Senza licenza comunale il trasporto con conducente è fuori legge

Anche se il codice stradale ammette espressamente il servizio di noleggio con conducente con l'impiego di veicoli a pedali questa attività resta assimilabile al trasporto pubblico di linea. Quindi occorre una licenza ad hoc per operare che deve essere rilasciata preventivamente dal Comune.

Lo ha chiarito il Tar Lazio, sez. II, con la sentenza numero 6208 del 27 maggio 2016. Il caso. Una cooperativa sociale senza fini di lucro ha proposto ricorso contro l'ordinanza capitolina che vieta qualunque attività assimilabile al trasporto pubblico di persone con mezzi a pedali nell'ambito del centro storico della capitale per tutta la durata del Giubileo. L'ONLUS in particolare lamenta di non poter più dare seguito in questo modo alla convenzione sottoscritta a suo tempo con il Ministero della giustizia per il rinserimento dei detenuti, attraverso il progetto denominato “ecotaxi”. È necessaria la licenza comunale. E questo nonostante la recente modifica al codice stradale che ha meglio specificato la possibilità di utilizzare anche i mezzi a pedali per il trasporto di persone con conducente. Il Collegio ha rigettato tutte le censure. Anche se dal 22 febbraio 2014 è teoricamente possibile effettuare regolare servizio di trasporto delle persone con conducente sui tricicli a pedali grazie alla modifica introdotta nell'articolo 85 del cds dall'13- bis della legge di conversione numero 9 del 21 febbraio 2014, del dl 145/2013 pubblicata sulla GU numero 43 del 21/02/2014 , resta il nodo della necessaria licenza comunale. Il servizio di noleggio con conducente per trasporto di persone non è libero, specifica il collegio, ma richiede appunto il rilascio di una autorizzazione, tanto sia a mente dell’articolo 34 del regolamento comunale di polizia urbana, quanto delle disposizioni recate dall’articolo 85 del codice della strada e dalla legge quadro in materia di autoservizi pubblici non di linea, numero 21 del 1992 . In buona sostanza serve una specifica autorizzazione comunale anche per questo tipo di attività, espressamente richiamata anche nell'articolo 85 del codice della strada. Il servizio di trasporto delle persone a mezzo di un velocipede è infatti assimilabile ad una forma di trasporto pubblico non di linea. Pertanto senza autorizzazione comunale i risciò con conducente non possono circolare.

TAR Lazio, sez. II, sentenza 6 aprile – 27 maggio 2016, numero 6208 Presidente Amodio – Estensore Martino Fatto 1. La società ricorrente rappresenta di essere una Onlus, con lo scopo sociale di sostenere e praticare il reinserimento nella società di detenuti ed ex detenuti tramite il loro ricollocamento lavorativo. Nell’ambito di tali attività mantiene continui contatti con gli Uffici del Ministero della Giustizia preposti alla disciplina dell’esecuzione esterna al carcere delle pene che indirizzano alla cooperativa i detenuti da avviare ad attività di lavoro per scontare la pena cui sono stati condannati. A tale scopo, ha ideato e realizzato, in collaborazione con il Ministero della Giustizia, il progetto “Ecotaxi” il cui obiettivo è favorire la mobilità nel centro storico di Roma, utilizzando ciclotaxi a trazione mista umana ed elettrica che non generano alcuna emissione inquinante. Il progetto - interamente finanziato con risorse pubbliche del Ministero della Giustizia, Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Roma, che ha provveduto anche all’acquisto dei mezzi - venne avviato con una Convenzione stipulata il 13 dicembre 2006, e vedeva coinvolti, tra gli altri, diversi Assessorati del Comune di Roma. Le somme necessarie al finanziamento del progetto erano messe a disposizione dalla Cassa delle Ammende, che approvava il progetto con delibera del CdA del 24 febbraio 2005. All’epoca, non erano state emanate norme che regolassero la circolazione ed il noleggio con conducente dei tricicli a trazione mista, umana ed elettrica, per cui l’Assessorato alle Politiche Ambientali del Comune di Roma, si impegnava ad attivarsi per l’emanazione della regolamentazione, come stabilito nella Memoria di Giunta del Comune prot. numero 11336 del 26 aprile 2006. Tale determina restava però completamente disattesa e le autorizzazioni - promesse e dovute in forza degli impegni assunti con la convenzione con il Ministero - restavano inevase. Pertanto, nel marzo del 2008, la cooperativa decideva di inviare un atto di significazione e diffida a tutti i soggetti coinvolti, affinché venissero emanate tali autorizzazioni, la cui mancanza metteva a repentaglio il finanziamento disposto dalla Cassa delle Ammende che, sul presupposto della piena validità della Convenzione sopra richiamata, aveva erogato la somma di oltre 380.000 euro per l’acquisto dei mezzi e l’inizio delle attività in esame. Tale atto di diffida veniva notificato nel marzo del 2008 ma nessuno degli Enti interessati ritenne di darvi seguito, per cui il progetto venne avviato dalla cooperativa nei termini di cui alla Convenzione sopra citata. Successivamente, i responsabili della cooperativa hanno cercato di ottenere dal Comune di Roma una formalizzazione delle autorizzazioni che il Comune stesso si era impegnato a rilasciare ma che evidentemente non erano di interesse dei politici e degli amministratori dell’epoca. Tuttavia da allora i mezzi hanno circolato regolarmente. La cooperativa ha attualmente 12 soci, 8 dei quali detenuti in permesso di lavoro con la sorveglianza dello UEPE o ex detenuti. Nel giugno 2014, parte ricorrente ha inviato al nuovo Sindaco onumero Ignazio Marino, una lettera in cui chiedeva un incontro urgente per definire il percorso necessario alla regolarizzazione dell’attività di progetto, lettera rimasta senza risposta. Nel novembre 2015, ha poi inviato al Commissario straordinario appena nominato una lettera di eguale tenore chiedendo nuovamente un incontro urgente per esporre la questione e definire il percorso necessario alla regolarizzazione delle attività di progetto. Evidenzia ancora che, in realtà, essa non svolge una mera attività di noleggio, bensì un’attività di recupero sociale dei detenuti e degli ex detenuti. Ritiene peraltro che, per effetto del decorso dei termini richiamati dalla suddetta diffida, sulla richiesta di autorizzazione si sia formato il silenzio – assenso. Blow Up sottolinea poi di avere più volte sollecitato il Comune a provvedere a regolamentare l’attività de qua, in considerazione del fatto che da circa due anni, si sono attivati altri gruppi che gestiscono l’attività dei risciò con propri mezzi e con scopo di lucro, talora attraverso metodi discutibili, con tariffe fuori controllo e sfruttamento dei “pedalatori”. La cooperativa presume che le resistenze incontrate in ordine alla definitiva regolamentazione del progetto possano esser derivate dall’ingerenza di “poteri forti” che hanno coltivato soltanto i propri interessi. L’emersione di comportamenti mafiosi nella gestione pubblica non è stata quindi, per essa, un sorpresa. In questo contesto, il provvedimento impugnato rischia di bloccare del tutto l’attività svolta, soprattutto perché non opera alcuna distinzione tra chi svolge un’attività socialmente utile e chi si è “buttato” sul mercato per trarne profitto, approfittando della carenza di una adeguata regolamentazione. L’ordinanza, viene dunque contestata per i seguenti motivi 1. