La vicina ha un amante? Attenzione a raccontarlo in giro: è diffamazione

La lesione della reputazione altrui è integrata non solo dall’attribuzione di un fatto illecito, ma anche dalla divulgazione di comportamenti che, alla luce dei canoni etici generalmente condivisi, siano suscettibili di incontrare la riprovazione della communis opinio.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 8348/13, depositata il 20 febbraio. Il caso. Un uomo viene riconosciuto colpevole del reato di diffamazione per aver offeso la reputazione di una donna, riferendo a più persone che la stessa aveva una relazione extraconiugale. L’imputato ricorre allora per cassazione, contestando le deposizioni poste a fondamento della pronuncia nonché la sussistenza dell’offesa, posto che la notizia della relazione della donna era diffusa nel vicinato e nessuno l’aveva mai contestata. Le deposizioni sono affidabili. Il primo motivo, a giudizio degli Ermellini, è volto sostanzialmente a chiedere una rivalutazione del materiale probatorio inammissibile in sede di legittimità. Il Tribunale ha peraltro motivato congruamente il fondamento della propria decisione il fatto che uno dei testimoni fosse fratello della diffamata non significa che il giudice di merito abbia dato credito a un teste portatore di uno specifico interesse alla risoluzione del procedimento in senso sfavorevole all’imputato. Rileva anche la divulgazione di comportamenti eticamente riprovevoli. Quanto alla seconda censura, la S.C. ricorda che la lesione della reputazione altrui è integrata non solo dall’attribuzione di un fatto illecito, in quanto compiuto contro il divieto imposto da norme giuridiche, ma anche dalla divulgazione di comportamenti che, alla luce dei canoni etici condivisi dalla generalità dei consociati, siano suscettibili di incontrare la riprovazione della communis opinio. La riservatezza cede solo davanti al pubblico interesse. Secondo i giudici di legittimità, la riservatezza come limite alla curiosità sociale è ricavabile già dalla Costituzione, ad esempio dalla previsione dell’articolo 15 della Carta in tema di libertà e segretezza delle comunicazioni. La riservatezza, come la dignità, può cedere di fronte al pubblico interesse della notizia, ma ciò non può avvenire oltre la soglia imposta dalla destinazione della stessa alla soddisfazione di un bisogno sociale nel caso di specie, in conclusione, anche se la notizia della relazione extraconiugale fosse stata vera, non per questo poteva essere divulgata. Per questi motivi la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 25 ottobre 2012 – 20 febbraio 2013, numero 8348 Presidente Zecca – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 16/05/2011, Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Piedimonte Matese ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Piedimonte Matese del 19/05/2008, che aveva condannato P. D.L. alla pena di euro 300,00 di multa e al risarcimento del danno sofferto dalla parte civile, in relazione al reato di cui all'articolo 595 cod. penumero , per avere offeso la reputazione di S. L., riferendo a più persone che la stessa aveva una relazione extraconiugale. 2. Il Tribunale, dopo avere rilevato che la prova delle affermazioni diffamatorie dell'imputato emergeva dalle dichiarazioni dei coniugi G. L. e A. R., ha sottolineato che gli elementi di contraddizione tra le deposizioni dei testi erano marginali e spiegabili con il fatto che la R. avesse un ricordo meno preciso dei particolari, a differenza del marito, maggiormente interessato alla vicenda, visto che l'assunta infedeltà riguardava la sorella. Significativo riscontro alla veridicità delle dichiarazioni testimoniali il Tribunale ha tratto dall'esistenza di voci nel vicinato, a proposito della relazione tra la donna e F.G Proprio la moglie di quest'ultimo, G. A., aveva confermato l'esistenza di tali dicerie. 3. L'imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonché violazione di legge. 3.1. Sotto il primo profilo, il D.L. censura la sentenza a per avere ritenuto maggiormente attendibile la deposizione del L., anziché quella della moglie, nonostante che il primo fosse, come la stessa decisione aveva riconosciuto, maggiormente interessato alla vicenda b per non avere proceduto alla rinnovazione dell'istruttoria, necessaria a chiarire le contraddizioni in cui i testi erano incorsi c perché, in ogni caso, le dichiarazioni del L. e della moglie non erano obiettive, visto che entrambi erano parenti della S.L. e comunque erano contrastanti tra di loro d per avere utilizzato, ai fini della condanna, il contenuto di voci del vicinato e per avere posto a fondamento della decisione le dichiarazioni della L., sebbene quest'ultima fosse stata smentita dalla teste G., che aveva negato di avere accusato la L. di intrattenere una relazione col marito. 3.2. Sotto il secondo profilo, il ricorrente lamenta che sia stata ritenuta esistente un'offesa della reputazione della L., nonostante che la notizia di una sua relazione fosse diffusa nel vicinato e che nessuno l'avesse mai contestata. 