Pluralità di immobili comuni: ripartizione in lotti che ne consentano il loro autonomo godimento

Il contenuto del diritto dei condividendi ad una porzione di beni immobili comuni, qualitativamente omogenea all’intero, consiste nella proporzionale divisione degli immobili considerati nel genere, contrapposti agli altri generi patrimoniali, e non in un frazionamento quotistico delle singole entità immobiliari comprese nella massa da dividere.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 218, depositata il 12 gennaio 2015. Il fatto. In virtù di successione ereditaria conseguente alla morte della madre i quattro figli divenivano comproprietari per le quote di un quarto ciascuno di alcuni immobili. Con atto di citazione tre fratelli convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Bolzano l’altro fratello chiedendo lo scioglimento della suddetta comunione, se possibile con la divisione in natura del compendio immobiliare, ovvero mediante vendita dei beni all’incanto. Costituendosi in giudizio il convenuto, dichiarando la propria qualità di coltivatore diretto e, dunque, il proprio interesse alla soddisfazione in natura della propria quota mediante assegnazione di alcune particelle fondiare. Il Tribunale adito dichiarava lo scioglimento della comunione immobiliare in oggetto e, accogliendo la richiesta degli attori, assegnava a costoro per intero il suddetto compendio in comunione indivisa, ponendo a loro carico il pagamento in favore del convenuto di un conguaglio in denaro. Proposto gravame dal convenuto, la Corte d’appello, in riforma della decisione impugnata, dichiarava lo scioglimento della comunione per le rispettive quote di comproprietà indivisa, attribuiva all’appellante in proprietà esclusiva il lotto tre costituito da due fondi agricoli ed agli appellati i residui beni determinando i relativi conguagli. Gli attori originari hanno proposto ricorso per cassazione contro tale decisione. Il progetto divisionale del ctu. Il Collegio premette che, sulla base del progetto divisionale redatto dal ctu, gli immobili oggetto della comunione sussistente tra le parti erano stati raggruppati in tre lotti, il primo costituito da dei locali adibiti a pizzeria, il secondo da due strisce di terreno poste ai lati della strada in adiacenza alla suddetta pizzeria, ed il terzo da due fondi agricoli contigui coltivati a frutteto. La Corte territoriale ha condiviso tale suddivisione in quanto teneva conto delle loro caratteristiche funzionali, strutturali ed economiche, ed ha evidenziato che il giudizio del ctu in ordine alla non comoda divisibilità dei suddetti beni atteneva alla valutazione di ciascun cespite ereditario secondo le quote dei singoli condividendi, e non invece dell’intero compendio immobiliare. Tale rilievo, sostiene il Collegio, è decisivo, in quanto le censure sollevate dai ricorrenti in ordine alla divisibilità o meno del suddetto asse ereditario si basano su di un presupposto di fatto l’esistenza di un solo immobile quale oggetto della comunione insussistente nella fattispecie, laddove ricorre, invece, una pluralità di immobili. Proporzionale divisione degli immobili considerati nel genere. Pertanto, afferma la Corte, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, «il Giudice d’appello, aderendo alla suddivisione in lotti predisposta dal ctu, ha proceduto ad una divisione in natura dei beni, considerato che il contenuto del diritto dei condividendi ad una porzione di beni immobili comuni, qualitativamente omogenea all’intero, consiste nella proporzionale divisione degli immobili considerati nel genere, contrapposti agli altri generi patrimoniali mobili e crediti , e non in un frazionamento quotistico delle singole entità immobiliari fabbricati, terreni comprese nella massa da dividere». Beni suscettibili di autonomo godimento. Infondato, a parere del Collegio, è anche il profilo di censura con il quale i ricorrenti si lamentano che soltanto l’appellante avrebbe ricevuto beni in natura