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’articolo 54 DEL D.LGS. numero 267/2000 – CARENZA E MANIFESTA ILLOGICITÀ DELLA MOTIVAZIONE – SVIAMENTO ED ECCESSO DI POTERE – FALSA RAPPRESENTAZIONE DEI FATTI. Secondo la ricorrente, non vi erano i presupposti per l’adozione di una ordinanza contingibile ed urgente. Ad esempio, per quanto concerne la incolumità dei cittadini, viene citato un incidente avvenuto 8 anni fa, nel 2008, nel quale un quadriciclo guidato da un privato – e quindi non rientrante nella categoria dei velocipedi adibiti al trasporto di persone con conducente – ha causato lesioni ad un passante. Non vi sarebbe poi alcuna esplicita motivazione riconducibile alla tutela dell’ordine pubblico mentre si richiamano soprattutto esigenze di tutela del patrimonio artistico. Queste ultime, però, possono al più comportare un divieto di circolazione dei veicoli a motore mentre quelli in esame sono mezzi silenziosi e non inquinanti. Va poi adeguatamente considerato il fatto che lo stesso legislatore, da ultimo, con l. 21 febbraio 2014, numero 9, abbia classificato i velocipedi quali mezzi idonei al trasporto di persone in servizio di noleggio con conducente. Tanto, costituisce prova del fatto che la circolazione di questi mezzi non può essere impedita. Il Commissario straordinario, a tale riguardo, ha fatto riferimento alla circostanza che manca ancora una disciplina che regolamenti la licenza di guida, la revisione dei veicoli, l’assicurazione, la targa etcc., senza tuttavia considerare che è preciso dovere delle amministrazioni comunali non già di imporre divieti indiscriminati, quanto dotarsi di un regolamento per l’esercizio di tali attività affinché le stesse si svolgano in modo ordinato. La mancanza di autorizzazioni e di requisiti, lamentata nell’ordinanza impugnata, non riguarda comunque i mezzi della ricorrente, che, per effetto della Convenzione con il Ministero della Giustizia, sono tutti muniti di assicurazione per i danni contro terzi, sottoposti a revisione periodica e muniti di targhetta di riconoscimento. Inoltre, tutti i conducenti sono stati tutti adeguatamente valutati sotto il profilo della idoneità fisica per la guida dei mezzi. La ricorrente ritiene comunque che l’autorizzazione si sia formata per silenzio - assenso. Sarebbe altresì incongruo il riferimento, contenuto nel provvedimento impugnato, alla segnalazione all’Autorità Giudiziaria, da parte della Polizia locale, di alcune persone conducenti di risciò. E’ stata infatti la stessa Blow up a denunciare i comportamenti illeciti di alcune di queste organizzazioni che si sono presentate recentemente sul mercato. L’ordinanza opera invece una intollerabile generalizzazione. Con il medesimo criterio – prosegue parte ricorrente – allora dovrebbe essere impedita, ad esempio, la circolazione dei taxi, perché alcuni tassisti sono stati denunciati per avere truffato o estorto denaro. Il Commissario ha invece il dovere di intervenire a disciplinare le attività dei risciò e ad impedire la commissione di reati da parte di soggetti che si sono improvvisati e che gestiscono con chiaro scopo di lucro questa attività. II. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’articolo 2, LETT. D DEL D.M. 5 AGOSTO 2009, NONCHÉ DELL’articolo 7 LETT. B DEL D.LGS. numero 285 DEL 30.4.1992 CODICE DELLA STRADA . ERRATA INTERPRETAZIONE E APPLICAZIONE DI LEGGE. ECCESSO DI POTERE. Sostenere che alcune decine di mezzi possano intralciare il traffico romano, oberato da decine di migliaia di autovetture, è considerazione surreale, così come quella di ritenere occupazione illecita di suolo pubblico quella presuntivamente operata da mezzi di per sé destinati alla circolazione. Il problema potrebbe essere risolto, semmai, disciplinando la sosta e fermata dei veicoli, non certo impedendone la circolazione. Quanto poi al giudizio di inadeguatezza dell’utilizzo dei velocipedi al fine del trasporto pubblico di persone, esso contrasta con il limitato impatto di tali mezzi di trasporto, ormai diffusi in tutte le grandi metropoli. Invero, il Commissario avrebbe potuto e dovuto fondare il sul provvedimento, sull’articolo 7 del Codice della Strada, relativo alla limitazione di tutte o di alcune categoria di veicoli per accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale. Si è costituita, per resistere, Roma Capitale, in persona del Commissario straordinario. La difesa capitolina, ha rappresentato che il provvedimento impugnato – la cui efficacia è limitata solo ad alcune zone della città - avrà validità fino al 30 giugno 2016. Inoltre, ha ricordato che, ai sensi dell’articolo 34 del vigente Regolamento di Polizia Urbana, “nessuno può esercitare un commercio, una industria, una professione o mestiere ambulante, sul suolo o spazio pubblicosenza preventiva autorizzazione del Comune, salvi gli eventuali atti di competenza di altra autorità”. Relativamente al progetto promosso dal Ministero della Giustizia, cui i ricorrenti dichiarano di avere partecipato, riferisce che l’amministrazione comunale, in data 4.11.2009, ebbe ad autorizzare in via sperimentale, per 90 giorni, la circolazione di otto velocipedi di proprietà del Ministero, con la prescrizione che i veicoli fossero assicurati verso terzi ai fini della responsabilità civile sia per il conducente che per i trasportati. Con d.d. numero 643 del 19.3.2010, venne poi autorizzato il prosieguo della sperimentazione fino al 30 settembre 2010 “permettendo la circolazione e sosta degli otto velocipedi di proprietà del Ministero della Giustizia nelle ZZTTLL secondo quanto previsto nel progetto di cui alle premesse