Uno degli elementi di particolare rilevanza che potrebbe indurre il giudice a qualificare in termini di patto commissorio un accordo è la necessaria esistenza di una situazione di debito del venditore nei confronti dell’acquirente, preesistente o coeva alla vendita.
È nulla la convenzione mediante la quale le parti abbiano inteso costituire, con un determinato bene, una garanzia reale in funzione di un mutuo, istituendo un nesso teleologico o strumentale tra la vendita del bene ed il mutuo, in vista del perseguimento di un risultato finale consistente nel trasferimento della proprietà del bene al creditore – acquirente nel caso di mancato dell’obbligazione di restituzione del debitore – venditore. Con la pronuncia numero 1675/12 depositata il 3 febbraio scorso, la Seconda sezione Civile della Corte di Cassazione torna ad occuparsi del patto commissorio – vietato in forza dell’articolo 2744 c.c. – per fornire alcune utili precisazione in merito agli elementi strutturali di tale patto e per individuare le caratteristiche che, presenti in analoghe operazioni, determinano comunque la nullità dell’accordo intercorso tra le parti stipulanti. I fatti. All’origine della controversia posta all’attenzione della Corte di Cassazione vi è l’accordo tra due società per il quale la prima, dopo aver alienato alla seconda un immobile, stipula con quest’ultima un contratto di locazione per continuare la propria attività nell’immobile stesso e, contestualmente, sottoscrive un’opzione di riacquisto dell’immobile in questione ad un dato prezzo, superiore a quello di vendita. Nella prospettazione dell’odierna ricorrente in Cassazione, soccombente in primo e secondo grado, l’alienazione era stata effettuata non con finalità di trasferimento del bene dietro pagamento del prezzo ma con lo scopo di mutuare una somma di denaro, costituendo allo stesso tempo una garanzia reale in favore del mutuante, rappresentata dal trasferimento dell’immobile. La Cassazione deve quindi sciogliere l’interrogativo sulla natura dell’operazione descritta e, in particolare, verificare se, come richiesto dalla società ricorrente, l’operazione in questione configura un patto commissorio, vietato dalla legge. Il patto commissorio e la ratio del divieto. Secondo l'articolo 2744 c.c. - rubricato divieto del patto commissorio -, sono vietate le pattuizioni in base alle quali, in caso di inadempimento del credito garantito, le parti convengono che la cosa data in pegno o in ipoteca, a titolo di garanzia, passi in proprietà del creditore. Il divieto del patto commissorio viene tradizionalmente ricondotto ad un principio di tutela dell'interesse di quella che tradizionalmente viene considerata la parte debole del rapporto obbligatorio, ossia il debitore, di modo che tale soggetto, trovandosi in una situazione di coazione morale nei confronti del creditore, non subisca gli effetti di quella coazione, piegando la propria volontà all'interesse del creditore e accettando il trasferimento della proprietà del bene dato in garanzia in caso di mancato adempimento del debito. Vendita simulata e divieto di patto commissorio. Secondo la Cassazione, l’articolo 2744 c.c. costituisce una norma destinata a trovare applicazione non soltanto in relazione alle alienazioni a scopo di garanzia sospensivamente condizionate all’inadempimento del debitore, ma anche a quelle immediatamente traslative ma risolutivamente condizionate all’inadempimento del debitore stesso Cass., SS. UU., numero 1611/89 . Il divieto del patto commissorio di cui all’articolo 2744 c.c., infatti, si estende a qualunque negozio attraverso il quale le parti intendono realizzare il fine vietato dal legislatore ed opera, quindi, anche nell’ipotesi di patto commissorio occulto avente ad oggetto immobili di proprietà di terzi, i quali assumono la figura di venditori a garanzia del debito altrui Cass. numero 437/09 . Peraltro, quanto al patto commissorio, l’automatismo del vietato trasferimento di proprietà del bene costituisce un connotato della figura tipica di cui alla previsione dell’articolo 2744 c.c., mentre nelle ipotesi in cui