del compendio ereditario, posto che agli attuali ricorrenti sono stati attribuiti i primi due lotti, costituiti rispettivamente da locali adibiti a pizzeria e da strisce di terreno adiacenti a quest’ultima, beni, quindi, suscettibili di autonomo godimento. Il fatto che tali lotti siano stati attribuiti congiuntamente agli appellati, afferma il Collegio, è conseguenza dell’espressa richiesta da essi avanzata di voler mantenere la comunione tra di loro, richiesta che, in assenza di deroghe in proposito, riguarda non solo l’ipotesi dell’attribuzione ad essi di tutti i beni comuni, ma anche di una sola parte di essi. Anche il motivo di ricorso con il quale si deduce violazione dell’articolo 720 c.c. presuppone che ricorra l’ipotesi di una comunione costituita da un solo immobile laddove, come già detto sopra, nella fattispecie in esame sussiste una pluralità di immobili comuni oggetti del progetto divisionale, che ha, appunto, previsto la loro ripartizione in lotti che ne consentono il loro autonomo godimento. Per tali ragioni, la S.C., ritenendo infondati i motivi proposti con il ricorso, lo ha rigettato condannando i soccombenti al pagamento delle spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 4 novembre 2014 – 12 gennaio 2015, numero 218 Presidente Triola – Relatore Mazzacane Svolgimento del processo In virtù di successone ereditaria conseguente alla morte della madre P.A. i fratelli C.A. , C.C. , C.E. e C.B. divenivano comproprietari per le quote di un quarto ciascuno di alcuni immobili siti in OMISSIS . Con atto di citazione notificato il 31-3-2005 C.A. , C.C. ed C.E. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Bolzano C.B. chiedendo lo scioglimento della suddetta comunione, se possibile con la divisione in natura del compendio immobiliare, ovvero mediante vendita dei beni all'incanto. Costituendosi in giudizio il convenuto non si opponeva alla domanda attrice, dichiarando la propria qualità di coltivatore diretto e, dunque, il proprio interesse alla soddisfazione in natura della propria quota mediante assegnazione di alcune particelle fondiarie coltivate a meleto di cui egli era stato, peraltro, già conduttore in forza di contratto d'affitto stipulato il 19-11-1975 con la madre quale concedente. In sede di precisazione delle conclusioni gli attori chiedevano, nel caso di riconosciuta indivisibilità del compendio immobiliare, l'assegnazione dell'intero in proprio favore in comunione indivisa con addebito dell'eccedenza. Con sentenza del 12-3-2009 il Tribunale adito dichiarava lo scioglimento della comunione immobiliare in oggetto e, accogliendo la richiesta degli attori, assegnava a costoro per intero il suddetto compendio in comunione indivisa, ponendo a loro carico il pagamento in favore del convenuto di un conguaglio in denaro. Proposto gravame da parte di C.B. cui resistevano C.A. , C.E. , nonché C.L. e C.M. quali eredi del defunto C.C. la Corte di Appello di Trento sezione distaccata di Bolzano con sentenza del 14-3-2011, in riforma della decisione impugnata, ha dichiarato lo scioglimento della comunione per le rispettive quote di comproprietà indivisa, ha attribuito all'appellante in proprietà esclusiva il lotto tre costituito da due fondi agricoli ed agli appellati i residui beni determinando i relativi conguagli. Il giudice di appello, premesso che l'indivisibilità degli immobili in comunione integra una eccezione al diritto potestativo di ciascun comunista di conseguire i beni in natura, ha rilevato che la CTU espletata nel giudizio di primo grado aveva raggruppato gli immobili oggetto di comunione tra le parti in tre lotti con caratteristiche omogenee senza rilievi specifici in proposito da nessuna delle parti stesse era pur vero che lo stesso CTU aveva ritenuto la non comoda divisibilità di ciascun cespite ereditario secondo le quote dei singoli condividenti tuttavia tale valutazione non escludeva che la divisione in natura potesse attuarsi, come implicitamente suggerito dal