In tema di verifica del requisito reddituale, prescritto ai fini della pensione di inabilità di cui alla L. numero 118/1971, articolo 12, assume rilievo non soltanto il reddito personale dell’invalido, ma anche quello dell’eventuale coniuge di quest’ultimo, pertanto il beneficio va negato quando l’importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato dai criteri indicati dalla predetta norma.
Cosi ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza numero 11967/2015, depositata il 9 giugno 2015, con riferimento – si badi – a una domanda del 2009, alla quale, quindi, non si applicano le norme di cui al recente d.l. numero 76/2013, che va in senso opposto Il requisito reddituale per la pensione di inabilità. Una lavoratrice otteneva il riconoscimento del proprio diritto alla pensione di inabilità ex L. numero 118/1971, avendo il giudice di merito accertato la sussistenza dei requisiti sanitari e reddituali per godere del beneficio. L’INPS, condannato alla corresponsione della pensione, ricorreva in Cassazione, eccependo l’insussistenza del requisito reddituale. Secondo l’Istituto, infatti, la Corte territoriale, nel calcolo del limite reddituale, avrebbe dovuto tenere conto anche del reddito del coniuge della lavoratrice inabile e non solo quello di quest’ultima. Uniti nella buona e nella cattiva sorte e nella pensione di inabilità . Secondo la Corte di Cassazione, ai fini della pensione di inabilità, il requisito reddituale deve essere accertato considerando anche il reddito dell’eventuale coniuge. Con franchezza, la Suprema Corte dà atto e ripercorre i suoi orientamenti altalenanti sul tema, alcuni risultato di ragionamenti per analogia iuris , altri, invece, strettamente legati al tenore letterale delle norme. Gli ermellini interpretano l’attuale questione del requisito reddituale dal punto di vista sistematico, cercando ulteriore conforto in alcune decisioni della Corte Costituzionale. La motivazione della Corte di Cassazione ruota intorno all’articolo 14 septies , comma 5, d.l. numero 663/1979, norma che rappresenta un intervento legislativo teso a riequilibrare le posizioni dei mutilati e degli invalidi civili. Tale norma non prevede – per la pensione di inabilità – l’esclusione del reddito percepito dagli altri componenti del nucleo familiare, diversamente da quanto previsto ex articolo 13 l. numero 118/1971. Il dato letterale delle norme considerate, quindi, farebbe propendere per il calcolo effettuato solo sulla base del reddito dell’inabile. Tuttavia, bisogna considerare che, ai sensi della L. numero 29/1977, il limite reddituale per poter beneficare dell’assegno per l’invalidità civile assoluta era pari a lire 2.500 annui, mentre quello per la pensione di inabilità era pari a lire 5.200. Il fatto che il limite reddituale per l’assegno di inabilità superasse e superi, con le opportune modifiche di oltre il doppio l’importo di quello per gli invalidi civili suggerisce che non si debba tener conto solo del reddito assicurato, ma anche di quello del coniuge. Ciò è, a maggior ragione, condivisibile in un’ottica di riequilibrio delle posizioni dei mutilati e degli invalidi civili. La ratio ispiratrice delle modifiche alla L. numero 118/1971 diviene, quindi, criterio interpretativo del requisito reddituale di cui all’articolo 12 della stessa Legge. Con il d.l. numero 76/2013 cambia il panorama. Alla fattispecie in commento non è applicabile ratione temporis il d.l. numero 76/2013, recante alcuni interventi per la promozione dell’occupazione. Il recente Decreto, infatti, prevede che il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore sia dei mutilati, sia degli invalidi civili, di cui all’articolo 12, L. numero 118/1971, debba essere calcolato con riferimento al reddito IRPEF, con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare dell’assicurato. Il legislatore, quindi, chiarisce definitivamente quali redditi rilevino per il calcolo del requisito reddituale ex articolo 12, l. numero 118/1971. Pertanto, fino al 28 settembre 2013, data dell’entrata in vigore del d.l. numero 76/2013, per individuare il requisito reddituale per godere della pensione di inabilità si deve considerare anche il reddito dell’eventuale coniuge, in conformità della più recente giurisprudenza di legittimità. Diversamente, dopo l’entrata in vigore del Decreto – per espressa previsione di legge – conta solo il reddito IRPEF dell’assicurato, con esclusione di quello percepito dagli altri componenti del nucleo familiare. Così è, fino alla prossima inversione di marcia.