non vi sia stata la concessione di pegno o ipoteca e l’illegittima finalità venga realizzata indirettamente in virtù di strumenti negoziali preordinati a tale particolare scopo, il requisito di tale automatismo può ritenersi esigibile, giacché la sanzione della nullità deriva dall’applicazione dell’articolo 1344 c.c., per snaturamento della causa tipica del negozio, piegata all’elusione della norma imperativa di cui all’articolo 2744 c.c In siffatti casi la coartazione del debitore, preventivamente assoggettatosi alla discrezione del creditore, è in re ipsa, non disponendo il medesimo di alcuna possibilità di evitare la perdita del bene costituito in sostanziale garanzia Cass., 5.3.2010, numero 5426 . In particolare, osserva la Cassazione, si ha un patto commissorio, seppur variamente articolato, nell’ipotesi in cui, sulla base della corretta qualificazione della fattispecie, il versamento del denaro non costituisce il pagamento del prezzo ma l’esecuzione di un mutuo e il trasferimento del bene non integra l’attribuzione al compratore, bensì l’atto costitutivo di una posizione di garanzia innegabilmente provvisoria, manca la funzione di scambio tipica del negozio di compravendita e si realizza proprio il negozio vietato dalla legge Cass. numero 2725/07 . Il contratto di lease and sale back è ammesso. Diversa, invece, è l’operazione di sale and lease back, ossia l’ operazione finanziaria tramite la quale una parte cede un bene per lo più immobile in proprietàa una società finanziaria impresa di leasing da cui ottiene poi il godimento del benestesso in leasing e la possibilità di riscattare il bene in questione ad una specifica data futura. Per lungo tempo si è dubitato della compatibilità di tale operazione con il divieto del patto commissorio.Al riguardo, per distinguere le due figure, in giurisprudenza si è osservato che il contratto di sale and lease back - che configura un contratto d’impresa socialmente tipico e, come tale, in linea di massima, astrattamente valido - può certamente nascondere l’intento fraudolento delle parti di realizzare un patto commissorio, ma a tal fine è necessario che ricorrano le seguenti circostanze a l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice b le difficoltà economiche di quest’ultima c la sproporzione tra il valore del bene trasferito e il corrispettivo versato dall’acquirente Cass. numero 14903/06 Lo squilibrio delle prestazioni è indice della sussistenza di un patto commissorio. Un elemento di particolare rilevanza che, in un’interpretazione complessiva della fattispecie, potrebbe indurre il Giudice a qualificare in termini di patto commissorio un accordo è la necessaria esistenza di una situazione di debito del venditore nei confronti dell’acquirente, preesistente o coeva alla vendita. In particolare, secondo la giurisprudenza, dovrebbe essere presente una sproporzione tra entità del prezzo e valore del bene alienato e, più in generale, tra le reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto, oltre che l’approfittamento da parte dell’acquirente della situazione dell’alienante Cass. numero 6969/07 . Non c’è alterazione dell’equilibrio delle prestazioni, l’operazione è lecita. Proprio l’assenza di uno squilibrio delle prestazioni induce la Corte, all’esito di una verifica del percorso logico seguito dalla Corte d’Appello, a confermare la sentenza di secondo grado, posto che la compravendita in esame e la successiva locazione non hanno alterato l’equilibrio delle prestazioni delle società stipulanti, perché con tali accordi sono stati realizzati gli interessi di entrambe quello dell’alienante a conservare la disponibilità dell’immobile al fine di salvaguardare il proprio avviamento commerciale, quello dell’acquirente ad ottenere un corrispettivo per la locazione.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 gennaio – 3 febbraio 2012, numero 1675 Presidente Rovelli – Relatore Giusti Ritenuto in fatto 1. - Con atto di citazione notificato il 3 gennaio 2001, la Ma.El. s.r.l. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, la General Trade Group s.r.l. per sentire dichiarare la nullità dell'atto di vendita per notar Milone di Napoli in data 30 dicembre 1998, del contratto di locazione del 30 dicembre 1998 e del patto di opzione al riacquisto anch'esso del 30 dicembre 1998, perché stipulati in frode alla legge, in violazione degli articolo 1344 e 2744 cod. civ Espose la società di avere alienato alla convenuta, con il citato atto pubblico, l'immobile di sua proprietà sito in omissis , per il prezzo di lire 2.600.000.000 che il prezzo pattuito era stato in parte corrisposto dall'acquirente General Trade Group contestualmente alla stipula dell'atto pubblico di compravendita e, per il residuo, mediante accollo da parte dell'acquirente di mutui ipotecari contratti dalla Ma.El. s.r.l. con la Icle s.p.a. e con l'Isveimer s.p.a. che unitamente alla stipula del contratto di compravendita era stato sottoscritto, nella stessa data e tra le stesse parti, un contratto di locazione, con cui l'acquirente aveva locato alla venditrice l'immobile oggetto del primo contratto che con diversa scrittura privata la General Trade Group s.r.l. aveva stipulato con la Ma. El. un patto di opzione, in base al quale era stata riconosciuta a quest'ultima la facoltà di riacquistare la proprietà dell'immobile oggetto della compravendita contro il versamento della somma delle vecchie lire 2.800.000.000, oltre all’IVA, cifra da rivalutarsi in base ad un tasso annuo pari all’8%. Tanto premesso, l'attrice concluse per l'accoglimento delle seguenti conclusioni a accertare il collegamento negoziale tra il contratto di compravendita, il contratto di locazione ed il patto di opzione b accertare che l'effetto realizzato dal complesso delle predette pattuizioni non era quello di pattuire un prezzo come corrispettivo di una compravendita, bensì quello di mutuare una somma, costituendo allo stesso tempo una garanzia reale in favore del mutuante, garanzia rappresentata dal trasferimento dell'immobile c dichiarare, quindi, la nullità dei contratti, perché in frode alla legge, e condannare la convenuta alla restituzione dei canoni di locazione. Si costituì la convenuta, resistendo, ed in via subordinata chiedendo, a mezzo di riconvenzionale e per l'ipotesi di accoglimento della domanda dell'attrice, la condanna della Ma.El. alla restituzione delle somme indebitamente ricevute. Il Tribunale adito, con sentenza depositata in data 20 gennaio 2005, rigettò la domanda della Ma.El. 2. - La Corte d'appello di Napoli, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 5 febbraio 2010, ha respinto il gravame della Ma.El. 2.1. - La Corte territoriale ha premesso che la domanda di nullità di una compravendita, finalizzata alla configurabilità di un patto commissorio, non può prescindere dalla dimostrazione dell'esistenza tra le parti di un accordo preventivo, in virtù del quale, da un lato, il debitore consenta che il trasferimento del bene sia la conseguenza della mancata estinzione del debito e, dall'altro lato, il creditore realizzi un arricchimento ingiustificato in danno della controparte. Nella specie - ha rilevato la Corte partenopea - la società appellante non ha dimostrato il preesistente rapporto obbligatorio con l'acquirente General Trade Group né, tanto meno, il preesistente contratto di mutuo e la debolezza economica della predetta alienante. Con l'operazione economica intervenuta - ha sottolineato la Corte d'appello - è stato realizzato l'interesse sia della Ma.El, quale alienante, a conservare la conduzione dell'immobile al fine di salvaguardare il proprio avviamento commerciale, sia l'interesse della General Trade Group, quale acquirente, ad ottenere un corrispettivo per la locazione. Né è stata accertata alcuna sproporzione tra il valore del bene ed il corrispettivo versato dall'acquirente. 3. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello la Ma.El. ha proposto ricorso, con atto notificato il 5 luglio 2010, sulla base di tre motivi. L'intimata General Trade Group ha resistito con controricorso. Considerato in diritto 1. - Con il primo motivo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in riferimento all'articolo 360, numero 5, cod. proc. civ. la società ricorrente lamenta che la Corte d'appello abbia confermato in fatto ed in diritto l'impianto della sentenza di primo grado, anche in punto di inquadramento dell'operazione negoziale in un contratto di sale and lease back, senza motivare sui rilievi mossi dall'appellante, in particolare circa il fatto che la General Trade Group non era una società finanziaria di leasing e che l'oggetto sociale della medesima prevedeva soltanto la possibilità di stipulare esclusivamente locazioni non finanziarie. Ad avviso della ricorrente, se la sentenza di appello ha condiviso la ricostruzione giuridica del giudice di primo grado, avrebbe necessariamente dovuto motivare sui motivi di appello in ordine alla natura del contratto di leasing finanziario o operativo , del canone di locazione da intendersi o meno come compenso per l'uso del bene o piuttosto restituzione rateale delle somme mutuate, sulla natura del prezzo di riscatto che cumulato con i canoni oltre all’8% di rivalutazione annua avrebbe difatti reso oltremodo gravoso, usurario ed impossibile per la venditrice il riacquisto dell'immobile . Con il secondo mezzo violazione o falsa applicazione degli articolo 1344, 1345, 1418 e 2744 cod. civ., dell'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, dell'articolo 1421 cod. civ. in relazione all'articolo 644 cod. penumero , degli articolo 1362 e ss. cod. civ. in relazione agli articolo 115 e 116 cod. proc. civ. e dell'articolo 2721 cod. civ. si sostiene che il divieto di patto commissorio, sancito dall'articolo 2744 cod. civ., si estende a qualunque negozio, quale che sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto vietato dall'ordinamento, dell'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di proprietà di un bene, con conseguente estinzione del debito. Ad avviso della ricorrente, l'accertamento delle condizione di debolezza del venditore si può ricavare anche per presunzioni o tenuto conto della esposizione debitoria del medesimo di cui l'acquirente dell'immobile si renda accollatario al momento dell'acquisto del bene, costituendo l'opzione di riacquisto in favore del venditore, qualora chiaramente sproporzionata rispetto al prezzo pattuito al momento della cessione del bene, sintomo della coercizione a carico dell'originario venditore ed elemento utile alla qualificazione dei negozi intercorsi tra le parti. Inoltre, qualora il giudice ritenga la sussistenza tra le parti di una fattispecie negoziale di sale and lease back, nel caso in cui la parte finanziata lamenti la eccessiva onerosità per il superamento del tasso soglia ai sensi della legge 7 marzo 1996, numero 108, e dell'articolo 640 cod. penumero , dovrebbe essere dichiarata la nullità dei negozi intercorsi tra le parti per violazione di norma imperativa sotto questo profilo, anche la circostanza che la parte finanziata non possa accedere al credito stante la preesistenza di ipoteche sul bene compravenduto a fini di garanzia per l'estinzione di debiti preesistenti anche nei confronti di terzi, costituirebbe elemento per la sussistenza della fattispecie vietata del patto commissorio di cui all'articolo 2744 cod. civ. Infine, la ricorrente sostiene che il contratto di sale and lease back o vendita con locazione di ritorno sarebbe nullo per frode al divieto di patto commissorio ogni qualvolta si riscontrino anomalie idonee a snaturarne la funzione socialmente tipica e a rivelarne lo scopo di garanzia, come ad esempio nel caso in cui il prezzo venga utilizzato a scopo di sostegno finanziario alla società venditrice o non venga erogato come nel caso di mero accollo di mutui pregressi della venditrice e di estinzione di pregresse esposizioni della venditrice nei confronti della locataria acquirente. Il terzo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli articolo 115 e 116 cod. proc. civ. in relazione agli articolo 1362 e ss., 2744 e 2721 cod. civ., nonché omessa ed erronea valutazione delle prove documentali ed in particolare del patto di opzione del 30 dicembre 1993 e della transazione del 22 dicembre 