La garanzia per vizi è un diritto potestativo dell'acquirente

La vendita aliud pro alio sussiste anche quando il bene è assolutamente privo delle caratteristiche necessarie a soddisfare i bisogni dell'acquirente. La facoltà di domandare la risoluzione del contratto di vendita, attribuita dall'articolo 1492 c.c. al compratore di una cosa affetta da vizi, ha natura di diritto potestativo, a fronte della quale la posizione del venditore è di mera soggezione ne consegue che la prescrizione dell'azione può essere utilmente interrotta soltanto dalla proposizione di domanda giudiziale e non anche mediante atti di costituzione in mora.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza numero 10965, depositata il 19 maggio 2014. Il caso. Una società comprava un macchinario per la produzione ma non versava il prezzo dovuto. Venditore e compratore si confrontavano in due separati giudizi, successivamente riuniti, il primo - attivato dal venditore - finalizzato ad ottenere ingiunzione di pagamento ed il secondo - attivato dal compratore - finalizzato ad ottenere la risoluzione del contratto per vizi del bene acquistato. Il tribunale respingeva le domande formulate da parte acquirente. La corte d'appello confermava la decisione del tribunale. L'acquirente ha proposto ricorso per cassazione. Garanzia e vizi della cosa venduta. Una delle principali obbligazioni del venditore è quella di consegnare il bene immune da vizi che lo rendano inidoneo all'uso. Ove ciò non accada è facoltà del compratore scegliere tra la risoluzione del contratto e la riduzione del prezzo. L'eccezione del vizio può avvenire nel termine lungo di un anno articolo 1495 c.c. . Nel caso in commento, l'acquirente ha sostenuto di aver interrotto il termine per esercitare l'azione di risoluzione/riduzione del prezzo mediante apposite comunicazioni formali. Risoluzione è diritto potestativo. La S.C. ha chiarito che il diritto dell'acquirente di chiedere la risoluzione del contratto di compravendita è diritto potestativo e non diritto di credito. Sul punto, la Cassazione ha chiarito che la facoltà di domandare la risoluzione del contratto di vendita, attribuita dall'articolo 1492 c.c. al compratore di una cosa affetta da vizi, ha natura di diritto potestativo, a fronte del quale la posizione del venditore è di mera soggezione ne consegue che la prescrizione dell'azione può essere utilmente interrotta soltanto dalla proposizione di domanda giudiziale e non anche mediante atti di costituzione in mora. Ad ulteriore chiarimento, i giudici di legittimità hanno statuito che la messa in mora deve consistere in una intimazione o richiesta di adempimento di un'obbligazione, quest'ultima è istituto giuridico diverso da quello del diritto potestativo. Dunque, le missive, cui parte acquirente attribuisce valore interruttivo del termine, restano del tutto ininfluenti. Consegna aliud pro alio. Parte acquirente, nel giudizio di merito, ha sostenuto che il bene acquistato risultava essere concretamente differente dal bene richiesto alla venditrice. La vendita aliud pro alio sussiste non solo quando la cosa consegnata è completamente difforme da quella contrattata, appartenendo ad un genere del tutto diverso, ma anche quando è assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell'acquirente, o abbia difetti che la rendano inservibile, ovvero risulti compromessa la destinazione d'uso del bene che abbia costituito elemento determinante per la proposta di acquisto Cass. numero 2858/2014 . Nel caso di specie, ha chiarito la S.C., non ricorre la fattispecie della vendita aliud pro alio perché, come accertato nel corso del giudizio, il bene compravenduto è sostanzialmente conforme a quello richiesto e i vizi rilevati non intaccano l'integrità della sua funzione e neanche la destinazione-economico sociale della res venduta. Il fatto che le prestazioni della macchina non siano risultate eccellenti non ha alcun valore, atteso che non v'è prova che l'acquisto del macchinario fosse condizionato e motivato dal raggiungimento di prestazioni eccellenti. Con queste ragioni, la Cassazione ha respinto il ricorso e confermato la decisione del giudice territoriale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 14 gennaio – 19 maggio 2014, numero 10965 Presidente Oddo – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo 1 La controversia concerne due cause riunite, relative alla fornitura di un macchinario, frantoio per olive, oggetto, tra fine 2001 e inizio 2002, di azione di risoluzione contrattuale da parte della acquirente Sas P. Agroalimentari di P.L. e C. e di opposizione al decreto ingiuntivo intimato, alla stessa opponente, dalla venditrice Alfa Laval spa, per la restituzione del macchinario. Il tribunale di Milano prima - e la Corte d'appello con sentenza 6 marzo 2007 - hanno respinto le domande dell'acquirente. La Corte di appello, per quanto qui interessa, ha dichiarato a prescritta l'azione perché proposta soltanto il 23 ottobre 2001, sebbene il collaudo fosse avvenuto nel 1999, e per mancanza di specificità della denuncia dei vizi. B insussistente il riconoscimento dei vizi da parte del venditore e non configurabile l'ipotesi di vendita di aliud pro alio . P. Agroalimentari ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 17 aprile 2008, con tre motivi. Alfa Laval spa ha resistito con controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione 2 Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 1495 e 2943 comma quarto c.c Sostiene che il termine annuale di prescrizione di cui all'articolo 1495 era stato interrotto da tre lettere spedite il 2 marzo 2000, 31 gennaio 2000 e 3 gennaio 2001, di guisa che era da ritenere tempestiva l'azione giudiziaria avviata con citazione notificata il 23 ottobre 2001. Il quesito di diritto chiede specificamente di affermare che il termine di prescrizione per l'azione di risoluzione del contratto per inadempimento era stato validamente interrotto. La censura è priva di fondamento. Va infatti riaffermato che “La facoltà di domandare la risoluzione del