a condizione che gli otto velocipedi siano assicurati”. Venne inoltre espressamente escluso che “l’autorizzazione potesse costituire un qualsiasi precedente per il rilascio di licenze o autorizzazione permanente per la circolazione dei mezzi in parola”. Ne deriva che nessuna autorizzazione, nemmeno per assenso tacito, sussiste oggi in capo alla ricorrente per l’attività oggetto dell’ordinanza impugnata. Stigmatizza poi il fatto che, stando alle affermazioni della stessa cooperativa, a fronte degli otto mezzi autorizzati fino al 30 settembre 2010, essa pretenderebbe oggi di proseguire senza titolo l’attività trasportistica con 40 mezzi e ben settanta detenuti o ex detenuti. La difesa capitolina prosegue evidenziando che la circostanza dell’attuale presenza sul territorio di qualche centinaia dei c.d. risciò, induce a ritenere che il fenomeno abbia ben altra natura rispetto a quella rappresentata. Relativamente all’assimilabilità al trasporto pubblico collettivo o individuale di persone – ferme restando le modifiche apportate all’articolo 85 del codice della strada in base alle quali anche i velocipedi ed i quadricicli possono essere destinati al servizio di noleggio con conducente per trasporto di persone – l’articolo 1, d.l. numero 1/2012, convertito dalla l. numero 27/2012, esclude espressamente, dall’ambito delle liberalizzazioni, i servizi di trasporto pubblico di persone e cose non di linea, ovvero i servizi di taxi e di noleggio con conducente, le cui autorizzazioni debbono essere rilasciate dai Comuni attraverso un bando pubblico TAR Lazio, sentenza numero 54/2015, relativa ad una s.c.i.a. per l’attività di NCC da svolgersi con “l’ape calessino” . Per i mezzi di cui si discute, il codice della strada non prevede poi allo stato né il rilascio di targa né omologazione. Inoltre, essi non richiedono né titolo di guida, né specifica abilitazione professionale, circostanze queste, che, in rapporto al significativo sviluppo dell’attività in esame, vengono a determinare ricadute negative in termini di sicurezza urbana. L’entità del fenomeno è comprovata dai numerosi interventi sanzionatori posti in essere dalla Polizia Municipale e dalla segnalazione di alcuni soggetti all’A.G. perché resisi responsabili di violazioni penali associazione a delinquere, truffa, estorsione . In definitiva, l’attività inibita è assimilabile al trasporto pubblico non di linea e, segnatamente, al servizio di NCC svolto con tricicli, quadricicli, motocarrozzette etcc., in ordine al quale non sussiste alcun valido titolo in capo alla ricorrente. L’ordinanza è poi finalizzata ad assicurare le condizioni di decoro e sicurezza, nonché la protezione dei beni di interesse storico, paesaggistico architettonico e culturale della Città, nei luoghi a maggiore attrazione turistica e culturale. L’attività inibita, sebbene presente da tempo sul territorio, ha recentemente assunto proporzioni allarmanti, non più tollerabili e tendenti a crescere esponenzialmente con l’anno giubilare. Tutte le aree indicate nelle ordinanze impugnate ricadono nel sito Unesco, in particolare in quelle contigue e limitrofe a Piazza San Pietro e alle Basiliche di San Giovanni e S. Maria Maggiore. In tale contesto, l’ordinanza è – secondo l’amministrazione – conforme all’articolo 54 del d.lgs. numero 267/2000 e al d.m. del 5 agosto 2008. Il divieto riguarda un periodo ben preciso e solo le predette aree della città, in funzione anche delle “condizioni che verranno a generarsi in occasione del Giubileo Straordinario” e che contribuiscono a determinare condizioni di eccezionalità in conseguenza delle quali i fenomeni “se non affrontati in tempo, rischiano di assumere proporzioni tali da generare turbativa alla sicurezza urbana, nelle aree cittadine maggiormente interessata dai flussi turistici connessi all’evento giubilare.”. Nel caso di specie, il Commissario hai valutato, a fronte dell’attualità della minaccia alla pubblica incolumità e alla sicurezza urbana come definita dal d.m. 5.8.2008 che fosse impossibile utilizzare gli strumenti ordinari. Tale scelta riguarda il merito dell’azione amministrativa, e non può essere sindacata se non per illogicità o manifesta irragionevolezza. La parte pubblica ha poi richiamato l’orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo cui la violazione delle norme che tutelano i beni previsti dal d.m. del 5 agosto 208, non assume rilevanza in sé, bensì solo qualora possa costituire la premessa per l’insorgere di fenomeni di criminalità suscettibili di minare la sicurezza pubblica, dato che, in tal caso, “vengono in rilievo interessi che vanno oltre le normali competenze di polizia amministrativa locale” Cons. St., sez. VI, 31.10.2013, numero 5276 . Si è costituita, ad opponendum, l’Associazione Uritaxi. In vista della pubblica udienza del 6.4.2016, le parti hanno depositato memorie. Roma Capitale ha ribadito che parte ricorrente non ha alcun titolo per esercitare l’attività di cui discute e che, comunque, sussistono idonei presupposti per l’esercizio, da parte del Commissario, dei poteri “extra ordinem”, con riferimento ad un fenomeno che si è evoluto in breve tempo assumendo aspetti allarmanti e tali da non garantire la necessaria tutela dei cittadini e dei turisti per quanto riguarda la sicurezza urbana, la circolazione stradale e l’incolumità pubblica. Il divieto, comunque, riguarda solo le zone in cui l’affluenza dei pellegrini e dei turisti assume, in considerazione dell’anno giubilare, aspetto straordinari che richiedono anche azioni di prevenzione e di contrasto, idonee ad impedire una ulteriore, potenziale aggressione del bene della sicurezza urbana soprattutto in aree di inestimabile valore storico, artistico e culturale. Parte ricorrente ha replicato che proprio la documentazione prodotta dall’amministrazione dimostra che la propria attività è stata autorizzata, conformemente al progetto finanziato dal Ministero della Giustizia e che, pertanto, non può essere assimilata a quella svolta da altri soggetti, estranei alla cooperativa e non rientranti nel progetto “Ecotaxi”. Il fatto che qualcuno decida di “impadronirsi” del progetto e di compiere una attività non autorizzata, non significa che nessuno debba più circolare. Tra l’altro, la determina dirigenziale che ebbe ad autorizzare Blow up, conferma che l’ostacolo per una autorizzazione definitiva all’uso dei velocipedi per il trasporto di terzi era costituto soltanto dalla mancata previsione dell’articolo 85 del Codice della strada