2008, agli atti del giudizio di appello . Con esso si sostiene che il giudice d'appello dovrebbe poter ricavare argomenti di prova anche dai documenti prodotti da una delle parti [per] dimostrare la eventuale cessata materia del contendere al fine di ricavare, come nella fattispecie dedotta in giudizio, la sussistenza della condotta dell'acquirente finanziatore volta ad eludere il divieto di cui all'articolo 2744 cod. civ., condotta sussistente anche qualora la volontà del venditore a formalizzare la vendita con scopi di garanzia si sia formata con il concorso dello stesso acquirente socio di maggioranza della società venditrice . 2. - I tre motivi - i quali, stante la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente - sono infondati. 2.1. - Incorre nella sanzione della nullità per violazione del divieto del patto commissorio posto dall'articolo 2744 cod. civ. la convenzione mediante la quale le parti abbiano inteso costituire, con un determinato bene, una garanzia reale in funzione di un mutuo, istituendo un nesso teleologico o strumentale tra la vendita del bene ed il mutuo, in vista del perseguimento di un risultato finale consistente nel trasferimento della proprietà del bene al creditore-acquirente nel caso di mancato adempimento dell'obbligazione di restituzione del debitore-venditore. L'articolo 2744 cod. civ. costituisce infatti una norma materiale, destinata a trovare applicazione non soltanto in relazione alle alienazioni a scopo di garanzia sospensivamente condizionate all’inadempimento del debitore, ma anche a quelle immediatamente traslative risolutivamente condizionate all'adempimento del debitore Cass., Sez. Unumero , 3 aprile 1989, numero 1611 . Detta norma esprime un divieto di risultato, mirando a difendere il debitore da illecite coercizioni del creditore, assicurando nel contempo la garanzia della par condicio creditorum. È tale risultato che giustifica il divieto di legge, non i mezzi impiegati con la conseguenza che, ove, sulla base della corretta qualificazione della fattispecie, il versamento del denaro non costituisca il pagamento del prezzo, ma l'esecuzione di un mutuo e il trasferimento del bene non integri l'attribuzione al compratore, bensì l'atto costitutivo di una posizione di garanzia innegabilmente provvisoria, manca la funzione di scambio tipica del contratto di compravendita e si realizza proprio il negozio vietato dalla legge Cass., Sez. 2, 8 febbraio 2007, numero 2725 Cass., Sez. 2, 12 gennaio 2009, numero 437 Cass., Sez. 2, 10 marzo 2011, numero 5740 . Perché la vendita realizzi una forma di garanzia impropria occorre quindi, tra l'altro, l'esistenza di una situazione di debito del venditore nei confronti dell'acquirente, preesistente o coeva alla vendita. Nella specie, la Corte d'appello ha rilevato che nella specie difetta proprio tale presupposto, necessario perché l'operazione incorra nel divieto del patto commissorio. Il giudice del merito ha anche escluso tanto la sproporzione tra entità del prezzo e valore del bene a-lienato e, più in generale, tra le reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto, quanto l'approfittamento da parte dell'acquirente della situazione dell'alienante. Non essendo stata fornita la prova dell'esistenza coeva o precedente di un'obbligazione dell'alienante verso l'acquirente, correttamente la Corte territoriale ha escluso che il trasferimento immobiliare fosse destinato a sovrapporsi all'inadempimento di un rapporto obbligatorio. Si è trattato, infatti, di una vendita isolata con patto di opzione, dettata da esigenze di finanziamento, nella quale - ha rilevato la Corte d'appello, con logico e motivato apprezzamento delle risultanze di causa - manca, tra l'altro, qualsiasi sproporzione tra il valore del bene ed il corrispettivo versato, essendo il prezzo pagato dall'acquirente congruo rispetto ai valori indicati nella perizia giurata effettuata in base alla richiesta della stessa Ma.El. e costituendo l'accollo dei mutui una modalità di adempimento dell'obbligazione di pagamento del prezzo. Dalla sentenza impugnata risulta altresì che l'equilibrio