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 9 aprile – 9 giugno 2015, numero 11967 Presidente Curzio – Relatore Mancino Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex articolo 375 c.p.c. a seguito di relazione a norma dell'articolo 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio. 2. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Catanzaro riformava la sentenza di primo grado e, ritenuto passato in giudicato il possesso del requisito sanitario, riconosceva il diritto di M.M. nata il omissis alla pensione di inabilità civile a decorrere dal 9/11/2009, con condanna dell'INPS alla relativa corresponsione, con accessori di legge. 3. Avverso detta sentenza l'Inps ricorre, con un motivo, deducendo violazione di legge per non avere la Corte territoriale ritenuto il limite reddituale comprensivo dei redditi del coniuge. 4. C.G. e C.C. , quali eredi di M.M. e C.A. , e il Ministero dell'economia e delle finanze non hanno resistito. 5. Occorre premettere che la difformità tra motivazione che ha riconosciuto il diritto al beneficio dal 9/11/1999 e il dispositivo che ha riconosciuto la decorrenza dal 9/11/2009 non è stata censurata, devolvendo alla Corte di legittimità uno specifico motivo di gravame con denuncia di nullità della sentenza per difformità tra motivazione e dispositivo, onde deve ritenersi cristallizzato il dictum, enunciato nel dispositivo, di riconoscimento della pensione di inabilità a M.M. dal omissis fino all'epoca del decesso, in data omissis . 6. Il ricorso, incentrato sull'insussistenza del limite reddituale per il diritto al beneficio, è manifestamente fondato. 7. Tanto premesso, questa Corte, con indirizzo consolidato vedi, in particolare, Cass. numero 16363 del 2002, numero 16311 del 2002, 12266 del 2003,14126 del 2006, numero 13261 del 2007 aveva statuito che in tema di verifica del requisito reddituale prescritto ai fini della pensione di cui alla L. numero 118 del 1971, articolo 12, assume rilievo non solamente il reddito personale dell'invalido, ma anche quello eventuale del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando l'importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato con i criteri indicati dalla norma suindicata. 8. Tale soluzione interpretativa risulta fondata oltre che sul dato testuale del D.L. numero 663 del 1979, articolo 14 septies, comma 4, conv. nella L. numero 33 del 1980, il quale, nell'elevare i limiti di reddito anteriormente fissati dal D.L. numero 30 del 1974, articolo 6, 8 e 10, conv. nella L. numero 114 del 1974, non prevede, per la pensione di inabilità, l'esclusione del reddito percepito dagli altri componenti il nucleo familiare, diversamente da quanto stabilito dal comma 5 per l'assegno di cui alla L. numero 118 del 1971, articolo 13, anche su considerazioni di ordine generale attinenti alla funzione sostitutiva dell'intervento assistenziale pubblico riconosciuta alla solidarietà familiare nell'ambito del sistema di sicurezza sociale. 9. L'orientamento sopra richiamato è stato successivamente posto in discussione da alcune decisioni Cass. numero 18825 del 2008, numero 7259 del 2009 e numero 20426 del 2010 nelle quali si è sottolineato che il legislatore, con la previsione di cui all'articolo 14 septies cit., aveva inteso dare rilievo ai fini dell'erogazione della pensione di inabilità al solo limite di reddito individuale, e così anche nel caso dell'assegno corrisposto agli invalidi parziali, secondo quanto disposto dal medesimo articolo 14 septies, nonché dal D.L. numero 791 del 1981, articolo 9, convertito nella L. numero 54 del 1982 e poi ancora dalla L. numero 412 del 1991, articolo 12 v. Corte Costituzionale numero 400 del 1999 . 10. La questione è stata oggetto di ulteriore rimeditazione da parte di questa Corte la quale, con condivisibile pronunzia Cass. numero 5003 del 2011 , seguita da altre conformi v. tra queste ord. numero 19658 del 2012 e successive conformi , ha confermato l'orientamento più risalente affermando che ai fini della pensione di cui alla L. numero 118 del 1971, articolo 12, il requisito reddituale deve essere verificato considerando anche il reddito dell'eventuale coniuge. 11. A tale approdo interpretativo la Corte è pervenuta sulla base delle seguenti considerazioni che solo in parte ripercorrono quelle a fondamento dell'indirizzo più risalente. 