3.3 Nelle conclusioni, l'imputato ha altresì chiesto di rilevare l'esistenza eventuale della prescrizione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Va rilevato che la sentenza di secondo grado, con motivazione congrua, ha posto a fondamento della decisione le deposizioni dei testi L. e R., i quali hanno riferito di avere appreso proprio dal ricorrente la notizia della relazione extraconiugale della L L'affermazione, secondo cui i contrasti tra i due testimoni, peraltro concernenti il successivo momento in cui la circostanza sarebbe stata contestata alla L. dal fratello, si spiegherebbero con la maggiore precisione del ricordo di quest'ultimo, perché più interessato dalla vicenda, non significa affatto che sia stato dato credito ad un teste portatore di uno specifico interesse alla risoluzione del procedimento in senso sfavorevole all'imputato. Essa sottolinea che, secondo la Corte territoriale, il teste L. ha serbato un ricordo più preciso dei fatti, perché più coinvolto della propria moglie, in quanto sarebbe stata la sorella a rendersi responsabile della relazione con un terzo. Peraltro, proprio il ricorrente inizialmente assume pag. 2 del ricorso che si dovrebbe, per questa ragione, attribuire maggiore attendibilità alla R., la quale ha, tuttavia, confermato che fu proprio il D.L. a comunicare la notizia. Così come il ricorrente fraintende il significato del riferimento del Tribunale alle voci del vicinato in ordine alla relazione della L. e non in ordine al fatto che il D.L. ne parlasse in giro , le quali, nel percorso motivazionale rappresentano solo un argomento per sostenere che l'imputato, al pari di altri, fosse a conoscenza della notizia. Anche il fatto che la moglie del presunto amante abbia negato di aver mai contestato alla L. la relazione, a differenza di quanto riferito da quest'ultima, non assume rilievo, poiché si tratta di elemento marginale non idoneo a scalfire la logicità della motivazione, quanto alla diffusione della notizia da parte del D.L. nei confronti del L. e della R Emerge, quindi, una lettura coordinata delle risultanze della prova testimoniale che rappresenta l'implicito, ma non equivoco presupposto della decisione di non procedere ad ulteriori approfondimenti istruttori. Al riguardo, va osservato che il provvedimento di rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria in appello può essere motivato anche implicitamente in presenza di un quadro probatorio definito, certo, che non richieda approfondimenti indispensabili Sez. 4, numero 47095 del 02/12/2009, Sergio, Rv. 245996 . 3. In definitiva, in assenza di vizi che rendano la motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, deve concludersi nel senso che il primo motivo aspira ad una rivalutazione del materiale probatorio, inammissibile in sede di legittimità. 4. Con riguardo al secondo motivo, va ricordato che, secondo l'orientamento di questa Corte 5ez. 5, numero 40539 del 23/09/2008, Cibelli, Rv. 241739 , in tema di diffamazione, integra la lesione della reputazione altrui non solo l'attribuzione di un fatto illecito, perché posto in essere contro il divieto imposto da norme giuridiche, assistite o meno da sanzione, ma anche la divulgazione di comportamenti che, alla luce dei canoni etici condivisi dalla generalità dei consociati, siano suscettibili di incontrare la riprovazione della communis opinio. Al riguardo, si è rilevato che, se la tutela dell'onore trova radice nella dignità sociale che la Costituzione riconosce a ciascuno articolo 2 Cast. con pari forza articolo 3 Cost. tanto da costituire limite alla stessa iniziativa economica articolo 41 Cast., comma 2 , non v'è dubbio che la riservatezza come limite alla curiosità sociale è tutta scritta in controluce, nell'articolo 15 Cast., nonché negli articolo 2, 3, 13, 14, 29 Cast. in definitiva, la necessità d'una interpretazione del sistema interno di garanzia dei diritti fondamentali fin dove è possibile conforme alle norme Convenzione Europea imponendo, per altro, di privilegiare anche con riferimento ai precetti costituzionali una lettura che ne faccia emergere i valori in quella considerati, e così, per quanto qui interessa, il diritto di ogni persona al rispetto della sua vita privata e familiare articolo 8 Convenzione EDU, cui deve adeguarsi, ex articolo 117 Cast. la normativa interna . La riservatezza, come la dignità, può cedere dinanzi al pubblico interesse della notizia, ma non può, in linea di principio, ammettersi che ciò avvenga oltre la soglia imposta dalla destinazione della notizia a soddisfare un bisogno sociale Sez. 5, numero 46295 del 04/10/2007, Gambescia, Rv. 238290 . Anche sotto questo profilo, il ricorso appare, pertanto, inammissibile, dal momento che se, anche in ipotesi la notizia della relazione extraconiugale fosse stata corrispondente al vero, non per questo poteva essere divulgata dal D.L 5. Il presente ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile e tale situazione, implicando il mancato perfezionamento del rapporto processuale, cristallizza in via definitiva la sentenza impugnata, precludendo in radice la possibilità di rilevare di ufficio l'estinzione del reato per prescrizione intervenuta successivamente alla pronuncia in grado di appello Cfr., tra le altre, Sez. U, numero 21 dell'11/11/1994, Cresci, Rv. 199903 Sez. 3, numero 18046 del 09/02/2011, Morra, Rv. 250328, in motivazione . 6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle Ammende che, valutata l'entità della vicenda processuale, appare equo determinare in euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle Ammende.