in ordine alla possibilità di questi mezzi di effettuare il servizio. Tale ostacolo è stato definitivamente rimosso con le modifiche apportate nel 2014, per cui nulla osta al rilascio delle autorizzazioni definitive da parte del Comune in attuazione della volontà già più volte espressa di voler favorire tale mezzo di trasporto. Fa inoltre osservare, che uno dei più rilevanti presupposti dell’adozione del provvedimento, ovvero l’eccezionale affluenza di pellegrini e di turisti per il Giubileo, non solo non si è verificato affatto ma la città sta vivendo una riduzione drammatica delle presenze turistiche, presumibilmente a seguito dei noti fatti terroristici avvenuti in altri paesi che hanno seminato paura tra i potenziali turisti. Ha stigmatizzato infine la circostanza che, mentre in tutto il resto del mondo la circolazione dei velocipedi viene incentivata al fine di decongestionare il traffico automobilistico, a Roma si fa esattamente il contrario. Il ricorso, infine, è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 6 aprile 2016. Diritto 1. L’ordinanza oggetto di impugnativa, è stata adottata, sul rilievo - che “nella città di Roma insistono complessi archeologici – monumentali di particolare interesse storico, artistico e archeologico” - che “oltre alla conservazione ed integrità dei monumenti predetti, è necessario assicurare le condizioni di decorso e sicurezza dell’ambiente circostante” - che “in particolar modo nella aree di particolare interesse storico, paesaggistico, architettonico e culturale della Città, si è constatato negli ultimi tempi un notevole incremento di nuove attività imprenditoriali, prive di specifiche discipline normative e regolamentari” - che “nel garantire il diritto alla libera iniziativa economica si deve tener conto di quanto previsto dall’Ordinamento Comunitario e Nazionale, contemperando le predette tutele con la conservazione del paesaggio e del patrimonio culturale di Roma Capitale” - che “appare opportuna la libera e sicura fruizione del suo straordinario territorio, dei suoi rioni e quartieri, ciascuno dei quali caratterizzato e riconosciuto per vocazione turistica, archeologica e culturale” - che “in particolare, il soggiorno nella città di Roma da parte dei numerosi turisti che quotidianamente la frequentano, impone l’agevole circolazione nelle aree turistiche nonché la loro vivibilità per coloro che vi dimorano abitualmente”. La prima parte dell’ordinanza è poi dedicata al “fenomeno che vede l’utilizzo dei velocipedi a tre o più ruote per l’esercizio dell’attività di trasporto di persone riconducibile a quella di trasporto pubblico non di linea disciplinata dalla l. numero 21/92”. Dopo avere ricordato che, in seguito alle modifiche apportate al codice della strada, anche i “velocipedi” sono stati inseriti tra le categorie di veicoli che possono essere destinati ad effettuare trasporto di persone in servizio di noleggio con conducente, il Commissario straordinario soggiunge che la l. 21/92 non disciplina in modo specifico l’attività svolta con velocipedi, i quali “sono veicoli che possono essere condotti senza titolo di guida e non sono soggetti ad obbligo di assicurazione per la responsabilità civile ovvero a revisione periodica obbligatoria”. Mette quindi in luce che mentre “l’apparato normativo che disciplina l’attività di trasporto pubblico non di linea, le disposizioni del codice della strada e le leggi complementari che regolano l’attività di trasporto di persone prescrivono, per i conducenti dei veicoli destinati a tale tipologia di attività, il possesso di certificato di abilitazione professionale, per il conseguimento del quale devono essere svolte specifiche verifiche sui requisiti fisici e morali []” e comunque sono previste certificazioni che contribuiscono “a fornire ai fruitori del servizio di trasporto pubblico di persone non di linea, le necessarie garanzie sulla professionalità degli operatori anche in ragione dei requisiti fisici e morali degli stessi”, invece “la novella introdotta al sopra citato articolo 85 del codice della strada non prevede il rilascio di una targa e di una specifica omologazione, con relativo obbligo di revisione periodica per i velocipedi, come accade per altri veicoli non provvisti di motore, quali ad esempio quelli a trazione animale, disciplinati dagli articolo 67 e 70 dello stesso”. Inoltre, “in riferimento alle previsioni di cui all’articolo 85, comma 2, lett. 2 – bis del codice della strada, non è stato dato seguito all’aggiornamento delle specifiche leggi di settore che regolano il rilascio delle autorizzazioni per lo svolgimento di tale attività”. Secondo il Commissario “detta specialità si esprime anche attraverso manifestazioni tipologicamente diversificate di fruizione dello straordinario territorio di Roma, soprattutto per quanto attiene l’aspetto storico, archeologico, turistico e culturale, nel cui ambito si innesta anche l’esigenza di servizi di trasporto diversificati”. Richiama poi la circostanza che a tale riguardo “è stato rilevato sul territorio un significativo sviluppo del fenomeno del trasporto pubblico non di linea di persone con l’utilizzo di velocipedi, praticamente concentrato nella zona del Centro Storico, tale non da non garantire più la necessaria tutela, sia con riferimento alle norme della circolazione stradale che alla incolumità pubblica e alla sicurezza urbana”. Con espresso riferimento alle disposizioni di cui al d.m.5.8.2008, in particolare dell’articolo 2, lett. d , il Commissario ha ritenuto che il fenomeno “nel territorio di Roma Capitale ed in particolare nelle aree cittadine di pregio” abbia “assunto proporzioni tali da creare intralcio alla pubblica viabilità in riferimento agli aspetti di illecita occupazione di suolo pubblico determinata dall’indiscriminato stazionamento del sempre più crescente numero di velocipedi nelle zone centrali e di maggiore interesse storico, culturale e turistico” ed inoltre, che, “dalle suindicate motivazioni” si rilevi “l’inadeguatezza dell’utilizzo dei velocipedi ai fini del trasporto pubblico di persone non di linea in riferimento alle esigenze di tutela che tale attività richiede ed in considerazione delle ricadute negative in termini di sicurezza della circolazione stradale e di sicurezza urbana che tale attività viene a determinare nel tessuto urbano e in particolare nel Centro Storico di Roma Capitale”. Assume poi che, in relazione a ciò l’amministrazione capitolina abbia posto in essere “tutte le possibili