contratto di vendita, attribuita dall'articolo 1492 cod. civ. al compratore di una cosa affetta da vizi, ha natura di diritto potestativo, a fronte della quale la posizione del venditore è di mera soggezione ne consegue che la prescrizione dell'azione - fissata in un anno dall'articolo 1495, terzo comma, cod. civ. - può essere utilmente interrotta soltanto dalla proposizione di domanda giudiziale e non anche mediante atti di costituzione in mora, che debbono consistere, per il disposto dell'articolo 1219, primo comma, cod. civ., in una intimazione o richiesta di adempimento di un'obbligazione, previsioni che si attagliano ai diritti di credito e non anche ai diritti potestativi”. Cass. 20332/07 e anche utilmente Cass. 25468/10 . Va pertanto corretta la parte della motivazione della sentenza impugnata che ha indugiato superfluamente sulle caratteristiche di insufficiente precisione delle lettere in cui parte ricorrente aveva invocato il proprio diritto di sospendere la prestazione ex articolo 1460 c.c Al di là del contenuto di tali lettere, prive di potere interruttivo, doveva essere portata esclusiva attenzione all'omesso esercizio dell'azione entro l'anno dalla scoperta del vizio lamentato. 2.1 Va aggiunto che invano, in memoria, parte ricorrente deduce che la propria azione non era finalizzata alla risoluzione del contratto, ma all'esatto adempimento da parte della fornitrice . L'esatto contrario si desume dalle conclusioni riportate nel foglio di precisazione delle conclusioni si veda il punto 5 consegnato dalla difesa dell'appellante e facente parte della sentenza di primo grado. Altrettanto si desume dal quesito di diritto conclusivo del motivo di ricorso per cassazione, che non censura alcuna ultrapetizione, ma affronta nel merito la tesi qui ritenuta priva di pregio. 3 Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2944 c.c. e vizi di motivazione. La censura riguarda il riconoscimento dei vizi che parte venditrice avrebbe fatto a seguito del denunciato cattivo funzionamento del frantoio , ammissione sufficiente a eludere i termini di prescrizione. Il motivo è infondato. Esso infatti non attacca la ratio fondamentale su cui si fonda, in proposito, la sentenza di appello pag. 7 della parte motiva . Ivi si legge che gli interventi effettuati dal tecnico di zona, genericamente menzionati dall'appellante si riferivano ad altri problemi di funzionamento, tutti risolti , diversi da quelli posti a base dell'azione di risoluzione. Inoltre la sentenza contiene sul punto specifico richiamo della sentenza di primo grado che aveva analiticamente rilevato come le schede degli interventi tecnici avessero attestato il funzionamento corretto del macchinario. Dunque gli interventi riguardanti altri problemi non potevano costituire riconoscimento alcuno dei diversi vizi oggetto dell'azione proposta. 4 Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 1453 c.c. e 116 c.p.c. e vizi di motivazione. Il quesito di diritto che conclude il motivo parte ricorrente chiede “se, sulla scorta delle prove acquisite dai dati emersi in corso di causa, non ultimo da una corretta valutazione della consulenza tecnica, il frantoio, venduto dall'Alfa Laval spa risulti assolutamente privo delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell'acquirente e ricorrano, conseguentemente, gli estremi della consegna di aliud pro alio , soggetta agli ordinari serie di prescrizione”. La censura è infondata. Essa si basa sull'assunto che era inconfutabilmente emerso che il macchinario si era, da subito, rivelato inidonea ad assolvere la sua testa azione economico sociale, ma che i giudici di merito non avevano tenuto conto delle ragioni per le quali il P. si era determinato all'acquisto del frantoio, rappresentate dall'esigenza di incrementare la produzione di olio di oliva e contenere i costi di fabbricazione . Lamenta inoltre che sarebbe stata malvalutata un'osservazione del consulente di parte, circa un errore di calcolo del consulente d'ufficio, che avrebbe fatto emergere una dispersione di circa il due 2 % di olio. È palese da queste stesse considerazioni che in ogni caso la perdita di cui si discute non sarebbe stata idonea a far considerare il macchinario inidoneo alle funzioni sue proprie, ma solo modestamente difettoso, vista la incidenza percentuale della dispersione. Ciò si badi, in presenza di a specifica valutazione del consulente, riportata con attenzione nella sentenza di appello e da quella di primo grado richiamata a pag. 8 , secondo la quale il macchinario era idoneo all'uso cui era destinato e aveva una resa estrattiva nella norma b ripetute attestazioni sottoscritte in occasione di interventi di verifica. 4.1 Mancano in ricorso specifiche contestazioni, oltre quelle relative all'errore di calcolo di cui si è detto. Manca soprattutto la prova - in assenza di riferimenti a risultanze trascurate o non valutate dalla Corte di appello quali avrebbero potuto essere offerte di vendita, specifiche di macchinario considerate nelle trattative o nella pubblicità - che la compravendita dell'impianto fosse stata pattuita esclusivamente per ottenere prestazioni nettamente superiori - specificamente contemplate - a quelle di un frantoio normale cfr. Cass. 20996/13 , tali da non giustificare la comparazione. Dunque sotto nessun profilo emerge una vendita di aliud pro alio che si ha qualora il bene venduto sia completamente diverso da quello pattuito in quanto, appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della res venduta e, quindi, a fornire l'utilità richiesta Cass. 10916/11 . 5 Al rigetto del ricorso segue la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia, che include ricorso pag. 2 la richiesta risarcitoria e la domanda di parte attrice di essere tenuta indenne dalla perdita di benefici agevolativi previsti dalla legge 28 novembre 1965, numero 1329 - Provvedimenti per l'acquisto di nuove macchine utensili - pari a circa 68 milioni di lire. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 5.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.