Decreto di espulsione tradotto solo in inglese: provvedimento nullo, ‘salvo’ il giovane ucraino

Ribaltata la visione adottata dal giudice di pace, il quale aveva confermato la legittimità del documento firmato dal Prefetto. Fatale la lacuna della mancata traduzione del provvedimento in un idioma comprensibile dallo straniero.

Provvedimento tranchant del Prefetto messa ‘nero su bianco’ l’espulsione di un giovane uomo, di nazionalità ucraina, presente in Italia. Ma la documentazione, scritta ovviamente in italiano, è stata tradotta solo in inglese, idioma ritenuto più accessibile alle nuove generazioni. Tale decisione si rivela fatale, e favorevole allo straniero sarebbe stata, difatti, necessaria una traduzione in ucraino, lingua non rara in Italia. Consequenziale l’annullamento ab origine del decreto di espulsione Cassazione, ordinanza numero 16386, sez. VI Civile, depositata oggi . Espulsione. Ritorno in patria per un cittadino ucraino approdato in Campania. Questo il destino ‘scritto’, per lui, da un Prefetto, e ‘sigillato’ anche dal gdp, il quale ha confermato il «decreto di espulsione», escludendo il «vizio» lamentato dall’uomo, ossia la «omessa traduzione in lingua» da lui conosciuta. Ciò perché «l’autorità emanante» ha «attestato la non disponibilità di un traduttore» e ha «provveduto quindi alla traduzione in lingua inglese», idioma verso cui oggi «sono più orientate le nuove generazioni». Lingua. Nel contesto della Cassazione, però, lo straniero sottolinea, nuovamente, il ‘peso specifico’ della «omessa traduzione del decreto prefettizio in una lingua» da lui «conosciuta». E per i giudici del ‘Palazzaccio’, contrariamente a quanto stabilito dal gdp, tale obiezione è sensata e solida, tanto da spingere all’«annullamento» del provvedimento di «espulsione». In sostanza, è erroneo ritenere «superabile la necessità della traduzione del decreto in lingua ucraina», peraltro «non qualificabile certamente come lingua rara nel nostro Paese», senza, allo stesso tempo, neppure dedurre «l’inidoneità del contenuto del decreto di espulsione ad essere comunicato mediante un formulario già predisposto». Vittoria piena, quindi, per il cittadino ucraino, che vede azzerata la sua «espulsione» dall’Italia.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 9 giugno – 4 agosto 2015, numero 16386 Presidente Di Palma – Relatore De Chiara Premesso Che nella relazione depositata ai sensi dell'ars 380 bis c.p.c. si legge quanto segue «1. - Il sig. S.V., di nazionalità ucraina, ricorse al Giudice di pace di Salerno avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto il 22 luglio 2014. Il Giudice di pace ha respinto il ricorso escludendo, in particolare, il vizio del provvedimento espulsivo costituito dalla omessa traduzione in lingua conosciuta dall'interessato avendo l'autorità emanante attestato la non disponibilità di un traduttore e provveduto quindi alla traduzione in lingua inglese, verso la quale «oggi le nuove generazioni sono più orientate». Il sig. V. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi di censura, cui non ha resistito l'autorità intimata. 2. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando vizio di motivazione e violazione di norme di diritto, si ripropone la censura di omessa traduzione del decreto prefettizio in una lingua conosciuta dal ricorrente. 2.1. - La censura è fondata, essendo nullo il decreto di espulsione che sia stato tradotto in lingua veicolare, pur quando sia stata addotta l'irreperibilità immediata di traduttore nella lingua conosciuta dallo straniero, salvo che l'amministrazione non affermi ed il giudice ritenga plausibile l'impossibilità di predisporre un testo in tale lingua per la rarità di questa ovvero per l'inidoneità di un testo predisposto alla comunicazione della decisione in concreto assunta Cass. 3676/2012, 3678/2012 e successive conformi . Il Giudice di pace ha dunque errato nel ritenere superabile la necessità della traduzione del decreto prefettizio in lingua ucraina, certamente non gi1alificabile come lingua rara nel nostro paese, senza che fosse neppure dedotta l'inidoneità del contenuto del decreto di espulsione ad essere comunicato mediante un formulario già predisposto. 3. - Il secondo motivo, con cui si censura l'affermazione della preferenza per l'inglese quale lingua c.d. veicolare, è assorbito, essendo esclusa la legittimità del ricorso, nella specie, ad una di tali lingue. 4. - II terzo motivo, con cui si censura l'affermazione del Giudice di pace che la sottoscrizione del mandato difensivo in calce al ricorso «potizza che il ricorrente conosce anche la lingua italiana», è inammissibile, non costituendo tale affermazione ratio decidendi, bensì considerazione ad abundantiam, riconoscibile come tale dal riferimento ad una mera ipotesi e non già ad un accertamento.» che tale relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite che non sono state presentate conclusioni o memorie Considerato in diritto Che il Collegio condivide quanto osservato nella relazione sopra trascritta che il ricorso va pertanto accolto e il provvedimento impugnato va cassato che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa in questa sede, ai sensi dell'articolo 384, secondo comma, ult parte, c.p.c., con l'annullamento del decreto di espulsione di cui sopra che le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, annulla il decreto di espulsione indicato in motivazione condanna l'amministrazione intimata alle spese processuali, liquidate in € 1.100,00, di cui € 100,00 per esborsi, quanto al giudizio di merito, e in € 1.400, di cui € 100,00 per esborsi, quanto al giudizio di legittimità, oltre spèse generali e accessori di legge.