CTU, mediante la formazione di lotti che comprendessero beni con caratteristiche omogenee. La Corte territoriale ha poi ritenuto di assegnare il lotto tre, costituito da due fondi agricoli adiacenti coltivati a frutteto, a C.B. al riguardo ha premesso che in ordine a detti fondi era in atti tra le parti una vertenza giudiziaria tendente ad accertare l' in esistenza di un rapporto di affitto in favore di quest'ultimo in ipotesi concluso all'origine tra la madre delle parti e lo stesso C.B. , e che l'attribuzione di tali beni a C.B. avrebbe comportato l'estinzione del rapporto nell'ipotesi che esso esistesse realmente, con la conseguenza che l'incerto esito della lite pendente non si rifletteva sulla stima dei fondi dei quali, pertanto, ben poteva essere assunto il pieno valore di mercato ai fini del calcolo sia del valore delle quote spettanti ai singoli condividenti, sia dei conguagli. Per la cassazione di tale sentenza C.A. ed C.E. hanno proposto un ricorso articolato in tre motivi seguito successivamente da una memoria cui C.B. ha resistito con controricorso. Questa Corte con ordinanza del 28-3-2014 ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti di C.L. e di C.M. concedendo a tal fine il termine di giorni sessanta ed ha rinviato la causa a nuovo ruolo i ricorrenti hanno dato puntuale esecuzione a detta ordinanza gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede i ricorrenti hanno depositato una seconda memoria. Motivi della decisione Preliminarmente deve essere esaminata l'eccezione sollevata dai ricorrenti nella prima memoria depositata ex articolo 378 c.p.c. di inammissibilità del controricorso, posto che la procura apposta a pag. 2 del controricorso stesso è priva di qualsiasi riferimento alla sentenza impugnata ed al relativo giudizio di legittimità il controricorso è inoltre inammissibile in quanto risulta notificato ai sensi della L. 21-1-1994 numero 53 dall'avvocato Paolo Pacifici, privo di procura speciale non soltanto per l'inesistenza di essa per quanto già sopra argomentato, ma anche perché nella suddetta procura risulta che il controricorrente gli ha conferito solo la qualità di domiciliatario, senza alcun mandato difensivo. Il controricorso è inammissibile con riferimento al secondo dei profili ora enunciati. Premesso invero, quanto al primo profilo dedotto dai ricorrenti, che la specialità della procura è costituita dal fatto, di per sé sufficiente a tal fine, che essa è stata rilasciata a margine del controricorso, si rileva che effettivamente il controricorso stesso è stato notificato ai sensi dell'articolo 7 della L. 21-1-1994 numero 53 dall'avvocato Paolo Pacifici che risulta solo domiciliatario, posto che la procura speciale è stata rilasciata da C.B. soltanto all'avvocato Thomas Brenner in proposito è stato già affermato da questa Corte che il procuratore che sia semplice domiciliatario è abilitato alla sola ricezione, per conto del difensore, delle notificazioni e comunicazioni degli atti del processo e non anche al compimento di atti di impulso processuale quale la notifica del controricorso pertanto, poiché a norma dell'articolo 1 della L. 21-1-1994 numero 53 solo l'avvocato munito di procura alle liti può eseguire direttamente le notifiche, la notifica eseguita dal procuratore semplice domiciliatario è da ritenere inesistente anziché nulla, con conseguente impossibilità di applicare l'istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, prevista per i soli casi di nullità dall'articolo 156 c.p.c. Cass. 10-1-2011 numero 357 . Tanto premesso, si rileva che con il primo motivo i ricorrenti, deducendo vizio di motivazione nonché violazione e/o falsa applicazione degli articolo 718-720 e 1114 c.c., censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto comodamente divisibili gli immobili oggetto di comunione tra le parti nonostante abbia concordato con il CTU in ordine all'accertamento di non comoda divisibilità di ciascun cespite ereditario inoltre non è stato considerato