azioni di prevenzione e contrasto nonché le misure organizzative necessarie per eliminare le conseguenze degli effetti degenerativi di tale fenomeno”. Richiama infine un incidente stradale verificatosi nel 2008 in via del Corso tra un velocipede a quattro ruote tipo “risciò” e un pedone, quale sintomo della necessità di disciplinare l’attività in oggetto, nonché la circostanza che “recentemente” personale del Corpo di Polizia locale sia dovuto intervenire “in alcuni ambiti territoriali maggiormente interessati dal fenomeno delle presenza di soggetti che svolgono la suddetta attività con velocipedi a tre o più ruote, anche a pedalata assistita” i quali “sono stati sanzionati ai sensi del vigente Codice della strada e, in data 15 dicembre 2014, segnalati all’Autorità Giudiziaria perché resisi responsabili di violazioni penali di cui all’articolo 416 – bis c.p. associazione a delinquere di tipo mafioso in concorso tra loro, 640 c.p. truffa , 629 c.p. estorsione , 482 c.p. falsità materiale commessa dal privato , 110 c.p. pena in concorso”. Analogamente, “il Gruppo Pronto Intervento Traffico della Polizia Locale di Roma Capitale, a seguito di atti di indagine, segnalava alla Procura della Repubblica in data 5 novembre 2015, i legali rappresentanti di alcune Cooperative sociali Onlus per fatti di rilevanza penale di cui al d.lgs. 81/2008”. La misura oggetto dell’odierna impugnativa, consiste nel divieto di svolgere, fino al 30 giugno 2016, nelle vie e piazze indicate, “qualunque attività assimilabile al trasporto pubblico collettivo o individuale di persone, con velocipedi a tre o più ruote anche a pedalata assistita dotati di un motore ausiliario elettrica”. Il Commissario precisa anche che l’ordinanza è stata adottata allo scopo di “predisporre per gli organi di controllo uno strumento normativo efficace per contrastare i predetti fenomeni, nelle more della definizione, da parte del legislatore, degli aggiornamenti dell’apparato legislativo di settore, necessari a ricondurre le attività in parola in un alveo normativo che consenta di fornire all’utenza le necessarie garanzie, in riferimento alla sicurezza della circolazione stradale e alle amministrazioni locali un’adeguata sorveglianza, in relazione alla sicurezza, al decoro urbano e alle relazioni commerciali” nonché in ragione delle “condizioni che verranno a generarsi in occasione del Giubileo annunciato dal Santo Padre per l’anno 2016, che si aprirà il prossimo 8 dicembre 2015”, le quali “contribuiscono a determinare condizioni di eccezionalità in conseguenza delle quali i suddetti fenomeni, se non affrontati per tempo, rischiando assumere proporzioni tali da generare turbativa alla sicurezza urbana, nelle aree cittadine maggiormente interessate dai flussi turistici connessi all’evento giubilare”. 2. Ciò posto, deve essere in primo luogo respinta l’eccezione di carenza di legittimazione attiva, svolta dal Comune di Roma sulla base di due distinte argomentazioni. La prima di queste si basa sulla circostanza che il progetto “Ecotaxi”, dei quali la cooperativa ricorrente dichiara di essere stata promotrice, venne autorizzato, in via sperimentale, soltanto fino al 30 settembre 2010. La seconda, attiene più in generale al fatto che l’attività che i ricorrenti intendono svolgere sul territorio capitolino, non è libera, ma richiede appunto il rilascio di una autorizzazione, tanto sia a mente dell’articolo 34 del Regolamento comunale di polizia urbana, quanto delle disposizioni recate dall’articolo 85 del Codice della Strada e dalla legge quadro in materia di autoservizi pubblici non di linea, numero 21 del 1992. Il Collegio reputa che, tali argomentazioni, sebbene condivisibili, non siano tuttavia sufficienti ad escludere la legittimazione di Blow up. Al riguardo, valga quanto segue. 2.1. In primo luogo, deve convenirsi con la difesa capitolina che il servizio di noleggio con conducente per trasporto di persone a mezzo di velocipedi cui gli stessi possono oggi essere adibiti, a seguito della modifica del comma 2, del cit. articolo 85 del d.lgs. numero 285 del 1992, apportata dall’articolo 13 – bis, comma 2, d.l. 23 dicembre 2013, numero 45, conv. con modificazioni dalla l. 21 febbraio 2014, numero 9 necessita di apposita licenza comunale di esercizio, secondo quanto desumibile dal comma 3 del ripetuto articolo 85 del Codice della Strada “La carta di circolazione di tali veicoli è rilasciata sulla base della licenza comunale di esercizio” . Il servizio in esame è poi specificamente disciplinato dalla citata l. numero 21 del 15.1.1992 e, nella Regione Lazio, dalla l.r. numero 58 del 26.10.1993. La legge quadro, contiene invero due distinte definizioni, ovvero, da un lato, quella di “servizio di noleggio con conducente” articolo 3 , e dall’altro, quella di “autoservizi pubblici non di linea” articolo 1 Tale ultima disposizione si riferisce per quanto qui interessa, sia al servizio di taxi comma 2, lett. a che al “servizio di noleggio con conducente e autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale” comma 2, lett. b . Se può quindi dubitarsi che il servizio svolto a mezzo di velocipede debba in ogni caso assimilarsi ad una forma di trasporto pubblico non di linea almeno nelle ipotesi in cui sia precipuamente destinato a soddisfare esigenze di carattere ricreativo e turistico è tuttavia certo che esso è comunque soggetto ad autorizzazione nonché regolamentazione da parte dell’ente locale. In tale senso, depongono sia il Codice della strada, sia l’articolo 5 della legge quadro numero 21 del 1992, in base al quale, nell’ambito dei regolamenti sull’esercizio degli autoservizi pubblici non di linea, i Comuni sono tenuti anche a definire i “requisiti e le condizioni per il rilascio della licenza per l’esercizio del servizio di taxi e dell’autorizzazione per l’esercizio del servizio di noleggio con conducente” articolo 5, comma 1, lett. d . Il regolamento previsto dalla l. numero 21 del 1992, appare invero anche la sede deputata a distinguere i servizi che si caratterizzano effettivamente per il loro carattere integrativo del trasporto pubblico di linea, da quelli che, pur non svolgendo propriamente tale funzione, necessitano anch’essi di opportuna disciplina nell’ambito comunale. Al riguardo, non appare inutile ricordare quanto statuito dalla giurisprudenza amministrativa, in controversie per certi versi analoghe a quelle in esame in cui, sebbene venisse in rilievo un servizio ormai liberalizzato, per effetto dell’applicazione