12. È stato innanzitutto rilevato che l'intervento attuato dal legislatore con l'articolo 14 septies, comma 5 cit., costituisce intervento inteso a riequilibrare le posizioni dei mutilati e invalidi civili, a seguito dell'innalzamento del limite reddituale previsto - ma esclusivamente per gli invalidi civili assoluti - dalla L. numero 29 del 1977. 13. Significativo di tale intento è che per l'attribuzione dell'assegno è, bensì, preso a riferimento il solo reddito individuale dell'assistito, ma l'importo da non superare per la pensione di inabilità comma 4 corrisponde a più del doppio di quello stabilito per l'assegno L. 5.200.000 annue a fronte di L. 2.500.000 annue . 14. In questa prospettiva è stato ritenuto che il comma quinto dell'articolo 14 septies, costituisse deroga all'orientamento generale della legislazione in tema di pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base al quale il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi vedi Corte cost. sent. numero 769 del 1988 e numero 75 del 1991 vedi anche Corte cost. numero 454 del 1992, in tema di insorgenza dello stato di invalidità dopo il compimento del 65^ anno e, di conseguenza, non esprimesse alcun principio generale con il quale dovrebbero essere coerenti disposizioni particolari. 15. Si è quindi ribadito che la formulazione letterale della norma che fa menzione del solo assegno - fino a quel momento equiparato alla pensione di inabilità quanto alla regola del cumulo con i redditi del coniuge - non può che far concludere nel senso che la prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti sia rimasta assoggettata a questa regola. 16. Una conferma a livello sistematico della esistenza di una disciplina differenziata, quanto al requisito reddituale, per la pensione di inabilità e per l'assegno di assistenza, è stata ravvisata nella L. 30 dicembre 1991, numero 412, articolo 12 da titolo requisiti reddituali delle prestazioni ai minorati civili nella quale la distinzione tra le due prestazioni continua ad essere mantenuta, disponendo la norma che con effetto dal 1 gennaio 1992 ai fini dell'accertamento, da parte del Ministero dell'Interno della condizione reddituale per la concessione delle pensioni assistenziali agli invalidi civili si applica il limite di reddito individuale stabilito per la pensione sociale, con esclusione, tuttavia, degli invalidi totali. 17. Con riferimento alla sostituzione dell'articolo 13 L. numero 118 del 1971 ad opera della L. numero 247 del 2007, articolo 1, comma 35 disposizione non tenuta presente nelle citate decisioni di questa Corte , il quale, testualmente, stabilisce che agli invalidi civili di una compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso a carico dello Stato ed erogato dall'INPS, un assegno mensile di Euro 242.84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l'assegnazione della pensione di cui all'articolo 12 , è stato osservato che si tratta, all'evidenza, di un intervento con il quale viene ripristinato il collegamento tra le due prestazioni assistenziali quanto alle condizioni comprese, quindi, quelle economiche richieste per la loro assegnazione. 18. Ma il prendere a riferimento, a tal fine, le condizioni stabilite per l'assegnazione della pensione di cui all'articolo 12 , determinare cioè una equiparazione che si vuole modulata sulla disciplina propria della prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti, è indicativo del fatto che tale disciplina - anche per quanto riguarda le condizioni reddituali rilevanti - è diversa da quella nel frattempo dettata con la L. numero 33 del 1980, articolo 14 septies, comma 5 per l'assegno mensile - non avendo senso, invero, una simile formulazione normativa ove le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità fossero le stesse previste per l'assegno e, dunque, si dovesse dar rilevo al solo reddito personale dell'invalido, ancorché coniugato, piuttosto che al reddito di entrambi i coniugi Cass. numero 5003 del 2011 . 19. Infine, in merito alla compatibilità di tale interpretazione con i principi della Carta costituzionale è stato chiarito che il giudice delle leggi cfr. in particolare le citate sent. numero 769 del 1988 e numero 75 del 1991 aveva affermato, in più occasioni, che il realizzare l'omogeneizzazione tra i livelli reddituali idonei ad individuare lo stato di bisogno di soggetti aventi diritto a prestazioni assistenziali a carico della collettività, così come il por mano all'opportuno adeguamento dei livelli di prestazione appartiene alla discrezionalità del legislatore. 