Approvato il Decreto “Salva-banche”

Sono state costituite le nuove banche-ponte ed è stato definito un quadro normativo sulle modalità di raccolta dei contributi da parte del settore bancario al fondo di risoluzione nazionale e sulle modalità di applicazione della disciplina della conversione in credito d’imposta delle attività per imposte anticipate, nel caso di procedure di risoluzione.

L’operazione di salvataggio. È in vigore da oggi il decreto legge c.d. “Salva Banche”, che prevede alcune norme procedimentali volte ad agevolare un’adeguata implementazione delle procedure di ristrutturazione di Cassa di risparmio di Ferrara, Banca delle Marche, Banca popolare dell’Etruria e del Lazio e Cassa di risparmio della Provincia di Chieti, già commissariate. Dopo i due d.lgs. numero 180 e 181 del 16 novembre 2015 che hanno introdotto il meccanismo del c.d. bail-in ossia il salvataggio interno con l’imposizione delle perdite della banca ad azionisti, obbligazionisti e correntisti oltre i 100.000 euro , la gestione delle crisi bancarie si arricchisce oggi con l’attivazione del “fondo di risoluzione” e della “procedura di risoluzione”. Il fondo di risoluzione. Il fondo di risoluzione è lo strumento che operativamente realizzerà le operazioni di salvataggio. Questo distribuirà 3,6 miliardi di euro alle banche-ponte, per capitalizzarle e per coprire la differenza negativa fra gli attivi trasferiti e le passività. Secondo una nota del Consiglio dei Ministri, per tale operazione non vi sarà alcuna forma di finanziamento o supporto pubblico né alle banche in ristrutturazione né al fondo nazionale di risoluzione. È stato inoltre evitato il ricorso al meccanismo del bail-in e dunque di colpire i conti correnti e le obbligazioni ordinarie dei clienti delle banche in crisi, anche perché le disposizioni sul cosiddetto salvataggio interno entreranno in vigore il primo gennaio 2016. Chi finanzia il fondo? In base alla nuova normativa europea appena recepita, questa operazione sarà finanziata dai contributi dell’intero sistema bancario italiano la prima rata annuale, relativa al 2015 secondo quanto si è appreso nei giorni scorsi, dovrebbe superare i 500 milioni . Il sistema creditizio italiano potrà recuperare tali finanziamenti nel medio termine con il perfezionamento delle operazioni di ristrutturazione, ovvero per mezzo di operazioni di recupero crediti o ancora tramite l'acquisto delle attività creditizie salvaguardate con l'acquisto di terzi. Tuttavia, i tre principali istituti di credito italiani Intesa Sanpaolo, Unicredit e UBI Banca con un finanziamento-ponte a tassi di mercato e con scadenza massima di 18 mesi anticiperanno con due linee di credito la liquidità necessaria, in attesa della cessione di asset al mercato. La prima linea di credito verrà ripianata quando le banche ponte e i crediti deteriorati saranno valorizzati sul mercato. Invece, la seconda linea di credito sarà rimborsata entro la fine dell’anno mediante il contributo delle 208 banche del sistema non-Bcc, le quali anticiperanno sia i 500 milioni di contributi per il fondo di risoluzione per il 2015 sia le tre annualità straordinarie. Secondo la Banca d’Italia l’impegno finanziario immediato a carico del fondo di risoluzione è - globalmente per i quattro istituti di credito in crisi – ripartito nella seguente misura circa 1,7 miliardi a copertura delle perdite delle banche originarie recuperabili forse in piccola parte circa 1,8 miliardi per ricapitalizzare le banche buone recuperabili con la vendita delle stesse , circa 140 milioni per dotare la banca cattiva del capitale minimo necessario a operare. La procedura di risoluzione. Con la procedura di risoluzione si costituiranno tempestivamente nuovi istituti di credito c.d. “banche-ponte” contemplate dai provvedimenti di avvio della risoluzione delle banche in questione. Gli istituti di credito saranno nuovi anche nella denominazione con l’aggiunta del prefisso “Nuova” e potranno operare immediatamente e senza soluzione di continuità con la clientela. Ciò in quanto le loro sofferenze verranno trasferite e concentrate in un'unica c.d. “ bad bank ” priva di licenza bancaria, svalutate da 8,5 a 1,5 miliardi e quindi vendute a specialisti nel recupero crediti o gestite direttamente per essere meglio recuperate. Le nuove good banks. Le 4 nuove banche “ in bonis ” saranno provvisoriamente gestite, sotto la supervisione dell’Unità di Risoluzione della Banca d’Italia, da commissari speciali da questa designati che assumeranno i poteri degli azionisti, dei titolari di altre partecipazioni e dell'organo di amministrazione. I commissari speciali hanno il compito di promuovere e adottare le misure necessarie per conseguire gli obiettivi della risoluzione, secondo quanto disposto dalla Banca d'Italia e previa sua autorizzazione. Insieme ai commissari speciali sarà nominato un comitato di sorveglianza, composto da tre a cinque membri, che designa a maggioranza di voti il proprio presidente. La nuova gestione assumerà l’impegno di vendere la banca “buona” in tempi brevi al miglior offerente, con procedure trasparenti e di mercato, retrocedendo i ricavi al fondo di risoluzione.