Condannato per lesioni personali un buttafuori per aver malmenato due sorelle che volevano accedere al privè di una discoteca non è applicabile l'esimente della legittima difesa.
Condannato per lesioni personali un buttafuori per aver malmenato due sorelle che volevano accedere al privè di una discoteca non è applicabile l'esimente della legittima difesa. Ad affermarlo è la Quinta sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 18551 dell'11 maggio.La vicenda. Il Tribunale condannava per lesioni personali un buttafuori per aver malmenato due sorelle che volevano accedere al privè di una discoteca umbra. Stando ai fatti di causa, l'uomo aveva strattonato violentemente per un braccio una delle due sorelle, facendola accasciare al suolo, e poi aveva colpito l'altra con un pugno. Inutilmente il buttafuori invoca la legittima difesa. L'uomo si difende in cassazione lamentando la mancata applicazione dell'articolo 52 c.p., sebbene il materiale probatorio acquisito desse conto dell'aggressione da lui subita ad opera delle sorelle, entrambe in stato di alterazione alcoolica, e della conseguente necessità di difendersi linea difensiva, questa, che non incontra il favore della Suprema Corte.E' l'addetto alla security a picchiare per primo. Al riguardo, i giudici di legittimità osservano secondo quanto emerso dalla valutazione delle prove, l'imputato innescò una progressione di violenza fisica, strattonando dapprima per un braccio una sorella e colpendo poi con un pugno l'altra, nell'intento di esercitare con la forza il proprio compito di controllo sul movimento degli utenti all'interno del locale nel quale prestava le mansioni di buttafuori e solo dopo l'attivarsi di tale progressione, e nell'ambito di questa, fu egli stesso raggiunto da un colpo sferratogli da una delle sorelle al basso ventre.Il buttafuori può colpire gli avventori ma solo per reagire al pericolo. Pertanto, conclude la Corte, il Tribunale ha correttamente escluso che l'uomo si fosse trovato nella necessità di ledere l'incolumità altrui a protezione della propria. Non solo. Nel caso in esame, sarebbe comunque carente il requisito della proporzionalità tra il pericolo dell'offesa e l'azione pretesamente difensiva. Infatti, il proprium della legittima difesa è la costrizione dell'agente a porre in essere la reazione necessaria a far fronte al pericolo determinato dall'aggressione altrui, cosicché, in assenza di tale presupposto, non può essere invocata la legittima difesa.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 febbraio - 11 maggio 2011, numero 18551Presidente Calabrese - Relatore OldiFattoCon sentenza in data 1 dicembre 2009 il Tribunale di Perugia, confermando la decisione assunta dal locale giudice di pace, ha riconosciuto C S. responsabile del delitto di lesione personale volontaria in danno di O P. e P.P. ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili con la stessa sentenza ha confermato l'assoluzione di P.O. e P. dalle imputazioni di ingiuria e - per la prima soltanto - di lesione in danno del S., tenendo ferma la condanna della seconda per lo stesso titolo.Secondo la ricostruzione del fatto recepita dal giudice di merito le due sorelle P. avevano avuto una discussione col S., che svolgeva le mansioni di buttafuori nella discoteca omissis , per questioni inerenti alla possibilità o meno di accedere al prive del piano superiore in esito alla valutazione delle emergenze testimoniali, riscontrate dalle refertazioni mediche, ha ritenuto il giudicante che il S. avesse strattonato violentemente per un braccio O P., facendola accasciare a terra, ed avesse poi colpito con un pugno al volto P.P. nel contempo era emerso, dalle deposizioni dei testi presenti al fatto, che quest'ultima aveva colpito il S. al basso ventre.Ha proposto personalmente ricorso per cassazione il C., nella duplice qualità di imputato e parte civile, affidandolo a tre motivi.Col primo motivo il ricorrente lamenta che non sia stata data applicazione all'articolo 52 c.p., sebbene il materiale probatorio acquisito desse conto dell'aggressione da lui subita ad opera delle sorelle P., entrambe in stato di alterazione alcoolica, e della conseguente necessità di difendersi.Col secondo motivo, ancora richiamandosi alle risultanze probatorie assertivamente mal valutate dal Tribunale, deduce vizio di motivazione in ordine alla propria individuazione quale autore materiale delle lesioni riportate dalle controparti.Col terzo motivo ripropone l'eccezione di nullità della costituzione di parte civile delle P., per omessa sottoscrizione dell'atto da parte delle interessate, non potendo supplirvi a suo avviso la sottoscrizione del difensore munito di delega a margine.Agli atti vi è una memoria depositata dalla difesa delle parti civili, in opposizione alle censure elevate dal ricorrente.DirittoIl ricorso è privo di fondamento e va disatteso.Il primo motivo con esso dedotto, finalizzato a