20. Del pari, al paradigma del principio di uguaglianza non può farsi ricorso quando le disposizioni della legge ordinaria, dalle quali si pretende di trarre il tertium comparationis, si rivelino derogatorie rispetto alla regola desumibile dal sistema normativo e perciò insuscettibili di estensione ad altri casi, pena l'aggravamento, anziché l'eliminazione, dei difetti di coerenza con esso l'attribuzione al reddito del coniuge e dei vari componenti il nucleo familiare tenuti all'assistenza dell'invalido di un rilievo preclusivo dell'intervento di sostegno a carico della collettività discende dal riconoscimento, nel vigente sistema di sicurezza sociale, di meccanismi di solidarietà particolari, concorrenti con quello pubblico e ugualmente intesi alla tutela dell'uguaglianza e della libertà dal bisogno, in attuazione dell'articolo 3 Cost., comma 2 . 21. Non sono stati considerati ostativi alla suesposta interpretazione le affermazioni contenute nella motivazione di alcune sentenze della Corte costituzionale vedi, in particolare Corte Cost. numero 88 del 1992 e numero 400 del 1999 secondo le quali gli interventi legislativi succedutisi nel tempo avrebbero equiparato le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità e per l'assegno mensile, eliminando, per entrambe, la capacità ostativa del reddito del coniuge quale che ne fosse il livello è stato infatti rilevato che si è in presenza di affermazioni fatte incidentalmente in sentenze riguardanti il requisito reddituale di accesso dell'ultrasessantacinquenne alla pensione sociale ovvero all'assegno sociale sostitutivo della prima della L. numero 335 del 1995, ex articolo 3, comma 6 , ossia una questione del tutto diversa da quella all'esame di questa Corte e che, d'altronde, presuppongono proprio il cumulo dei redditi, tanto da sollecitare il legislatore alla creazione sempre per la pensione sociale di un meccanismo differenziato in considerazione delle differenti esigenze di assistenza dell'invalido e della necessità, pertanto, di una valutazione differenziata del ragionevole punto di equilibrio circa il concorso tra la solidarietà coniugale e quella collettiva. 22. Su questo quadro normativo e giurisprudenziale si è poi innestato l'intervento del legislatore che, con il D.L. 28 giugno 2013, numero 76, recante Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto IVA e altre misure finanziarie urgenti , conv. nella L. numero 99 del 2013, all'articolo 10, comma 5, ha inserito dopo il D.L. 30 dicembre 1979, numero 663, articolo 14-septies, comma 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, numero 33, una ulteriore disposizione con la quale si specifica che il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui alla L. 30 marzo 1971, numero 118, articolo 12, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell'IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte . 23. La disposizione si completa con il successivo comma sesto, il quale stabilisce che La disposizione del D.L. 30 dicembre 1979, numero 663, articolo 14-septies, comma 7, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 febbraio 1980, numero 33, introdotta dal comma 5, si applica anche alle domande di pensione di inabilità in relazione alle quali non sia intervenuto provvedimento definitivo e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati. Non si fa comunque luogo al recupero degli importi erogati prima della data di entrata in vigore della presente disposizione, laddove conformi con i criteri di cui al comma 5 . 24. Nella vicenda all'esame non trova applicazione, ratione temporis, il nuovo regime reddituale, atteso che il riconoscimento del diritto a pensione si colloca in epoca - dal 9 novembre 2009 al 10 gennaio 2012 - antecedente alla data di entrata in vigore dei limiti reddituali introdotti dal Legislatore del 2013. 25. In conclusione il ricorso va accolto. 26. Ne consegue la cassazione della decisione impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda volta ad ottenere la pensione di inabilità, per insussistenza del requisito reddituale. 27. L'esito globale della lite consiglia di confermare le spese, come statuite nella sentenza di primo grado, e di compensare integralmente le spese dei giudizi di secondo grado e di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda confermali le spese come statuite nella sentenza di primo grado, e compensa le spese dei giudizi di secondo grado e di legittimità.