che il CTU aveva proceduto alla suddivisione in tre lotti dei beni in questione non già per affermarne la comoda divisibilità, ma soltanto per identificare, descrivere e stimare beni tra loro omogenei. I ricorrenti poi sostengono che la divisione in natura dei beni non potrebbe mai essere attuata, come pure opinato dalla Corte territoriale, mediante la formazione di lotti che raggruppino beni con caratteristiche omogenee, perché ciò non concretizza una divisione in natura come prevista dagli articolo 718 e 1114 c.c., ma soltanto una diversa organizzazione della comunione che si dovrebbe invece effettivamente sciogliere. Inoltre i ricorrenti affermano che le parti non avevano avuto alcun motivo né interesse a muovere rilievi al mero raggruppamento in lotti da parte del CTU, in quanto soltanto funzionale alla stima degli immobili, senza implicazioni sul giudizio di comoda divisibilità. Con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e/o falsa applicazione degli articolo 718-1114 e 720 c.c. nonché vizio di motivazione, assumono che il giudice di appello, pur avendo ritenuto comodamente divisibili i beni oggetto della comunione per cui è causa, non ha assegnato detti beni in natura, posto che l'unico soggetto che aveva ricevuto beni in natura, suscettibili di autonomo e libero godimento, in parte corrispondenti alla propria quota, era stato C.B. inoltre la domanda congiunta dei quotisti di maggioranza per l'attribuzione in proprio favore dell'intero compendio ereditario è stata utilizzata impropriamente per attribuire ad essi soltanto una parte dei beni, in funzione puramente strumentale dell'attribuzione a C.B. dei fondi agricoli invero l'attribuzione congiunta di cui all'articolo 720 c.c. si giustifica soltanto se essa riguarda l'intero compendio da dividere, e non può essere utilizzata per perpetuare la comproprietà su alcuni soltanto dei beni, attribuendo congiuntamente solo una parte di essi. Gli enunciati motivi, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati. Deve premettersi che, come sopra già evidenziato, sulla base del progetto divisionale redatto dal CTU gli immobili oggetto della comunione sussistenti tra le parti erano stati raggruppati in tre lotti, il primo costituito da dei locali adibiti a pizzeria, il secondo da due strisce di terreno poste ai lati della strada pubblica in adiacenza alla suddetta pizzeria, ed il terzo da due fondi agricoli contigui coltivati a frutteto orbene la Corte territoriale ha condiviso tale suddivisione in lotti degli immobili ereditari in quanto teneva conto delle loro caratteristiche funzionali, strutturali ed economiche, ed ha evidenziato che il giudizio del CTU in ordine alla non comoda divisibilità dei suddetti beni atteneva alla valutazione di ciascun cespite ereditario secondo le quote dei singoli condividenti, e non invece dell'intero compendio immobiliare. Tale rilievo è decisivo, in quanto le censure sollevate dai ricorrenti con i motivi in esame in ordine alla divisibilità o meno del suddetto asse ereditario si basano su di un presupposto di fatto – ovvero l'esistenza di un solo immobile quale oggetto della comunione - insussistente nella fattispecie, laddove ricorre invece una pluralità di immobili ovvero due fondi agricoli e dei locali destinati a pizzeria, oltre delle strisce di terreno adiacenti a quest'ultima pertanto, contrariamente all'assunto dei ricorrenti, il giudice di appello, aderendo alla suddivisione in lotti predisposta dal CTU, ha proceduto ad una divisione in natura dei beni, considerato che il contenuto del diritto dei condividendi ad una porzione di beni immobili comuni, qualitativamente omogenea all'intero, consiste nella proporzionale divisione degli immobili considerati nel genere, contrapposti agli altri generi patrimoniali mobili e crediti , e non in un frazionamento quotistico delle singole entità immobiliari fabbricati, terreni, ecc. comprese nella massa da dividere Cass. 6-12-2013 numero 27405 . È poi infondato il