sollecitare l'applicazione della scriminante della legittima difesa, ambisce a fondarsi su una ricostruzione del fatto alternativa a quella fatta propria dal Tribunale il che non è consentito nel giudizio di cassazione, ogni qualificazione giuridica dovendo in questa sede applicarsi alla situazione di fatto così come motivatamente ricostruita dal giudice di merito.Orbene, secondo quanto emerso dalla valutazione delle prove dichiarative insindacabilmente effettuata dal Tribunale, nella circostanza in cui si verificò l'episodio sub iudice il S. ebbe ad innescare una progressione di violenza fisica, strattonando dapprima per un braccio O P. e colpendo poi con un pugno P P., nell'intento di esercitare con la forza il proprio compito di controllo sul movimento degli utenti all'interno dell'esercizio nel quale prestava le mansioni di buttafuori e solo dopo l'attivarsi della cennata progressione, e nell'ambito di questa, fu egli stesso raggiunto da un colpo sferratogli da P.P. al basso ventre per il quale costei ha subito a sua volta condanna .Su tali premesse fattuali correttamente il Tribunale ha escluso che il S. si fosse trovato nella necessità di ledere l'incolumità altrui a protezione della propria. Ha altresì rilevato quel giudice, con notazione espressa ad abundantiam, che sarebbe comunque carente il requisito della proporzionalità tra il pericolo dell'offesa e l'azione pretesamente difensiva ma logicamente prioritario nell'approccio al tema trattato, e dunque assorbente, è considerare che il proprium della legittima difesa è la costrizione dell'agente a porre in essere la reazione necessaria a far fronte al pericolo determinato dall'aggressione altrui sicché, in mancanza di tale presupposto, la causa di giustificazione non è fondatamente invocabile.La censura sollevata col secondo motivo si traduce nella richiesta di rivisitazione del materiale istruttorio al fine di indurre - attraverso la valorizzazione di prospettate contraddittorietà nelle deposizioni delle P. - un giudizio di carenza probatoria in ordine alla individuazione del S. quale responsabile delle lesioni da esse riportate. Al riguardo va qui ribadito che, pur dopo la modifica legislativa dell'articolo 606 comma 1 lett. e c.p.p. introdotta dall'articolo 8 L. 20 febbraio 2006 numero 46, al giudice di legittimità resta preclusa - in sede di controllo sulla motivazione - la rivisitazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti Cass. 15 marzo 2006 numero 10951 e il riferimento ivi contenuto anche agli altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame non vale a mutare la natura del giudizio di legittimità come dianzi delimitato, rimanendovi comunque estraneo il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali Cass. 22 marzo 2006 numero 12634 . Donde l'inammissibilità del motivo.Da rigettare, per la sua infondatezza, è l'eccezione di nullità della costituzione di parte civile che informa il terzo motivo. La legittimazione dell'Avv. D. F., difensore delle P., a sottoscrivere in loro rappresentanza l'atto di costituzione di parte civile deriva dalla procura apposta a margine dello stesso atto in seno alla quale la delega a rappresentare e difendere la parte civile deve intendersi riferita all'attività di rappresentanza giudiziale e difesa tecnica rapportabile e quello stesso atto al quale la delega stessa materialmente aderisce, quale procura speciale legittimamente conferita nella forma prevista dall'articolo 100 comma 2 c.p.p Da ultimo corre l'obbligo di prendere in considerazione l'eccezione di prescrizione del reato, sollevata dal difensore nel corso della discussione in udienza.La questione sollevata non ha fondamento. La natura del reato e l'epoca della sua consumazione collocando la scadenza naturale del termine prescrizionale di sette anni e sei mesi in considerazione degli atti interruttivi alla data del 5 luglio 2010, indipendentemente dal regime normativo applicabile ratione temporis. Occorre tuttavia tener conto, altresì, delle cause di sospensione succedutesi nel corso dell'iter processuale, e precisamente del rinvio dall'udienza del 27 settembre 2005 al 6 dicembre 2005, computabile fino a un massimo di 60 giorni ex articolo 156 c.p. nella formulazione attuale, più favorevole all'imputato del rinvio dall'udienza del 6 dicembre 2005 al 24 gennaio 2006, per 49 giorni del rinvio dall'udienza del 7 marzo 2006 al 14 giugno 2006, per 99 giorni computabili per intero del rinvio dall'udienza del 3 luglio 2007 al 24 settembre 2007, per 83 giorni computabili per intero del rinvio dall'udienza del 4 novembre 2008 al 2 dicembre 2008, per 28 giorni. Le sospensioni di cui sopra assommano a un totale di 319 giorni i quali, aggiunti alla scadenza naturale dianzi individuata, portano a collocare la maturazione del termine di prescrizione alla data 20 maggio 2011, tuttora appartenente al futuro.Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.