura architettonica del fabbricato, sono da considerare illegittime ed ha, conseguentemente, disposto la riduzione in pristino. 6 Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese sostenute dai controricorrenti nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.