del sovraordinato quadro comunitario, tuttavia è stato riconosciuto in capo amministrazione comunale il potere di modulare l’esercizio dell’attività nell’ambito territoriale di competenza, al fine di contemperare l’interesse del singolo operatore economico con interessi pubblici quali, la tutela dei viaggiatori trasportati, la tutela delle condizioni di lavoro, la tutela ambientale così ad esempio, Cons. St., sez. V^, sentenza numero 5476 del 5.11.2014, in materia autorizzazione all’attività di trasporto di persone mediante noleggio di autobus con conducente nel Comune di Capri nonché Cons. St., sez. V^, sentenza numero 4735 del 6.9.2012, in materia di contingentamento delle autorizzazioni per l’esercizio dell’attività di trasporto gran turismo nella città di Roma , Per quanto occorrer possa, a completamento del quadro sin qui delineato, va ancora soggiunto che al rilascio della “licenza di esercizio” per lo svolgimento del servizio in esame, non può applicarsi il meccanismo del silenzio – assenso. Questo TAR sezione II^ Ter, numero 54/2015 del 7.1.2015 ha già avuto modo di osservare che l’articolo 19 della l. numero 241/90 fa riferimento all’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale in cui il rilascio del titolo abilitativo “dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale”, per cui è da intendersi circoscritto all’attività amministrativa vincolata, e cioè ai casi in cui, in presenza dei requisiti e dei presupposti previsti dalla legge o da atti amministrativi generali, l’amministrazione deve attribuire il “bene della vita” richiesto, mentre sono escluse da tale ambito sia l’attività amministrativa discrezionale sia, a maggior ragione, le ipotesi in cui il “bene della vita” non potrebbe in alcun caso essere attribuito e, quindi, l’esercizio dell’attività non è neanche astrattamente configurabile. Inoltre, l’articolo 1, comma 5, d.l. 24 gennaio 2012, numero 1, come modificato dalla legge di conversione 24 marzo 2012, numero 27, esclude dall’ambito di applicazione dell’articolo – rubricato “liberalizzazione delle attività economiche e riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese” – i servizi di trasporto pubblico di persone e cose non di linea, vale a dire i servizi di taxi e di noleggio con conducente. In relazione ad essi l’articolo 8 della legge quadro numero 21/92 prevede poi che “La licenza per l'esercizio del servizio di taxi e l'autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente sono rilasciate dalle amministrazioni comunali, attraverso bando di pubblico concorso, ai singoli che abbiano la proprietà o la disponibilità in leasing del veicolo o natante, che possono gestirle in forma singola o associata”. Tale peculiarità porta con sicurezza ad escludere anche la possibilità che il titolo abilitativo possa essere rilasciato “per silentium”. Esso attiene comunque alla tutela, tra l’altro, delle “pubblica incolumità”, e, in qualche misura, anche della “pubblica sicurezza”, rientrando perciò nel novero di quei procedimenti che l’articolo 20 della l. numero 241/90 esclude espressamente dal proprio ambito di applicazione. 2.2. Come già anticipato, la circostanza che l’esercizio del servizio in esame debba formare oggetto di specifica autorizzazione e che, nella fattispecie, la cooperativa ricorrente ne sia priva, non comporta l’inammissibilità del ricorso. Nel processo amministrativo, l’azione di annullamento è subordinata alla sussistenza di tre condizioni ovvero a la titolarità di una posizione giuridica, in astratto configurabile come interesse legittimo, inteso come posizione qualificata - di tipo oppositivo o pretensivo - che distingue il soggetto dal quisque de populo in rapporto all'esercizio dell'azione amministrativa b l'interesse ad agire, ovvero la concreta ed attuale possibilità di perseguire un bene della vita, anche di natura morale o residuale, attraverso il processo, in corrispondenza ad una lesione dell'interesse protetto, a norma dell'articolo 100 cod. procomma civ. c la legittimazione attiva o passiva c.d. legitimatio ad causam di chi agisce o resiste in giudizio, in quanto titolare del rapporto controverso dal lato attivo o passivo fattispecie relativa alla carenza, in capo al ricorrente, di uno dei titoli condizionanti l'accesso alla selezione concorsuale, con conseguente assenza di legittimazione attiva della stessa a proporre motivi di impugnazione, riferiti ad ulteriori vizi di legittimità della procedura . Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata inibisce tout court sia pure in un circoscritto ambito spaziale e temporale , lo svolgimento di una attività in sé lecita, ancorché soggetta ad autorizzazione, e ciò indipendentemente dal possesso, in atto o potenziale, del titolo. In altre parole, l’interesse legittimo leso dall’ordinanza commissariale ha alla base un vero e proprio diritto soggettivo c.d. “in attesa di espansione” , del quale viene impedita in radice l’esplicazione, per effetto delle limitazioni imposte extra ordinem, tali da rendere inutile il conseguimento del titolo autorizzativo. Si tratta, inoltre, di una lesione resa concreta ed attuale dal fatto che l’oggetto sociale della cooperativa ricorrente riguarda proprio l’attività inibita dall’ordinanza ed in relazione alla quale essa ha in passato conseguito, in virtù del progetto finanziato dal Ministero della Giustizia, il rilascio di una specifica autorizzazione. Quanto, infine, alla legitimatio ad causam, non vi è alcuna prova e anzi, non è stato nemmeno allegato dall’amministrazione capitolina , che la ricorrente non abbia i requisiti per conseguire l’autorizzazione comunale necessaria allo svolgimento del servizio. Tali circostanze, a parere del Collegio, radicano quindi sia la legittimazione che l’interesse ad agire avverso l’ordinanza commissariale. 3. Ciò posto, nel merito, occorre a questo punto verificare se sussistano i presupposti per l’esercizio del potere previsto dall’articolo 54, comma 4, del d.lgs. numero 267/2000, così come sostituito da dall'articolo 6, comma 1, d.l. 23 maggio 2008, numero 92, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2008, numero 125, nel testo risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale numero 115 del 7 aprile 2011 “Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, [anche] contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana [].”. 