tra le prestazioni dei contraenti non è risultato alterato per effetto della stipulazione del contratto di locazione, perché con detta pattuizione è stato realizzato l'interesse sia della Ma.El. quale alienante a conservare la conduzione dell'immobile al fine di salvaguardare il proprio avviamento commerciale, sia l’interesse della General Trade Group ad ottenere un corrispettivo per la locazione. Inoltre, escludendo la sussistenza di una più generale sproporzione tra le reciproche obbligazioni nascenti dall'intero rapporto, la Corte territoriale, ponendosi in continuità con l'accertamento compiuto dal Tribunale, ha - implicitamente ma chiaramente - negato che il corrispettivo pattuito per l'esercizio del diritto potestativo di opzione in capo all'alienante fosse di entità tale da determinare un'alterazione degli equilibri contrattuali o una sopraffazione di una parte a danno dell'altra. Le verifiche compiute dal giudice del merito per escludere la frode dimostrano che la Corte di Napoli non si è fermata ad un'indagine formale dei tre atti in questione il contratto di vendita, il contratto di locazione ed il patto di opzione , ma ha compiuto una valutazione penetrante e d'insieme, apprezzando ogni circostanza di fatto relativa alle pattuizioni intervenute e al risultato concreto che l'operazione negoziale nel suo complesso era idonea a produrre. 2.2. - Anche le ulteriori censure articolate con i motivi non colgono nel segno la doglianza relativa alla mancata iscrizione dell'acquirente nell'albo degli intermediari finanziari autorizzati, previsto dall'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia approvato con il d.lgs. 1 settembre 1993, numero 385 , introduce nella controversia un tema d'indagine nuovo, che dal testo della sentenza impugnata non consta abbia costituito oggetto del thema decidendum nei gradi di meritoria critica consistente nel non avere la sentenza d'appello preso in considerazione la censura, rivolta alla sentenza di primo grado, relativa al discostarsi dell'operazione da un vero e proprio contratto di leasing o di sale and lease back, è priva di decisività e di pertinenza, perché non tiene conto del fatto che la Corte territoriale ha ampiamente motivato sia sull'insussistenza di uno scopo di garanzia alla base della concreta operazione, sia sulla mancanza degli altri indici sintomatici della frode la sproporzione tra entità del prezzo e valore del bene alienato e, più in generale, delle reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto cfr. Cass., Sez. 3, 16 ottobre 1995, numero 10805 Cass., Sez. 3, 21 gennaio 2005, numero 1273 Cass., Sez. 3 14 marzo 2006, numero 5438 Cass., Sez. 3, 22 marzo 2007, numero 6969 il riferimento all’usurarietà dell'operazione negoziale contrasta con la valutazione di complessivo equilibrio della stessa formulato dalla Corte d'appello, e muove da una lettura delle pattuizioni negoziali già smentita dal primo giudice, il quale aveva evidenziato come la prevista liberazione per l'intero della General Trade dall'accollo dei mutui era stata stipulata per la sola ipotesi in cui il diritto di opzione fosse stato esercitato in epoca anteriore all'estinzione dei debiti stessi, cosicché ove l'acquirente fosse stata liberata dagli accolli, il relativo importo avrebbe dovuto essere detratto dal prezzo di opzione in ogni caso, detta censura non considera che la nullità per usurarietà dell'intera operazione era stata oggetto di una diversa azione giudiziaria, promossa dinanzi al Tribunale di Salerno dalla curatela del fallimento della Ma.El. s.r.l. nei confronti della General Trade domanda non solo rigettata da quel giudice, ma anche oggetto, successivamente, della transazione in data 22 dicembre 2008, con la quale la curatela, a ciò debitamente autorizzata, ha riconosciuto la piena legittimità e liceità dell'atto di compravendita notar Milone del 30 giugno 1998 nonché del contratto di locazione e del patto di opzione di pari data. 3. - Il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 6.200, di cui Euro 6.000 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.