Il Giudice di Pace può tentare la conciliazione, ma l’imputato dov’è?

La mancata comparizione dell’imputato dinnanzi al Giudice di Pace non comporta il rinvio del dibattimento per l’esperimento del tentativo di conciliazione.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 19294/13, depositata lo scorso 6 maggio. Il caso. Il Giudice di Pace condannava una donna alla pena di 800 euro di multa perché ritenuta responsabile del reato di ingiuria articolo 81-594 c.p. , per aver inviato ad un’altra donna un fax dal contenuto offensivo, in quanto alludeva a rapporti intimi tra la predetta e un uomo. Tentativo di conciliazione dinnanzi al Giudice di Pace. La vicenda viene esaminata anche dalla Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione la quale ritiene infondata la censura riguardante il mancato esperimento del tentativo di conciliazione previsto dall’articolo 29 d.lgs. numero 274/2000. Devono essere presenti querelante e imputata. La S.C. sottolinea che, anche in base ai principi sanciti dalla stessa Corte di legittimità sentenza numero 22723/2007 , «nel procedimento dinnanzi al Giudice di Pace, la mancata comparizione dell’imputato non comporta il rinvio del dibattimento per l’esperimento del tentativo di conciliazione, posto che il dovere di promuovere la conciliazione presuppone la materiale possibilità del suo esperimento, e quindi implica la presenza dell’imputato e del querelante». E, nella fattispecie, vista l’assenza dell’imputata, non risulta che si siano verificate tali condizioni.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 gennaio – 6 maggio 2013, numero 19294 Presidente Marasca – Relatore De Bernardis Ritenuto in fatto Con sentenza in data 3.2.2011 il Giudice di Pace di Busto Arsizio dichiarava A.P. responsabile del reato ascrittole ai sensi degli articolo 81 - 594 CP. - per avere inviato ad Al.Do. un fax dal contenuto offensivo,in quanto alludeva a rapporti intimi tra la predetta e C.L. . Per tale reato l'imputata era stata condannata alla pena di Euro 800,00 di multa, con le generiche,pena dichiarata condonata - C.L. era stato assolto dal reato di cui si è detto per insussistenza del fatto ai sensi dell'articolo 530 comma secondo CPP. - Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore,nell'interesse di entrambi gli imputati, deducendo 1 - violazione di legge inerente all'applicazione dell'articolo 29 DL. numero 274/2000, per omessa applicazione della norma che prevede che il Giudice di Pace debba preliminarmente esperire il tentativo di conciliazione. 2 - la violazione dell'articolo 8 CPP relativo alla competenza territoriale rilevando che la difesa aveva sollevato la relativa eccezione tempestivamente ,evidenziando che il reato si era consumato con l'invio di un fax e che tale atto era stato trasmesso da OMISSIS , luogo nel quale si trovava la querelante. 3 - la violazione dell'articolo 192 CPP rilevando che il giudice aveva fondato la decisione sull'esito di consulenza tecnica disposta dal PM,senza motivare in merito alla consulenza di parte. 4 - mancata convocazione dei consulenti per sentirli a confronto secondo le richieste difensive formulate in dibattimento. Inoltre il difensore evidenziava che il C. avrebbe dovuto essere assolto per non aver commesso il fatto,onde era da ritenere erronea la formula assolutoria. Per tali motivi concludeva chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata. Rileva in diritto Il ricorso proposto nell'interesse di C.L. deve ritenersi inammissibile. Invero l'imputato risulta assolto con formula perché il fatto non sussiste. In tal senso non si configura alcun interesse del predetto ricorrente ad evidenziare la pretesa erroneità della formula assolutoria. - Deve ritenersi privo di fondamento il ricorso formulato nell'interesse di A.P. . - In primo luogo si rivela priva di fondamento la censura riguardante il mancato esperimento del tentativo di conciliazione previsto dall'articolo 29 D.Lgs. numero 274/2000. Invero va evidenziato che secondo i principi sanciti da questa Corte,per cui va menzionata sentenza Sez. I - numero 22723 in data 11.6.2007, RV 236782 - nel procedimento dinnanzi al Giudice di Pace, la mancata comparizione dell'imputato non comporta il rinvio del dibattimento per l'esperimento del tentativo di conciliazione, posto che il dovere di promuovere la conciliazione presuppone la materiale possibilità del suo esperimento, e quindi implica la presenza dell'imputato e del querelante. Nella specie non risulta che si siano verificate tali condizioni,stante l'assenza della imputata A. . - 2 - Non risulta fondata la censura riguardante la incompetenza territoriale,atteso che tale questione risulta ritualmente risolta dal giudice procedente, essendo il reato di ingiuria qualificabile come reato di danno, che si perfeziona nel luogo in cui il comportamento ingiurioso viene percepito dalla persona offesa, che nella specie ha ricevuto il fax trasmesso dall'imputata nel luogo indicato in contestazione. - 3 - Ugualmente prive di fondamento si rivelano le deduzioni formulate in relazione alla valutazione degli elementi di prova, data l'esauriente analisi delle risultanze probatorie resa dal giudice di merito, che ha valutato nella loro globalità le risultanze delle indagini tecniche, rilevando con logiche argomentazioni l'infondatezza delle conclusioni della consulenza di parte, in riferimento alla ascrivibilità del messaggio – fax - alla imputata legittimamente desumibile sia dalle conclusioni della perizia disposta dal PM che dal contenuto della deposizione della persona offesa. In tal senso il provvedimento impugnato si rivela del tutto coerente con le risultanze processuali, evidenziando l'insussistenza del richiamato vizio di motivazione. Va dunque pronunziato il rigetto del ricorso proposto dal difensore nell'interesse di A.P. , che va condannata come per legge al pagamento delle spese processuali. Nei confronti di C.L. va dichiarata l'inammissibilità del gravame,con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso di C.L. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro1.000,00 a favore della cassa delle Ammende. Rigetta il ricorso di A.P. e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.