3.1. Secondo la consolidata interpretazione del giudice amministrativo “L'adozione di un'ordinanza sindacale contingibile e urgente presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da un'istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, in ragione delle quali si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale, nella quale la contingibilità deve essere intesa come impossibilità di fronteggiare l'emergenza con i rimedi ordinari, in ragione dell'accidentalità, imprescindibilità ed eccezionalità della situazione verificatasi e l'urgenza come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile” Cons. St., sez. III, sentenza numero 2697 del 29.5.2015 . Essa costituisce quindi il rimedio approntato dall'ordinamento per far fronte a situazioni di emergenza ed urgenza impreviste, ed è espressione di un potere extra ordinem, derogatorio e dal contenuto libero, salvo il rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico. In tale prospettiva, è stata ad esempio ritenuta illegittima un’ordinanza non già diretta a fronteggiare un'emergenza, bensì ad imporre l'esecuzione di obblighi ulteriori rispetto a quelli derivanti dalle prescrizioni già dettate dall'Autorità competente TAR Lecce, sez. I^, sentenza numero 1550 del 19.9.2012 . E’ stato anche ricordato che “In base agli articolo 23 e 97 Cost. gli atti amministrativi che incidono sulla libertà dei consociati, imponendo ad essi obblighi e divieti, debbono ordinariamente avere base legislativa, la quale indichi in maniera puntuale il presupposto fattuale cui è subordinato l'esercizio del potere e predefinisca le misure e quindi il contenuto che il provvedimento può assumere per fronteggiare la situazione creatasi. Solo nei casi di urgenza e contingibilità è consentito l'esercizio di potere solo finalisticamente orientato, attraverso l'emanazione di provvedimenti il cui contenuto non è predefinito dalla legge” TAR Milano, sez. III, sentenza numero 2308 del 13.9.2012 . Le ordinanze extra ordinem non hanno carattere di fonti primarie, attesa la loro efficacia meramente derogatoria, e non innovativa, dell’ordinamento giuridico. La Corte Costituzionale, nella citata sentenza numero 115 del 2011, ha ribadito che “che deroghe alla normativa primaria, da parte delle autorità amministrative munite di potere di ordinanza, sono consentite solo se «temporalmente delimitate» ex plurimis, sentenze numero 127 del 1995, numero 418 del 1992, numero 32 del 1991, numero 617 del 1987, numero 8 del 1956 e, comunque, nei limiti della «concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare» sentenza numero 4 del 1977 . Nel dichiarare costituzionalmente illegittima l’originaria formulazione della disposizione introdotta dal d.l. numero 92/2008, ha poi rilevato che “la norma censurata, nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci, quali ufficiali del Governo, non limitato ai casi contingibili e urgenti - pur non attribuendo agli stessi il potere di derogare, in via ordinaria e temporalmente non definita, a norme primarie e secondarie vigenti - viola la riserva di legge relativa, di cui all'articolo 23 Cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati. Questi ultimi sono tenuti, secondo un principio supremo dello Stato di diritto, a sottostare soltanto agli obblighi di fare, di non fare o di dare previsti in via generale dalla legge”. La riforma di cui del d.l. 92/08 convertito in legge 125/08 ha esteso il potere sindacale di adottare ordinanze contingibili e urgenti, in precedenza circoscritto dall’articolo 54 del TUEL all’ “incolumità pubblica”, anche alla sicurezza urbana” definita dal decreto del Ministero dell'interno in data 5 agosto 2008 come “bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell'ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale” articolo 1 . La Corte Costituzionale, in sede di conflitto di attribuzioni, ha inteso tale definizione come da riferire esclusivamente alla tutela della sicurezza pubblica ed in funzione delle relative attività di prevenzione e repressione dei reati Corte Costituzionale, 1° luglio 2009, numero 196 . Secondo il Consiglio di Stato “il potere in questione può essere legittimamente esercitato, quale immanente prerogativa sindacale di provvedere in via d'urgenza e contingibile alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica, nonché quando la violazione delle norme che tutelano i beni previsti dal DM del 5 agosto 2008 situazioni di degrado o isolamento, tutela del patrimonio pubblico e della sua fruibilità, incuria ed occupazione abusiva di immobili, intralcio alla viabilità o alterazione del decoro urbano non assuma rilevanza solo in sé stessa poiché in tal caso soccorrono gli strumenti ordinari ma qualora possa costituire la premessa per l'insorgere di fenomeni di criminalità suscettibili di minare la sicurezza pubblica, dato che, in tal caso, vengono in rilievo interessi che vanno oltre le normali competenze di polizia amministrativa locale. Soltanto nelle illustrate ipotesi il Sindaco dunque, in qualità di ufficiale di governo, assume il ruolo di garante della sicurezza pubblica e può provvedere, sotto il controllo prefettizio ed in conformità delle direttive del Ministero dell'interno, alle misure necessarie a prevenire o eliminare i gravi pericoli che la possano minacciare” Cons. St., sentenza numero 5276 del 31.10.2013 . Va infine ricordato che, nel vigore del codice del processo amministrativo, lo scrutinio delle ordinanze contingibili e urgenti è soggetto al solo sindacato di legittimità, in quanto esse non figurano tra le materie attribuite alla giurisdizione di merito dall’articolo 134 del suddetto codice. In precedenza, invece, come noto in virtù del combinato disposto dell'articolo 7, l. Tar l. 6 dicembre 1971 numero 1034 degli articolo 27 e 29 numero 2 5 e 8, t.u. Cons. St. r.d. 26 giugno 1924 numero 1054 e dell'articolo 1 r.d. 26 giugno 1924 numero 1058 la giurisdizione del giudice amministrativo risultava estesa anche al merito di siffatte ordinanze, le quali quindi potevano essere sindacate con riguardo non solo a tutti i profili di legittimità, ma pure a quelli di convenienza, opportunità ed equità delle determinazioni adottate Cons. St., sez. V, sentenza numero 220 del 19.2.1996 . 