profilo di censura con il quale si lamenta che soltanto C.B. avrebbe ricevuto beni in natura del compendio ereditario, posto che agli attuali ricorrenti, unitamente agli eredi di C.C. , sono stati attribuiti i primi due lotti, costituiti rispettivamente da locali adibiti a pizzeria e da strisce di terreno adiacenti a quest'ultima, beni quindi suscettibili di autonomo godimento il fatto poi che detti lotti siano stati attribuiti congiuntamente agli appellati è conseguente alla espressa richiesta da essi avanzata di voler mantenere la comunione tra di loro, richiesta che, in assenza di deroghe in proposito, riguarda non solo l'ipotesi dell'attribuzione ad essi di tutti i beni comuni, ma anche di una sola parte di essi. Con il terzo motivo C.A. ed C.E. , deducendo violazione e/o falsa applicazione degli articolo 720-718 e 1114 c.c. nonché vizio di motivazione, rilevano che la Corte territoriale si è discostata dal criterio preferenziale delineato dall'articolo 720 c.c., che prevede l'attribuzione degli immobili non divisibili o non comodamente divisibili ai quotisti di maggioranza, senza fornire una logica ed adeguata motivazione della deroga a tale principio inoltre il giudice di appello, in conformità dell'articolo 720 c.c., che in caso di beni non divisibili o non comodamente divisibili esprime un evidente favore per l'attribuzione dell'intero compendio ad un solo condividente, avrebbe dovuto semmai attribuire tutti gli immobili a C.B. motivando in modo adeguato l'attribuzione in favore di quest'ultimo piuttosto che in favore dei condividenti di maggioranza , e non invece mantenere lo stato di frazionamento dei beni che l'ordinamento vuole al contrario evitare. I ricorrenti rilevano poi che in virtù della sentenza numero 223 del 2007 della sezione specializzata agraria della medesima Corte territoriale - che aveva dichiarato risolto il contratto agrario sussistente tra gli esponenti e C.B. quale affittuario alla data del 10-11-2004, condannando quest'ultimo al rilascio dei fondi - il rapporto contrattuale di natura agraria in forza del quale la controparte aveva coltivato i fondi non era più operante. Infine i ricorrenti rilevano che i fondi agricoli assegnati a C.B. , per la loro superficie assai ridotta, non potrebbero comunque avere il requisito minimo dell'estensione di almeno due ettari di terreno previsti dalla Giunta Provinciale di Bolzano con delibera del 30-12-2005 per la creazione ed il mantenimento delle aziende agricole, cosicché detti fondi non potrebbero mai servire al sostentamento della controparte. La censura è infondata. Sotto un primo profilo deve rilevarsi che anche il motivo in esame, nella parte in cui deduce violazione dell'articolo 720 c.c., presuppone che ricorra l'ipotesi di una comunione costituita da un solo immobile laddove, come già evidenziato, nella fattispecie sussiste una pluralità di immobili comuni oggetto del progetto divisionale sopra richiamato, che ha previsto la loro ripartizione in lotti che ne consentono il loro autonomo godimento. Con riferimento poi all'assegnazione del lotto tre a C.B. , deve ritenersi che la Corte territoriale ha maturato tale convincimento, al di là delle singole argomentazioni addotte in proposito, sulla base del sostanziale ed assorbente rilievo che quest'ultimo da diversi anni coltivava i due fondi agricoli in esso compresi, intendendo così valorizzare una situazione di fatto non contestata ai fini dello stesso miglior sfruttamento di detti fondi si è quindi in presenza di una accertamento di fatto sorretto da logica e congrua motivazione, come tale immune dai profili di censura sollevati dai ricorrenti. Il ricorso deve quindi essere rigettato le spese di giudizio limitate, a seguito della declaratoria di inammissibilità del controricorso, al compenso dovuto per studio della controversia e partecipazione alla discussione orale seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento di Euro 200,00 per esborsi e di Euro 4.000,00 per compensi.