4. Venendo, nello specifico, alle plurime motivazioni che sorreggono l’ordinanza impugnata, non appaiono condivisibili quelle che alludono ad una necessità di “aggiornamento dell’apparato legislativo di settore”, necessario al fine di “ricondurre l’attività in parola in un alveo normativo che consenta di fornire all’utenza le necessarie garanzie in riferimento alla sicurezza della circolazione stradale e alle amministrazioni locali un’adeguata sorveglianza in relazione alla sicurezza, al decoro urbano e alle relazioni commerciali”. Esse tendono infatti a configurare l’intervento del commissario non già come finalizzato a superare una situazione di emergenza, bensì come una sorta di rimedio alla supposta inadeguatezza della legislazione vigente. Tale finalità, come già in precedenza evidenziato, non risulta conforme al paradigma legislativo del potere di ordinanza. Agli atti di causa, non vi è poi evidenza del fatto che l’amministrazione capitolina abbia realmente posto in essere tutte le possibili “misure organizzative necessarie per eliminare le conseguenze degli effetti degenerativi” del repentino sviluppo dell’attività in esame, non risultando che sia stata mai adottata alcuna iniziativa di carattere regolamentare volta a disciplinarla. Pertanto, ammesso che siano auspicabili interventi del legislatore statale per quanto riguarda il miglioramento della normativa tecnica , ovvero regionale per quanto riguarda l’accesso alla professione , la carente regolamentazione del settore è in definitiva allo stato imputabile alla stessa amministrazione capitolina. Al riguardo, va altresì evidenziato che essa dispone non solo delle competenze relative alla disciplina dei servizi di noleggio con conducente ma bensì anche dei più generali poteri di regolamentazione in materia di circolazione nei centri abitati, previsti dall’articolo 7 del d.lgs. numero 285 del 1992, nonché, infine, delle competenze proprie della polizia amministrativa e locale cfr. l’articolo 14, comma 27, lett. i del d.l. numero 78/2010, come sostituito dall'articolo 19, comma 1, lett. a , d.l 6 luglio 2012, numero 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, numero 135, secondo cui “Ferme restando le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, sono funzioni fondamentali dei comuni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p , della Costituzione []i polizia municipale e polizia amministrativa locale []”. La stessa difesa capitolina ha ricordato che, ai sensi dell’articolo 34 del Regolamento di polizia urbana del Comune di Roma “Nessuno può esercitare un commercio, una industria, una professione o mestiere ambulante, sul suolo o spazio pubblico [] senza preventiva autorizzazione del Comune, salvi gli eventuali atti di competenza di altra autorità”. Il Collegio deve quindi rilevare che all’attuale situazione si è probabilmente giunti proprio per il mancata tempestivo esercizio delle competenze ordinarie, tipizzate dall’ordinamento. Ad ogni buon conto, quali che siano le ragioni della repentina espansione del fenomeno in esame, la difesa capitolina ha documentato che, alla vigilia del Giubileo, risultava una cospicua attività sanzionatoria da parte della Polizia locale nei confronti dei conducenti di risciò relativa, per quanto è possibile verificare, sia a violazioni del codice della strada che alla mancanza di qualsivoglia autorizzazione al punto da indurre il Comandante della Polizia di Roma Capitale a lamentare, già in data 15.12.2014, l’accresciuta difficoltà di “fronteggiare il fenomeno con una puntuale azione di controllo” documento 5 della produzione in data 18.2.2016 dell’amministrazione capitolina . Risulta anche – come affermato nell’ordinanza impugnata - l’esistenza di almeno due informative all’Autorità giudiziaria, scaturite proprio da tale attività di controllo, riguardanti anche reati di tipo associativo collegati alla “diffusione del fenomeno dei risciò nel centro storico della Capitale” cfr. il docomma 7, stessa produzione ult. cit. . L’esatta consistenza del fenomeno, attraverso la documentazione prodotta, non risulta agevolmente apprezzabile. Va tuttavia ricordato che il Collegio, venuto meno il sindacato di merito, è chiamato esclusivamente a verificare la sussistenza di profili di manifesta irragionevolezza delle determinazioni che, da tale elementi istruttori, ha tratto il Commissario straordinario. Essi non appaiono tuttavia ravvisabili. Le risultanze dell’istruttoria devono infatti essere poste in correlazione con l’esigenza di “prevenire” i pericoli paventati dal Commissario in un contesto ex se caratterizzato da condizioni di eccezionalità per effetto dell’imminente avvio dell’anno giubilare. Al riguardo, non può allora revocarsi in dubbio che, a circa un mese da tale evento il provvedimento è del 25 novembre 2015 non vi fosse ormai più il tempo per elaborare una compiuta ed efficace regolamentazione del settore. Va tuttavia rimarcato che un intervento “extra ordinem”, nella materia di cui trattasi, risulta ammissibile soltanto nelle more dell’adozione della definitiva regolamentazione del settore, e, comunque, esclusivamente nella misura in cui le condizioni che ne hanno determinato l’adozione siano tuttora sussistenti. Si è infatti ricordato che, secondo l’orientamento costantemente ribadito dalla Corte Costituzionale, deroghe alla normativa primaria, da parte delle autorità amministrative munite di potere di ordinanza, sono consentite solo se «temporalmente delimitate» e comunque nei limiti della «concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare». In tale ottica, deve essere quindi valutata positivamente la limitazione temporale dell’efficacia dell’ordinanza, in quanto essa consente, da un lato, di contenere il sacrificio imposto agli operatori economici e, dall’altro, di verificare se le condizioni di eccezionale afflusso turistico, paventate all’inizio dell’anno, si siano poi effettivamente concretizzate. Relativamente, infine, all’ambito di applicazione dell’ordinanza, essa non appare nemmeno affetta da un evidente difetto di proporzionalità ove si consideri che, nel vietare l’attività dei risciò soltanto in alcune vie e piazze del Centro Storico, implicitamente la consente nel resto del territorio capitolino, costituendo quindi sostanzialmente un primo nucleo di quella regolamentazione che, come in precedenza evidenziato, l’amministrazione è tenuta tempestivamente ad adottare nel quadro delle proprie competenze ordinarie. 6. Per quanto appena argomentato, il ricorso deve essere respinto. La novità della fattispecie, induce però a compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio e gli onorari di difesa. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II^, definitivamente pronunciando sul ricorso, di cui in premessa, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.